SE LE INVENTANO TUTTE: ORA SPUNTA IL TICKET ALFANO-TOSI PER GIUSTIFICARE L’INCIUCIO
IL PDL ORMAI RIDOTTO A FARSI DETTARE LA LINEA DA UN PARTITITO DEL 5% ALLO SFASCIO…IL FIDO MICCICHE’ A RAPPORTO DAL CAVALIERE (COME VOLEVASI DIMOSTRARE)
Silvio fatti più in là , e l’accordo si chiude.
Ma prima ancora il Pdl deve sposare in pieno, e nero su bianco, l’idea leghista della macroregione del Nord.
Il tempo stringe, non rimangono che un paio di giorni per convincere Berlusconi a rinunciare a ricandidarsi per Palazzo Chigi.
E poi annunciare in questo weekend (ma il termine ultimo è il “federale” dell’8 gennaio) l’intesa o la rottura.
La proposta della Lega al Cavaliere è questa, come spiega un luogotetente di Maroni: «Con il Pdl, e anche con altre formazioni di centrodetra, ci alleiamo in vista delle politiche; ma senza dire prima chi sarà il candidato premier; e ovviamente escludendo che Berlusconi possa correre per quella carica».
Insomma, Silvio può fare il «regista», o addirittura il capo della coalizione; ciascun partito schiera un proprio candidato e, in caso di vittoria, chi prende più voti diventa premier.
Per il Pdl dovrebbe correre il segretario Angelino Alfano e per la Lega il sindaco di Verona Flavio Tosi; ci sarebbe spazio anche per Giorgia Meloni, che verrebbe indicata dalla nuova formazione degli ex An ora diventati “Fratelli d’Italia”.
Insomma un vero e proprio “ticket” che vedrebbe “Angelino e Flavio” come i campioni del centrodestra.
Ma questi, appunto, sono per ora i desiderata del Carroccio.
Tanto che c’è chi come Gianfranco Miccichè che immagina un’altra soluzione: tre candidati premier. Tosi al nord, Berlusconi al centro e Antonio Martino al sud. Replicando così lo schema che portò alla vittoria nel ’94 del Polo del buon governo (nelle regioni meridionali) e del Polo della libertà (in quelle settentrionali).
Il capo del Carroccio, dopo le recenti aperture di Berlusconi («Forse non mi ricandido, potrei fare il ministro»), attende però un segnale «chiaro e inequivocabile » perchè «in queste ultime settimane Silvio ha fatto troppe giravolte; se davvero rinuncia alla premiership, non deve dirlo ai giornali, ma comunicarcelo in modo ufficiale».
Quindi qualcosa si sta muovendo e viene definito «un passo in avanti» l’incontro di ieri pomeriggio a Milano: in via Bellerio si presentano i pidiellini Paolo Romani e Luigi Casero, dall’altra parte del tavolo ci sono Maroni e Calderoli.
È la seconda puntata, dopo il fallimento dell’incontro di sabato sempre a Milano, ma in via Rovani, a casa del Cavaliere, dove “Bobo” gli aveva dato buca facendolo andare su tutte le furie.
Sul piatto, «la madre di tutte le battaglie», come Maroni definisce la proposta di istituire la macroregione del Nord, con il corollario di trattenere in Lombardia il 75 per cento delle imposte, dirette e indirette, versate dei cittadini.
Su questo non c’è «alcun margine di trattativa », e il leader del Carroccio ai suoi interlocutori lo ribadisce fino alla noia: per arrivare alla doppia intesa (alleanza in Lombardia, con lui candidato presidente; e poi alleanza anche alle politiche) il Pdl deve sostenere «in modo esplicito» questo progetto.
Anzi: «Va messo per iscritto nel programma elettorale per la Lombardia, con una formulazione che non può lasciare spazio ad alcuna ambiguità : nessuna alleanza con chi non sottoscrive questo punto, che per noi è pregiudiziale ».
Romani e Casero non fanno le barricate, anzi ai leghisti sembra che loro sarebbero pure d’accordo: ma sono solo degli ambasciatori, devono riferire a Berlusconi e riportare la risposta nel giro di 48 ore. Il segretario leghista è guardingo: «per il Pdl sarà difficile accettare una proposta che se attuata comporterà un’enorme cura dimagrante per le Regioni che ricevono più di quel che hanno ».
Ma non c’è alternativa, su questo non si può mollare. Altrimenti «non si capirebbe perchè da segretario io mi sono candidato in Lombardia, e non al Parlamento; le tre Regioni del Nord che guideremmo costituirebbero una massa critica tale da condizionare qualsiasi governo; è per questo che ciò che succede a Roma a noi interessa molto meno».
La palla torna al Pdl, «il tempo sta scadendo, decidano loro se conviene accettare le nostre condizioni». Però a tirarla per le lunghe sono proprio i leghisti, basta sentire quel che dicono parecchi colonnelli di provata fede maroniana: «Con Berlusconi — è il refrain — bisogna chiudere l’accordo all’ultimo minuto, altrimenti lui è capace di cambiare idea e di andare in televisione a rimangiarsi tutto ».
E poi, è il ragionamento, conviene a Silvio rovesciare il tavolo? No, dopo che Monti ha benedetto Gabriele Albertini: «O Berlusconi sostiene Bobo, oppure fa vincere la sinistra», è l’aut aut dei leghisti.
Rodolfo Sala
(da “La Repubblica”)
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