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IL CANDIDATO SINDACO LEGHISTA DI GENOVA EDOARDO RIXI, SEDICENTE “PENDOLARE” DI LUSSO

Marzo 16th, 2012 Riccardo Fucile

“L’UNICO NUOVO SONO IO, SONO IL SOLO   CANDIDATO CHE HA FATTO PER LAVORO IL PENDOLARE SU MILANO DAL 1996 AL 2002 DOPO LA LAUREA”… MA LE COSE STANNO DAVVERO COSI’?

Intervistato dal “Secolo XIX” il candidato sindaco della Lega, Edoardo Rixi chiosa: “Non credete agli altri candidati, l’unico nuovo sono io, gli altri rappresentano il vecchio”.
Premesso che Edoardo Rixi, classe 1974, dal 2002 al 2007 consigliere comunale di Genova e dal 2011 consigliere regionale della Lega, tanto “nuovo” forse non è, visto che da oltre 11 anni calca il palcoscenico politico locale, non si può certo negare che egli provi a porsi, in questa campagna elettorale, come il paladino dei giovani genovesi che non trovano occupazione in città  e sono costretti a migrare a Milano.
Lo aveva già  scritto nel suo comunicato di investitura e lo ribadisce al giornalista che gli chiede: “Ma lei l’ha fatto?”.
Rixi risponde con fermezza: “Certo l’ho fatto dal 1996 al 2002, dopo la laurea in Economia e Commercio, come tanti giovani che a Genova non hanno trovato lavoro”.
Chapeux, verrebbe da dire: già  uno si immagina il povero Edo partire all’alba su una tradotta da Genova-Pegli e arrivare trafelato in fabbrica ad Arese dopo aver passato metà  del viaggio a rimirarsi allo specchio e a sistemarsi i capelli nella ritirata del treno
Ma qualcosa non quadra.
Nella prima versione on line de “Il Secolo XIX”, Rixi parlava di 10 anni di “vita da pendolare”, ridotti a 6 nella versione cartacea del giorno dopo.
Prima osservazione spontanea.
Come poteva Rixi fare il pendolare “dopo la laurea” già  dal 1996 se, come risulta da quanto pubblicato da linkedin.com e sulla base di quanto da lui stesso dichiarato, ha frequentato l’università  di Genova dal 1993 al 1999, laureandosi nel 1999 ?
La logica dice che al massimo potrà  aver fatto il pendolare dal 2000 al 2002 .
Seconda considerazione.
Leggiamo nel suo profilo di consigliere regionale della Liguria, compilato da   lui stesso: “Ho lavorato come ricercatore per l’università  di Genova e per la Fondazione Carige e come consulente per aziende private”
Perbacco: uno che fa il ricercatore universitario a Genova e consulenze per la Cassa di Risparmio di Genova per quale ragione dovrebbe mai fare il pendolare su Milano, visto che poi dal 2002 è anche consigliere comunale e quindi molto impegnato, tra consigli e commissioni?
Terza osservazione.
Sempre sul suo dettagliato profilo su linkedin.com, Rixi afferma da aver lavorato dal 1997 al 2002-2004 nel settore della moda con Lineaitalia srl e la veneziana Roberta di Camerino, a cavallo della laurea quindi e immediatamente dopo: nello stesso periodo quindi in cui avrebbe fatto, lo ricordiamo, il ricercatore a Genova per Università  e la Carige.
Ma non è finita qua: da gennaio 2000 ad aprile 2004, Rixi afferma di essere stato anche amministratore della Thesis sas di Edoardo Rixi, specializzata in borse e borsette e in cui rivestiva incarichi di marketing.
Ritorniamo a quanto dichiarato al Secolo XIX dal candidato sindaco pendolare: “Ho fatto il pendolare dal 1996 al 2002 dopo la laurea lavorando a Milano nel settore del marketing”.
Peccato che la Thesis avesse sede a Pegli, lo stesso quartiere di Genova dove Rixi abita, non certo a Milano.
E uno che dal 2000 al 2004 crea una società  impegnativa a Genova come può fare anche il pendolare?
La logica dice o l’uno o l’altro: che senso avrebbe costituire una società  se poi si fa dell’altro?
Nel suo profilo infine Rixi aggiunge anche una collaborazione con il dipartimento di marketing dell’Università  di Tor Vergata a Roma, in direzione pendolare opposta alla nebbiosa metropoli meneghina.
Confusione totale.
Quarta domanda
Rixi dal 2002 al 2007 è consigliere comunale, poi non viene rieletto e dovrà  attendere il 2011 per entrare in Regione.
Ma dal giugno 2005 al febbraio 2010 che fa il disoccupato Rixi?
Leggiamo che fa anche il funzionario della 1 commissione bilancio della regione Lombardia (lo dice sempre lui).
Non certo a tempo pieno visto che nei primi due anni è impegnato quasi tutti i giorni in Comune a Genova.
E come mai Rixi dimentica invece di dire al giornalista che avrebbe fatto il pendolare su Milano dal 2005 al 2010, lavorando al Pirellone, quando avrebbe una prova tangibile per dimostrare il suo giornaliero percorso su rotaie?
Perchè Rixi non dice quanti giorni dedicava al suo incarico lombardo?
Come mai Rixi non ritiene opportuno portare a conoscenza del “giovani pendolari genovesi” come aveva ottenuto quell’incarico e non rivela quanto era pagato?
E’ pensiero comune, anche in padagna, che un candidato sindaco dovrebbe garantire trasparenza amministrativa ai cittadini: poi, per carità , tutti i lavori sono accettabili, anche, tanto per dire,   l’assistenza alle persone anziane con ruoli di badante e tuttofare.
Ma abbia il buon gusto perlomeno di scendere dal treno.
Uno specchio lo trova anche sull’ascensore di casa, in fondo.

LIGURIA FUTURISTA

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PARLAMENTO: LA STRETTA SULLO STIPENDIO FA MIRACOLI, BOOM DI PRESENZE IN COMMISSIONE

Marzo 16th, 2012 Riccardo Fucile

DA UN MESE A MONTECITORIO UNA QUOTA DELLA DIARIA, CHE PUO’ ARRIVARE A 500 EURO AL MESE, E’ LEGATA ALLA REALE PARTECIPAZIONE AI LAVORI… LA MEDIA DEI DEPUTATI PRESENTI E’ IMPROVVISAMENTE PASSATA DAL 50% al 70%

Da Guinness sono quei 149 che da un mese a questa parte non perdono un colpo.
Non c’è seduta di commissione Agricoltura piuttosto che Esteri, Attività  produttiva o Cultura alla quale facciano mancare la loro preziosa firma al registro presenze.
Un onorevole su quattro, a Montecitorio, vanta il 100 per cento di partecipazione almeno dal 6 febbraio scorso. Di tutti i gruppi, senza distinzione.
Funzionava così da ottobre – a parole – ma si scopre ora che era solo una “sperimentazione”.
Sul serio si fa appunto da poco più di un mese fa.
Da quella data è entrata a pieno regime la nuova tagliola che alla Camera prevede la riduzione della diaria non solo in proporzione alle assenze in aula, ma anche alle commissioni e alle giunte.
Una tagliola simbolica, se rapportata alle indennità  dei parlamentari.
Cifre tutt’altro che stratosferiche, sia chiaro: parliamo di 300 euro per assenze comprese tra il 50 e l’80 per cento e di 500 euro oltre l’80 per cento.
Ma tant’è, è tempo di crisi per tutti.
Ed è bastato l’annuncio che è subito scattata la corsa alla firma.
“Eccome se si nota   –   racconta il presidente della commissione Lavoro, Silvano Moffa   –   siamo di più, è vero. Lavoriamo sempre tanto. Ma diciamo che le sedute sono più partecipate. Anche se da noi non ci sono stati mai fenomeni di assenteismo diffuso. Però il deterrente aiuta”.
Gianfranco Fini ha imposto che il 6 febbraio si partisse comunque a pieno regime, dopo una sperimentazione protrattasi da ottobre.
Al Senato invece il nuovo meccanismo è entrato in vigore solo lunedì scorso, il 12 marzo.
Ed è il motivo per il quale   –   spiegano dagli uffici di Palazzo Madama   –   i primi dati potranno essere elaborati solo tra un mese.
Ma anche lì sembra che la semplice firma al registro sia stata sufficiente per innescare un incremento delle presenze già  in questa prima settimana.
Corsa al registro, dunque, ma non necessariamente alla presenza effettiva ai lavori, è meglio precisare.
Perchè per dimostrare di esserci stati (e dunque per non entrare nel pallottoliere della penalizzazione) è sufficiente appunto registrarsi a inizio seduta.
Ma poi si possono disertare le successive convocazioni in giornata, come si può andare via di soppiatto poco dopo l’inizio della riunione.
Che poi, raccontano alcuni parlamentari, è quello che spesso succede.
Falle di un sistema ancora tutto da rodare. E che non prevede, per esempio, la registrazione della presenza in commissione mediante le votazioni con impronte digitali, come invece accade in aula da almeno un paio d’anni.
“Troppi fanno i furbi – attacca il dipietrista Antonio Borghesi – Vogliamo parlare dell’ex ministro Renato Brunetta, che da noi in commissione Bilancio firma e spesso dopo cinque minuti va via? E poi, lui come gli altri, per tutto il giorno sono a posto, anche se la commissione si riunisce altre tre volte in giornata”.
L’ex responsabile della Funzione pubblica, proprio lui che della lotta all’assenteismo negli uffici ha fatto la sua bandiera, proprio non ci sta.
E, contattato, taglia corto: “Guardi, io lavoro dalla mattina alla sera. Non mi occupo di queste bassezze”. Clic.
Brunetta non è l’unico ex ministro berlusconiano a essere finito sotto “osservazione” per le presenze ai lavori di commissione. Il 6 dicembre, quando il meccanismo era già  scattato ma in rodaggio, il democratico Andrea Sarubbi aveva accusato su Twitter Mara Carfagna di aver firmato agli Affari sociali “per la diaria” e di essere poi andata via.
Polemica di fuoco sul ring delle 140 battute.
E poco più di un mese dopo, dal 26 gennaio l’ex ministra delle Pari opportunità  risulta aver abbandonato quella commissione per la Giustizia. Sarubbi non torna in rotta con la Carfagna, ma fa notare come sia “l’unico che, se in ritardo, scrive accanto alla firma l’orario di ingresso: mi prendono in giro, ma io ci tengo. Quel che è certo è che in alcune giornate le presenze sono aumentate anche del 50 per cento”.
Poi ci sono quelli che della firma   –   e del taglio   –   se ne infischiano.
È il caso dei 29 deputati, anche questi iscritti a tutti i gruppi, che al “registro” della Segreteria generale risultano aver partecipato a meno del 10 per cento delle sedute di commissione, in questi primi 30 giorni.
Tra loro, quasi tutti i leader politici, per inevitabili “altri impegni”. Per loro il biglietto da 500 euro è già  decurtato dalla busta paga. “Verranno pure a firmare.
Ma alla fine   –   lamenta un deputato di lungo corso come Pino Pisicchio, Api   –   a lavorare siamo sempre una ventina su 40. Non è cambiato molto”.
Tanto meno per quell’unico deputato che vanta il record al contrario: zero per cento, mai presenziato ad una seduta della sua commissione di appartenenza.
Anche se, di contro, ha sempre firmato il registro presenze della bicamerale Antimafia, che dunque predilige.
Tutto sarà  più chiaro quando, tra qualche giorno, la Camera renderà  pubbliche le percentuali di ciascun deputato.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)

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ARCORE: BERLUSCONI NON PAGA LA LUCE E IL COMUNE PRESENTA IL CONTO PARI A 120 EURO

Marzo 16th, 2012 Riccardo Fucile

IL COMUNE SI ERA FATTO CARICO DEI DUE LAMPIONI LUNGO LA STRADA CHE COSTEGGIA LA DIMORA DELL’EX PREMIER…IL SINDACO LAMENTA: “PER COLPA DEI MIEI PREDECESSORI NON PAGHERA’ 3.000 EURO DI ARRETRATI”

Silvio Berlusconi non paga la bolletta della luce.
Il conto per l’illuminazione della via privata San Martino, che costeggia la dimora dell’ex premier ad Arcore, finisce sulla scrivania del sindaco.
La storia va avanti da tre decenni: da quando la stradina è stata dotata di due lampioni, 120 euro all’anno, che il Comune ha sborsato al posto del Cavaliere.
A scoprire l’inghippo è stato l’ufficio tecnico del municipio.
In nome del risparmio energetico, l’amministrazione sta mappando i pali della luce della cittadina.
Una decisione presa dalla giunta di centrosinistra, guidata dal sindaco pd Rosalba Colombo, che vuole sostituire le vecchie lampadine con nuovi led a basso consumo energetico.
Elettrificata sul finire degli anni Settanta, la stradina alla destra dell’ingresso principale porta dritto a quelle che un tempo erano le cascine della residenza appartenuta ai Casati Stampa.
E che oggi servono a ospitare il personale di servizio.
Per gli arretrati non c’è nulla da fare, spiega il sindaco Colombo: «Non chiederemo di saldare il debito. Si tratta di 2mila euro che piuttosto dovremmo chiedere ai miei predecessori, visto che l’errore è loro».
Al Comune, allora, non resta altro da fare che regolarizzare la situazione.
Un paio di giorni fa il sindaco ha inviato una lettera in cui chiede al proprietario della via di procedere a una formale voltura per sistemare la faccenda.

Gabriele Cereda
(da “la Repubblica“)

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VERTICE GOVERNO-PARTITI: VINCE IL SENSO DI RESPONSABILITA’

Marzo 16th, 2012 Riccardo Fucile

MONTI OTTIENE UN TESTO CONDIVISO… MA SULLA TV ALFANO E BERSANI RESTANO LONTANI

Il fatto che siano andati tutti a Palazzo Chigi, che nessuno si sia alzato dal tavolo nè rifiutato di trattare alcun tema di quelli imposti in agenda da Mario Monti è già  un’intesa.
Non si poteva fare altrimenti, forse.
Ma che i tre segretari – Alfano, Bersani e Casini – dopo una settimana di botta e risposta, polemiche, punzecchiature, accuse più da campagna elettorale che da navigazione standard di una maggioranza forzosa ma comunque solida, abbiano alla fine condiviso un testo – quello del comunicato del premier – è un risultato che Monti può incassare come una svolta per il suo governo.
E che Casini alle due di notte rilancia: «Ottimo clima, ottimo risultato».
Con più o meno fatica, più o meno sofferenza e difficoltà , i tre leader hanno dovuto sottostare alla legge della responsabilità , imposta dal premier, dalla moral suasion del Quirinale ma soprattutto da una situazione politico-economica ancora niente affatto risolta.
Così si è potuti arrivare ad una intesa sul punto più delicato e potenzialmente esplosivo, quello dell’articolo 18, con grande soddisfazione di Angelino Alfano, con l’approvazione di Pier Ferdinando Casini, con i paletti e le richieste in parte ancora da mettere a punto di Pier Luigi Bersani.
Ma anche sulla giustizia alla fine si è arrivati ad una difficile mediazione, nella quale ciascuno ha rinunciato a qualcosa: il Pdl smussa sulla responsabilità  civile dei magistrati, accetta il giro di vite sull’anticorruzione (che però alleggerisce Berlusconi dall’accusa di concussione per il processo Ruby) e incassa l’impegno del governo a presentare un nuovo testo di legge sulle intercettazioni. Sulla Rai invece è stallo completo: i veti reciproci tra Pdl e Pd, con Alfano a difesa di questa governance, questa legge per il rinnovo del Cda e dell’accordo che assegna gratis le frequenze e Bersani che chiede rinnovamento radicale di struttura e criteri e frequenze a pagamento, hanno impedito qualsivoglia intesa.
Se ne parlerà  «nei prossimi vertici», forse dopo le Amministrative.
Monti invece si impegna ad incontrare con regolarità , assieme ai ministri interessati ai provvedimenti all’esame, i capigruppo della maggioranza
Non c’è stato spazio nè modo per contrastarsi a muso duro, perchè l’accordo per tutti era approdo obbligato.
Lo ha fatto capire subito una formidabile mossa mediatica di Casini, che a vertice appena iniziato ha mandato sul suo profilo Twitter la foto di lui, Bersani e Alfano seduti l’uno accanto all’altro e con dietro di loro Monti con fare paterno che in piedi quasi li abbraccia, con cinguettio a commento pieno di punti esclamativi e di entusiasmo: «Siamo tutti qui! Nessuna defezione!».
È bastato lo scatto, una prima assoluta come fenomeno mediatico via web, a dare da subito senso e verso a un vertice che il leader dell’Udc vorrebbe fosse quello che battezza la formazione che andrà  al voto nel 2013 e che governerà  nella prossima legislatura.
Perchè al di là  dei volti tra l’ironico e lo scettico di Bersani e Alfano, è vero che i temi spinosi affrontati al vertice non hanno spezzato il filo esile ma fortissimo che lega i tre segretari all’inevitabile sostegno a Monti, che anche Berlusconi ieri ha rivendicato invitando i suoi ad andarlo a «spiegare ai cittadini» scagliandosi contro «la vecchia politica delle chiacchiere fumose e inconcludenti, la politica dai riti bizantini e incomprensibili alla gente comune».
Poi certo, sia su lavoro che su giustizia che sulla Rai al vertice c’è stato da discutere.
Sulla riforma del welfare Alfano spinto da tutto il suo partito si è intestato la difesa dei lavoratori autonomi, delle piccole e medie imprese e la critica a un’impostazione che fino a ieri sera gli era parsa «troppo cauta» sull’articolo 18.
Al contrario, Bersani ha chiesto a Monti e alla Fornero, pure presente al vertice, passi avanti su «ammortizzatori, contratti, risorse», ricevendo in cambio del suo appoggio alla modifica dell’articolo 18 sul modello alla tedesca apertura su sviluppo e ripresa che facciano da contraltare alla stretta sui licenziamenti.
Monti ha insomma ottenuto l’appoggio che voleva, e ha potuto mettere sul tavolo anche i due temi che più hanno diviso Pdl e Pd, giustizia e Rai.
Sul primo, dopo il braccio di ferro iniziale, (con Alfano a tenere duro su inasprimenti eccessivi dell’anticorruzione e sbracamenti su responsabilità  civile dei giudici e Bersani attento a non concedere troppo sulle intercettazioni), si è arrivati a un sostanziale accordo.
Fumata nera invece sulla Rai, come sulle misure per la crescita.
Nella notte, tutti hanno potuto far credere di essere abbastanza soddisfatti.
Ma oggi ci sarà  da spiegare, argomentare, e fare i conti sui dare e avere di un vertice che ha rafforzato soprattutto Mario Monti.

Paola Di Caro
(da “Il Corriere della Sera”)

argomento: economia, governo, Lavoro | Commenta »

“SIAMO TUTTI QUI”: VERTICE PREMIER-PARTITI, INTESA SULLA GIUSTIZIA, AVANTI COL MODELLO TEDESCO SULL’ART.18

Marzo 16th, 2012 Riccardo Fucile

A PALAZZO CHIGI IL SUMMIT TRA MONTI, BERSANI, ALFANO E CASINI… SOLUZIONE EQUILIBRATA SU RESPONSABILITA’ CIVILE DEI MAGISTRATI E INTERCETTAZIONI…AVANTI COL DDL SULLA CORRUZIONE

Un’intesa di massima sulla giustizia, in particolare sulla corruzione, e un accordo per riformare le norme sul lavoro, in particolare l’articolo 18 che dovrebbe uniformarsi al cosiddetto «modello tedesco».
Sono queste le prime indiscrezioni sull’esito del vertice (ancora in corso alle ore 23,50 e il cui inizio è stato annunciato su Twitter con una foto di gruppo) tra il presidente del Consiglio Mario Monti e i leader dei tre principali partiti che sostengono il governo, Angelino Alfano (Pdl), Pierluigi bersani (Pd) e Pierferdinando Casini (Udc, che è stato anche il fotografo).
Secondo quanto riferito dall’agenzia Ansa (che cita fonti governative), il governo (rappresentato da Mario Monti e dal ministro della Giustizia, Paola Severino) e i partiti hanno trovato un’intesa: il governo presenterà  un emendamento al disegno di legge Alfano-Brunetta, attualmente in discussione in commissione giustizia della Camera, in modo da recepire alcune modifiche.
L’intervento riguarderà  le norme relative alla corruzione fra privati, al traffico delle influenze e alla revisione della pena sulla corruzione.
Si sta inoltre valutando di rivedere il reato di concussione, come chiesto dall’Ocse.
Passi avanti dal vertice (ancora in corso) si registrano anche sul tema della responsabilità  civile dei magistrati: si è convenuto di trovare una «soluzione equilibrata» con un emendamento che sarà  presentato al Senato.
Durante il vertice si è discusso anche di intercettazioni.
Sembra probabile, riferiscono fonti di governo, che sarà  ripreso il tema o attraverso una revisione del vecchio disegno di legge presentato in Parlamento o, più probabilmente, con un nuovo provvedimento dell’Esecutivo.
Infine, per quanto concerne il mercato del lavoro e le norme relative all’articolo 18 che regolano le cause di licenziamento, si è deciso di provvedere con modifiche che «accelerino» i processi.
A riunione appena iniziata, il leader dell’Udc ha postato su Twitter una foto dei quattro protagonisti (scattata non si sa da chi con un cellulare).
«Siamo tutti qui, nessuna defezione!» ha scritto Casini.
Il riferimento è alla clamorosa defezione dall’incontro programmato del segretario del Pdl Angelino Alfano la scorsa settimana.
Nella foto Pierluigi Bersani sorride divertito, ride lo stesso Casini.
Composti il premier e Alfano.
Su Twitter ha spopolato nel frattempo l’hashtag #siamotuttiqui (che agli over 40 evocherà  anche il jingle del popolare cartone seriale Braccobaldo Show…)

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