TRA PD E PDL SBOCCIANO STRANI AMORI
SOLO TRE MESI FA TRA I DUE PARTITI ERA GUERRA DI INSULTI, ORA IL DIALOGO E’ APERTO… TUTTI INSIEME, MA SENZA DARE NELL’OCCHIO
Ai tempi della solidarietà nazionale, nel cupo triennio della crisi economica e del terrorismo, il compromesso storico tra Dc e Pci venne teorizzato, esibito, quasi ostentato. Certo, c’erano Aldo Moro ed Enrico Berlinguer e la Balena Bianca e la Chiesa Rossa rappresentavano oltre il settanta per cento dei voti.
Quasi tre decenni dopo ci sono il Pdl di Angelino Alfano (e Silvio Berlusconi), il Pd di Pier Luigi Bersani (e D’Alema, Veltroni, Letta, eccetera) e la Grande Coalizione di fatto che sostiene il governo Monti viene invece sussurrata, nascosta, persino negata smentendo l’evidenza.
L’inciucio come il frutto di un peccato da tenere segreto.
Un inciucio a tre, peraltro.
Tripartisan, come si dice: Pd, Pdl e il Terzo Polo di Casini (e Fini e Rutelli).
Ogni giorno i leader che appoggiano l’esecutivo tecnico si beccano sulla natura politica della maggioranza.
Ed è per questo che ci sono voluti due mesi esatti perchè Alfano, Bersani e Casini si vedessero ufficialmente insieme con Monti. È successo lunedì scorso e il giorno dopo la coalizione tripartita ha votato una risoluzione unitaria sulla giustizia.
Oggi Pdl e Pd soprattutto “gestiscono” di comune accordo i lavori dell’aula e la prossima tappa sarà una mozione condivisa sull’Europa.
Uno spettacolo che in teoria dovrebbe continuare fino al termine della legislatura nel 2013. Incredibile, se si pensa al bipolarismo muscolare nell’era berlusconiana.
I protagonisti della Grande Coalizione obbligata o politica sono una decina.
I tre principali, in ordine alfabetico e di forza elettorale, sono Alfano, Bersani e Casini.
I loro vertici segreti, poco prima della nascita del governo Monti, sono cominciati sulla scia dell’imbarazzo, nel tunnel che porta da Palazzo Madama a Palazzo Giustiniani, in quel momento “base” del neosenatore a vita Mario Monti.
Casini, ricordando quei giorni, spesso confida ai suoi interlocutori di turno che la segretezza fu una condizione richiesta da “Angelino” e “Pier Luigi” perchè volevano evitare di farsi sorprendere da fotografi e giornalisti.
Il numero di questi incontri è ancora oggetto di dibattito. Sicuramente tre, forse quattro.
Dal tunnel del Senato al “cavalcavia” di Montecitorio, cioè al lungo passaggio che porta al palazzo dei gruppi parlamentari.
Lì c’è stato il primo fatale incontro tra Fabrizio Cicchitto, capogruppo anti-pm del Pdl, e il suo omologo democrat Dario Franceschini, considerato un “giustizialista” dai garantisti del suo partito.
Il primo a parlare è stato “Dario”: “Ma c’hai pensato, io e te nella stessa maggioranza, chi l’avrebbe mai detto”. “Fabrizio”, ridendo: “Beh vacci piano, non ti allargare troppo”.
I due in queste settimane si consultano quotidianamente.
Se uno dichiara alle agenzie, l’altro va a ruota. Spesso, anzi quasi sempre dicono le stesse cose.
Così come i loro segretari d’aula, addetti alle votazioni: Roberto Giachetti per il Pd e Simone Baldelli per il Pdl.
Se Bersani fa la parte del “Sofferente ” (ammette un deputato di sinistra: “Addà passà ‘a nuttata”), Franceschini quella del “Trattativista”, Enrico Letta fa il “Disponibile”. Vicesegretario del Pd nonchè nipote d’arte (sì, di Gianni), il centrista Letta nel giorno della fiducia a Monti ha vergato il suo pensiero politico in un bigliettino al premier con il loden verde: “Mario, quando vuoi dimmi forme e modi con cui posso esserti utile dall’esterno. Sia ufficialmente sia riservatamente. Per ora mi sembra tutto un miracolo! E allora i miracoli esistono!”.
Letta e il suo fedelissimo Francesco Boccia hanno due obiettivi: scavalcare Casini nella classifica dell’entusiasmo per il “miracolo” e trasportare la Grande Coalizione nella Terza Repubblica. Convergere al centro.
Come dimostra, in sostanza, un apocrifo “laltroletta” che fa il verso a “Enrico” su twitter: “Che cosa sono destra e sinistra oggi? Poppa e prua per la nostra nave? Almeno c’è un nocchiero in gran tempesto”.
Da prua a poppa, e viceversa, passando per il centro e facendo ammuina. Metafora marittima molto attuale. Letta è un ambasciatore a tre livelli: parla con Giorgio Napolitano, parla con “Mario”, parla con Maurizio Lupi, ciellino dialogante del Pdl (i due hanno un’antica frequentazione nell’intergruppo per la sussidiarietà ).
Non tutti, però, hanno lo stesso trasporto emotivo e grancoalizionista.
È il caso dell’ex An Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato. Gasparri è tra i falchi che avrebbero voluto le elezioni anticipate e delega con sollievo le incombenze inciuciste al suo vice Gaetano Quagliariello.
È lui che tratta con Anna Finocchiaro, presidente del gruppo Pd a Palazzo Madama, ed è sempre lui al centro di altri colloqui riservati sulla riforma della legge elettorale.
Il suo interlocutore prediletto è Luciano Violante, vero stratega democratico nel kamasutra post-porcellum.
Lo stato dell’arte è il seguente: buttare il sistema ungherese voluto da Bersani e trattare sul tedesco o sullo spagnolo. Un inciucio continuo.
Anche in tv, quando Bruno Vespa a Porta a Porta fa accomodare gli esponenti di Pd e Pdl uno accanto all’altro.
Del resto, inciuciare in napoletano significa letteralmente parlare sottovoce.
Una maggioranza sussurrata, appunto.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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