“TONDINI LISCI E SABBIA DI MARE, COSI’ IN ITALIA CEDONO I PONTI MODERNI”
IL GEOLOGO MARIO TOZZI SUL CROLLO SULLA A14: “E VOGLIONO FARE IL PONTE IN UNA ZONA VENTOSA E SISMICA?”
“Gli antichi romani costruivano per l’eternità , gli italiani per l’immediato futuro”. Comincia così l’intervento del geologo Mario Tozzi sulla Stampa all’indomani del crollo del cavalcavia sull’A14 che ha ucciso due persone, marito e moglie, che proprio in quella frazione di secondo percorrevano l’autostrada.
Tozzi evidenzia il paradosso dell’Italia, paese in cui “resistono egregiamente, e sono ancora percorribili, perfino con i camion, ponti fabbricati in pietra duemila anni fa e crollano quelli recenti in cemento armato, anche senza terremoti e frane, dalla Lombardia alla Sicilia, con una regolarità impressionante. Stessa osservazione può essere fatta per le strade (l’ Appia Antica ha 2300 anni), per i palazzi e per i monumenti. Se la tecnologia e i materiali sono migliorati decisamente, perchè siamo funestati da crolli?”.
La risposta è nel modo con cui vengono realizzate le opere oggi.
“I ponti moderni sono costruiti in calcestruzzo armato, una miscela di cemento, acqua , sabbia e ghiaia che viene armata con sbarre di ferro e acciaio. Inventato per caso a metà del XIX secolo, è oggi il materiale di costruzione più diffuso nei Paesi moderni e permette arditezze ingegneristiche irrealizzabili con altri materiali, come grandi dighe e ponti. È un materiale che conosciamo tutti, ma quanto dura nessuno lo sa, sebbene gli inventori ne pronosticassero una vita eterna. I manufatti in calcestruzzo armato più antichi risalgono soltanto a un secolo e mezzo fa, dunque nessuno può sapere quanto resteranno in piedi, semplicemente perchè non c’ è stato tempo a sufficienza per osservarlo. Ma sappiamo benissimo che il calcestruzzo armato subisce l’onta del tempo, in particolare l’ azione dell’acqua e dei sali corrosivi che possono aggredire l’armatura di ferro e comprometterne la resistenza alla trazione, principale motivo per cui è stata inventata l’armatura. A questi fattori generali, che valgono non solo per i ponti ma per tutti i manufatti in calcestruzzo armato, si aggiungono i soliti particolari del caso Italia. Per esempio la volontà di risparmiare tempo e denaro, riducendo la sezione dei tondini di ferro, imponendoli lisci invece che costati e utilizzando sabbia di mare (praticamente disponibile gratis) invece che di fiume. I sali aggrediscono una struttura metallica già meno robusta e la resistenza del manufatto decade verticalmente.
Senz’altro le autostrade in Italia le sappiamo fare, dice Mario Tozzi, ma l’Italia ha visto crollare in meno di tre anni almeno quattro infrastrutture una di seguito all’altra.
Fa ancora più impressione pensare che proprio qui da noi qualcuno voglia realizzare il ponte a campata unica più lungo del mondo sullo stretto di Messina, utilizzando un acciaio che ancora non esiste, con venti in quota a oltre 100 km/h, nella zona più sismica dell’ intero Mediterraneo. Nel progetto preliminare gli ingegneri ragionano su una durata del manufatto di appena duecento anni, dieci volte meno di quanto poi sono durati (e durano) i ponti dei romani antichi. Forse meglio lasciar perdere.
(da “Huffingtonpost”)
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