Gennaio 24th, 2013 Riccardo Fucile
“CI AVEVA GARANTITO L’APPARENTAMENTO DEL NOSTRO MOVIMENTO: E’ UN UOMO SENZA PAROLA, UN MENTITORE ABITUALE”
“Berlusconi si è rivelato una persona senza parola, è un bugiardo“.
Sono affranti e amareggiati Elio Belcastro e Arturo Iannaccone, i “responsabili” recentemente gabbati dal Cavaliere ed esclusi dall’apparentamento col Pdl.
In una conferenza spettrale e disertata dalla stampa, i due parlamentari mostrano il nuovo simbolo del partito “Popoli liberi” e lanciano il loro triste sfogo ai microfoni del giornalista del Tg3, Danilo Scarrone.
“Il nostro movimento, che unisce tante forze autonomiste, dalla Val d’Aosta alla Sicilia, non corre più” — spiega Iannacone — “perchè Berlusconi è venuto meno all’apparentamento“.
E aggiunge: “Nei nostri confronti Berlusconi è stato un bugiardo abituale perchè aveva assunto degli impegni politici che non ha mantenuto nonostante più strette di mano e più parole d’onore”. Ancora più duro è l’ex sottosegretario all’Ambiente Elio Belcastro: “Sai quello che accade a Napoli quando vai a comprare una macchina fotografica e alla fine ti trovi dentro un mattone? E’ quello che è accaduto a noi con Berlusconi”.
E ne ha anche per Scilipoti. “Lui candidato in Calabria? Questo è un altro grande acquisto che ha fatto il governatore Scopelliti. Non c’è da fare ironia, è un fatto davvero drammatico“
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 24th, 2013 Riccardo Fucile
L’EX SINDACO BARZANTI: “LA TRASFORMAZIONE IN SPA FU FATTA PERCHE’ NON CAMBIASSE NULLA”
“Siena è rossa, ma di vergogna», commenta un acuto osservatore delle faccende senesi, davanti
a un caffè, le ultime rivelazioni sui buchi della banca.
Anche perchè le immagini migliori dello stato d’animo della città i senesi le hanno praticamente davanti agli occhi da 700 anni.
Il ciclo di affreschi di Ambrogio Lorenzetti, «Allegoria ed effetti del buono e del cattivo governo», mostra la città in rovina e le campagne abbandonate, se lasciate in mano al «cattivo governo».
Roberto Barzanti, grande vecchio della sinistra locale, sindaco del Pci quando «il Monte» festeggiava i cinquecento anni di vita, fa risalire i mali odierni a una «superstiziosa senesità » che ha fatto sì che l’abbraccio tra politica e banca non venisse mai sciolto.
«La trasformazione in Spa del vecchio istituto di diritto pubblico, nel 1995, è stata qui più travagliata che altrove – racconta l’uomo politico, a lungo parlamentare europeo -. I senesi facevano fatica ad accettare l’idea della separazione tra l’attività filantropica e quella bancaria che avrebbe dovuto essere realizzata con la nascita di una Fondazione e di una banca quotata in Borsa. Cosicchè alla fine quel passaggio è stato realizzato, si è sì cambiato, ma cercando di fare in modo che niente cambiasse davvero».
Nasce da lì il «groviglio armonioso» che ha tenuto insieme la vecchia Dc e il vecchio Pci, la chiesa e la massoneria, i sindacalisti e i banchieri.
Le nomine della banca decise nelle segreterie dei partiti, quelle del Comune decise in banca – da Mps vengono tutti i sindaci della città dalla fine degli ultimi 25 anni, con l’eccezione dell’ultimo, Franco Ceccuzzi, rimasto in carica poco più di un anno e poi travolto anche lui dalla crisi del Monte.
Il babbo Monte, come lo chiamavano tutti.
O «la mucchina», nel senso che chi passa munge, come invece lo definisce qualche smaliziato.
Perchè da mungere ce n’è stato tanto – il passato è d’obbligo – per tutti.
La sola Fondazione ha distribuito dal 1995 al 2010 circa 2 miliardi «sul territorio», per strade e restauri, polisportive e associazioni di volontariato, secondo una rigida spartizione che ha fatto sì che nessuno, indipendentemente dal colore politico, avesse troppo a lamentarsi.
Il gioco si è rotto un anno fa, quando la Fondazione si scoperta sull’orlo del baratro. Da lì, tutto è precipitato.
Il Pd locale si è sgretolato, con la componente ex Margherita che ha sfiduciato l’ex sindaco Franco Ceccuzzi sul bilancio, contestando le poste relative ai contributi della Fondazione.
Secondo Ceccuzzi, che viene invece dagli ex Ds, la ragione sarebbe piuttosto il ricambio imposto al cda del Monte, rinnovato la primavera scorsa con l’arrivo di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, che avrebbe tenuto fuori proprio gli ex Margherita.
«Da sindaco, non appena ho compreso la gravità della situazione sono stato il primo a chiedere un cambiamento al vertice», ricordava ieri Ceccuzzi, che si prepara a correre alle prossime comunali, tramite sua pagina Facebook.
«Chi dice che la politica è fuori dal Monte si sbaglia, perchè Profumo è espressione della politica, non più locale ma nazionale», replicava Alfredo Monaci, ex consigliere di Mps dal 2009 al 2012 («Ma quello che emerge in questi giorni è riferito a fatti precedenti alla mia presenza in cda»), ex Margherita e candidato alle prossime politiche con la Lista Monti.
Mentre la politica si lacera con i cocci del «sistema Siena», finito in pezzi, la società civile s’interroga sul futuro.
L’austerità imposta dai conti in rosso ha portato nei giorni scorsi ai tagli decisi a finanziamenti e sponsorizzazioni.
A farne le spesa sono stati il Siena Calcio, passato secondo le indiscrezioni da quattro a due milioni di contributo, e il Mens Sana di basket, vera passione sportiva dei senesi, che avrebbe visto il suo contributo tagliato da 12 a quattro milioni.
Ma ad essere tagliato è stato anche il contributo di 250 mila euro al Palio, 15 mila per contrada.
Poca cosa, ma dal grande valore simbolico.
«Paradossalmente, la fine dell’elargizione potrebbe avere almeno un aspetto positivo – scrive il blog «l’eretico di Siena», prezioso e seguitissimo commentatore delle vicende cittadine – a questo punto tutti potranno comprendere come un’epoca sia finita, per sempre»
Gianluca Paolucci
(da “La Stampa“)
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Gennaio 24th, 2013 Riccardo Fucile
RISPARMIATORI PREOCCUPATI PER I CROLLI DI BORSA…ECCO LE RISPOSTE AI DUBBI PIU’ DIFFUSI
Mps rischia di fallire?
No. Secondo alcuni analisti, la vicenda derivati sta pesando soprattutto sull’immagine della banca. Dal punto di vista contabile la situazione sarà tamponata dalla sottoscrizione dei 3,9 miliardi di Monti bond.
Ma la banca sta affrontando il momento più difficile della sia storia recente: dopo un 2011 con 4,7 miliardi di rosso, il bilancio 2012 potrebbe chiudersi con altri due miliardi di perdite alimentate dalle operazioni in derivati.
L’operazione Santorini, messa in piedi assieme a Deutsche Bank, nel 2009 ha generato perdite per 224,4 milioni.
Alexandria, invece, ha provocato una perdita di 220 milioni.
Ancora ignoto l’impatto di altre operazioni in derivati (come Nota Italia. Anche 130/150 milioni di costi del personale che non sarebbero stati contabilizzati nel bilancio 2011, l’ultimo firmato da Giuseppe Mussari. Costi già spesati e inseriti nella relazione intermedia di gestione, assicurano dalla banca, su cui però si è acceso il faro della Consob.
I clienti della banca rischiano?
No perchè la banca non rischia di fallire. E anche in caso di dissesto, interverrebbe il fondo interbancario di tutela dei depositi, un consorzio, che garantisce i depositi bancari fino a 100.000 euro per depositante.
E gli azionisti?
Sicuramente chi possiede titoli Mps deve fare i conti con il tracollo delle azioni a Piazza Affari.
Dopo aver chiuso la seduta del 22 gennaio in calo del 5,7%, il titolo del Monte ieri ha perso l’8,4%. Per adesso però il bilancio degli ultimi sei mesi di quotazioni resta comunque positiva: +61,5 per cento.
Impietoso, invece, è il confronto se si vuole tornare più indietro nel tempo. A maggio 2007 il titolo superava quota 3,5 euro: oggi vale 14 volte meno.
Per i piccoli investitori che hanno acquistato titoli Mps il consiglio degli esperti è stare fermi, non farsi prendere dal panico nè vendere i titoli.
Cosa sono i Monti-bond?
I Monti bond sono i nuovi titolo obbligazionari che il consiglio di amministrazione di Mps ha autorizzato all’emissione.
In sostanza, la banca emette i titoli che però verranno sottoscritti dallo Stato.
Il controvalore complessivo è di 3,9 miliardi di euro, di cui 1,9 miliardi verranno utilizzati per il riscatto e l’integrale sostituzione dei Tremonti bond già chiesti dal gruppo senese al governo precedente.
L’importo deliberato dal cda è superiore di 500 milioni rispetto ai 3,4 miliardi inizialmente previsti. Un incremento, spiega Mps, motivato “dai possibili impatti patrimoniali derivanti dagli esiti dell’analisi in corso di talune operazioni strutturate poste in essere in esercizi precedenti”. Ovvero, Nota Italia e Alexandria.
Perchè Bankitalia non è intervenuta sul caso Alexandria?
La Banca d’Italia “in data 15 ottobre 2012”, ha chiesto spiegazioni di “un contratto rinvenuto il 10 ottobre 2012 e sottoscritto già il 31 luglio 2009 tra Mps e Nomura, relativo alla ristrutturazione del titolo Alexandria. Ulteriori richieste di chiarimento sono state avanzate da Palazzo Koch con una lettera del 20 novembre.
Il presidente dell’associazione dei consumatori Adusbef, Elio Lannutti, chiede però perchè nè Bankitalia nè la Consob abbiano “mosso rilievi” rispetto a tali “rischiose operazioni” che “hanno minato la stabilità ” di Mps invitando anche le due autorità di vigilanza a chiarire l’esatta genesi dei derivati.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 24th, 2013 Riccardo Fucile
CASINI ANTICIPA GIA’AI SUOI: “DOPO IL VOTO SI CAMBIA, MOLLEREMO LO SCUDOCROCIATO”… ANCHE FINI D’ACCORDO… MONTI AVVERTE: “CHE NON SIA UN PARTITO TRADIZIONALE”… “SE SI SUPERA IL 15% SARA’ UN BUON RISULTATO”
I gruppi unici in Parlamento, poi di corsa verso il partito unitario montiano da tenere a
battesimo con una convention che si svolgerà prima dell’estate.
I centristi procedono a tappe forzate verso il varo di un soggetto unitario.
Un primo segnale si è avuto ieri a Montecitorio, quando Pier Ferdinando Casini ha messo in guardia i capilista Udc: «Non innamoratevi del simbolo, si va verso il partito di Monti».
Il progetto piace agli uomini di Montezemolo e convince Gianfranco Fini.
Al premier l’operazione non dispiace ma ha già chiarito: «Non voglio un partito». Per rassicurarlo gli sponsor di questo percorso hanno ipotizzato con il Professore la nascita di un “movimento”, diverso dai partiti tradizionali.
Che l’idea sia quella di bruciare le tappe lo dimostra il brutale ragionamento consegnato ieri da Casini ai ras locali dell’Udc. Non ancora un addio all’amato scudo crociato, ma qualcosa di simile: «Basta nostalgie, dopo il voto si cambia. Il partito di Monti è una possibilità concreta con la quale dobbiamo fare i conti».
A confermare la prospettiva unitaria, d’altra parte, basterebbe l’atto costitutivo dell’associazione “Monti per l’Italia”, sottoscritto da Udc, Fli e Scelta civica a inizio gennaio.
Nel testo c’è un passaggio — approvato da Monti, Fini e Casini — nel quale si indica esplicitamente l’approdo finale: «…l’obiettivo è di evolvere verso un soggetto politico».
Nell’associazione confluiranno anche i rimborsi elettorali, che saranno poi distribuiti ai tre soggetti fondatori con percentuali già stabilite.
A Scelta civica spetterà il 50% del totale.
Le resistenze però restano, ad esempio fra i dirigenti meridionali dell’Udc.
Sono gli stessi dubbi dell’uomo-macchina Lorenzo Cesa, che poche settimane fa si oppose alla strategia di Casini fino a sbottare: «Così faccio la fine di Follini…».
Ma il tempo stringe e le urne incombono. Il voto servirà anche a stabilire il peso dei soci fondatori nella trattativa post elettorale per il movimento montiano.
Casini l’ha chiarito senza giri di parole: «Dobbiamo essere leali, ma raccogliere il massimo consenso per non essere troppo deboli a urne chiuse».
Insomma, sforzo comune per il listone del Senato, competizione esasperata con gli alleati alla Camera.
I montiani doc intanto continuano a pressare il premier, convinti della necessità di inaugurare il cantiere centrista prima dell’estate.
Con la speranza che le urne premino gli sforzi dell’ultimo anno, perchè senza un bottino elettorale consistente, il “partito di Monti” verrebbe spazzato via.
L’asticella l’ha fissata sempre ieri Casini, davanti alla stampa estera: «Un risultato positivo sarebbe vincere.
Soddisfacente arrivare al 20% insoddisfacente sotto il 15».
In ogni caso, ha giurato, l’Udc non si ridurrà a stampella del Pd: «Non saremo le crocerossine di Bersani».
Tommaso Ciriaco
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 24th, 2013 Riccardo Fucile
“I CITTADINI HANNO DIMOSTRATO MATURITA'”… SUCCESSO DEL PREMIER ITALIANO A DAVOS TRA IMPRENDITORI E POLITICI
L’Italia che Mario Monti ha presentato a Davos è divisa in due.
No, niente geografia, per una volta non c’entra il dualismo Nord-Sud. Lo spartiacque è il tempo.
C’è l’Italia degli ultimi dieci anni (destra o sinistra al governo non importa), quella che è arrivata a un passo dalla catastrofe, dalla «dissoluzione finanziaria».
L’Italia delle «promesse irrealizzabili», l’Italia «che ha fallito l’appuntamento con le opportunità offerte dalla globalizzazione», l’Italia degli «interessi corporativi che preferivano pagare più tasse piuttosto che aprire davvero il mercato».
Un Paese inaffidabile persino per l’emiro del Qatar, «dico emiro del Qatar, non il re della Norvegia», che a domanda secca di Monti, «Perchè non investe in Italia?» rispose «con una sola parola: corruzione».
In verità il premier ha già raccontato diverse volte questa piccola parabola. Ma non importa.
La platea di Davos non l’aveva mai sentita e concede una risata e un applauso al presidente del Consiglio italiano.
O meglio, per metà presidente e per metà candidato in piena campagna elettorale, perchè la seconda parte della Storia d’Italia raccontata da Monti comincia proprio nel novembre 2011, quando il Professore della Bocconi formò il suo governo.
Da quel momento in poi, spiega il premier dalla tribuna, l’Italia ha riguadagnato il rispetto internazionale.
«Merito dei cittadini italiani, a cui voglio rendere omaggio, merito della loro maturità , della loro capacità di sostenere i sacrifici necessari per la nostra risalita».
Ma, e il premier su questo non si risparmia, merito soprattutto del governo, delle riforme «fondamentali» sulle pensioni, mercato del lavoro, concorrenza e via elencando.
Forse si può sfumare qui sul discorso ufficiale e cercare, invece, di ricavare, se possibile, alcune indicazioni da questo «passaggio a Davos».
L’anno scorso il presidente del Consiglio non aveva partecipato al World Economic Forum, sebbene invitato.
Nei corridoi si disse che Monti aveva rifiutato perchè il fondatore e presidente esecutivo del forum, Klaus Schwab, non gli aveva riservato lo stesso spazio e la stessa visibilità accordati a David Cameron e Angela Merkel.
Quest’anno, invece, il capo del governo italiano ha fatto il pieno.
Nel primo pomeriggio ha incontrato un centinaio di imprenditori del «Business interaction group», una sorta di internazionale dell’industria e della finanza.
Un segnale di riguardo per l’ospite, notano gli esegeti dei riti di Davos.
Poi Schwab gli ha offerto la sessione in plenaria, la principale. Lo ha presentato come un modello per i governi europei e gli ha fornito un paio di «assist» (impossibile definirle «domande») per fare emergere anche il lato umano del leader.
Monti, per parte sua, prima e dopo l’intervento ha lavorato nelle retrovie, vedendo, tra gli altri, il presidente del Parlamento europeo, il socialista Martin Schulz e anche l’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger.
In un certo senso il premier Mario Monti deve consentire anche agli ambienti che gli sono più familiari (e Davos è uno di questi) di prendergli le misure nella sua nuova veste di guida politica.
Anche in Europa (non solo in Italia) quando si passa dal livello tecnico alla competizione elettorale («si sale in politica») occorre un cambio di passo, di linguaggio.
Ieri Monti si è presentato come il leader delle riforme di lungo periodo, capaci di incidere in profondità .
Si è presentato come l’esatto contrario dello «short-term», della visione di breve periodo che, secondo Monti, ha contrassegnato la gestione della crisi europea (ed è sembrato di capire che il premier ci metta dentro anche Merkel, per altro mai citata).
Dopodichè al premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz il discorso di Monti è piaciuto, al direttore del Fondo monetario Christine Lagarde anche (sul radar degli osservatori non sono rimaste tracce consistenti del loro breve incontro).
Certo, è evidente: nè Stiglitz nè Lagarde votano in Italia.
Ma l’obiettivo di Monti è trasferire la reputazione internazionale dal Professore, dal Commissario europeo, dal premier tecnico che fu al candidato che ha scelto di essere. Se l’operazione funziona potrebbe diventare una carta spendibile nella campagna di febbraio.
Giuseppe Sarcina
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 24th, 2013 Riccardo Fucile
IL TESORIERE: CASSE VUOTE…. BONDI QUERELA CROSETTO PER L’ACCUSA SULLA FIDANZATA IN LISTA
Il re dei 6à—3 è sparito. Pochi manifesti Pdl in giro, Berlusconi nemmeno compare. Nel conto
corrente sono rimasti tra i 100 e i 200 mila euro, rivela il tesoriere Maurizio Bianconi.
Non uno di più: «È il momento della sobrietà , abbiamo aperto un conto e aspettiamo contributi privati e dei parlamentari», parte la sottoscrizione, insomma.
Ma la scoperta che il re è nudo, anzi «povero», contrasta con i dati in possesso della Tesoreria della Camera, ufficio dal quale nei cinque anni della legislatura appena conclusa sono stati versati al Pdl 206 milioni a titolo di rimborso elettorale per le politiche 2008 e altri 68 per Europee e regionali.
Per un totale di 274 milioni.
In molti nel partito si chiedono adesso che fine abbiano fatto.
Domani, la kermesse di apertura della campagna, col leader e i candidati, ma non già all’Eur, come avrebbero preferito a Palazzo Grazioli, ma nel più modesto teatro Capranica da poche centinaia di posti.
Con tanto di kit dell’aspirante parlamentare come nel ’94 in distribuzione.
Poi puntate a Milano e poche altre città : le manifestazioni costano.
Le lunghe trattative per l’esclusione di Cosentino e degli «impresentabili », stando ai primi focus, non hanno giovato al Pdl, che in quella fase avrebbe perso 1,5-2 punti.
Al quartier generale del Cavaliere contano di recuperarli e tornare a «quota 23» non appena l’operazione «liste pulite» sarà recepita dall’elettorato.
Berlusconi anche ieri è rimasto ad Arcore, forse un nuovo incontro con l’ex moglie
Veronica, con la quale sarebbe quasi chiuso l’accordo per dimezzare l’assegno di «mantenimento» portandolo a 500 mila euro mensili a fronte della destinazione di Villa Macherio alla Lario.
Da oggi il leader Pdl si lancerà nella fase 2 della campagna, ancora radio e molte tv locali.
Nuovo martellamento su Monti, in attesa di tirare fuori dal cilindro un coniglio in stile «abolizione Ici» del 2008: dovrà riguardare l’economia e le tasche degli italiani, Brunetta e altri ci lavorano da giorni.
L’ultimo affondo anti-Cav di Monti martedì a Ballarò ha marcato ancor più le distanze. «Non guadagna punti attaccando me e io non lo inseguirò – confida Berlusconi ai suoi – Non è stato convincente nemmeno nel tentativo di mistificare la realtà . Pensi piuttosto ai guai delle banche amiche sue e di Bersani».
Nel Pdl intanto si apre un pericoloso fronte coi Fratelli d’Italia.
L’“ex” Guido Crosetto accusa Sandro Bondi di aver agito da «inquisitore » eliminando anche «un galantuomo come Maurizio Paniz» per «piazzare poi la sua fidanzata», Emanuela Repetti.
Il coordinatore Pdl annuncia querela e in sua difesa interviene il segretario Alfano per sedare la polemica che «può solo avvelenare il clima nella coalizione ».
E aggiunge: la Repetti «è una nostra bravissima deputata, ha lavorato con impegno e non aveva bisogno di sponsorizzazioni»
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 24th, 2013 Riccardo Fucile
“FUI IO A INTERVENIRE PER IL CASO NOEMI, NULLA RISPETTO A QUELLO CHE E’ VENUTO FUORI DOPO”
La fase down è ancora lontana, e anche il Cavaliere può attendere.
Nicola Cosentino scivola per la casa silenziosa, ti fissa dietro il suo leggero strabismo.
“Mi sta cercando da ore, Berlusconi. Lascia messaggi. Ma non rispondo. Sono schifato. Si è svenduto tutta la sua cultura garantista per un pugno di voti”.
“Ma io non muovo un dito per questa campagna”.
Ripensa alle ultime ore. “Una delusione enorme. Era tutto premeditato? Prima mi chiedono di dare il sangue, fare le liste migliori, allenare la squadra, essere pronti alla battaglia forte, poi zac, ti pugnalano l’allenatore”.
Le 11, Caserta, pioggia sottile. Il “casalese” risponde al citofono di un villino Novecento. Non c’è portiere, zero scorta.
Cosentino è più spiazzato che aggressivo.
“Ancora domande?”, ride.
Poi prevale l’educazione contadina, ti invita a salire, prepara il caffè, moglie e figli sono fuori, lui racconta.
Della notte “allucinante passata tra Palazzo Grazioli e via dell’Umiltà tra domenica e lunedì”. Degli sms con cui Marco Pannella e Marco Pugliese, i Radicali e il Grande Sud, gli offrivano “un posto in extremis per Camera o Senato, altro che smentite”.
E soprattutto: dell'”incredibile mutazione che ha avuto Berlusconi”.
Intanto, a pochi chilometri da questa casa con mobili decapati francesi e camino in pietra, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha appena dato inizio al secondo processo contro di lui.
Cosentino, lei è stato ex sottosegretario Pdl, ex coordinatore regionale, tra 50 giorni sarà ex deputato e forse anche ex libero cittadino se la mandano in carcere. Perchè finisce così la sua prima vita politica?
“Perchè sono stato bersaglio di un gioco delle parti, tra più parti. Ora mi difenderò bene nei processi, e mi vergogno di dire che non ho ancora letto con attenzione i miei atti (anche perchè ho due avvocati di spessore), tanto mi fanno ridere questi pentiti. Ma chi se l’aspettava un tale trattamento dalla mia Pdl? Chi immaginava che Berlusconi potesse svendere tutti i suoi discorsi sulle garanzie per dedicarsi alle pulizie di stagione (strumentali), l’ultima vanità , dice qualcuno”.
Dicono che lei non andrà a votare o annullerà la scheda.
“Come faccio a rinnegare una vita? Questo no. Però non faccio null’altro. D’altro canto, non hanno detto che li danneggio se accosto la mia faccia alla loro? E poi non devo tenere conto delle riflessioni dei giudici? Qua finisco a Poggioreale…”.
Lei era in trappola e non lo aveva capito?
“Più ci ragiono, più l’ipotesi di un piano a tavolino si fa strada. Eliminarmi all’ultimo per evitare ogni contraccolpo. Mah. Berlusconi ha subito una specie di mutazione genetica, io non l’avrei ritenuto capace di calcoli miseri. Poi, sia chiaro, io non ammazzo il padre, ha le sue capacità , resta lucido e freddo. Il punto è che Cosentino, con tutti i suoi limiti e col marciume che vogliono buttargli addosso, mai avrebbe fatto questo”.
Squilla il cellulare, è la fedelissima addetta stampa Paola Picilli, appena divertita: “Senti, il Presidente non ce la può fare che tu non rispondi alle telefonate. Dice che vorrebbe avere “esclusivamente l’opportunità di dirti grazie!””.
Cosentino: “Ah sì. Digli che non mi trovi. Anzi no, digli che mi hai trovato ma voglio stare tranquillo”. Chiude: “Ai miei tempi si diceva: è il minimo sindacale”.
Berlusconi non la teme? Lei è il Cosentino che ha messo a tacere le famiglie di Noemi Letizia e di Roberta Oronzo quando la parola “olgettina” non esisteva, quando un eventuale racconto di quelle minorenni minacciava tutto ciò che aveva costruito l’ex premier, lei è quello che faceva sparire i rifiuti…
“Sì, io ho sempre risolto problemi, ma non ne ho mai creati al Pdl. Faticai tanto a convincere il sindaco di Terzigno, Auricchio, ad aprire la discarica sul Vesuvio, sennò veramente affondavamo tutti nella monnezza. E meno male: allora non c’erano le navi di rifiuti verso l’Olanda. Poi sì, tranquillizzai quelle ragazze…”.
Un eufemismo. Passò loro varie utilità , ne comprò il silenzio.
“Diciamo la verità , quelle due ragazze cos’erano a confronto di tutte… di tutto quello che è uscito dopo? Niente”.
Qualcuno sospetta che ci fosse lei anche dietro la talpa di Santa Maria Capua Vetere che procurò la “velina” dell’ignobile dossieraggio contro Dino Boffo.
“No, un momento. Stiamo parlando a cuore aperto, mo’? Non scherziamo, io di quella roba là non so niente”.
Altro squillo. C’è un’emergenza, richiama la Picilli. “Senti, vorrebbero che ti mettessi tu a ricomporre: hai visto no che la Carfagna spara contro Nitto Palma? Lo vogliono far fuori”. Nicola alza solo di un tono la voce. “Ma non hanno capito che io mo’ devo pensare a me? Si mettessero loro a riparare i cocci”. E chiude.
Cosentino, dalla politica ha avuto tanto. Che cosa ha dato?
“Ho dato moltissimo. Avrei potuto avere quello che era giusto”
Lei ha avuto in mano il partito in Campania.
“Sì, ma oggi potevo essere governatore della Campania. Se non ci fosse stato questo accanimento contro di me. Invece c’è Caldoro, un politico che rispetto ma che non ha nerbo, responsabilità “.
Lei e i suoi presunti soci della P4, tutti inquisiti a Roma, faceste un dossier diffamatorio per azzoppare Caldoro. Ora potrebbe dire: oltre che un grave reato, fu un clamoroso errore.
“Certamente quella cosa ha segnato i rapporti, ma io dissi agli altri “buttate quelle carte”. Io lì non c’entro, lo vedrete. E comunque Caldoro si vede che soffre ad amministrare, non è cosa sua, non ha migliorato in nulla le condizioni di vita dei cittadini campani. Basta vedere i rifiuti, i trasporti”.
Da 48 ore ha aggiunto un altro nemico in lista: Luigi Cesaro?
“Con lui ho chiuso, definitivamente. Solo questo”.
Ora mi dice quale dei suoi fedelissimi se n’è scappato via con le liste gridando alla “porcata”: Michele Izzo o Luciana Scalzi?
“Non avete capito. Lasci perdere Luciana o Michele, sono amici. Chi lo ha fatto, ha agito per proteggere il lavoro che avevamo fatto per settimane, per evitare quello che è successo dopo: quando sono scomparsi all’improvviso dalla lista alcuni nostri referenti perchè ne entrassero altri”.
Squillo. Ora al telefono c’è un tale Cardamuro, comitato contro le demolizioni. Nicola declina il suo invito: “No Cardamuro, no. Mi spiace: non partecipo a iniziative. Ve la caverete lo stesso. Anzi, ditelo a tutti gli amici: gli abusivi stanno sempre nel mio cuore”.
Conchita Sannino
(da “La Repubbica”)
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Gennaio 24th, 2013 Riccardo Fucile
CAMPAGNA ELETTORALE BEN COPERTI: FA PAURA IL FLOP IN PIAZZA
Tutti colti da agorafobia, i partiti italiani? 
La paura della “piazza aperta e frequentata dal popolo” li ha forse assaliti d’un tratto? Abbiamo ascoltato i leader delle principali coalizioni in ogni tipo di trasmissione televisiva.
Possiamo seguirli su Twitter, consultare le loro pagine Facebook, scaricare i programmi in pdf, ammirarne i cartelloni ritoccati sulle diverse tangenziali d’Italia. Nelle piazze, per ora, neanche l’ombra.
Una scomparsa resa tanto più plastica dalla presenza di Beppe Grillo, che invece di piazze ne tocca due al giorno e che ha trasformato i suoi show antisistema in scoppiettanti comizi politici.
Così, Monti dà il via alla sua corsa in una tensostruttura ultramoderna alle porte di Bergamo.
Bersani parla sotto la neve nel suo piccolo paese natale.
Maroni va in giro a presentare il suo libro.
Vendola domenica è stato a Melfi, il 30 andrà a Frascati, il primo febbraio in Toscana e Umbria.
In teatri e cinema da 1000, 1500 posti.
«È inverno, fa freddo, e se poi piove?». Il ragionamento è questo per tutti.
«Montare i palchi costa, metti che poi ti viene una botta di freddo, di neve, di vento», dice Lelio Alfonso, tra i coordinatori della campagna montiana.
Berlusconi lo ha dichiarato apertamente: «Non posso fare comizi in piazza per ragioni di sicurezza».
Ha ricordato la statuina che gli tirarono contro a Milano, ha parlato delle preoccupazioni della sua scorta.
E quindi, c’è anche questo: la piazza fa paura.
«Il rischio è sempre il buco, il flop», dice Edoardo Novelli, professore di Comunicazione politica a Roma Tre.
In più, «è sparita come senso. Un tempo lì si misurava la forza delle diverse formazioni, oggi c’è un sondaggio ogni tre secondi. Era il luogo di incontro con il leader, serviva ad alimentare i riti e i simboli del partito di massa. Tutte cose scomparse».
Spiega Giuseppe de Rita: «La campagna elettorale viene implicitamente fatta sulle cose già certe.
Tutti pensano che l’opinione pubblica sia ormai consolidata, che sia già stato detto tutto, che sia inutile amplificare.
L’unico che non ha una piattaforma prestabilita e che è costretto a fare un’operazione diversa è Grillo.
E in questo l’aspetto meteorologico lo aiuta.
Come quando ha attraversato lo stretto di Messina sotto le nubi: la sua impresa deve assumere un carattere mitico per sfondare».
E poi, «L’Italia è biomediatica: vive la televisione come fosse un fatto biologico, e i politici lo sanno. La moltitume indistinta la si trova in tv».
I tempi cambiano, canterebbe Bob Dylan.
Nel 1960, una domenica di novembre, in piazza Duomo a Milano si tennero 8 comizi di seguito, dalle 11 a mezzanotte.
Sempre quell’anno, nell’ultima giornata elettorale, ce ne furono 35mila in tutt’Italia.
E non vale tanto la scusa dell’inverno, se nel 2006 – quando il centrodestra occupò piazza San Giovanni contro Romano Prodi – era il 2 dicembre. E se nel 2008 Veltroni chiuse la sua campagna a Milano sotto una pioggia scrosciante.
Le prossime settimane, comunque, dovrebbero animarsi.
Bersani sta per partire per il suo secondo giro d’Italia.
Ci saranno sia manifestazioni che incontri con le categorie e pezzi di associazionismo. Saranno importanti le chiusure a Milano, in Sicilia, a Roma.
E il Veneto, la prossima settimana.
Mentre nelle regioni in bilico partirà «un porta a porta scientifico coinvolgendo tutti quelli che hanno votato alle primarie».
Una cosa obamiana? «Veramente lo faceva il Pci», risponde il capo della comunicazione Stefano Di Traglia. Antonio Ingroia andrà in luoghi simbolici: l’Emilia del terremoto, l’Aquila, Pomigliano, l’Ilva, il Sulcis, la Sicilia.
Con una sorpresa annunciata per il 22 febbraio. Mario Monti in piazza non ci andrà , ma l’agenzia di comunicazione che ha ingaggiato gli ha consigliato di scegliere luoghi simbolo dell’Italia che propone, posti che incarnino storie di successo nella tecnica, nell’arte, nella ricerca.
Anche l’oratoria dovrà cambiare: i consulenti si occuperanno di tradurre in chiave nazional-popolare lo stile ingessato del professore.
Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 24th, 2013 Riccardo Fucile
L’ACCORDO TRA BOBO “LA RAMAZZA” E VOLPE PASINI, TITOLARE DEL SIMBOLO “PRIMA IL NORD”: IN CAMBIO DEL RITIRO DELLA LISTA UN POSTO SICURO PER SARA PAPINUTTI, MOGLIE DI VOLPE PASINI E MAI ISCRITTA ALLA LEGA
“Io candido tua moglie e le garantisco un posto a Montecitorio, ma in cambio tu non presenti la lista Prima il Nord”.
Lo scambio è andato a buon fine: Diego Volpe Pasini, titolare del simbolo civetta dello slogan leghista, ha accettato di non partecipare alle elezioni. In cambio Roberto Maroni ha inserito la moglie di Pasini, Sara Papinutti, in un seggio sicuro.
La signora, nata e cresciuta in Friuli, lunedì è stata inserita all’ultimo minuto da Maroni seconda nella lista per la Camera in Emilia Romagna.
Papinutti non è iscritta al movimento, non è una militante del Carroccio, non ha partecipato nè a congressi nè a raduni e nessuno nel partito l’ha mai vista o conosciuta.
Alla faccia del regolamento della rinnovata (e ripulita) Lega.
Ma, come diceva Goethe, “la legge è forte ma è più forte la necessità ”.
E il simbolo di Pasini rischiava di rubare parecchi voti al Carroccio , grazie anche alla candidatura bandiera di Vittorio Sgarbi come capolista: era necessario fermarlo.
Così Maroni è sceso a patti. Scatenando nuovi malumori.
Marco Desiderati, deputato bossiano escluso dalle politiche, ieri ha dato voce all’indignazione di molti leghisti con un post su Facebook: “Umiliare tanti bravi militanti con posizioni in lista assurde e scoprire che poi si candida l’amante di Sgarbi o un ex sottosegretario del governo Prodi non fa bene”.
Che Sara Papinutti sia l’amante di Sgarbi non è dato sapere, sicuramente è la moglie di Pasini. Mentre l’ex sottosegretario del governo Prodi è Paolo Naccarato, storico portaborse di Francesco Cossiga, nato a Cosenza è candidato al Senato in Lombardia per volere di Giulio Tremonti, ritrovato amico leghista.
Anche per lui scranno praticamente certo.
IL Trota non rimarrà un caso isolato nella memoria della Lega che fu.
Molti nel Carroccio sottolineano che Renzo Bossi almeno da candidato alla Regione Lombardia i voti se li era dovuti trovare: non c’era l’ombrello tanto criticato (quanto amato) del Porcellum. Riparo che porterà alla Camera una “sardina”: Daisy Pirovano, 38enne figlia del senatore ed ex presidente della Provincia di Bergamo, Ettore Pietro Pirovano.
Lo stesso che ad aprile, dal palco della notte delle scope, accanto al Maroni armato di ramazza, sbraitava contro Trota e compagnia: “Chi ha sbagliato via”.
Ma Daisy ha un curriculum che va oltre l’amore del padre: sindaco di Misano di Gera d’Adda, in provincia di Bergamo, e membro del coordinamento provinciale dei giovani padani orobici. “Non è di certo Nicole Minetti”, si schermiscono alcuni colonnelli leghisti.
Difendono la giovane Pirovano ma soprattutto Papinutti: “Una così ce la sogniamo nella Lega”. La signora Pasini ha una laurea in scienze politiche, un master Sda Bocconi e a breve sarà parlamentare.
Grazie al Carroccio e al marito.
Perchè che sia stata inserita in cambio del simbolo lo confermano anche gli stessi vertici del Carroccio.
Ma solo con la garanzia dell’anonimato “perchè via Bellerio sembra Albrecht Strasse”, la sede della Gestapo a Berlino.
L’accordo, spiega uno dei fedeli colonnelli maroniani, “è stato definito lunedì con Pasini, e Bobo ha poi parlato anche con Sgarbi: i due faranno insieme alcune iniziative”.
Su cosa? “Cultura, è chiaro”, riferisce Sgarbi, che non è candidato.
L’ex sindaco di Salemi, Comune sciolto per mafia, ha fatto pace con l’ex titolare del Viminale. “Sì, è vero: faremo qualcosa insieme”, conferma Sgarbi.
“Il confronto è stato utile, era molto tempo che non ci parlavo dopo le vicende di Salemi, abbiamo ripreso alcuni discorsi sulla cultura, lui ha piu sensibilità di Bossi”.
Sgarbi ci tiene a spiegare la vicenda del simbolo: “Pasini voleva farsi bello con Berlusconi così, quando Maroni voleva correre da solo, ha pensato a una lista di disturbo; poi la Lega ha ragionato ed è tornata al Pdl quindi la lista non ha più avuto senso”.
E spunterà una candidatura in Lombardia? “No, no, figurarsi”.
Le liste per le regionali si chiuderanno tra due giorni.
Mogli e parenti a Roma, vicini si tengono gli amici.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Costume, denuncia, Di Pietro, LegaNord | Commenta »