TEMPI LUNGHI PER I RECOVERY BOND, L’ITALIA PUNTA A GIUGNO PER UNA INTESA
OCCORRE PRIMA UN ACCORDO SUL BILANCIO UE… DIVISIONE TRA CHI VUOLE PRESTITI E CHI SOLDI A FONDO PERDUTO
Rischiano di essere lenti i tempi di risposta dell’Unione Europea alla crisi del coronavirus. Ne sono consapevoli i leader dei 27 Stati membri che domani si riuniranno in videoconferenza.
Come sottolineano fonti europee alla vigilia del summit, sanno che il rischio, se non ci si muove subito per garantire che la ripresa non sia asimmetrica negli Stati membri, è di subire contraccolpi politici, nonchè economici per la zona euro, il mercato unico, l’area Schengen e soprattutto la perdita di competitività europea sul mercato globale. Nonostante ciò, ci sono degli ostacoli importanti nei negoziati sul piano di ripresa europeo finanziato con bond emessi dalla Commissione, il piatto principale della riunione di domani. L’Italia però punta ad un’intesa entro giugno, nella convinzione che l’urgenza diventerà sempre più pressante per tutta l’Ue.
Il primo ostacolo è la difficoltà di raggiungere un accordo tra i leader sul bilancio pluriennale europeo. E’ questo il contenitore nel quale verrà messo il fondo di ripresa, finanziato con i bond emessi dalla Commissione.
Risultato non da poco, visto che è la prima volta che la Commissione europea emette bond con i quali raccoglierà sul mercato risorse per mille miliardi, cifra ancora ufficiosa sulla quale i leader devono ancora raggiungere un’intesa. Ma prima c’è il bilancio 2021-2027.
A febbraio, i capi di Stato e di governo ci hanno messo due giorni per terminare un vertice finito senza accordo, spaccati tra i paesi cosiddetti ‘frugali’ del nord, meno generosi con l’Ue, e quelli del sud, più bisognosi di aiuti europei.
Proprio in quei giorni, tra l’altro, in Italia scoppiava l’epidemia del Covid-19. Ora, a sentire le fonti europee, le previsioni non sono rosee. “L’idea è di raggiungere un accordo entro il 2021, ma non è certo”, dice un diplomatico Ue. E tra l’altro, per le decisioni finali, servirà anche un vertice dei leader a Bruxelles, vale a dire non in videoconferenza come sta avvenendo ora in tempi di divieto di assembramenti e reclusioni a casa. Quando? Dipende da cosa succede nei prossimi mesi: “Se entro l’estate ci saranno cattive sorprese”, in quanto a diffusione del virus, “allora i tempi si allungheranno”, aggiunge la stessa fonte.
Nè è contemplata l’idea di procedere sul fondo di ripresa staccato dal bilancio europeo. L’intesa di massima raggiunta dai leader è di procedere di pari passo su entrambi i binari, perchè sono interconnessi.
Se n’è parlato anche nell’ultimo vertice convocato da Charles Michel, il presidente del Consiglio europeo che lunedì scorso è riuscito a far sedere intorno allo stesso tavolo in videoconferenza Giuseppe Conte e il premier olandese Mark Rutte, con il francese Emmanuel Macron, lo spagnolo Pedro Sanchez e naturalmente la Cancelliera Angela Merkel, che da quando ha assunto il ruolo di mediazione tra nord e sud ha impresso una svolta ai negoziati bloccati dai veti incrociati. Anche il vertice convocato da Michel non era roba scontata: una settimana fa ci aveva provato ma non ci era riuscito a convincere tutti.
Ecco, il vertice di lunedì ha preparato il terreno per il Consiglio di domani, in modo che i leader affidino il mandato alla Commissione europea di preparare la sua proposta sul piano di ripresa legato al bilancio europeo (verrà presentata il 29 aprile).
Dopodichè i leader si riuniranno ancora. L’alternativa scartata era il piano franco-italiano, sul quale è arrivato anche il contributo spagnolo, di un fondo di ripresa come strumento nuovo, slegato dal bilancio. Cosa mal vista dai paesi del nord, che comunque — secondo alcuni osservatori — avrebbe portato via tempo in quanto si trattava di mettere in piedi uno strumento nuovo, roba da modifica dei trattati, dunque lunghissima.
Ma il “pacchetto interconnesso”, come lo definiscono fonti europee per sottolineare la sua indissolubilità , tra fondo di ripresa e bilancio europeo non è via più breve.
E però ci sono altri ostacoli. Prima di arrivare a discutere della dimensione del fondo — appunto, si parla di mille miliardi che è il minimo per Italia, Francia, Spagna e gli altri alleati di questa battaglia — i leader dovranno trovare un accordo su come verranno erogate le risorse raccolte.
E prevedibilmente su questo si svolgerà il grosso della discussione domani, sottolineano fonti diplomatiche europee. I paesi del nord spingono affinchè l’erogazione avvenga sotto forma di prestiti agli Stati membri. Quelli del sud puntano a contributi a fondo perduto. Per ora la maggioranza degli Stati pende sulla prima opzione. Nodo non semplice da sciogliere.
E’ per questo che a Bruxelles non si sbilanciano sulle scadenze. Dal canto suo, nella lettera di invito ai leader europei per il Consiglio di domani, il presidente Michel indica giugno come data di attivazione degli interventi della Banca europea per gli investimenti (Bei), il piano Sure della Commissione di sostegno al mondo del lavoro e i prestiti del Mes.
Ciò significa che entro giugno, il board del Salva Stati dovrà stendere nero su bianco quelle assenze di condizionalità prospettate dall’accordo in Eurogruppo.
Di fatto, è questo il momento di chiarezza sul Mes che l’Italia si aspetta, per uscire dal pantano delle polemiche tra i partner di maggioranza Pd e M5s. Conte aprirà il capitolo anche domani in consiglio, ma non potrà ottenere certezze visto che il summit non si concluderà con una dichiarazione comune, ma solo con una conferenza stampa di Michel e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, lei che in questa fase si ritroverà ad avere lo scettro della gestione della crisi, con un potenziale ‘bazooka’ da mille miliardi per aiutare gli Stati membri.
Ma l’Italia punta a giugno anche per il piano di ripresa, la cosiddetta ‘quarta gamba’ del pacchetto licenziato dall’Eurogruppo sulla quale, mette in chiaro Michel, “non c’è ancora un accordo”. Obiettivo di Conte è ottenere il via libera politico domani per cominciare i negoziati sia sul bilancio pluriennale che sul ‘recovery fund’ vero e proprio.
E da lì in poi avviare il pressing per fare presto contro chi al nord cercherà di rallentare e piantare paletti, a meno che non si renda davvero conto che portarla per le lunghe non conviene a nessuno.
(da “Huffingtonpost”)
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