SULLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA IL GOVERNO HA FATTO INCAZZARE MATTARELLA: DURANTE L’INCONTRO DI MARTEDÌ SERA AL COLLE CON NORDIO E MANTOVANO, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON HA DATO ALCUN AVALLO SULLA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE. ANZI, HA MOSTRATO TUTTA LA SUA FREDDEZZA
PER QUESTO I TECNICI HANNO MODIFICATO IN TUTTA FRETTA I PUNTI CRITICI DEL DISEGNO DI LEGGE, INSERENDO IL SORTEGGIO ANCHE PER I MEMBRI LAICI DEL CSM… IL PASTICCIACCIO DI MANTOVANO CHE HA PROVATO AD ARRUOLARE IL COLLE ALLA CAUSA
Primo punto fermo: durante l’incontro di martedì sera al Colle con Carlo Nordio e Alfredo Mantovano, Sergio Mattarella non ha dato alcun avallo formale o informale alla separazione delle carriere. Secondo punto fermo: la valutazione finale complessiva del Capo dello Stato sul disegno di legge arriverà dopo un vaglio “approfondito”, come richiede una materia di rango costituzionale.
Un provvedimento che è stato comunque trasformato, cestinando almeno due punti precedentemente contenuti nel testo. Una decisione assunta dopo un teso vertice di maggioranza, durante il quale – secondo fonti dell’esecutivo – sarebbero state recepite alcune stringenti indicazioni del Quirinale.
Il governo, si diceva: ha gestito tutto nel modo peggiore. Nel merito, nel metodo. Con scarso garbo istituzionale, provando ad arruolare il Colle alla causa, generando un palpabile fastidio dell’interlocutore.
La prima forzatura è stata quella di rendere noto un incontro che era e doveva rimanere ufficioso, almeno secondo la Presidenza della Repubblica: capita infatti di frequente che i ministri salgano al Quirinale per informare o aggiornare il Capo dello Stato sui dossier, ma accade assai più raramente che tutto questo venga propagandato, violando l’informalità istituzionale gradita e richiesta. Per segnalare il fastidio, il Colle l’altro ieri sera ha comunque evitato di diffondere ufficialmente la notizia della riunione.
Ma c’è di più. Mattarella non ha gradito – eufemismo – la scelta comunicativa di Palazzo Chigi e di via Arenula di spacciare per un via libera quello che un via libera non era. Una narrazione per di più amplificata ieri mattina dai giornali della destra, che hanno titolato a caratteri cubitali sul semaforo verde.
Il giudizio del Capo dello Stato arriverà a tempo debito, dunque: non significa che il testo sia già stato bocciato, si fa presente, ma è intollerabile che si provi a sostenere il contrario. E, aggiungono le stesse fonti, non sarebbe corretto neanche avvalorare un pre-vertice con il segretario generale Ugo Zampetti utile a sdoganare la riforma.
E qui, però, bisogna concentrarsi sulle ultime mosse del governo. Fonti dell’esecutivo raccontano che il risultato della salita al Colle di Mantovano e Nordio ha comunque determinato importanti scossoni. Tra la sera di martedì e il mattino di mercoledì, i due emissari governativi hanno riunito gli esperti di giustizia della maggioranza e avrebbero decretato lo stralcio di due passaggi del ddl; l’avvocato come figura inserita nella Costituzione. Il sorteggio per i soli membri togati del Csm.
Sulla tempistica della riforma, però, il governo tira dritto: nessuna pausa di riflessione o approfondimento, ma un via libera a dieci giorni dal voto, come fosse uno spot elettorale.
(da “la Repubblica”)
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