Destra di Popolo.net

UN PO’ PER UNO: IN LOMBARDIA 29 AVVISI A COMPARIRE PER I RIMBORSI AL CENTROSINISTRA

Gennaio 30th, 2013 Riccardo Fucile

ORA TOCCA AGLI ESPONENTI DELL’OPPPOSIZIONE GIUSTIFICARE SPESE SOSPETTE… GIA’ COINVOLTI 62 ESPONENTI DI PDL E LEGA

Sono in tutto 29 gli avvisi di garanzia che gli uomini della polizia giudiziaria di milano stanno notificando ad altrettanti consiglieri regionali dei partiti di opposizione (Pd, Idv, Sel e Udc) accusati di peculato nell’ambito dell’inchiesta sulle spese fatte con i rimborsi regionali.
Insieme all’avviso di garanzia molti indagati riceveranno anche un invito a comparire, vale a dire l’atto di convocazione in Procura necessario per chiarire la propria posizione davanti ai magistrati.
Nel mirino del pool di inquirenti coordinati dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo ci sono le spese effettuate dai diversi gruppi consiliari nel quadriennio 2008-2012.
Il sospetto della Procura è che molti rimborsi, giustificati come attività  politica, riguardassero invece spese personali.
La stessa inchiesta vede ndagati 62 consiglieri dei partiti di maggioranza (Pdl e Lega).
Gli importi contestati sono generalmente più bassi di quelli scoperti nei conti del centrodestra.
Ma se non figurano acquisti del tutto incongrui, come i videogiochi acquistati da Renzo Bossi o i lecca lecca di Pierluigi Toscani, su molte spese la “finalità  istituzionale” va quanto meno spiegata.
Ad esempio, i 960 euro spese in cadeau dal Pd nel giorno della festa della Donna.
O i 134 euro per le cialde del caffè e i 250 euro per un pranzo a un sushi bar spesi da Sel.
Oppure, ancora, i 431,20 spesi dall’Idv per il Ficus Robusta e le altre piante comprate per arredare gli uffici del gruppo regionale.
Sel e Idv hanno già  reso noto alla stampa le loro spese.
Il Pd le ha pubblicate sul suo sito Internet, alla voce trasparenza.

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ALLUVIONE DEL FEREGGIANO, L’EX SINDACO DI GENOVA MARTA VINCENZI INDAGATA PER IL FALSO VERBALE

Gennaio 30th, 2013 Riccardo Fucile

IL COMUNE ALLE 12.10 PARLA DI BOMBA D’ACQUA IMPROVVISA PER GIUSTIFICARSI, MA L’EVENTO SI MANIFESTO’ IN REALTA’ ALLE 12.53

L’ex sindaco Marta Vincenzi è indagata nell’inchiesta sul falso verbale redatto dopo l’esondazione del rio Fereggiano nel novembre di due anni fa costato la vita a 6 persone.
Alle 17 è iniziato il suo interrogatorio condotto dal procuratore aggiunto Vincenzo Scolastico e dal sostituto procuratore Luca Scorza Azzarà¡ titolari dell’indagine.
L’ex sindaco deve chiarire se era al corrente di quella bugia scritta per allontanare le responsabilità  dal Comune.
Nel documento scritto dai vertici dell’amministrazione si sosteneva la tesi della bomba d’acqua improvvisa contro la quale nessuna prevenzione sarebbe stata possibile.
Ma la successiva indagine ha dimostrato che la valanga di acqua e fango arrivò alle 12.53 e non alle 12.10 come fu scritto nel documento taroccato.
Per quel verbale falsificato è già  inquisito Sandro Gambelli, allora capo della Protezione Civile del Comune (finito agli arresti domiciliari e dopo tre giorni tornato libero da indagato per falso e calunnia), insieme a Gianfranco Delponte (direttore dell’Area Sicurezza), Giampaolo Cha (suo diretto superiore), entrambi finiti ai domiciliari per un paio di giorni, e l’ex assessore alla Protezione civile Francesco Scidone.
In precedenti interrogatori, c’è chi avrebbe assicurato di avere trasmesso la relazione manipolata all’ufficio di gabinetto di Marta Vincenzi e altri avrebbero detto al magistrato che Marta Vincenzi era al Matitone quando è stata ideata la versione fasulla.
Ma lei ha sempre smentito: “Sono nauseata da tutte queste falsità . Mi sono fidata dei miei collaboratori: un sindaco riferisce quello che dicono i tecnci. Non ho fatto altro che ripetere le cose che mi erano state comunicate dalle persone che mi erano vicino e io non ho mai dubitato di loro. In quei giorni li ho visti lavorare duro, li ho visti soffrire accanto a me. Perchè avrei dovuto sospettare di qualche bugia?”

(da “La Repubblica”)

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L’IRA DI SILVIO SU BRUXELLES: “TIRANO LA VOLATA A MARIO”

Gennaio 30th, 2013 Riccardo Fucile

IL CAVALIERE PENSA A SOSTITUIRE ALFANO

«Continuano a entrare a gamba tesa, stanno tentando di aiutare il loro amichetto Monti. Ma non ce la faranno». Si sfoga con stizza Silvio Berlusconi.
Ad Arcore – dove il capo del centrodestra resta tutto il giorno più intento a chiudere l’affare Balotelli che a occuparsi di campagna elettorale – non vengono considerati casuali i due affondi in sequenza, da due diversi commissari europei, nel giro di 24 ore.
Il Cavaliere li considera step di una medesima «manovra di accerchiamento: come il complotto di un anno e mezzo fa».
La mossa delle autorità  Ue viene ricondotta nei colloqui privati al tentativo di aiutare la lista Monti.
«Si sono accorti che il loro Professore non decolla e provano ad aiutarlo, mi chiedo fino a che punto si spingeranno» spiega da Villa San Martino l’ex premier che commenta al telefono l’escalation con il «suo» commissario Ue Antonio Tajani e con Renato Brunetta.
Proprio all’ex ministro verrà  affidata a tamburo battente la replica al vetriolo.
Al contrario non ci sarà  alcuna replica al presidente Napolitano che striglia con toni aspri sullo scivolone negazionista sul Duce.
Lì, Berlusconi incassa e tace. Un filone che preferisce chiudere e alla svelta.
Gli attacchi di Bruxelles invece bruciano di più, sebbene racconti di averli messi nel conto: «C’era da aspettarselo da tutti quei partner della Germania, dopo le mie polemiche sull’Unione a guida tedesca».
Certo è che alle critiche di Junker e poi a quelle dei due commissari, fanno notare dagli uffici di Bruxelles, non è seguito alcun richiamo da parte del presidente della Commissione, Van Rompuy.
E da quelle parti anche i silenzi e i mancati richiami hanno un peso.
Meno preoccupato Berlusconi lo è per eventuali provvedimenti sanzionatori dai vertici del Ppe, pur non esclusi da Franco Frattini.
Il fatto è che a Bruxelles starebbero archiviando in una sorta di dossier tutte le uscite degli ultimi mesi in chiave anti-europeiste del leader italiano.
Ma anche articoli e dichiarazioni relativi alle alleanze con la Destra di Storace e con quella Lega che sogna il referendum contro l’Euro.
Non tira aria di espulsione del Pdl, sia chiaro. Ma un «richiamo» all’alleato viene preso in considerazione, dopo le politiche.
Per palesi contrasti col Manifesto Ppe approvato a ottobre a Bucarest.
Un precedente sarebbe rintracciato nella sospensione dei popolari austriaci nel febbraio 2000, per l’alleanza col nemico di Bruxelles Joerg Haider nel governo nero-blu.
Ma di quel che accadrà  dopo il voto, ad Arcore come a Palazzo Grazioli, si curano poco.
Nel quartier generale romano Paolo Bonaiuti ha coordinato la pianificazione degli ultimi venti giorni di campagna, da giocare tutti all’attacco, tutti in tv e sul web, con puntate personali del leader giusto in Veneto, Sicilia, Puglia e in Lombardia, dove chiuderà  venerdì 22.
A scuotere il partito è stato invece la sortita pubblica di ieri con cui Berlusconi, intervistato, ha dichiarato che «i tempi sono più che maturi per un leader di partito al femminile, per un primo ministro donna».
Nelle stanze di via dell’Umiltà  l’uscita è risuonata come la temuta conferma delle voci che si erano rincorse da giorni: l’intenzione del capo di sostituire il segretario Angelino Alfano dopo le politiche.
E per farlo con una donna. Le ex ministre sono in campana.
Ma il nome per ora resta nel cassetto di Arcore.

Tommaso Ciriaco e Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)

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SCANDALO MPS: IL SUPER TESTIMONE SENTITO PER SEI ORE

Gennaio 30th, 2013 Riccardo Fucile

MOLTE TRANSAZIONI SENZA INFORMARE I SOCI: “SITUAZIONE ESPLOSIVA”

Parla per oltre sei ore di fronte a pubblici ministeri e finanzieri.
Racconta i retroscena di un affare che sta facendo tremare manager e politici.
Ma soprattutto svela che cosa accadde al momento di rispondere alle richieste di chiarimenti che arrivavano da Bankitalia. E tanto basta perchè si rincorrano le voci su nuovi e clamorosi impulsi all’inchiesta.
Perchè Valentino Fanti all’interno di Monte dei Paschi di Siena aveva un ruolo chiave. Era il segretario del consiglio di amministrazione della banca, l’uomo che affiancava il presidente Giuseppe Mussari e il direttore generale Antonio Vigni, entrambi adesso indagati per aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza, turbativa e truffa.
L’uomo che conosce ogni segreto e retroscena di quanto accaduto negli ultimi sei anni, visto che ricopre lo stesso incarico anche per la nuova dirigenza.
L’indagine entra dunque in una nuova e decisiva fase.
Mentre Fanti viene interrogato, il procuratore di Siena Tito Salerno conferma come la situazione sia «esplosiva e incandescente, visto che stiamo parlando del terzo gruppo bancario italiano».
Sa bene il capo dell’ufficio che ogni mossa degli inquirenti rischia di provocare un terremoto finanziario e politico anche perchè «la società  è quotata in Borsa».
Sa bene che la situazione «è fluida e complessa» e ci tiene a precisare che la strada per arrivare alla fine degli accertamenti «sarà  ancora lunga».
Ma già  qualcosa potrebbe accadere nelle prossime ore.
Quanto successo ieri sembra dimostrarlo, visto che otto mesi dopo le prime perquisizioni ordinate nel maggio scorso per sequestrare tutti i documenti relativi all’acquisizione di Antonveneta e le comunicazioni con Palazzo Koch, di questo si torna a parlare con Fanti.
Nelle mani dei pubblici ministeri ci sono numerosi riscontri all’ipotesi d’accusa e cioè che i vertici di Mps si accordarono con i colleghi del Banco Santander per far gravare sul prezzo di Antonveneta una plusvalenza di almeno due miliardi di euro, poi arrivati a tre con il conteggio degli oneri.
E che effettuarono spericolate manovre finanziarie, anche speculative, per cercare poi di ripianare i debiti.
«Molte operazioni sono state effettuate senza informare gli azionisti», avrebbe confermato Fanti entrando nel dettaglio e collaborando nella «lettura» di alcuni documenti.
Ma avrebbe soprattutto ribadito la determinazione dei vertici di Mps a presentare a Bankitalia una situazione molto diversa da quella reale. In particolare sull’accordo del 2008 da un miliardo di euro con Jp Morgan fatto passare per aumento di capitale che invece si è rivelato un vero e proprio prestito.
Sembra che Fanti fosse già  stato ascoltato in precedenza e richiamato adesso che la situazione si è fatta più chiara, al termine dell’esame di tutti i documenti contabili.
Del resto anche lui sarebbe stato subito informato del ritrovamento da parte dell’attuale presidente Alessandro Profumo e dell’amministratore delegato Fabrizio Viola del contratto segreto stipulato nel luglio 2009 tra Mps e Nomura sul «derivato» Alexandria.
Fanti ha negato di essere stato messo a conoscenza delle operazioni decise dal vertice, ma non ha potuto smentire il sospetto che all’interno di Mps alcuni manager dell’Area Finanza fossero stati informati di quanto era stato stabilito.
E avrebbe confermato che era proprio la struttura guidata da Gianluca Baldassari il «centro nevralgico» di Mps, il luogo dove venivano gestite le operazioni più spericolate.
E dove si decideva come e con chi dividere i guadagni di quegli affari che alla fine si sono rivelati disastrosi per la tenuta economica del Monte dei Paschi.

Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere della Sera”)

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ROMA E’ ANCORA PIENA DI FASCISTI: RADIOGRAFIA DELL’ESTREMA DESTRA NELLA CAPITALE

Gennaio 30th, 2013 Riccardo Fucile

I MOVIMENTISTI DI CASA POUND, GLI ORTODOSSI DI FORZA NUOVA… ALEMANNO E IL SUO GIRO DI AMICI, L’AREA CHE STA TRA STORACE E LA MELONI

Gli ultimi arrivati sono i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e Ignazio La Russa. U
n partito nuovo di zecca che si aggiunge a La Destra di Francesco Storace e a Casa Pound.
Alle correnti conservatrici del Pdl e ai gruppi capeggiati da Gianni Alemanno e Andrea Augello.
Senza dimenticare le Città  nuove della Polverini, i finiani, gli eredi del Fronte della Gioventù e i neri e puri di Forza Nuova e Fiamma Tricolore: la costellazione degli eredi della destra radicale italiana, con il declino inarrestabile del Pdl che un tempo accoglieva in un unico contenitore le diverse anime, è sempre più articolata.
Non è facile disegnare contorni e profili della galassia post-fascista, nè raccontare la guerra sotterranea che si è scatenata dietro la facciata dei cartelli elettorali.
Per farlo, di certo, bisogna andare a Roma, da sempre capitale dei neri e fucina di leader (veri o presunti) oggi in lotta per il dopo Berlusconi.
Proprio così: se i saluti romani, Dio, patria e famiglia, l’onore e lealtà , Ezra Pound ed Evola, i riti celtici e il mito del Dux restano patrimonio comune, negli ultimi anni la vecchia militanza nel Fronte della Gioventù e nell’Msi ha pesato assai meno delle divisioni interne.
E la conta che verrà  fatta alle elezioni regionali di febbraio e in quelle per la poltrona di sindaco di Roma previste a giugno dirà  chi, in un futuro non troppo lontano, potrà  giocarsi ancora una chance di leadership.
Partiamo dalla corrente di Gianni Alemanno, primo cittadino di Roma e candidato per il Pdl a un secondo mandato.
In città  il suo gruppo — nonostante il calo verticale dei consensi causati dal malgoverno e dagli scandali che hanno caratterizzato l’amministrazione — resta il più forte della costellazione dei neri.
Ex camerata e grande amico del “comandante” Peppe Dimitri (ex terrorista fondatore di Terza Posizione), Alemanno guida la capitale insieme a una dozzina di fedelissimi. Tutti (o quasi) provenienti dall’estrema destra: tra loro spiccano l’attuale capo dell’Eur Spa Riccardo Mancini (ex Avanguardia nazionale condannato a 1,9 anni per violazione della legge sulle armi e oggi indagato per corruzione dalla procura di Roma nell’ambito di un’inchiesta su un appalto dei filobus), Antonio Lucarelli (segretario particolare del sindaco ed ex portavoce di Forza Nuova) e Franco Panzironi, ex ad della municipalizzata dei rifiuti Ama e indagato nell’inchiesta Parentopoli.
La squadra può contare anche sull’assessore all’Ambiente Marco Visconti (militante del Msi oggi indagato per abuso d’ufficio: avrebbe raccomandato la sua compagna all’Atac) e Vincenzo Piso, ex militante di Terza posizione e di Ordine nuovo (si fece quattro anni per banda armata, poi fu assolto) che è restato — nonostante il caso dei rimborsi trafugati dal tesoriere Franco “Batman” Fiorito — coordinatore regionale del Pdl.
Se la moglie Isabella Rauti porta un cognome ancora mitico per una parte importante di elettori nostalgici (il papà  Pino, morto quest’anno, è stato con Pierluigi Concutelli fondatore di Ordine nuovo), per Alemanno si butterebbero nel fuoco anche l’onorevole Barbara Saltamartini e il di lei marito Pietro Di Paolo, assessore con Renata Polverini e ideatore di “Fairylands”, manifestazione di musica celtica. Francesco Biava, un ex infermiere diventato prima segretario personale di Gianni, poi deputato è infine il perno organizzativo della corrente, e capo dei Circoli della Nuova Italia, emanazione dell’omonima fondazione di Alemanno.
In campagna elettorale forse darà  una mano anche Loris Facchinetti, ex Ordine nuovo responsabile delle “politiche internazionali” di Nuova Italia, fondatore nel 1969 del gruppo esoterico e neopagano Europa Civiltà  e finito anche lui in carcere perchè accusato di banda armata.
Se Alemanno punta ancora al Campidoglio, Francesco Storace, leader de La Destra, sarà  lo sfidante di Nicola Zingaretti alla Regione.
Guerra alla Ue, mutuo sociale, socializzazione dell’economia, rivalutazione di alcuni aspetti “buoni” di Benito Mussolini: Storace, già  governatore dal 2000 al 2005, è riuscito — nonostante l’estremismo del suo movimento — a strappare la candidatura alla pidiellina Beatrice Lorenzin.
I sondaggi ordinati dal Cavaliere prima dell’investitura, infatti, hanno premiato l’ex Epurator, «nonostante sia il vero responsabile — attaccano i critici — del buco da 10 miliardi di euro che pesa sulla Regione. Il fatto è che nel Lazio i camerati sono ancora tanti».
A Roma La Destra è guidata da un manipolo di persone: il vecchio camerata Teodoro “Er Pecora” Buontempo (un po’ arrugginito ma ancora capolista in Senato), l’ex alemanniano Sergio Marchi e il rampante Dario Rossin, consigliere comunale che ha abbandonato il Pdl considerato troppo moderato.
Non è un caso che lo scorso novembre Rossin abbia partecipato a un corteo del Movimento Sociale per l’Europa, movimento composto da sigle dell’ultradestra continentale.
Dietro agli striscioni con la scritta “Euroribellione” e in mezzo alle bandiere di Terza posizione c’era anche Adriano Tilgher, attuale responsabile del Dipartimento per il Programma del partito e un tempo leader storico di Avanguardia Nazionale, arrestato e condannato nel 1975 per ricostituzione del partito fascista. Storace ha intruppato anche Mario Vattani: ex console di Osaka, ex naziskin (fu processato e poi prosciolto per un’aggressione a due “compagni” davanti al cinema Capranica nel 1989) ed ex consigliere diplomatico di Alemanno, Mario l’anno scorso ha fatto scandalo per aver cantato canzoni inneggianti al fascismo a un concerto organizzato da Casa Pound.
Ora anche lui è candidato per una poltrona in Parlamento.
Pure i Fratelli d’Italia — nonostante non annoverino nessun estremista tra i dirigenti — hanno qualche nostalgia del passato che fu. Il nuovo partito ha ambizioni nazionali, è stato fondato da Giorgia Meloni, Guido Crosetto e Ignazio La Russa, ma in realtà  il capo indiscusso è il romanissimo Fabio Rampelli, signore delle tessere a Roma e dintorni.
Un tempo amico di Alemanno e Storace, Rampelli (che ha militato prima nel Fronte della Gioventù e poi nell’Msi) insieme a Marco Marsilio ha creato una macchina da guerra, la corrente dei “gabbiani”, che nel Lazio controlla manu militari, secondo stime prudenziali, circa 30-35 mila voti.
«I rampelliani sono capaci di mobilitare e gestire una massa di consenso enorme: non è un caso che alle ultime elezioni regionali siano riusciti a far eleggere ben cinque consiglieri d’area», spiega Umberto Croppi, ex assessore alla Cultura di Alemanno e in corsa per la poltrona di sindaco.
Tra le galassie di destra “i gabbiani” sono considerati tra i più moderati, «ma anche contrari», chiosa Croppi, «a qualsiasi forma di modernità ».
Ex campione di nuoto e teorico dell’architettura (ha criticato le torri di Renzo Piano e l’Ara Pacis, vorrebbe buttare giù il palazzo di giustizia a Piazzale Clodio, propone di costruire un arco di trionfo all’Eur) Rampelli gestisce il suo gruppo con l’aiuto di Marsilio, l’assessore comunale ai Lavori pubblici Fabio Ghera (ultrà  dei sampietrini senza se e senza ma) e l’assessore regionale Francesco Lollobrigida, sposato con la sorella della Meloni. Giorgia, lanciata proprio da Alemanno, è stata scelta come “front man” del partito, che ha candidato al Senato anche Loreno Bittarelli, capo dei tassisti romani del “3570″, una delle lobby più potenti della Capitale.
Se “i gabbiani” — sempre sconfitti dal gruppo Alemanno — sperano di prendersi alla lunga una rivincita, nell’area che fa capo alla Polverini regna il caos e lo sconforto.
La vicenda dei rimborsi elettorali che ha portato alle dimissioni della governatrice è stata devastante, e gli uomini che hanno fatto il bello e il cattivo tempo negli ultimi tre anni rischiano di essere spazzati via.
Se Renata ha trovato un posto sicuro alla Camera al grido “ognuno per sè Dio per tutti”, il suo movimento-fondazione Città  Nuove non s’è nemmeno presentato alle politiche.
Così, se qualcuno spera di strappare una candidatura nelle liste regionali, il segretario generale della Regione Salvatore Ronghi, ex Ugl, è candidato con Grande Sud di Gianfranco Miccichè, mentre Stefano Cetica, anche lui legato al sindacato di destra, e l’assessore Mariella Zezza puntano tutto su una (difficile) vittoria di Storace: se dovesse prevalere su Zingaretti, un posto in giunta è ancora possibile.
Anche Andrea Augello, capo di una corrente del Pdl sempre più autonoma dal partito di Berlusconi, prega affinchè l’amico Francesco torni alla Pisana.
Augello è considerato da Berlusconi inaffidabile ed è stato messo in basso alla lista per uno scranno a Montecitorio, ma il suo serbatoio di voti è secondo solo a quello di Rampelli.
Non solo: la sua corrente può contare su pezzi da novanta come Luca Malcotti, ex Fronte della Gioventù oggi assessore regionale, e Sveva Belviso, la vice di Alemanno finita nella bufera per l’inchiesta sui Punti Verde Qualità  e per aver assunto, da assessora, l’ex componente della Banda della Magliana e dei Nar Maurizio Lattarulo. In futuro, giurano tutti, bisognerà  fare i conti anche con loro.
Chi non pensa (per ora) alle poltrone è Gianluca Iannone, leader di Casa Pound.
I “fascisti del Terzo millennio”, come si autodefiniscono, hanno candidato un loro uomo alla Pisana, ma sanno bene che sarà  difficile eleggere un consigliere.
Iannone e il suo braccio destro — l’avvocato Domenico Di Tullio — non ragionano però nel breve periodo, ma hanno scelto una strategia a lungo termine: il movimento sta facendo migliaia di proseliti nelle scuole e tra i giovanissimi (la sigla Blocco studentesco fa riferimento a loro, il figlio di Alemanno è un habituè del centro sociale dietro Piazza Vittorio) e dall’Esquilino s’è diffuso prima negli altri quartieri romani poi nelle grandi città  italiane.
Un processo di costruzione che ricorda quello — sostiene qualcuno — di Franco Rocchetta, l’ex di Avanguardia nazionale che senza una lira e senza appoggi ideò la Liga veneta, madre della Lega Nord di Umberto Bossi.
Casa Pound, a differenza di altri movimenti di estrema destra radicati a Roma come Forza Nuova di Roberto Fiore (anche lui candidato alla Regione) e Fiamma Tricolore di Luca Romagnoli, ha una propaganda basata non tanto sulla nostalgia del ventennio (seppure atti di violenza ne hanno costellato la storia: l’ultimo episodio è l’aggressione all’intellettuale Filippo Rossi), ma sui valori mutualistici della destra sociale storica: occupazioni di case per i senzatetto, mutuo sociale, aiuto alle madri in difficoltà .
Rifuggono qualsiasi alleanza, e non hanno remore a lanciare — nella corsa alla Camera — Alberto Palladino detto “Zippo”, condannato in primo grado a due anni e otto mesi per l’aggressione ad alcuni militanti del Pd.
Una mappatura non può prescindere, ovviamente, dall’ala moderata del centro-destra romano, quella che fa capo agli ex di Forza Italia e ai finiani.
Se questi ultimi contano poco o nulla in termini di radicamento sul territorio (Giulia Bongiorno tenterà  di diventare governatore, le darà  una mano soprattutto il deputato Claudio Barbaro, ex missino presidente dell’Alleanza sportiva italiana, un’associazione che conta oltre un migliaio di società  iscritte), gli azzurri coordinati da Gianni Sammarco, cognato di Cesare Previti, pesano ancora, seppure da lustri non riescono a candidare nessun berlusconiano di stretta osservanza nei posti più rilevanti. Se Beatrice Lorenzin ha perso la corsa con Storace, se Gasparri e Fabrizio Cicchitto sono in declino, il “padre nobile” dei forzisti Antonio Tajani — a cui riferiscono direttamente Sammarco, Antonello Aurigemma, Alfredo Antoniozzi e il potente Giordano Tredicine, il capo del clan degli ambulanti accreditato di una montagna di preferenze — è sempre più traballante a causa dello scandalo Batman: dopo la festa con i maiali il Pdl a Roma è ai minimi termini, e sono in molti a scommettere che saranno gli ex missini a fare, oggi come in futuro, la parte dei leoni.

Emiliano Fittipaldi
(da “L’Espresso“)

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SONDAGGIO DEMOS: CENTROSINISTRA AVANTI DI 10 PUNTI, CRESCE MONTI ORMAI VICINO AL 18%, SALE IL PDL, CALANO PD E LEGA

Gennaio 30th, 2013 Riccardo Fucile

PD 32,8%, SEL 3,2%, PDL 19,2%. LEGA 4.1%, ALTRI CDX 3,3%, SCELTA CIVICA MONTI 12,5%, UDC 4,4%, FLI 0,8%, M5S 12,9%, RIVOLUZIONE CIVILE 4,2%

A meno di un mese dal voto, le distanze tra le coalizioni si riducono. Ma di poco.
Le polemiche intorno alle vicende del Monte dei Paschi di Siena sembrano aver prodotto effetti, fin qui, limitati sulle intenzioni di voto.
È ciò che emerge dal sondaggio di Demos per Repubblica, realizzato negli ultimi giorni.
Per quanto coinvolto da critiche e sospetti, il Pd, alla Camera, ha ceduto meno di un punto e rimane appena sotto al 33%.
Mentre il Pdl ha recuperato un punto e supera, così, il 19%.
Il Centrosinistra, comunque, si attesta sul 36,4%, circa 10 punti più del Centrodestra (2 meno di una settimana fa).
Al Senato, il vantaggio risulta ancora più ampio: 38% a 27%. Cioè, 11 punti.
A livello nazionale.
Tuttavia, la legge elettorale non permette previsioni, perchè al Senato l’assegnazione dei premi di maggioranza avviene regione per regione.
Resta, quindi, l’impressione che lo scandalo Mps, nonostante abbia monopolizzato il dibattito pubblico, non sia riuscito a produrre una svolta decisa nel clima d’opinione. Le intenzioni di voto, negli ultimi giorni, non hanno subito variazioni sensibili.
Così, le differenze osservate, rispetto a una settimana fa, sembrano dettate da altre ragioni.
Soprattutto, dal progressivo scongelamento degli indecisi – ancora numerosi: circa il 30%.
Un processo che favorisce il Centrodestra – la cui “riserva” di delusi è molto ampia. Ma anche la coalizione guidata da Monti.
Nell’insieme, ha guadagnato un punto e mezzo e si avvicina al 18%. Spinta dalla formazione del premier, Scelta Civica, salita al 12,5% (cioè, di quasi un punto). Anche l’Udc, per la prima volta, recupera consensi (anch’essa quasi un punto).
E frena l’emorragia di voti che aveva subito, fino ad oggi, a favore della Lista Monti.
La principale indicazione offerta dal sondaggio di questa settimana, dunque, riguarda proprio il peso assunto dal Terzo Polo.
Il quale, per la prima volta dopo il 1994, sembra interrompere, o comunque indebolire, la dinamica bipolare del sistema partitico e della competizione elettorale in Italia.
D’altronde, altri indizi, raccolti dal sondaggio, concorrono a spiegare – e a confermare – questa tendenza. In primo luogo, l’immagine del leader.
La fiducia verso Monti, infatti, nell’ultimo mese è scesa di quasi 5 punti. Ma resta comunque alta: 42,5%.
Il premier è terzo, nella graduatoria dei leader. Peraltro, il 38% degli elettori lo considera il più “competente”.
E il 61%, soprattutto, lo riconosce in grado di “garantire la credibilità  del Paese all’estero”.
La capacità  “competitiva” di Monti e della coalizione di Centro marca, dunque, la principale differenza rispetto alle ultime due elezioni. In particolare, rispetto a quelle del 2006, quando il Centrodestra trascinato da Berlusconi, riuscì a rimontare tutto lo svantaggio accumulato in precedenza.
Fin quasi a pareggiare, con Prodi.
Ma allora il confronto (lo scontro?) era diretto.
Tra Berlusconi e Prodi: non c’era nessuno. Casini e l’Udc erano alleati con il Cavaliere.
Oggi, invece, “in mezzo” c’è Monti. Il quale, nell’ultima settimana, ha preso di mira il Centrosinistra. In modo aggressivo.
Per rubare il mestiere – e la scena – a Berlusconi.
Per apparire la vera alternativa a Bersani – e soprattutto a Vendola.
Per chiudere e confinare il Cavaliere “a destra”.
E intercettare il flusso dei delusi del Pdl – tanti, ancora rifugiati fra gli indecisi. In attesa di decidere. Se votare e per chi.
Un altro segno delle difficoltà  che incontra il “bipolarismo”, in questa fase, è offerto dall’atteggiamento verso il “voto utile”.
Meno condiviso rispetto al passato. Certo, il 54% degli elettori ritiene ancora opportuno “concentrare il voto sulle due coalizioni maggiori”.
Ma nel 2008 l’orientamento “maggioritario” veniva espresso da un’area di cittadini superiore di quasi 9 punti.
In un sistema attraversato dall’alternativa pro/anti-berlusconiana, l’indebolirsi del bipolarismo danneggia proprio lui. Berlusconi. Il quale, non a caso, ha rifiutato di partecipare a un confronto in tivù con gli altri cinque leader.
Avrebbe significato porsi sul medesimo piano di tutti gli altri.
Ammettere e riprodurre la fine del bipolarismo – e del berlusconismo.
A Centrosinistra, Bersani (48,5%) è ancora il secondo tra i leader, nella valutazione degli elettori.
Dietro al suo avversario delle primarie, Matteo Renzi.
Che ottiene un giudizio positivo da quasi due terzi degli intervistati. A conferma della grande fiducia di cui gode ben oltre i confini del centrosinistra. Evidentemente, la scelta di “volare basso”, di tirarsi fuori dalla contesa per i posti al Parlamento, ne ha rafforzato ulteriormente la credibilità .
Tanto più in questa fase di distacco dalla politica. Proprio per questo, però, diventa importante – e utile – per Bersani coinvolgere Renzi. Come testimonial del proprio progetto. Della propria leadership.
Il Centrodestra, come abbiamo visto, sta risalendo. Ma, fin qui, non sfonda.
L’appeal del Cavaliere resta debole. Ultimo nella graduatoria dei leader, per popolarità .
Fermo al 20%. Nonostante la grande capacità  di tenere la scena, in tivù. E nonostante la tivù resti, per la larga maggioranza degli elettori (60%), il principale canale di informazione in questa campagna elettorale.
Il che contribuisce a spiegare la scelta, annunciata da Beppe Grillo, di tornare in televisione, in vista del voto. Non si sa dove, come e quando.
D’altronde, il M5S, nelle stime di voto, è accreditato del 13%.
Tanto, ma meno di qualche mese fa.
Così Grillo – l’unico a riempire le piazze, in questa campagna elettorale – ha deciso di tornare alle origini. In televisione.
Non so che pagherei per vederlo a un “faccia a faccia”. Con Monti, Bersani, Berlusconi. E Vespa…

(da “La Repubblica”)

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A NAPOLI SI FERMANO I BUS: “NON C’E’ PIU’ GASOLIO”, LA CITTA NEL CAOS

Gennaio 30th, 2013 Riccardo Fucile

“TRA TAGLI DEL GOVERNO E DELLA REGIONE, I FONDI PER PAGARE GLI STIPENDI, FARE MANUTENZIONE, PAGARE LE ASSICURAZIONI E COMPRARE IL GASOLIO, SI SONO RIDOTTI DEL 40%

Bus fermi stamani a Napoli per mancanza di gasolio: la quasi totalità  degli autobus dell’Anm-Azienda Napoletana Mobilità , sono rimasti nei depositi perchè la società  non è più in grado di garantire l’acquisto di carburante.
L’annuncio del blocco era stato postato ieri sulla pagina facebook e twitter dell’Azienda napoletana mobilità : “Il 30 gennaio mattina (oggi), per mancanza gasolio il servizio non sarà  garantito #anm #napoli”.
Una comunicazione shock, che stamani si è puntualmente avverata ma i disagi per alcuni mezzi fermi o in pesante ritardo erano già  cominciati ieri pomeriggio.
In città  è scoppiato il caos.
Alcuni autobus – si apprende dalla stessa società  – sono usciti per effettuare alcune corse, ma stanno rientrando nei depositi per esaurimento del gasolio nei serbatoi.
Il blocco praticamente totale dei servizi è spiegato dalla società  che precisa come “dei 600 autobus che circolavano fino a pochi anni fa (2009) oggi ne circolano meno di 350 perchè – sottolinea – tra tagli governativi e regionali, i contributi che ANM riceve per pagare stipendi, contributi, fare manutenzione di mezzi ed impianti, pagare le assicurazioni, comprare il gasolio etc, si sono ridotti del 40%”.
Con questi tagli – scrive Anm sul proprio sito – è “ovvio che non è più possibile fare le cose che si facevano prima” per cui l’Azienda non è nella condizione di “assicurare più mezzi, manutenerli etc”. Non è questione di volontà  o capacità  – sottolinea – è questione di possibilità “.
Comunque, per la mattinata, è atteso un primo rifornimento di gasolio nei principali depositi.
La consegna – si apprende da un portavoce della stessa società  – dovrebbe essere in grado di far riprendere il servizio alla maggior parte dei bus entro mezzogiorno.
Secondo i dati riferiti dall’Anm, gli autobus in servizio stamani sono stati in tutto una trentina rispetto ai 300 che normalmente circolano a Napoli: una ventina sono usciti dal deposito della zona orientale e una decina da quello di Garittone-Carlo Terzo.
Dopo aver garantito le corse delle prime ore della mattina – si apprende sempre dalla Anm – molti degli autobus sono rientrati per l’esaurimento del carburante.
Regolari – precisano all’Anm – sono stati i servizi sulla linea R2, una delle più utilizzate, e su quella per l’aeroporto.

(da “La Repubblica”)

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MONTE DEI PASCHI: A CAPO DELLA FINANZA C’ERA LA “BANDA DEL CINQUE PER CENTO”

Gennaio 30th, 2013 Riccardo Fucile

DA UNA TESTIMONIANZA EMERGONO I NOMI DI BALDASSARRI E DI PONTONE

Se a Siena la situazione per la Procura è esplosiva, dai dossier arrivati da Milano spuntano i soprannomi: li chiamavano la “banda del cinque per cento“.
Questo il nomignolo affibbiato al tandem composto dall’ex capo della finanza di Mps,   Gianluca Baldassarri e dal   responsabile della filiale di Londra della banca senese, Matteo Pontone, soprannominato così dalla percentuale percepita   su ogni operazione. A rivelarlo è stato Antonio Rizzo, ex funzionario della banca tedesca Dresdner, sentito il 13 ottobre 2008 dai pm di Milano nell’inchiesta sulla finanziaria svizzera Lutifin.
La società  di brokeraggio con sede a Lugano che ha intermediato con un guadagno di 600mila euro   un’operazione del 2007 con Dresdner Bank su un   prodotto finanziario venduto da Mps e poi ricomprato.
IL TESTE.
Rizzo nel verbale parla di un incontro avvenuto nel novembre 2007   tra lui e altri due funzionari della banca tedesca durante il quale la persona che si occupava della vendita dei prodotti finanziari strutturati “caldeggiava l’operazione di riacquisto di un pacchetto titoli strutturato da Mps Londra”.
“Nell’occasione — si legge nel verbale — si venne a sapere che Dresdner per l’operazione avrebbe pagato una somma a titolo di intermediazione, a tale Lutifin di Lugano”. Lorenzo Cutolo, uno dei due funzionari della Dresdner, “rimase sorpreso e disse che era assurdo pagare per una intermediazione per un affare che Dresdner poteva tranquillamente fare da sola”.
Il testimone afferma poi che nel marzo del 2008 aveva raccontato quanto accaduto con Mps all’organismo di controllo interno di Dresdner e “gli era stato comunicato che sarebbe stata aperta un’indagine”.
Ma, secondo la ricostruzione di Rizzo, nonostante l’opposizione di Cutolo il pagamento di Lutifin era stato autorizzato dal suo superiore, Stefan Guetter.
“Parlai della cosa con Cutolo il quale mi disse di farsi i fatti propri senza nulla dire all’organismo di controllo interno della banca. Cutolo mi disse che lui aveva provato a fare qualcosa ma che aveva rischiato il licenziamento”.
Qualche giorno dopo in una cena con Michele Cortese, l’uomo che si occupava della vendita di prodotti finanziari per Dresdner Bank-London Branch, quest’ultimo gli disse che “a suo avviso Pontone e Baldassarri avevano percepito una commissione indebita dell’operazione per il tramite di Lutifin”.
E nella stessa occasione gli rivelò anche che i due si erano così guadagnati il soprannome “la banda del cinque per cento” perchè prendevano tale percentuale su ogni operazione.
Come emerso nei giorni scorsi, Lutifin Services era stata utilizzata quale veicolo per effettuare pagamenti riservati nei confronti di alti dirigenti del Monte dei Paschi di Siena.
I pagamenti servivano a far sì che Mps acquistasse un “pacchetto di titoli all’interno dei quali ve ne erano alcuni (cosiddetti Cdo) che presentavano forti perdite per Dresdner Bank”.
Lo scopo dell’operazione era chiaro, secondo la Gdf, “far ristrutturare il pacchetto a Monte dei Paschi di Siena, la quale si è occupata, in definitiva, di sostituire i titoli in sofferenza con altri in salute, in modo tale da consentire a Dresdner Bank di neutralizzare le perdite che stava subendo, scaricandole di fatto in capo a Mps”.
IL PROCURATORE DI SIENA.
“La materia è talmente incandescente che non posso rilasciare dichiarazioni”, ha intanto detto Tito Salerno, procuratore della Repubblica di Siena ai giornalisti che gli chiedevano informazioni sull’inchiesta in corso.
“Non è per cortesia — ha aggiunto — ma non posso parlare di questa inchiesta. Si tratta di un’indagine complessa, incandescente e ancora lunga che riguarda una società  quotata in Borsa. Attualmente lo stato delle indagini non ci permette di dire nulla”.   Oggi i magistrati senesi hanno sentito il segretario del consiglio di amministrazione della banca e attuale capo dell’area segreteria generale della banca, Valentino Fanti. Ascoltato come persona informata sui fatti, Fanti era il capo della segreteria dell’ex presidente del Monte, Giuseppe Mussari. Il collegio sindacale della banca, invece, è stato ascoltato dalla Consob sulla vicenda dei prodotti strutturati della banca. Nei prossimi giorni toccherà  ai revisori dei conti e al precedente consiglio sindacale.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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INCHIESTA SUI VERSAMENTI ALL’UDC

Gennaio 30th, 2013 Riccardo Fucile

NEL MIRINO DELLA PROCURA I FINANZIAMENTI DEI COSTRUTTORI AL PARTITO NEL LAZIO

Dopo la Margherita, il Pdl e l’Italia dei Valori, anche il partito di Pier Ferdinando Casini finisce sotto inchiesta.
A seguito della segnalazione della Corte dei Conti, la Procura di Roma ha aperto un fascicolo, di cui è titolare il procuratore aggiunto Francesco Caporale, per chiarire alcuni aspetti sui finanziamenti ricevuti da parte di aziende private per le regionali del 28 e 29 marzo del 2010.
I magistrati contabili nell’ultima relazione, pubblicata ad agosto scorso, scrivono che “Il dott. Vittorio Bonavita, (poi nominato direttore dell’Asl Roma B, ndr), segretario amministrativo dell’Udc Lazio pro tempore, con nota in data 3 luglio 2012 ha trasmesso solo una parte (14 delibere societarie) della documentazione relativa alle società  eroganti (in tutto 39 società ) previste dalla predetta legge n. 195 del 1974”.
Ossia su 39 aziende o comunque persone giuridiche che hanno finanziato il partito, in 25 casi non è stata presentata alcuna carta che giustifichi quelle entrate , contabilizzate per un totale di 171mila euro.
Nell’elenco delle società  di cui manca documentazione c’è la Todini Costruzioni Generali Spa che ha finanziato quella campagna regionale del 2010 con un bonifico di 20 mila euro.
La società  Todini è gestita da Luisa Todini che siede anche tra i consigliere Rai in quota Pdl/Lega.
Altri esempi di società , di cui non è stato presentato alcun documento alla Corte dei Conti, sono poi la Edil C.a.s.a. Edilizia che al partito ha donato 20 mila euro, la Ciaccia appalti srl (altri 20mila). E ancora, la Sales appalti (15 mi-la) e la Di. Bi. costruzioni (5 mi-la), tutte operanti nel settore dell’edilizia.
Il collegio dei magistrati contabili, si conclude nell’ultima relazione, però “non ritiene che la mancata trasmissione della documentazione relativa ai contributi di che trattasi sia, di per sè sola, atta a concretizzare un fumus di sussistenza del reato di cui all’art. 7, ultimo comma, della legge 2 maggio 1974, n. 195 — ossia la legge che regola i finanziamenti privati ai partiti. Tuttavia, il Collegio si è determinato nei sensi dell’opportunità  di riferire i fatti, per quanto di rispettiva competenza, alla Procura della Repubblica di Roma”.
Che solo pochi giorni fa ha aperto un fascicolo, per adesso senza indagati nè reati, al fine di chiarire la regolarità  o meno di quei 171 mila euro che sono entrati nelle casse della sezione regionale dell’Udc e che sono stati utilizzati per la tornata elettorale del 2010.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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