Gennaio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
“IN DIECI ANNI CON IL PDL NON ABBIAMO CONCLUSO NULLA”
Flavio Tosi ci riceve nel suo ufficio da sindaco, che s’affaccia sulla splendida piazza Bra e sull’Arena.
L’ultima volta che lo avevamo intervistato, Bossi reagì dicendo che l’avrebbe espulso dalla Lega.
Tosi si comportò da signore e, in un mondo in cui si usa smentire tutto – anche le smentite – confermò l’intervista parola per parola.
«Alla fine è andata com’è andata», ci dice ricordando l’episodio. Ha vinto lui.
Oltre che essere di nuovo sindaco di Verona, è segretario nazionale veneto della Lega.
Ma ora ha davanti una campagna elettorale difficile: per la prima volta, il Veneto è in bilico.
La vittoria del centrodestra non è scontata.
Tosi, la sua è una delle regioni decisive. Il Pd ha sondaggi che lo danno praticamente alla pari con voi.
«Una volta il divario era abissale, e ora non più: questo è vero. Ma al Pd sanno benissimo quale sarà l’esito: vinceremo noi. Se Berlusconi ha scelto l’alleanza con la Lega, che per lui è molto svantaggiosa, è perchè sa che era l’unica strada per vincere in Lombardia e in Veneto».
Perchè dice che per Berlusconi è un’alleanza svantaggiosa?
«Veda lei: rinuncia a fare il premier e lascia la presidenza della Lombardia, che era del Pdl, alla Lega. Non dev’essere stato facile, per Berlusconi, far digerire ai suoi il rinnovo dell’alleanza con noi».
Veramente quelli che l’hanno presa peggio sono stati i militanti leghisti. O sbaglio?
«Ammetto: non l’hanno presa bene. Specialmente i primi giorni, è stata dura far accettare questo nuovo patto con il Pdl».
Soprattutto ai leghisti veneti?
«Eh sì, perchè ai leghisti lombardi si può almeno dire che prenderanno il governatore della regione. Qua è stato più difficile. Ma ora, parlando con la gente, stiamo cominciando a far capire che l’importante era che la Lega ottenesse le tre regioni del Nord. In questi giorni cominceremo le riunioni con i candidati, per spiegare loro qual è il messaggio che devono portare alla base».
Cioè qual è il rospo da ingoiare?
«Credo che il rospo lo debba ingoiare di più Berlusconi. Ripeto: perde candidatura a premier e Lombardia in cambio, forse, di un pareggio al Senato. Forse».
Berlusconi ha ceduto subito, sul ruolo di candidato premier?
«Per niente. Ma Maroni ha tenuto duro. Anche per le nostre pressioni. Noi veneti siamo stati molto utili, a Maroni, in questa trattativa».
Parla del Pdl più come di un nemico che come di un alleato.
«Beh, è chiaro che passate le elezioni ognuno va per la sua strada. È un anno che siamo già fortemente divisi. E non su questioni di forma, ma di sostanza».
Cioè: sta dicendo che il giorno dopo il voto l’alleanza non esiste più?
«Salvo l’ipotesi, francamente improbabile, che si vinca, non vedo perchè la Lega debba continuare a camminare con chi, in quasi dieci anni di percorso comune, non ci ha portati da nessuna parte. Se guardiamo alle riforme, chiediamoci che cosa abbiamo portato a casa».
È vero che i leghisti veneti sono arrabbiati anche perchè, dopo il lombardo Bossi, il partito è finito in mano a un altro lombardo?
«No. La Lombardia vale il doppio del Veneto per abitanti e per forza economica. E poi Maroni era la persona giusta».
Alcuni sondaggisti dicono che i leghisti delusi potrebbero votare Grillo. Le risulta?
«È possibile. Di certo i nostri non voterebbero mai nè Berlusconi, nè Monti, nè il Pd. O votano Grillo o non votano. Però guardi: un calo della Lega è da mettere in conto, ma stiamo recuperando».
E il 17 e passa per cento attribuito alla lista Monti in Veneto?
«Non mi pare realistico, se do retta al sentire della gente. C’è crisi, c’è arrabbiatura perchè nonostante i sacrifici e le tasse l’economia non riparte».
Oggi, commentando le liste, i giornali veneti scrivono: Tosi ha epurato i bossiani.
«E non è vero. Ho cercato un forte rinnovamento, ma il paletto dei due mandati vale per tutti. Nessuno dei nostri candidati ha già fatto due mandati parlamentari. Le liste del Pdl invece sono piene dei soliti paracadutati».
Ma quanto ce l’ha con il Pdl?
«Siamo alleati, ma siamo anche in competizione».
Berlusconi ha escluso Cosentino, Dell’Utri, Papa e Scajola. Non le basta?
«Penso che questa scelta gli sia costata molto. Per sua fortuna, l’ha fatta. Non l’avesse fatta, è chiaro che noi l’avremmo fatto notare. Con tutte le riserve che ho sull’alleanza con lui, gli riconosco di aver compiuto finalmente un gesto di discontinuità . Ma resta il fatto che Berlusconi non rappresenta il cambiamento».
Michele Brambilla
(da “La Stampa“)
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Gennaio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
IN LOMBARDIA CANDIDATI UN GRAN NUMERO DI DIPENDENTI FININVEST, EX MOGLI, PORTABORSE, DAME BIONDE E PERSINO L’INSEGNANTE DEI FIGLI
Non ci sarà Marcello dell’Utri, ma a fare le sue veci in Parlamento penserà lo storico braccio destro, Simone Crolla.
Tra i big c’è Renato Farina, in compagnia del poker d’assi Bonaiuti, Bondi, Mantovani e Romani.
Ma c’è molto di più nella squadra con cui il Pdl si gioca la partita delle partite, la conquista dei seggi in Lombardia, regione chiave per strappare la carta dell’ingovernabilità del Paese.
Una lista di grandi nomi? Gente lontana dai guai giudiziari?
Macchè, a scorrere i nomi saltano fuori una vagonata di indagati, interi pezzi di casa Berlusconi e di Fininvest, vecchie glorie acchiappavoti, lobbisti e trombati in cerca di un premio. Impresentabili, di diritto o di fatto, dalla corte del principe a quelle dei giudici.
Tanti i candidati per un unico grande merito, lo stare a servizio di Silvio Berlusconi, nelle sue aziende, nella gestione familiare e perfino delle sue residenze private.
Da Villa San Martino a Roma Elena Centemero, n. 3 della lista Lombardia 2 per la Camera, ha fatto il balzo nella grande politica dopo aver insegnato lettere ai figli di Paolo e Silvio Berlusconi. In lista c’è anche chi deve aver contrattato con lei il costo delle lezioni, Mariella Bocciardo: n. 6 della lista è l’ex moglie di Paolo Berlusconi, entrata in Parlamento nel 2006 e nota come la “cognata” all’interno del cosiddetto (e indicibile) “gruppo bella gnocca” (insieme a Mara Carfagna, Gabriella Carlucci e Michaela Biancofiore).
Incontra Silvio nel ’63, lavora con lui nella vendita delle case di Brugherio e Milano Due.
Nel 1982 si separa da Paolo e torna a lavorare in Fininvest. Insomma, una di casa.
E dopo il gran rifiuto di Marcello Dell’Utri, si materializza nelle liste qualcuno a lui molto vicino da tempo in Parlamento.
E’ il suo braccio destro Simone Crolla, già animatore dei Circoli del Buon Governo e direttore dell’house organ settimanale di Forza Italia “Il Domenicale” (edito da Dell’Utri e chiuso per debiti a fonte di vendite in picchiata).
In lista anche un megafono dell’ex premier come Giuseppe Maria Verro.
Imprenditore palermitano è stato eletto due volte con il Pdl. Nel 2009 farà parlare di sè come consigliere Rai, dove si è distinto per le campagne pro-Minzolini e contro Santoro, Saviano e Celentano.
In tv è andato anche Lucio Barani, n. 17 del collegio Lombardia 1.
Ad esempio quando da sindaco di Aulla in Lunigiana fece erigere un busto di Bettino Craxi e rinominare la centrale piazza Matteotti in “Piazza martiri di Tangentopoli”.
E ancora per la posa di cartelli stradali indicanti divieto di prostituzione.
Dodicesimo posto nella circoscrizione Lombardia 2 per Alessia Ardesi, alias “dama bionda”. Così è stata ribattezzata la giovane collaboratrice dell’ufficio stampa di Palazzo Grazioli, dopo che a fine 2011 accompagnò il Cavaliere fino a Marsiglia, in occasione del congresso del Ppe. Non è un berluscones doc Paolo Cagnoni, che però può vantare di essere l’assistente di Sandro Bondi, tra i più devoti al Cavaliere.
Cagnoni si è guadagnato la candidatura alla Camera, in posizione 9 nella circoscrizione Lombardia 3.
Una bella rivincita per lui, dopo la delusione subita alle scorse elezioni regionali: il suo nome era inserito nel listino bloccato di Formigoni, lo stesso di Nicole Minetti, ma all’ultimo è saltato a vantaggio di un leghista.
“QUELLI CHE LA GIUSTIZIA”
La lista lombarda è piena di nomi noti alle cronache giudiziarie, ma da queste parti non è un problema, con 62 consiglieri regionali indagati e lo stesso governatore Roberto Formigoni al centro dell’inchiesta sugli scandali della sanità .
Per inciso, il Celeste, dopo il voltafaccia a Gabriele Albertini, si è guadagnato la posizione n. 2 al Senato, subito dopo il capolista Berlusconi.
Spicca tra gli altri il fedelissimo Paolo Romani, già uomo dell’emittenza privata al Nord lanciato in politica nel 1994 con Forza Italia.
Come deputato e sottosegretario mise il sigillo a provvedimenti volti a favorire le tv di Berlusconi.
Nel 2012 è finito per due volte nel registro degli indagati.
La prima per peculato, per una bolletta da 5.144,16 euro in due mesi con il telefonino del Comune di Monza.
La seconda per istigazione alla corruzione, insieme a Paolo Berlusconi.
Secondo l’accusa avrebbe fatto pressioni sull’amministrazione di centrodestra della città brianzola per sbloccare il grosso affare immobiliare della Cascinazza, un’area di interesse della famiglia Berlusconi.
Entrambe le inchieste sono ancora in corso. Gli elettori lo ritroveranno puntualmente al blindatissimo numero 6 della lista Pdl per il Senato in Lombardia. Il suo nome è anche nell’elenco dei politici che ricevono generosi finanziamenti dalla Banca popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani.
Nell’elenco c’è poi Salvatore Sciascia, ex direttore centrale degli affari fiscali Fininvest condannato insieme a Paolo Berlusconi per aver pagato 330 milioni di lire ai militari della Gdf per indurli a favorire l’azienda nelle verifiche fiscali.
E’ l’amministratore dell’immobiliare Idra che raccoglie le proprietà della famiglia Berlusconi, a partire da Villa Certosa.
C’è poi Alfredo Messina, vice presidente Mediolanum (gruppo Fininvest), indagato nella bancarotta HDC, referente Fininvest nelle intercettazioni telefoniche con Deborah Bergamini e Luigi Crespi.
Chiamato come testimone al processo Berlusconi-Mills, si avvalse della facoltà di non rispondere, perchè indagato di reato connesso.
Il nome di Maurizio Bernardo è indissolubilmente legato a un emendamento noto anche come “lodo Bernardo”, un cavillo inserito con emendamento al ddl anticrisi del 2009 che ha limitato l’azione della Corte dei Conti per danno erariale nei confronti di funzionari pubblici infedeli.
Al tempo si ipotizzava che Berlusconi potesse essere citato per il danno d’immagine legato alle feste ad Arcore e al caso D’Addario.
E lui si fece promotore di un salvacondotto immediato.
Da assessore regionale alle Reti fu indagato per traffico illecito di rifiuti e poi prosciolto nel 2007. Suo fratello Massimo è finito al centro dell’inchiesta sul crack della milanese Zincar.
Corre per un seggio al Senato Riccardo Conti, oggi componente della commissione Finanze, al centro dell’affaire dell’Enpam, la compravendita immobiliare-lampo che gli avrebbe garantito nel giro di poche ore plusvalenze per 18 milioni di euro sulla quale indaga la procura di Roma.
In lista anche Francesco Colucci, vecchio socialista, questore della Camera.
Nel 1992 venne processato per voto di scambio, dopo il ritrovamento nel suo archivio informatico personale di migliaia di nomi accanto ai quali erano segnati i favori concessi (assunzioni nel settore pubblico, ricoveri d’ospedale, ecc.).
Nel dicembre 1994 fu condannato a 1 anno di reclusione, per poi venire assolto in Cassazione. Ci sono poi quelli che erano stati rottamati da Berlusconi, ma a metà .
“Nessuno dei vecchi consiglieri sarà ricandidato”, aveva tuonato appena due settimane fa il Cavaliere.
In Regione strada sbarrata a chi è rimasto coinvolto nello scandalo delle spese folli con i fondi assegnati ai gruppi consiliari. In due, però, sono stati ripescati nelle liste per la Camera: Rienzo Azzi e Giovanni Rossoni, entrambi indagati dalla procura di Milano per peculato.
Tra chi negli ultimi tempi è finito sotto indagine delle procure e ora se la gioca in Parlamento c’è pure Giuseppe Romele. Rigioca, a dire il vero.
Perchè Romele è già deputato del Pdl, oltre a essere vice presidente della provincia di Brescia. Il suo nome è finito nel registro degli indagati per false dichiarazioni al pm nell’ambito del secondo filione dell’inchiesta sull’ex vice presidente del consiglio regionale Franco Nicoli Cristiani.
In lista c’è pure Renato Farina, l’ex agente Betulla, nonchè autore dell’articolo costato la condanna per diffamazione ad Alessandro Sallusti.
Il suo nome è in decima posizione nella circoscrizione Lombardia 2, un po’ troppo in là per una possibile riconferma alla Camera.
Del resto lui è uno dei più impresentabili: ha patteggiato una pena di sei mesi nel caso del rapimento di Abu Omar ed è stato condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi per la visita in carcere a Lele Mora, fatta insieme a un tronista spacciato per suo collaboratore.
Stessa lista, ma sesto posto, e quindi più probabilità di essere rieletto, per il deputato Antonio Angelucci. Editore del quotidiano Libero e re delle cliniche romane, Angelucci attualmente è già deputato, pur essendo rimasto coinvolto, con il suo gruppo Tosinvest, in diverse vicende controverse.
Sia sul fronte della sanità (proprio ieri suo figlio Giampaolo si è visto chiedere una condanna a quattro anni e sei mesi dalla procura di Bari per una presunta tangente di 500mila euro pagata all’allora governatore Raffaele Fitto).
Sia sul fronte dell’editoria, visto che il gruppo è stato condannato a pagare una multa di 103mila euro per i fondi percepiti indebitamente per lo stesso Libero e per il Riformista. In undicesima posizione nella circoscrizione Lombardia 2, non risulta indagato Sergio Gaddi, ex membro della giunta del comune di Como, ma l’assessorato alla Cultura che guidava è finito al centro di un’inchiesta per abuso d’ufficio: a far partire le indagini un esposto su presunte irregolarità legate alle mostre organizzate a villa Olmo.
Monica Guarischi, numero 6 nella circoscrizione Lombardia 3, è la sorella di Luca Guarischi, ex consigliere regionale vicino a Formigoni, decaduto nel 2009 a seguito di una condanna definitiva a circa 5 anni di carcere per tangenti.
Via il fratello, in Regione era entrata Monica, grazie a una collaborazione garantita dal Celeste per 10mila euro al mese.
E ora arriva addirittura la possibilità di correre per uno scranno in Parlamento.
Nell’area “lobby” si segnalano Andrea Mandelli, candidato a Monza alle ultime amministrative e presidente dell’ordine dei farmacisti, e Luca Squeri, assessore al Bilancio in Provincia, presidente milanese e nazionale Figisc, la federazione dei benzinai di Confcommercio.
Luigi Franco e Thomas Mackinson
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
CAMPAGNA ELETTORALE BEN COPERTI: FA PAURA IL FLOP IN PIAZZA
Tutti colti da agorafobia, i partiti italiani?
La paura della “piazza aperta e frequentata dal popolo” li ha forse assaliti d’un tratto? Abbiamo ascoltato i leader delle principali coalizioni in ogni tipo di trasmissione televisiva.
Possiamo seguirli su Twitter, consultare le loro pagine Facebook, scaricare i programmi in pdf, ammirarne i cartelloni ritoccati sulle diverse tangenziali d’Italia. Nelle piazze, per ora, neanche l’ombra.
Una scomparsa resa tanto più plastica dalla presenza di Beppe Grillo, che invece di piazze ne tocca due al giorno e che ha trasformato i suoi show antisistema in scoppiettanti comizi politici.
Così, Monti dà il via alla sua corsa in una tensostruttura ultramoderna alle porte di Bergamo.
Bersani parla sotto la neve nel suo piccolo paese natale.
Maroni va in giro a presentare il suo libro.
Vendola domenica è stato a Melfi, il 30 andrà a Frascati, il primo febbraio in Toscana e Umbria.
In teatri e cinema da 1000, 1500 posti.
«È inverno, fa freddo, e se poi piove?». Il ragionamento è questo per tutti.
«Montare i palchi costa, metti che poi ti viene una botta di freddo, di neve, di vento», dice Lelio Alfonso, tra i coordinatori della campagna montiana.
Berlusconi lo ha dichiarato apertamente: «Non posso fare comizi in piazza per ragioni di sicurezza».
Ha ricordato la statuina che gli tirarono contro a Milano, ha parlato delle preoccupazioni della sua scorta.
E quindi, c’è anche questo: la piazza fa paura.
«Il rischio è sempre il buco, il flop», dice Edoardo Novelli, professore di Comunicazione politica a Roma Tre.
In più, «è sparita come senso. Un tempo lì si misurava la forza delle diverse formazioni, oggi c’è un sondaggio ogni tre secondi. Era il luogo di incontro con il leader, serviva ad alimentare i riti e i simboli del partito di massa. Tutte cose scomparse».
Spiega Giuseppe de Rita: «La campagna elettorale viene implicitamente fatta sulle cose già certe.
Tutti pensano che l’opinione pubblica sia ormai consolidata, che sia già stato detto tutto, che sia inutile amplificare.
L’unico che non ha una piattaforma prestabilita e che è costretto a fare un’operazione diversa è Grillo.
E in questo l’aspetto meteorologico lo aiuta.
Come quando ha attraversato lo stretto di Messina sotto le nubi: la sua impresa deve assumere un carattere mitico per sfondare».
E poi, «L’Italia è biomediatica: vive la televisione come fosse un fatto biologico, e i politici lo sanno. La moltitume indistinta la si trova in tv».
I tempi cambiano, canterebbe Bob Dylan.
Nel 1960, una domenica di novembre, in piazza Duomo a Milano si tennero 8 comizi di seguito, dalle 11 a mezzanotte.
Sempre quell’anno, nell’ultima giornata elettorale, ce ne furono 35mila in tutt’Italia.
E non vale tanto la scusa dell’inverno, se nel 2006 – quando il centrodestra occupò piazza San Giovanni contro Romano Prodi – era il 2 dicembre. E se nel 2008 Veltroni chiuse la sua campagna a Milano sotto una pioggia scrosciante.
Le prossime settimane, comunque, dovrebbero animarsi.
Bersani sta per partire per il suo secondo giro d’Italia.
Ci saranno sia manifestazioni che incontri con le categorie e pezzi di associazionismo. Saranno importanti le chiusure a Milano, in Sicilia, a Roma.
E il Veneto, la prossima settimana.
Mentre nelle regioni in bilico partirà «un porta a porta scientifico coinvolgendo tutti quelli che hanno votato alle primarie».
Una cosa obamiana? «Veramente lo faceva il Pci», risponde il capo della comunicazione Stefano Di Traglia. Antonio Ingroia andrà in luoghi simbolici: l’Emilia del terremoto, l’Aquila, Pomigliano, l’Ilva, il Sulcis, la Sicilia.
Con una sorpresa annunciata per il 22 febbraio. Mario Monti in piazza non ci andrà , ma l’agenzia di comunicazione che ha ingaggiato gli ha consigliato di scegliere luoghi simbolo dell’Italia che propone, posti che incarnino storie di successo nella tecnica, nell’arte, nella ricerca.
Anche l’oratoria dovrà cambiare: i consulenti si occuperanno di tradurre in chiave nazional-popolare lo stile ingessato del professore.
Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
PRESENTATA AL BAR LA LISTA DI FLI, ORA SI ATTENDE LA CONFERMA DELLE FIRME… IL PARACADUTATO POLLINA NON DICE CHI L’ABBIA SPINTO “PER SERVIZIO” GIU’ DALL’AEREO… NAN SI LANCIA IN UNA TEORIA DA MAGO OTELMA E NOMINA IMPERIA CAPUT MUNDI.. POI GLI SCAPPA UNA MEZZA VERITA’, MA NON NE TRAE LE LOGICHE CONSEGUENZE: DIMETTERSI
Pubblichiamo l’articolo del Secolo XIX di oggi, relativo alla presentazione della lista Fli a Genova
«La mia è una candidatura di servizio. Se scatta il seggio in Liguria è dei liguri». Angelo Pollina, membro della direzione di Futuro e Libertà e secondo nella lista per la Camera, dopo Fini, precisa i termini della sua candidatura, anche per bloccare le polemiche sui cosiddetti “paracadutati” romani, che hanno indotto, nei giorni scorsi, i dirigenti genovesi del partito ad autosospendersi.
Nei giorni scorsi, il coordinatore provinciale di Genova, Giuseppe Murolo, annunciando la autospensione dal partito sua e di altri dirigenti , aveva detto: «Non ne facciamo un problema di personalismi ma è difficile digerire scelte fatte dall’alto, senza che nessuno fosse stato consultato».
Sul tema è tornato anche il coordinatore regionale, Enrico Nan, che ricorda le 5 presenze genovesi in lista anche se, puntualizza, la scelta di mettere Giuseppe Fossati, avvocato imperiese, al terzo posto, è stata dettata da necessità strategiche, per cercare voti nell’elettorato di centro destra imperiese.
«Si tratta – ha sottolineato Nan – di una lista giovane con una grande attenzione alla società civile».
Il coordinatore, che ha annunciato la nomina di Federico Schenone a responsabile per la campagna elettorale di Genova, si dice, comunque, aperto al dialogo.
«Noi siamo aperti alla discussione – spiega Nan – ma bisogna entrare nello spirito di collaborazione. Anche io ho dovuto seguire le regole nazionali e, avendo fatto tre mandati, non sono candidato. Bisogna, prima di tutto, mettere avanti gli interesse del partito prima delle proprie candidature. Mi auguro che ci sia collaborazione anche da chi non ha capito, o non ha voluto capire, le impostazioni date dai vertici nazionali del partito».
Il commento del ns. direttore
La conferenza stampa di presentazione della pessima lista di Futuro e Libertà ligure evidenzia il percorso “lineare” perseguito dal coordinamento regionale, d’intesa con i tafazziani vertici nazionali che si dividono tra chi non sente, chi non vede e chi non parla.
Solo qualche doverosa considerazione:
1) Pollina precisa che la sua è una “candidatura di servizio”, ma non precisa al “servizio di chi”.
Il concetto sarebbe di per sè valido se la sua presenza “servisse” ad accrescere i consensi di Fli, ma dato che non lo conosce nessuno, tale non è.
Non è quindi un “valore aggiunto”, ma un “paracadutato” che è stato spinto dal Nanistruttore giù dallo sportellone dell’aereo, d’intesa con il pilota casalese, per occupare la piazzola dove lui non avrebbe potuto atterrare perchè gli avevano ritirato il brevetto per anzianità .
2) “Se scatta il seggio in Liguria, il seggio è dei liguri”.
Ipotesi irrealizzabile, ma, visto che uno sconosciuto non traina notoriamente consensi, perchè non l’ha lasciato subito ai liguri?
Pollina è nunero due in Toscana dietro Flavia Perina: il gioco sarebbe stato (solo in teoria perchè poi bisogna prendere i voti che non ci sono) che se la Flavia venisse eletta nel Lazio (e sia in Toscana che in Liguria uscisse un deputato), la Perina lascerebbe in Toscana il posto a Pollina che a sua volta lo lascerebbe a Fossati (designato dal monarca) in Liguria.
3) Nan a questo punto sottolinea le grandi “necessità strategiche”: “cercare voti nell’imperiese”, diventata caput mundi.
Notoriamente infatti le elezioni in Liguria si vincono a Imperia (42.667 abitanti) non certo a Genova (697.906).
Ma qui Nan si supera: ha deciso due settimane fa per Fossati , non perchè amico suo, sia chiaro, ma perchè aveva previsto che Scajola solo tre giorni fa non sarebbe stato ricandidato nel Pdl, si sarebbe incavolato e i suoi si sarebbero disimpegnati o orientati a far votare chiunque ma non Minasso.
Ecco la madre di tutte le battaglie che gli autosospesi dell’ultima ora non hanno compreso: Nan puntava ai voti in libera uscita di Scajola, quando ancora era dato per certo in lista nel Pdl.
Un giustificazone a posteriori? Ma no, una grande lungimiranza politica, suvvia.
Ha ragione Nan, bisogna anteporre gli interessi del partito alle proprie ambizioni.
Ma se così fosse, si chiedono in molti, perchè allora non si è ancora dimesso?
Nel frattempo segnaliamo molti militanti di Fli che negli ultimi giorni sono saliti a gruppi (contrapposti come sempre) alla “Madonna del Monti” per consegnare un ex voto per grazia ricevuta.
Senza il suo intervento divino non ci sarebbe mai stato il limite dei tre mandati…
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Gennaio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
ELIMINATI SOLTANTO GLI IMPRESENTABILI PIÙ NOTI …. DELL’UTRI: “LA MIA CANDIDATURA AVREBBE PORTATO VIA UN MILIONE DI VOTI? NON AVRANNO PIÙ I MIEI INVECE”.
Alfonso Papa, deputato incarcerato per la P4, oggi a processo e impresentabile escluso, ha detto: “Berlusconi ha distinto tra inquisiti di serie A e inquisiti di serie B”. Marcello Dell’Utri, anche lui fuori, ha aggiunto un altro tassello: “Berlusconi mi ha riferito che con la mia candidatura avrebbe perso un milione e mezzo di voti”.
E ha precisato: “Sbaglia, io non ci credo, io in realtà pensavo di prenderli i voti, volete che non ci siano un milione e mezzo di delinquenti che mi votano?”.
L’operazione liste pulite del Pdl è in realtà un disperato tentativo di marketing del Cavaliere piazzista, impegnato in campagna elettorale.
I tre capri espiatori della “banda degli onesti” — Cosentino, Dell’Utri e Scajola — sono stati fatti fuori dai sondaggi, non dalla questione morale.
Ecco perchè.
Questo l’elenco degli altri impresentabili
Ignazio Abrignani (Camera Marche).
Indagato per dissipazione post-fallimentare.
Antonio Angelucci (Camera Lombardia 2).
Editore di Libero, imputato per associazione a delinquere, truffa e falso.
Demetrio Arena (Senato Calabria).
Ex sindaco di Reggio Calabria, sciolta per ‘ndrangheta, sottoposto alla procedura di incandidabilità del Viminale.
Silvio Berlusconi (Capolista al Senato in tutta Italia).
Due amnistie, sette prescrizioni. In due processi, il fatto non è più reato per le leggi ad personam. Condannato in primo grado a 4 anni per frode fiscale (diritti tv Mediaset). Imputato per concussione e prostituzione minorile (Ruby). Imputato per concorso in rivelazione di segreti d’ufficio (intercettazione Fassino-Unipol).
Giulio Camber (Friuli Venezia Giulia Senato).
Una condanna in via definitiva per per millantato credito.
Luigi Cesaro (Camera Campania 1).
Indagato per associazione camorristica.
Cesare Cursi (Senato Lazio).
Indagato per corruzione.
Antonio D’Alì (Senato Sicilia). Indagato: concorso esterno in associazione mafiosa.
Renato Farina (Camera Lombardia 2).
Patteggiamento definitivo per favoreggiamento nel sequestro Abu Omar, condanna in primo grado per falso in atto pubblico. È l’autore dell’articolo diffamatorio che ha fatto condannare Sallusti.
Claudio Fazzone (Senato Lazio).
Imputato per abuso d’ufficio.
Raffaele Fitto (Camera Puglia).
Imputato per corruzione, peculato, finanziamento illecito ai partiti, abuso d’ufficio.
Roberto Formigoni (Senato Lombardia).
Indagato: corruzione e finanziamento illecito.
Amedeo Laboccetta (Camera Campania 1).
Indagato per favoreggiamento .
Silvestro Ladu (Senato Sardegna). Imputato per peculato.
Alfredo Messina (Senato Lombardia).
Indagato per favoreggiamento in bancarotta fraudolenta.
Augusto Minzolini (Senato Liguria).
Imputato per peculato (carta di credito della Rai).
Mauro Pili (Camera Sardegna).
Indagato per peculato.
Melania Rizzoli (Camera Lazio 1).
Indagata per concorso in falso.
Giuseppe Romele (Camera Lombardia 2).
Indagato per false dichiarazioni ai pm in un’inchiesta su finanziamento illecito ai partiti.
Paolo Romani (Senato Lombardia).
Indagato per peculato e istigazione alla corruzione.
Daniela Santanchè (Camera Lombardia 3).
Indagata per turbamento e interruzione di funzione religiosa.
Elvira Savino (Camera Puglia).
Indagata per concorso in riciclaggio.
Renato Schifani (Senato Sicilia).
Indagato per concorso esterno alla mafia, la Procura ha chiesto archiviazione.
Salvatore Sciascia (Senato Lombardia).
Condannato definitivo per corruzione alla Guardia di Finanza. Interpellato dalla stampa sulla politica corrotta ha precisato: “Guardi che io sono un corruttore non un corrotto eh!”.
Domenico Scilipoti (Senato Calabria).
Casa pignorata dalla Cassazione per non aver pagato la parcella a un ingegnere.
Giorgio Simeoni (Camera Lazio 1).
Imputato per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e al falso.
Denis Verdini (Senato Toscana).
Indagato per bancarotta fraudolenta e associazione per delinquere (Credito cooperativo fiorentino), concorso in corruzione (appalti G8), truffa allo Stato (da editore del Giornale di Toscana), associazione per delinquere (P3).
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
LA VERSIONE DI COSENTINO SUL NAPOLI-ROMA: “BERLUSCONI MI HA CHIAMATO OTTO VOLTE, TEMEVA LA FACESSI FUORI DAL VASO”
Questa è la versione di Nicola Cosentino oppure di Nick ‘o mericano, secondo i punti di vista e di luogo.
È lunga quanto il tempo del tragitto del Frecciarossa sul quale siamo appena saliti a Napoli diretti a Roma.
“Non volevo parlare, è stata Paola (l’addetta stampa, ndr) a convincermi a fare la conferenza stampa, ed è stato un successo. Hai visto che burdell (nel senso di riunione chiassosa ma partecipata: conferenza sospesa per il caos alle 12 ripresa alle 14, ndr)? Adesso chiamano tutti quanti da Roma per congratularsi, Berlusconi ha chiamato cinque volte stamane e sette ieri.
Temeva che la facessi fuori dal vaso, invece io non sono uno che si lascia andare. So aspettare, e l’ansia la faccio venire a loro, ma piano piano.
Berlusconi è un po’ pazzo, è convinto davvero di vincere, lui si convince di una cosa anche se irrealizzabile e la trasforma in verità .
Mi ha detto: “Siamo al 23 per cento, mi mancano quattro punti e non mi posso permettere di mettere la mia faccia vicino alla tua, ci farebbero a fettine ogni giorno. Dimmi quello che vuoi, fai tutto quel che vuoi”.
Gli ho risposto: “Guarda che ho una dignità , io non voglio niente da te. Ti dico solo questo: i magistrati ci hanno provato e non ci sono riusciti, sei tu che mi mandi in carcere”.
Il carcere, sì. Ma io non ci penso, non ritengo di finire dentro.
Ha letto le carte? Dicevano che l’arresto è indispensabile a causa del ruolo che svolgo nella politica: ero influente e potevo condizionare le indagini.
Dal momento che tra un mese divengo un privato cittadino, per logica dovrebbero revocare la decisione.
Ma se devo andare in carcere ci vado, che posso fare? Ma ancora non ho elaborato quel che mi è accaduto, è come se vivessi su una nuvola, sospeso. Mi sento sospeso. Ancora non ci credo, adesso ho voglia di tornare alla Camera, almeno per salutare gli amici.
Oggi è l’ultima votazione in aula e me la voglio fare. I colleghi mi chiedono: vieni alla Camera? Embè, mi piace venire alla Camera oggi, e mi piace parlare. E se Santoro mi invita vado anche da lui. Cose da pazzi.
Le liste della Campania le ho fatte io, un nome sopra l’altro. E proprio io sono fuori. L’altra notte ero dentro, alle due da Palazzo Grazioli sono uscito con il mio nome al suo posto naturale.
Poi non so che gli è preso, lui dice sì sì, poi ci ripensa, poi ti richiama. Ma io ho una dignità . Sono stato vittima della tenaglia Caldoro-Alfano.
È stato Caldoro a parlare per primo di impresentabili, e ha fatto il diavolo a quattro.
Poi Alfano.
Certo, con lui ho avuto un conto aperto, ma negli ultimi tempi avevo ricucito. Verdini? Senza volerlo mi ha un po’ sgarrupato anche lui.
Non è che abbia voti, però ha saputo cogliere l’occasione e cingere il suo corpo vicino a quello del capo. Verdini sì e io no? E mica poteva far fuori tutti. Hanno scelto me come simbolo.
Hai visto cosa ho detto su Alfano: sei un perdente di successo. E questo gli deve bastare per oggi.
Non c’era Cesaro alla conferenza stampa? ‘A purpetta (Luigi Cesaro, collega deputato e socio di corrente è soprannominato Giggino ‘a purpetta, ndr) è un trafficone nato.
Si tiene buoni tutti: questo e quello.
Mi chiedi se hanno avuto timore che il mio potere debordasse? Che esibivo troppo i miei voti? Mò che mi ci fai pensare dico che questo può essere un motivo plausibile.
Senza di me sarà un flop maestoso, la gente è schifata, non va a votare.
Se avessero lasciato fare a me avremmo fatto bingo.
Chi ha presentato Luigi Merola, il prete anticamorra a Berlusconi? Il sottoscritto.
Era un ottimo nome come capolista, poi si è messo Lupi a fare storie a dire che non ci si può inimicare la Chiesa cooptando un prete nella politica e così don Luigi ha rinunziato. Era un grande colpo, senti a me!
Pensano di vincere facendo fuori me: sei deputati prendono, è il massimo possibile.
E sai che ti dico? Bersani vince sia alla Camera che al Senato. Io qui non mi muovo più, è logico, e tanti non capiranno. Tanti amici.
Sono fuori e baderò al mio processo, oppure riprendo a fare l’avvocato o mi impegno nella società di famiglia.
Il casalese! Se vogliamo dirla tutta è stato Bocchino il deputato dei casalesi, il referente dei casalesi (nel senso degli abitanti di Casale, chiaro). Invece è successo che sono diventato io quello cattivo, e dunque io sono così forte e potente e temibile e poi vengo fatto fuori in questo modo.
Che clan di fessi che è questo, camorristi proprio fessi.
Mi volevano far andare a Grande Sud. Grazie, tienatill. Ho una dignità . E se mi tocca il carcere ci vado. Ma ora non ci voglio pensare.
Aspetta, è mia moglie al telefono: “Sto tornando a Roma. Come dici? Non mi fermo mai? Ancora un po’ e starò fermo per sempre, non ti preoccupare”.
“Un attimo, questa è la Mussolini. È contenta, e chi glielo doveva dire che andava al mio posto! Ho portato il partito qui in Campania al 48 per cento. Con me si faceva il kappaò perchè le liste del Pd sono mosce, proprio deboli.
‘Nicò, tu devi capire, i sondaggi dicono’. Non so chi gli ha fatto i sondaggi, quello ci crede veramente, e sa trasformare la bugia in verità .
Si fa un mondo tutto suo, Berlusconi è speciale, anche un po’ pazzo è convinto di vincere. È convinto veramente, giuro!”.
Antonello Caporale
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE FA MARAMAO E NON MANTIENE LE PROMESSE: DA RONCHI A URSO, I GRANDI ESCLUSI DAL PDL
Indignati. Amareggiati. Offesi.
Non se lo aspettavano gli esponenti di An confluiti nel Pdl, o ritornati dopo una breve parentesi finiana, di finire, nella stragrande maggioranza, fuori dalle liste del Pdl.
Le parole per descrivere lo stato d’animo nel day after le trova Mario Landolfi: «È stata una pulizia etnica. Paghiamo quelle “lettere scarlatte”: An».
E mentre Giorgia Meloni spalanca agli esclusi (e ai loro elettori) le braccia di Fratelli d’Italia e Francesco Storace quelle della Destra, loro vivono momenti amari.
È così per Andrea Ronchi: l’unico ministro ex an del governo Berlusconi non compreso nelle liste del Pdl.
Fondatore di An, portavoce del partito di Gianfranco Fini, il più accanito sostenitore dell’alleanza con Silvio Berlusconi, in vista di un rafforzamento del centrodestra, aveva avuto fino alla vigilia delle liste ampie rassicurazioni verbali della sua candidatura.
Volate, come quelle dei suoi compagni di partito, in silenzio.
«Nessuno ci ha cercato. Sono profondamente rattristato e deluso. Dai comportamenti umani ancor prima che politici», dice.
Gli pesa che sulla bilancia non sia stato messo il suo «lavoro svolto come ministro delle Politiche europee con attestati di stima del mondo imprenditoriale e internazionale nella battaglia in difesa del made in Italy, contro la contraffazione, a sostegno della lingua italiana, sul clima».
Paga l’aver seguito Fini in Fli?
«Eravamo amici d’infanzia. E quando Angelino Alfano fece riferimento al Partito popolare europeo con Urso uscimmo da Fli. Tornai nel Pdl senza chiedere nulla in cambio».
A differenza di Razzi e Scilipoti, che il premio lo hanno ritirato in lista, per lui nemmeno un posto in coda, malgrado l’appoggio politico dato con Urso ad Alfano portando al fianco del segretario Pdl Aznar.
Assieme ad Adolfo Urso, Pippo Scalia, Maurizio Saia e Giuseppe Menardi, Ronchi ha scritto ieri una nota: «Nella formazione delle liste hanno prevalso altre logiche sulle quali non ci interroghiamo, lo faranno gli elettori. Abbiamo sempre operato con disinteresse, scegliendo e talvolta sbagliando solo sulla base di convinzioni politiche profonde e coerenti, anteponendo sempre gli interessi generali a quelli personali».
Pentiti? Adolfo Urso assicura di no: «Quello che abbiamo fatto lo rifaremmo. Con coerenza e impegno abbiamo agito sempre senza promessa di aver nulla in cambio». Concorda Silvano Moffa: «Alla luce di quello che è successo, meglio fuori che dentro. Non capisco la motivazione. Mi sarei aspettato logiche più politiche e meno personali. Invece ho assistito in maniera disincantata a uno spettacolo esilarante e poco dignitoso».
Valeva la pena seguire Berlusconi abbandonando Fini quando cercò di farlo cadere? «La scelta del 14 dicembre 2010 la rivendico. Odio i ribaltoni e sono stato coerente con l’elettorato di centrodestra. Ed è stata una scelta nell’interesse del Paese che in quel momento non poteva andare alle elezioni. Tant’è che quando Berlusconi si è tirato indietro non si è tornati alle urne».
Mario Landolfi tornerà «a fare il giornalista» a Il Secolo d’Italia, diretto da un altro escluso eccellente, Marcello De Angelis.
Con un dente amaro nei confronti degli antichi compagni di strada Maurizio Gasparri e Altero Matteoli: «Dovevano difenderci. Io sono stato ministro, due volte in vigilanza, una certa notorietà ce l’ho».
Hanno pesato le pendenze penali?
«No. La mia candidatura non è neanche arrivata al tavolo delle liste. C’è stato un veto di Nitto Palma che col quale sono in netto contrasto sulla gestione del partito. Mi consola che sono stato bocciato dalla nomenclatura e non dagli elettori».
Gliela farà pagare?
«Mio padre, vecchio profumiere, diceva che bisognava vivere di clienti stanziali, bisognava accudirli, non trattarli con sufficienza. La gente guarderà a quale Maradona si è dovuto fare spazio. E se Maradona non lo troverà , si regolerà ».
Virginia Piccolillo
(da “il Corriere della Sera”)
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Gennaio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
BERLUSCONI PUNTA ALLA PRESIDENZA DEL SENATO
«Voglio che il mio onore venga salvato ». Incalzato dai processi, con il timore di una raffica di condanne in arrivo, Silvio Berlusconi ha iniziato ad accarezzare di nuovo una sua vecchia ossessione: tutelarsi dai processi con una qualche forma di immunità . Con il Pdl cresciuto di sei punti in tre settimane, con le liste ripulite dai più impresentabili, adesso inizia a crederci.
Non di vincere, anche Alessandra Ghisleri ritiene il «miracolo» impossibile. Ma di pareggiare sì. Fare patta al Senato, conquistare il premio di maggioranza nelle quattro regioni in bilico – Sicilia, Lombardia, Campania e Veneto – per costringere Bersani alla trattativa sulla giustizia.
È questo l’obiettivo strategico del Cavaliere.
Che desidera uno scudo, un salvacondotto, per mettersi al riparo dalle tre sentenze di condanna che vede arrivare sempre più vicine, quelle dei processi Ruby, Mediaset e Unipol.
Benchè gli avvocati Ghedini e Longo gli abbiano spiegato che è inutile illudersi, visto che i precedenti tentativi (prima il Lodo Schifani del 2003, poi il Lodo Alfano del 2008) sono stati spazzati via dalla Consulta, che li ha trovati in contrasto con una decina di articoli della Costituzione, Berlusconi non si dà per vinto.
L’idea è ancora confusa nella sua attuazione pratica, ma Berlusconi non sente ragioni. Per questo il teatro della battaglia è diventato palazzo Madama, l’unico luogo dove sarà possibile far pesare i propri voti.
Per il governo, certamente. Ma soprattutto per l’elezione del nuovo capo dello Stato.
Uno dei papabili per il Colle nei giorni scorsi è andato a trovare il Cavaliere per sondarne il gradimento sul proprio nome.
E ha riferito successivamente di aver trovato il leader del Pdl molto disponibile a convergere su una personalità non necessariamente di centrodestra.
Non c’è stato insomma alcun «adesso tocca a noi».
A una sola condizione però: «Chi vorrà i nostri voti per essere eletto dovrà garantire uno scudo per mettermi al riparo da questa aggressione finale dei pm». Una richiesta inaspettata, che ha lasciato di sasso l’interlocutore.
Nessuno conosce quale forma debba prendere questa richiesta, se una nuova immunità parlamentare valida erga omnes, o piuttosto una nomina politica di peso, come potrebbe essere il laticlavio a vita per Berlusconi.
O di nuovo un lodo per le alte cariche, ancora più limitato rispetto a quello del 2008. E se fosse un nuovo lodo il Cavaliere – per quanto i suoi stessi collaboratori ritengano la carica «inadatta » al suo temperamento e dunque l’ipotesi irrealistica – sogna per sè di salire allo scranno di Schifani: presidente del Senato.
Non tanto per fare uno sgarbo a Casini, che ha prenotato quel posto da tempo.
Ma per dare all’eventuale salvacondotto una veste istituzionale.
Gasato per la rimonta di questi giorni, qualcuno nel Pdl inizia a crederci davvero. Maurizio Paniz, deputato-avvocato che ha messo la sua faccia sul processo breve e sulla difesa di Berlusconi alla Camera sul caso Ruby-Mubarak, sogna in grande: «Se Monti è stato fatto senatore a vita, Berlusconi lo merita molto di più. Il nuovo capo dello Stato lo dovrebbe fare senatore al cubo. Anche la presidenza del Senato sarebbe un giusto coronamento per uno che è stato il protagonista assoluto della politica italiana degli ultimi vent’anni ».
Persino un iper-realista come Fabrizio Cicchitto, che conosce le dure leggi della politica, lascia la porta aperta al dubbio: «Presidente del Senato la sinistra non lo eleggerà mai. Ma chissà … aspettiamo i risultati del Senato».
Per questo il Cavaliere non molla, sta spingendo al massimo i motori della campagna per conquistare punti su punti.
La Ghisleri ora lo dà al 23,5 per cento (anche se Pagnoncelli ieri a Ballarò l’ha inchiodato al 17,8%) in crescita.
E Berlusconi ha commissionato un nuovo sondaggio, che arriverà lunedì prossimo, quando il campione potrà esprimersi anche sulle liste del Pdl ripulite dagli impresentabili.
L’ex premier è certo che ci sarà un rimbalzo verso l’alto.
In tempo di par condicio ha programmato un tour di dodici città , con comizi in cinema e teatri.
Servirà a dare l’ultima spinta per essere determinante al Senato.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
IN CAMPANIA LISTE CONSEGNATE SOLO 4 MINUTI PRIMA DELLA SCADENZA… PER L’ON. DI CATERINA DUE ORE DA DIMENTICARE
Il giallo delle liste del Pdl in Campania, sottratte per vendetta da Nicola Cosentino e poi restituite all’ultimo al coordinatore Nitto Palma, si tinge di ridicolo.
Nelle due ore non ancora raccontate, quello spazio di tempo che va dalla resa di Cosentino lunedì pomeriggio alla consegna delle firme, succede infatti di tutto.
Ma la parte più grottesca tocca all’onorevole Marcello Di Caterina.
Il povero deputato riceve infatti dalle mani di Nitto Palma le famigerate liste di Campania 2, che devono arrivare alla Corte d’appello di Benevento entro le ore venti. Pena la dèbacle, la perdita di milioni di voti.
Così il Di Caterina, con questa delicata missione, prende la sua auto personale e pigia a tavoletta l’acceleratore con l’orologio sempre sott’occhio.
Tic-tac, tic-tac, cento chilometri di traffico e autostrade – da Napoli a Benevento – da percorrere in poco più di un’ora.
Intanto, sotto la Corte d’appello, già attendono in ansia Luigi Cesaro e Ignazio Abbrignani, arrivati da Roma a duecento all’ora con tanto di scorta della polizia.
Ma la sfortuna si abbatte sull’onorevole.
Di Caterina infatti manda il motore in fuorigiri e fonde.
Dramma, tragedia, insulti al telefono da Verdini a Nitto Palma.
Non c’è tempo da perdere e Di Caterina, sempre più disperato, molla la Mercedes sul ciglio della strada e si mette a fare l’autostop.
Un generoso vecchietto, alla guida di una Fiat Panda, impietosito si ferma e l’onorevole si vede quasi salvo. “La prego, vada un po’ più forte”, implora, “è una questione di vita o di morte”.
L’anziano fa quello che può ma l’auto è più vecchia di lui, la strada piena di curve e, insomma, Di Caterina lo fa inchiodare davanti al tribunale solo alle 19.56.
Mancano quattro minuti e poi zac… il buio.
Abbrignani interviene, agguanta le liste dalle mani del poveretto e si lancia verso la cancelleria.
Un usciere solerte si fa avanti: “Prego onorevole, l’ascensore è per di qua”. “Ma quale ascensore?? E se poi si ferma? Prendo le scale!”.
Quattro piani di corsa e, pochi secondi prima della fine, il Pdl è salvo.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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