Gennaio 30th, 2013 Riccardo Fucile
POSSIBILE SUGGELLO DEL PATTO: MONTI NON ESCLUDE PIU’ IL QUIRINALE
Attaccare Bersani per polarizzare la campagna elettorale, trasformandola in una
competizione tra il centro e il Pd.
E in questo modo oscurare Berlusconi.
Questi sono i consigli che gli spin doctor (americani e non) hanno dato a Mario Monti e che il premier sta mettendo in pratica.
«Conviene a noi — ha osservato Monti provando a convincere un esponente Pd che si lamentava per gli attacchi — e conviene anche a voi».
A questo si deve l’apparente recrudescenza tra le due formazioni, compreso lo scambio di “carezze” sulle tasse tra Monti e Bersani. Ma l’apparenza non deve ingannare.
Perchè i numeri della politica sono noti a tutti.
E Monti è il primo a essere consapevole che sarà con il centrosinistra e non con Berlusconi che dovrà provare a mettere in piedi quella «grande coalizione per le riforme» di cui ha parlato a Omnibus.
Del resto è stato il Professore, in una riunione al suo quartier generale, a spiegare la strategia in vista della trattativa sul governo: «Dobbiamo arrivare al 20% per rendere Vendola non necessario. Poi può accadere di tutto».
Insomma, un conto è presentarsi al Pd con un progetto arenato sul 10-12 per cento.
Altro è veleggiare sul 18 per cento e oltre.
«Noi vogliamo aggregare i riformisti — spiega Andrea Romano — e diventare il baricentro riformatore della prossima legislatura. Bersani dice che non si separerà mai da Vendola? Vedremo… sulle riforme necessarie vedremo chi ci starà oppure no».
È comunque sul possibile accordo con il centrosinistra che Monti si gioca la sua partita. Il premier ne è consapevole.
«Ai poteri forti il Pd piace», ha confidato ieri ammettendo la centralità di Bersani, «mentre Berlusconi è del tutto screditato».
Il problema che si aprirà un minuto dopo aver conosciuto il risultato delle urne sarà invece quello della collocazione del Professore in un possibile governo a guida Bersani.
Mentre nei primi giorni di campagna elettorale i montiani escludevano sdegnati che il loro leader potesse accettare un incarico ministeriale con il centrosinistra, ora nessuna ipotesi viene preclusa. La Farnesina? L’Economia? Inutile almanaccare oggi.
La novità semmai riguarda la nuova disponibilità di Monti per il Quirinale.
Il premier infatti non rifiuta più come prima l’idea di poter “salire” fino al Colle più alto. Solo, precisa, «dipende da altri, non da me».
Un piccolo scivolamento semantico che segnala un’apertura inattesa. E così l’eventuale elezione di Monti a capo dello Stato potrebbe essere il suggello finale della «grande coalizione» prospettata ieri.
Del resto alcuni giorni fa, nel corso di una riunione centrista, un navigato democristiano ha fatto a Monti un discorso chiaro: «Presidente ascolta, la sinistra non ti regalerà nulla, men che meno il Quirinale. Se vuoi qualcosa te lo devi conquistare con la tua forza».
Per questo è ancora più vitale per il premier agguantare un risultato convincente.
Vista dalla parte del Pd la prospettiva di un’intesa, la cui necessità Bersani è tornato ancora ieri a prospettare nell’intervista a Les Echos, offre un’opportunità in più.
Non sono sfuggiti infatti a Largo del Nazareno gli accenti differenti tra Pier Ferdinando Casini e Mario Monti.
Con il primo che ha lasciato nel limbo dell’indeterminatezza la possibilità di un partito unico insieme a Scelta Civica.
E che, soprattutto, ha gettato sul premier la responsabilità di aver candidato in Toscana Alfredo Monaci, il manager ai vertici di Mps nell’era Mussari («Monaci? Chiedete a Monti non certo a me»).
Ecco, nel Pd questa “dialettica” interna a Scelta Civica è stata notata, eccome.
Anche perchè, come ha spieato Roberto D’Alimonte sul Sole24ore, grazie al gioco della candidature multiple, Casini riuscirà a far eleggere almeno dieci senatori di provenienza Udc nella lista unica.
Una garanzia per poter costituire un gruppo parlamentare autonomo (insieme magari ai tre finiani sicuri) a palazzo Madama, dove si giocherà la partita.
«Se Monti tirerà troppo la corda — ragionano quindi nel Pd — c’è sempre Casini disponibile a trovare un accordo per tirare fuori il paese dalla secche nel segno della responsabilità nazionale».
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 30th, 2013 Riccardo Fucile
NON SOLO IMMIGRATI, IN 50.000 VIVONO IN STRADA
Anziani soli e con la pensione minima, lavoratori che non arrivano a fine mese, padri separati.
Eccoli i nuovi senzatetto: non solo immigrati e non solo disoccupati.
Dimenticate l’immagine romantica del clochard per scelta, del vecchio con barba lunga e sacca in spalla.
La crisi cambia l’identikit dei “senza dimora” e ne ingrossa le fila, tanto che oggi c’è una città grande come Mantova popolata solo da abitanti invisibili.
È una città senza neppure una casa, con 47.648 persone che sopravvivono tra mense e strutture d’accoglienza.
«Accanto agli storici clochard e cioè italiani 50enni, abituati a vivere da anni per strada, spesso con problemi psichiatrici o di alcolismo – racconta Paolo Pezzana, presidente della Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora (Fio.psd) – incontriamo sempre più “insospettabili” e perfino interi nuclei familiari».
Purtroppo il registro dei senza fissa dimora, istituito nel 2010 dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni, non ha mai funzionato, «perchè – spiega Pezzana – molti comuni continuano a non aggiornare gli appositi registri anagrafici».
L’unica indagine attendibile resta allora la ricerca Istat, Fio.psd, Caritas e ministero del Lavoro presentata alla fine dell’anno scorso.
Questi i risultati: i senzatetto che tra novembre e dicembre 2011 hanno utilizzato almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna sono stati 47.648.
Il che porta a stimarne la popolazione complessiva in una forchetta che varia tra 43.425 e 51.872 persone.
«Ma con la crisi i numeri stanno aumentando – avverte Pezzana – tanto che il ministero del Lavoro ha rifinanziato la ricerca anche per il 2013 e 2014».
I senza dimora sono per lo più uomini (86,9%), con meno di 45 anni (57,9%), nei due terzi dei casi hanno al massimo la licenza media inferiore.
Tanti gli italiani, anche se la maggioranza è costituita da stranieri (59,4%): romeni (11,5%), marocchini (9,1%) e tunisini (5,7%).
In media, le persone senza dimora sono in tale condizione da 2 anni e mezzo; quasi i due terzi (il 63,9%) prima di diventare homeless vivevano nella propria casa, gli altri si suddividono tra chi è passato per l’ospitalità di amici o parenti (15,8%) e chi ha vissuto in istituti, strutture di detenzione o case di cura (13,2%).
Più della metà (il 58,5%) vive nel Nord. Record a Milano e Roma: qui risiede gran parte dei senzatetto
E ancora: il 28,3% delle persone senza dimora dichiara di lavorare.
Si tratta in gran parte di lavoro a termine, poco sicuro, saltuario, di bassa qualifica e che procura un guadagno medio di 347 euro mensili.
Perchè si finisce per strada?
La perdita di un lavoro risulta tra gli eventi più rilevanti del percorso di emarginazione (nel 61,9% dei casi), insieme alla separazione dal coniuge (59,5%) e alle cattive condizioni di salute (16,2%).
Insomma la popolazione dei senzatetto è in rapido e costante cambiamento, con conseguenze paradossali: «Al centro ascolto Caritas di Torino – racconta Pezzana – mi hanno detto che i clochard storici non vanno più, perchè in fila ci sono troppe persone vestite bene, addirittura in giacca e cravatta, e loro si sentono a disagio».
Vladimiro Polchi
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 30th, 2013 Riccardo Fucile
SONO 82.000 LE FAMIGLIE CHE SONO RIUSCITE A RINVIARE I PAGAMENTI
Conto alla rovescia per gli italiani in difficoltà con le rate del mutuo. 
Giovedì prossimo scade il termine per richiedere alla banca la sospensione per almeno un anno dei versamenti.
La procedura è applicabile ai mutui ipotecari destinati all’acquisto, alla costruzione o alla ristrutturazione dell’abitazione principale, a tasso fisso, variabile o misto. Secondo l’accordo, il quarto di questo tipo sottoscritto dall’Abi e dalle associazioni dei consumatori, gli eventi che permettono di usufruire della moratoria, per esempio la perdita del posto di lavoro o l’ingresso in cassa integrazione, devono essersi verificati entro il 31 dicembre 2012.
Il Piano famiglie, che finora ha consentito ad oltre 82.000 nuclei di sospendere il pagamento delle rate (per un controvalore in termini di debito residuo di oltre 9,2 miliardi di euro), fissa ulteriori limiti per la concessione dello stop: il ritardo nel pagamento delle rate non deve superare i 90 giorni, non può presentare richiesta chi abbia già usufruito di una sospensione, il mutuo non deve superare il valore di 150.000 euro e il contraente deve avere un reddito imponibile inferiore a 40.000 euro (limite riferito a ciascun mutuatario).
Alcune delle banche aderenti hanno però introdotto delle clausole migliorative. Bnl, ad esempio, non applica limiti di reddito o di importo e include nella moratoria anche i prestiti personali, mentre Banca Popolare di Vicenza tratta sospensioni più lunghe, fino a 18 mesi.
Per le famiglie che non riusciranno ad usufruire di questo salvagente non resta invece che aspettare.
L’Abi e 13 associazioni dei consumatori hanno lanciato un «forte appello» alle commissioni competenti di Camera e Senato perchè emanino il regolamento necessario a rendere operativo il Fondo di solidarietà per l’acquisto della prima casa, definendolo «uno strumento in continuità con il Piano famiglie».
I due veicoli hanno però diverse condizioni di applicabilità .
Il Fondo di solidarietà si applica a mutuatari con indicatore ISEE del nucleo familiare non superiore a 30.000 euro e ammette una moratoria fino a 18 mesi. Inoltre, al contrario del Piano famiglie, paga la quota di interessi delle rate relativa al tasso di riferimento (Euribor o Irs).
Infine, il Fondo è stato rifinanziato con la legge 214 del 2011, 10 milioni di euro l’anno per il 2012 e il 2013, e difficilmente sarà operativo entro il 31 gennaio.
Nel frattempo una mini-proroga del Piano famiglie, come quella trimestrale già concessa alle Pmi, potrebbe permettere al nuovo Parlamento di varare il secondo pilastro del pacchetto proposto da Abi e associazioni dei consumatori.
Si tratta di misure per rendere sostenibile il credito «negli eventuali periodi di difficoltà incontrati nell’adempimento delle proprie obbligazioni» e per ampliare e rendere compatibili le regole del Piano famiglie e del Fondo di solidarietà .
Un nuovo incontro fra Abi e associazioni dei consumatori è in programma per domani.
Rosa Serrano
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 30th, 2013 Riccardo Fucile
LE DOMANDE DEI SENESI E GLI ATTACCHI AGLI EX MARGHERITA
Esserci, ci sono quasi tutti. Alla seduta di autocoscienza del Pd senese si sta stretti, anche sulle scale.
Oltre 400 persone di sera, in una sala che può tenerne al massimo un centinaio, un successo per una assemblea convocata un giorno per l’altro, con una fretta che rivela un certo timore per l’esito delle prossime elezioni amministrative e soprattutto la consapevolezza di essere ormai divenuti una questione di politica nazionale.
«E chi se lo aspettava, di vedere il Franco Ceccuzzi in mondovisione» bofonchia un vecchio sindacalista in coda con l’orecchio teso al pianterreno per sentire quel che esce dalle finestre di sopra.
Ma ieri l’impressione era di un tuffo nel passato, più o meno recente.
La Sala dei mutilati, gloriosa istituzione cittadina che spesso è approdo di eventi organizzati alla buona, sembrava una Casa del popolo, come le raccontavano i nonni di una volta.
Mancava qualcuno, all’incontro con i cittadini, mancavano i soliti sospetti.
Quelli che sono stati già designati come i colpevoli politici: i cattolici del Pd, gli ex della Margherita, difficile rendere l’idea della smorfia di disprezzo collettiva che in sala accompagnava l’evocazione dell’incolpevole fiore.
«Perchè Mussari avrà le sue colpe» ha detto un militante giunto apposta dalla Maremma profonda. «Ma il grande nemico si chiama Monaci», nel senso di Alberto, presidente del consiglio regionale toscano, democratico ex democristiano di lunghissimo corso nonchè fratello di Alfredo, candidato nella lista di Mario Monti. «
E Franco», questa volta nel senso di Ceccuzzi, sindaco uscente e ricandidato, officiante dal palco, «ha il merito di aver tenuto testa a questa banda che sosteneva Mussari e gli altri». Ovazione
Senza alcuna ironia, perchè i drammi veri meritano rispetto: ma la vita politica cittadina in questi giorni riserva notevoli sorprese, a partire da una presa d’atto.
Il Partito democratico, a Siena, non è mai nato. L’amalgama tra le due componenti, ex Ds ed ex Margherita, ex comunisti ed ex democristiani, non è dei più riusciti.
Si odiano, a farla breve. E non da ieri.
Figurarsi adesso, che c’è da rimpallarsi le colpe sulle vicenda Mps, roba da influire sulle sorti del partito nazionale.
Noi stiamo facendo autocritica» ha detto Ceccuzzi, che in questi giorni ha ricevuto una patente di purezza per aver sponsorizzato la sostituzione al vertice di Mps di Mussari, del quale è stato testimone di nozze e «migliore amico» per oltre vent’anni. «Ma speriamo che si faccia avanti anche qualcun altro. Nel Pd mancano tanti protagonisti all’appello…».
I nomi sono indicati sull’opuscolo distribuito all’ingresso, venti domande e venti risposte del candidato sindaco su Mps. Sono quelli dei consiglieri comunali della maggioranza «che votarono contro la mia richiesta di discontinuità » e pochi mesi dopo fecero cadere la giunta dall’interno. Alcuni di loro, sospesi ma non espulsi dal Pd, sono nelle liste civiche che sostengono l’avversario di Ceccuzzi alle prossime amministrative. Anatema: «Personaggi contrari al cambiamento, che dovrebbero chiedere scusa alla città ».
Alla fine questo disprezzo così evidente nella sala gremita si tramuta in una doppia debolezza. L’intento della serata non era solo quello di fornire spiegazioni alla cittadinanza. Anche la voglia di tirarsi un po’ su ha giocato la sua parte.
Anche per questo la quota di truppe cammellate convocate per l’occasione era notevole. Nonostante una folla amica, non tutto è filato liscio, qualche dissidente ha mostrato segni di insofferenza piuttosto marcata.
«Io il Ceccuzzi non lo voglio sentire» è stata l’esclamazione di un distinto signore che se n’è andato mentre il «suo» candidato prendeva la parola per l’introduzione. Si è comunque perso una auto critica già sentita, che ha riservato la novità di un attacco ai sindacati della banca. Anch’essi, secondo Ceccuzzi, grandi sostenitori del pagamento cash di Antonveneta invece di un più ragionevole concambio che avrebbe diminuito la quota di azioni «senesi» in Fondazione. «C’era l’egemonia di questa posizione autoreferenziale che alla fine ha danneggiato sia la città che la forza lavoro del Monte».
Le domande dei cittadini non prevedono risposta.
Sono esortazioni, inviti ad agire, ma non si sa come.
C’è un’aria di smarrimento evidente, sul palco e in sala.
Tutti si conoscono e si chiamano per nome. Ma in questi giorni c’è sempre qualcuno che canta fuori del coro, che del mea culpa non ne ha mai abbastanza.
«In buona o cattiva fede, il Pd ha un conflitto di interessi naturale che non ha ancora risolto. Le nomine in Fondazione e in Banca le fate voi. Non può essere normale che ogni sindaco o assessore uscente sia poi diventato capoufficio di qualche divisione Montepaschi».
Eugenio Nocito, bancario in pensione fa il pieno di applausi.
Sul palco, Ceccuzzi muove la bocca.
Non si capisce se è un sorriso o una smorfia.
Per essere una partita che si giocava in casa, poteva andare meglio.
Marco Imarisio
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »