SENATO, LE FRONDE PD E FORZA ITALIA METTONO A RISCHIO IL SI’ ALLA LEGGE TRUFFA
I “RIBELLI” INSISTONO SULL’ELETTIVITA’… SONO OLTRE 50 I DISSENZIENTI TRA I VARI GRUPPI
Se stasera Matteo Renzi andrà all’assemblea dei senatori del Pd – il che visto il clima non è neppure detto – non offrirà alcuna sponda ai “ribelli” contrari al disegno di legge Boschi- Delrio.
La linea è questa, ormai è tracciata: «O di qua o di là ». Dopo che in giornata si erano diffuse alcune voci su una possibile apertura del premier sulla questione dell’elettività dei nuovi senatori-consiglieri, è stato Renzi stesso, conversando con i suoi ieri sera, a lasciar filtrare l’assoluta indisponibilità a rimettere in discussione il punto più contestato della riforma costituzionale
«Sarò durissimo sul no all’elettività », promette infatti il segretario.
Il quale intravede, dietro la bandiera di un Senato ancora eletto direttamente e non formato dai consiglieri regionali, «l’estremo tentativo di ripartire da capo forzando la situazione ».
Il perchè è presto detto. «Se i senatori sono scelti dal popolo allo stesso modo dei deputati – osserva Renzi – come impedire loro di votare anche la fiducia al governo e di esaminare il bilancio?».
Con la stessa fonte di legittimazione popolare si avrebbero di nuovo due Camere sullo stesso piano. E la fine del bicameralismo perfetto (identiche funzioni tra i due rami del parlamento) andrebbe a farsi benedire.
Quanto alle polemiche sulla mancanza di legittimazione dei futuri componenti di palazzo Madama, il premier nelle sue conversazioni private si lascia sfuggire una battuta velenosa: «Chi è più rappresentativo? Corradino Mineo, Augusto Minzolini oppure un consigliere regionale eletto da decine di migliaia di cittadini?»
La citazione dei due senatori non è casuale.
Entrambi infatti figurano tra i più fieri oppositori del suo progetto e stanno organizzando un fronte trasversale Pd-Forza Italia per ostacolarlo in tutti i modi.
Si parla ovviamente del passaggio in aula, giacchè in commissione ormai i «sabotatori » Mineo e Mauro sono stati fatti fuori.
Per questo, in vista dell’assemblea di stasera, un renziano come il senatore Giorgio Tonini spara preventivamente contro chi dovesse appellarsi alla libertà di coscienza. «Lo statuto del Pd – sostiene Tonini – dice che la questione di coscienza può essere sollevata alla presidenza del gruppo su questioni etiche e principi fondamentali della Costituzione ma la modalità di elezione del Senato non è una questione di coscienza». Ergo varrebbe la disciplina di gruppo, comprese le sanzioni per chi non si allinea.
Ma le minacce al momento non sortiscono effetto.
Sarebbero una ventina i senatori dem pronti alla rivolta, che vanno a sommarsi alla trentina di forzisti ribelli e all’altra decina tra Ncd e ex Scelta civica.
Numeri importanti dunque, che potrebbero rendere molto complicato il passaggio in aula.
Anche per questo ieri Renzi ha stretto i bulloni della maggioranza, chiedendo ad Alfano quanto fosse seria l’intenzione di Ncd di opporsi al Senato non elettivo. Ricevendone in cambio assicurazioni.
Certo, anche Berlusconi ha richiamato i suoi all’ordine. Ma come dice un vecchio navigatore del palazzo come il leghista Roberto Calderoli, relatore della legge, «ormai quelli se ne fregano ».
Anzi la fronda dentro Forza Italia si sta allargando.
Esasperati per il mancato rispetto della promessa fatta da Berlusconi giovedì scorso («le questioni che ponete sono serie, ci rivedremo martedì per decidere»), i ribelli sono pronti a muovere in blocco contro la linea ufficiale del partito.
Raffaele Fitto resta in silenzio, per non dare alibi a chi vorrebbe usarlo come capro espiatorio per schiacciare la rivolta, ma i senatori pugliesi e campani ormai si muovono come una falange.
È in corso una raccolta di firme su una richiesta di riunire il gruppo prima che la riforma Boschi vada in aula.
Una ventina di senatori sono pronti a dare battaglia. Filtrano i nomi di Milo e D’Anna, Bonfrisco e Tarquinio, Malan e Zuffada.
Oltre ovviamente a Minzolini. La Vandea è solo all’inizio, ha bisogno di tempo per organizzarsi e raccordarsi con l’offensiva parallela in corso nel Pd.
Ed è proprio il tempo il fattore che gioca contro Renzi.
La discussione in commissione infatti procede a rilento. Dopo l’incontro a palazzo Chigi tra Renzi e Berlusconi, che ha ridefinito nei dettagli il patto del Nazareno, si tratta ora di tradurre in norme l’intesa politica.
Per il momento l’esame degli articoli 56 e seguenti del disegno di legge è stato sospeso.
E dopo che il governo avrà battuto un colpo i relatori Finocchiaro e Calderoli dovranno riformulare i propri emendamenti. Ci vorrà tempo.
«Di sicuro mercoledì – ammette Calderoli – non ce la facciamo ad andare in aula». L’obiettivo di Renzi arrivare almeno a un via libera in commissione entro il Consiglio europeo del 16 luglio rischia di saltare.
Frabcesco Bei
(da “La Repubblica”)
Leave a Reply