UN SEGNALE SULLA PRESCRIZIONE, COSI’ BONAFEDE LA SFANGHERA’
INCONTRO BOSCHI-CONTE PER SMINARE IL CAMPO: IL MINISTRO APRIRA’ A MODIFICHE CONCORDATE CON LA MAGGIORANZA
Un segnale sulla prescrizione per sfangarla. L’affaire Bonafede piomba mercoledì in un Senato gravido di attesa e di mascherine.
Maria Elena Boschi è entrata martedì pomeriggio a Palazzo Chigi. Ne è riemersa più di due ore dopo. Per incontrare il capo di gabinetto di Giuseppe Conte, dicono. Per fare il punto sulle proposte di Italia viva – già discusse una decina di giorni fa e messe nero su bianco in un carteggio nel weekend – sulla ripartenza e sull’agenda prossima del governo, sostengono.
Ma la plenipotenziaria di Matteo Renzi avrebbe incontrato anche il premier. E con lui definito i contorni di una de-escalation dei toni e un punto di caduta politico che permetta al ministro della Giustizia di superare le forche caudine di Palazzo Madama, dove lo attendono due mozioni di sfiducia e una Iv determinante nei numeri.
Un punto di caduta chiamato prescrizione.
Fonti del partito renziano spiegano che lo stallo si sarebbe sbloccato solo quando il governo ha assicurato che il Guardasigilli offrirà un segnale politico importante, di riconoscimento delle istanze di una delle quattro gambe della maggioranza. Un segnale sulla prescrizione.
Come in un eterno gioco dell’oca si ritorna al punto da cui si era partiti. Il tempo in cui il Covid-19 era poco più di un’influenza, il “vero virus il razzismo” contro i cinesi e si andava a fronte alta a fare l’aperitivo sui Navigli per “sconfiggere la paura”.
Il tempo in cui Renzi avvertiva il governo che lui sul lodo Conte-bis sulla prescrizione non ci stava, minacciava di far cadere tutto, e metteva in agenda un incontro risolutivo (in un senso o nell’altro) con il presidente del Consiglio.
Faccia a faccia mai avvenuto solamente per l’esplosione dell’emergenza sanitaria. Rieccola la prescrizione, le trattative e i lodi.
Bonafede dovrebbe fare nel suo intervento al Senato un’apertura seria e non ambigua su modifiche da concordare con tutte le forze di maggioranza.
Che qualcosa dovesse cedere lo ha capito nelle ultime ore. E il segnale che quel qualcosa fosse la prescrizione è divenuto chiaro quando Andrea Marcucci, capogruppo Pd a Palazzo Madama, ha spiegato che “domani votiamo contro le mozioni di sfiducia perchè non vogliamo una crisi di governo, ma certo il ministro Bonafede in molte occasioni non ci è piaciuto affatto e il caso più noto è quello della prescrizione”.
Certo, nell’ambito di una trattativa più complessiva rientrano il piano shock per i cantieri, la semplificazione e il futuro decreto che la riguarda, il caso Fca e la norma per sollevare i datori di lavoro dalla responsabilità sugli infortuni Covid.
Ma il segnale politico dirimente arriverà sulla giustizia. D’altronde segnali di complessiva soddisfazione per un’inversione di rotta erano già arrivati sulla regolarizzazione di colf e braccianti e sul decreto al posto del dpcm per le riaperture del 18, successi che Iv si è intestata.
Graziano Delrio e Vito Crimi d’altronde hanno messo le cose in chiaro: “Se cade Bonafede cade il governo”. Osservazione non peregrina, mentre una buona metà del gruppo parlamentare renziano giura che non si voglia arrivare a quel punto.
Sullo sfondo rimane il rimpasto. Il borsino di Palazzo dà Gennaro Migliore candidato a sottosegretario a via Arenula, Luigi Marattin alla presidenza della commissione Bilancio della Camera.
Ma la mossa del cavallo di Renzi sarebbe quella di imporre la Boschi nella squadra. Sia per il rapporto di fiducia storico con la sua capogruppo, sia come prova muscolare nell’imposizione ai 5 stelle di una figura che hanno sempre osteggiato e visto come fumo negli occhi. Anche se nel Pd c’è chi è certo: “Matteo gioca anche la sua partita. Fare il ministro e fare un po’ di casino è un’eventualità che non ha mai abbandonato i suoi pensieri”.
(da “Huffingtonpost”)
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