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TOMASO STAITI DI CUDDIA E’ MORTO: UNA VITA CONTROCORRENTE NELLA DESTRA RADICALE

Marzo 2nd, 2017 Riccardo Fucile

AVEVA 84 ANNI, SOSTENNE RAUTI ENTRANDO IN COLLISIONE CON ALMIRANTE E   FINI

L’ultimo atto del Barone Nero è stata l’adesione al movimento di Gianfranco Fini, Futuro e Libertà , nel 2011.
Ma la sua storia politica di nostalgico del fascismo, che include 13 anni in Parlamento, ha attraversato tante formazioni della destra radicale in Italia, dal Movimento sociale italiano di Rauti alla La Destra di Santanchè e Storace, fino al sostegno dell’autarchia in chiave anti-globalizzazione.
Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse, nato a Trapani nel 1932, è morto a Milano mercoledì 1 marzo a 84 anni. La stessa città  che è stata perno della sua attività  politica, a partire dal 1970, quando era stato eletto consigliere comunale.
Nove anni dopo il Barone Nero —   detto anche “Sagittario Tom” e “Staiti terrore dei mariti” —   è deputato nelle fila del Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale. Sostenitore della candidatura di Pino Rauti alla segreteria del Msi, si era scontrato con Giorgio Almirante e Gianfranco Fini.
E col ritorno dell’ex presidente della Camera alla guida del partito, aveva deciso di uscire dal Msi e di confluire poi nel Gruppo Misto, fino al 1992.
Tre anni dopo è tra i fondatori del Movimento Sociale-Fiamma Tricolore, partito che lascia nel 1997 per aderire al Fronte Sociale Nazionale, allora chiamato Fronte Nazionale.
L’ultima candidatura alle politiche arriva nel 2008, quando entra nelle liste de La Destra di Storace e Santanchè.
Deluso dall’alleanza col Pdl, l’anno successivo lascia il partito.

(da agenzie)

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MATTEOLI RIUNISCE LA CORTE DEI MIRACOLI DEL CENTRODESTRA, FORZA ITALIA DISERTA

Marzo 2nd, 2017 Riccardo Fucile

FALLISCE IL TENTATIVO DI TIRARE LA VOLATA A SOR PATACCA PADANA E SORELLA SOVRANA CON PRIMARIE TAROCCO… I QUESTUANTI RECITANO IL ROSARIO FUNEBRE DA SOLI

Centrodestra unito, primarie subito e strada sbarrata per Angelino Alfano. Il “partito” del listone unico si dà  appuntamento nel centro di Roma, da Meloni a Toti, da Fitto a Quagliariello, Salvini assente manda il capogruppo Fedriga a sostenere la manifestazione organizzata da Altero Matteoli.
Ma nella sala del Tempio di Adriano non si conta un solo parlamentare di Forza Italia, a parte l’organizzatore stesso, l’ex An rimasto col cerino in mano.
Succede che deputati e senatori in giornata chiamano il quartier generale di Arcore per sapere come comportarsi e l’ordine è perentorio: disertare l’iniziativa.
Non è aria per primarie, tanto meno per unirsi con leghisti e sovranisti vari in questo clima da guerra fredda con Salvini.
Risultato: disertano i capigruppo berlusconiani Paolo Romani e Renato Brunetta, come i loro colleghi, non c’è nemmeno l’amico di una vita del vecchio Matteoli, Maurizio Gasparri.
Arriva il solo governatore ligure Toti, ma da un pezzo lui fa ormai squadra a sè, lavorando di sponda con Salvini e Meloni.
Va da sè che Berlusconi — sebbene impelagato con l’affare Milan – aveva visto bene. Al convegno dall’eloquente titolo “Verso le primarie del Centrodestra?” si alternano al microfono tutti i big che vogliono voltare pagina e che, pur senza mai nominare il Cavaliere, lavorano per la sua successione.
Il promotore Matteoli minimizza: “Ho voluto mettere attorno allo stesso tavolo tutti coloro che, a mio avviso, possono ridare vita al centrodestra, perchè noi abbiamo vinto quando eravamo uniti. Tutto qui”.
Ma tutto qui non è, perchè il tam-tam insistente batte sulle primarie, che in tanti vogliono (e in fretta) e che Berlusconi ha già  bandito dal suo orizzonte.
Salvini le vuole l’8 e 9 aprile, ormai scadenza ravvicinata e improbabile.
“Ma vanno fatte — attacca dalla tribuna il capogruppo leghista Massimiliano Fedriga — perchè non è più tempo di manuale Cencelli, la scelta del leader deve passare dalla volontà  popolare. E le alleanze devono essere fatte prima del voto, non dopo con accozzaglie da Prima Repubblica”.
Messaggio, anche questo, indirizzato all’ex premier. Toti prende la parola e predica cautela, la sua posizione è più delicata. “Io sono per le primarie ma disciplinate per legge, l’importante è che siano finalizzate all’unità  del centrodestra, che non siano un mero braccio di ferro”. Lui ha già  detto sì alla lista unica per Genova, proposta da Giorgia Meloni nei giorni scorsi.
Lei, al suo fianco, prende la parola e attacca, destinatario anche qui assai chiaro: “Propongo una clausola anti-inciucio contro chi dopo aver chiesto il voto in alternativa al Pd pensa a un accordo con Renzi post-elettorale”. Il suo sarà  l’intervento più applaudito. Con monito finale: “Nessuno pensi che ci possiamo fare carico di chi è stato eletto a destra e oggi è al governo con la sinistra”. Strada sbarrata ad Angelino Alfano, insomma, proprio mentre il ministro degli Esteri al Tg1 annuncia la fine del Ncd per dar vita a un “patto tra moderati” tuttavia “inconciliabile” con la presenza di Salvini.
Gran caos a destra, insomma.
Gaetano Quagliariello ci crede: “Nel ’94 riuscimmo a battere la gioiosa macchina da guerra della sinistra, ora possiamo fare lo stesso”. Si rivede anche Raffaele Fitto, leader dei conservatori e riformisti, ex peso massimo forzista. “Mi auguro che la stagione del Nazareno sia archiviata per sempre — è il suo affondo — dobbiamo essere credibili verso i nostri elettori e per primarie e unità  non c’è molto tempo da perdere: si vota in autunno o a febbraio 2018”.
Tutti evocano il Cavaliere assente, lontano e silenzioso.
Ma senza di lui sarà  difficile costruire qualcosa nel centrodestra.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)

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ALFANO SCIOGLIE NCD, MEGLIO BRUCIARE SUBITO CHE SPEGNERSI LENTAMENTE

Marzo 2nd, 2017 Riccardo Fucile

“OCCORRE COSTRUIRE UNA NUOVA CASA COMUNE DEI MODERATI”

Angelino Alfano, ministro degli Esteri del Governo Gentiloni e già  ministro dell’Interno con Matteo Renzi e prima ancora con Enrico Letta, annuncia la fine di NCD, il partito nato dopo la sua uscita dal PdL/Forza Italia.
L’esperienza del partito che ha consentito a Renzi di stare in sella per 1000 giorni si concluderà  il 18 marzo.
Alfano ha dato l’annuncio in un’intervista concessa al TG1 dove ha detto «dal 18 marzo noi diremo che l’esperienza del Nuovo centrodestra si conclude con degli ottimi risultati, ma che adesso dobbiamo unirci con altri per riuscire a centrare l’obiettivo di dare finalmente una casa comune ai moderati liberali popolari italiani». Inutile quindi proseguire con l’accanimento terapeutico e meglio invece tornare a costruire una casa comune dei moderati italiani, ovvero quei milioni (e milioni) di elettori che non hanno intenzione di trovarsi nella stessa barca con Matteo Salvini e allo stesso tempo non vogliono allearsi con il PD, il partito con cui il Alfano è attualmente alleato e al governo:
“Noi vogliamo dare una casa ai moderati italiani. Chi sono i moderati italiani? Milioni e milioni di italiani che non vogliono allearsi con Salvini e non vogliono neanche, perchè non sono di sinistra, allearsi con il Partito Democratico. Loro vogliono uscire dall’Europa, noi vogliamo cambiare l’Europa, difendendo le grandi conquiste di questi decenni a cominciare dalla pace e dalla sicurezza.
La decisione di Alfano arriva il giorno dell’Assembla Nazionale di NCD (che avrà  luogo oggi a Roma) e conferma quanto già  scritto dal Ministro in una lettera al Corriere il 24 febbraio dove Alfano aveva parlato di un’occasione per Forza Italia “per riavvolgere il nastro e non annegare irreversibilmente la propria vocazione riformista nel mare del populismo anti europeo, anti euro, anti libera circolazione, anti libero mercato, anti solidarietà ” spiegando che “tra i popolari (anche europei) e i populismi estremisti ci sono delle differenze enormi” e rilevando l’incompatibilità  tra il programma di FI e dei moderati e quelli dei sovranisti alla Salvini (Giorgia Meloni non viene menzionata).
Che fine farà  il Governo del quale il partito di Alfano è una delle componenti chiave? Il Ministro spera che l’esecutivo Gentiloni «duri, del resto sta facendo bene e poi noi chiediamo al Partito Democratico di non scaricare sull’Italia il peso delle contraddizioni e delle liti interne al Congresso del Partito Democratico stesso».

(da agenzie)

argomento: Alfano | Commenta »

IL COMMERCIALISTA DI ROMEO: “SI INCONTRO’ CON TIZIANO RENZI IN UNA TRATTORIA ROMANA PER PARLARE DI STRATEGIE”

Marzo 2nd, 2017 Riccardo Fucile

LE RIVELAZIONI DI MAZZEI AI PM

Un incontro riservato tra Alfredo Romeo e Tiziano Renzi in una trattoria senza pretese per parlare di strategie.
È quanto racconta il commercialista Alfredo Mazzei in un’intervista al quotidiano la Repubblica. Mazzei, amico di Romeo che è stato arrestato per corruzione nell’inchiesta sugli appalti Consip, ricorda quanto gli disse il manager a proposito di una cena con il padre dell’ex premier Matteo Renzi. Anche lui indagato per traffico illecito di influenze.
Mazzei, dopo la lunga audizione dinanzi ai pm di Napoli e Roma, ricostruisce il suo duplice rapporto di amicizia: da un lato con l’area politica di Matteo Renzi, «in cui ho creduto dall’inizio, perchè migliore interprete della tradizione riformista», dall’altro con l’imprenditore a caccia di appalti miliardari.
Mazzei ha risposto e spiegato ai magistrati il senso di molte conversazioni intercettate tra lui e Romeo.
Le sue parole sono ritenute attendibili, e si iscrivono nello snodo più delicato dell’inchiesta: quello in cui si ipotizza che, per aprire le porte di Consip, Romeo avrebbe concordato, con Russo, dazioni di 30mila euro al mese per Tiziano Renzi. Una tesi che si regge sulla base di quei pizzini con la cifra “30” e l’iniziale “T”.
Fogli che risultano strappati da Romeo, poi addirittura sequestrati in discarica e infine ricomposti dal certosino lavoro dei carabinieri del Nucleo tutela ambiente guidati dal capitano Giampaolo Scafarto, e coordinati dai pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano, che hanno aperto il bubbone Consip-Romeo.
Dopo aver spiegato che Romeo non incontrò mai Matteo Renzi, ricorda invece di un faccia a faccia col padre.
“Qui il discorso è diverso. Dopo un po’ di tempo, Romeo mi parla di questo Carlo Russo e mi dice che era una persona che era in grado di parlare con il padre di Renzi. Io non lo conoscevo. A quel punto, mi sono informato sul conto di questo Russo, a Napoli e soprattutto a Roma…”
Si è informato presso chi?
“Persone autorevoli. Non mi chieda i nomi, li ho fatti ai magistrati. Ma sono da 40 anni in politica, qualche amico fidato ce l’ho”
E cosa le dissero di Russo?
“Che Russo vantava con tutti la possibilità  di avvicinare il padre di Renzi. Gli amici, quindi, mi invitavano a evitarlo. Russo aveva fama di essere un superficiale. E in coscienza lo dissi a Romeo, suggerendo di starne alla larga”.
E poi?
“Un paio di mesi dopo, parlando con Romeo, seppi invece che non aveva seguito il consiglio”.
Dottor Mazzei, andiamo al sodo: risulta anche a lei che Carlo Russo e Tiziano Renzi si sedettero a tavola con Romeo?
“Francamente, non ne parlo volentieri. Ma visto che me lo chiedete, sì, risulta anche a me. Da quel che mi disse Alfredo, cenarono o pranzarono insieme”.
Dove? In un luogo in vista, uno dei ristoranti dei salotti buoni?
“No, il contrario. Ma, ripeto, ho già  detto ai pm. Romeo mi riferì che si videro in una sorta di “bettola”, una trattoria senza pretese. Non avevano interesse a farsi vedere. E da quel che ricordo, Romeo entrò nel locale in maniera assai defilata…”.
Cosa significa?
“Mi raccontò che entrò da un ingresso riservato, attraverso il cortile di un palazzo che aveva due uscite”.
E l’esito dell’incontro a tre: quale fu
“Romeo disse qualcosa che aveva questo senso: “Hai capito quei due…?”.
Intendeva che si trattava di persone spregiudicate? Si parlò di soldi e di appalti?
“Non posso saperlo. Ma ebbi l’impressione che quella cena riservata servisse proprio a parlare di strategie”.

(da “Huffingtonpost”)

argomento: Giustizia | Commenta »

LA RUSSIA FA PAURA, LA SVEZIA RIPRISTINA IL SERVIZIO MILITARE

Marzo 2nd, 2017 Riccardo Fucile

SARANNO CHIAMATI ALLE ARMI I NATI DOPO IL 1999… SOLO IN ITALIA I CAZZARI SOVRANISTI FANNO IL GIOCO DELL’IMPERIALISMO STRANIERO

La corsa al riarmo contagia perfino la Svezia. O meglio, l’incremento delle spese militari annunciato da Donald Trump e l’intenzione di reagire della Russia costringono la Svezia a correre ai ripari, ripristinando il servizio militare a 7 anni dalla sua abolizione.
La Svezia ha annunciato oggi che il servizio militare, soppresso nel 2010, sarà  ripristinato nel 2017 per rispondere all’evoluzione della situazione di sicurezza legata al riarmo della vicina Russia.
“Il governo vuole un metodo di reclutamento più stabile e intende aumentare la nostra capacità  militare perchè la situazione della sicurezza è cambiata”, ha spiegato il ministro della Difesa Peter Hultqvist. Un progetto di legge apposito sarà  adottato oggi in Consiglio dei ministri.
Il servizio militare obbligatorio sarà  ripristinato dalla prossima estate per tutti gli svedesi nati dopo il 1999. La leva durerà  11 mesi.
Circa 13.000 svedesi dovrebbe essere mobilitati a partire dal primo luglio 2017, ma solo 4.000 saranno selezionati, in base alla loro motivazione e capacità , e chiamati alle armi ogni anno dopo il primo gennaio 2018.
Il testo di legge sarà  certamente approvato anche dal Parlamento, essendo oggetto di un accordo tra il governo di sinistra e l’opposizione di centrodestra. “La nuova situazione della sicurezza è una realtà  che si esprime soprattutto sotto forma di una dimostrazione di forza russa che a lungo è stata sottostimata”, ha spiegato un esperto del settore, Wilhelm Agrell.
Nel 2010, la Svezia, che non ha vissuto conflitti armati nel suo territorio per più di due secoli, aveva rimosso la coscrizione, introdotta per la prima volta nel 1901 ma ritenuta inadeguata alle esigenze di un esercito moderno.
La Svezia non fa parte della Nato ma ha sottoscritto il partenariato per la pace, programma lanciato nel 1994 per sviluppare la cooperazione militare tra Alleanza Atlantica e paesi non membri.

(da “Huffingtonpost”)

argomento: Europa | Commenta »

“HA MENTITO AL CONGRESSO, SI DIMETTA”: IL SEGRETARIO ALLA GIUSTIZIA SESSION INCONTRO’ AMBASCIATORE RUSSO

Marzo 2nd, 2017 Riccardo Fucile

ALTRA TEGOLA PER TRUMP, TROPPI UOMINI AL SERVIZIO DI PUTIN

Non solo l’ex consigliere della sicurezza nazionale Michael Flynn, ma anche l’attuale Attorney General (il ministro della Giustizia) Jeff Sessions parlò con l’ambasciatore russo a Washington Serghiei Kisliak, per un paio di volte nel 2016, quando era anche consigliere di politica estera della campagna di Donald Trump.
Ma durante la sua audizione di conferma al Senato non ne ha fatto menzione quando gli è stato chiesto se era a conoscenza di possibili contatti tra l’entourage di Trump e dirigenti russi.
Lo scrive il Washington Post, scatenando la reazione dei democratici, che chiedono le dimissioni di Sessions, al pari di quelle già  presentate da Flynn.
Il primo incontro, scrive il quotidiano, è avvenuto in luglio, il secondo a settembre, nel suo ufficio al Senato, dove era membro dell’influente commissione per l’esercito. Contatti che ora potrebbero aumentare la pressione perchè si astenga come ministro nell’inchiesta dell’Fbi sul Russiagate o perchè sia nominato un procuratore speciale. Sarah Isgur Flores, portavoce dell’Attorney General, ha negato che ci sia stato alcunchè di ingannevole nella sua risposta al Senato, sostenendo che Sessions incontrò l’ambasciatore come senatore e membro della commissione per l’esercito.
La portavoce ha aggiunto che Sessions lo scorso anno ha incontrato oltre 25 ambasciatori, oltre a Kisliak, sempre come membro della commissione per l’esercito.
La leader di minoranza alla Camera dei Rappresentanti, l’italo-americana Nancy Pelosi, in una nota ha accusato Sessions “di aver mentito sotto giuramento” durante l’audizione.
“Il procuratore generale deve dimettersi”, ha dichiarato la Pelosi. “Occorre una commissione indipendente, bipartisan, esterna che indaghi sui legami politici, personali e finanziari”.

(da “Huffingtonpost)

argomento: Esteri | Commenta »

INTERVISTA A MARIE COLLINS: “NON SMETTO DI CREDERE ALLA TOLLERENZA ZERO VOLUTA DA PAPA FRANCESCO CONTRO LA PEDOFILIA, MA ALTRI LO BOICOTTANO”

Marzo 2nd, 2017 Riccardo Fucile

LA DONNA SPIEGA PERCHE’ HA DECISO DI LASCIARE L’INCARICO

“Non potevo restare. Dopo tre anni vedere continuamente che nella Curia romana c’era chi non favoriva il nostro lavoro, chi in sostanza lo boicottava, senza rispondere anche alle richieste più elementari che venivano avanzate, mi ha gettato in un profondo sgomento, ho provato anche vergogna, e così ho deciso di dimettermi”.
La voce è ferma, pacata. Marie Collins, irlandese, abusata sessualmente da un sacerdote quando aveva 13 anni d’età , non lascia trapelare alcuna emozione mentre al telefono spiega a Repubblica la sua verità .
Fiore all’occhiello della Commissione anti pedofilia voluta nel 2014 da Francesco, unica vittima rimasta nell’organismo e unica donna membro, ha deciso di andarsene perchè “nella Curia romana le resistenze erano troppe. La misura per me era colma”.
Chi esattamente boicottava il suo lavoro all’interno della Santa Sede?
“Non voglio fare nomi perchè non intendo sfavorire il lavoro della Commissione vaticana per il quale ancora nutro speranze e ho aspettative. In ogni caso, come ho anche scritto nel momento in cui ho deciso di lasciare il mio incarico, le richieste che facevo pervenire alla Congregazione per la Dottrina della fede non trovavano risposta, erano quasi sempre disattese. In particolare, mi ha ferito il fatto che la raccomandazione della Commissione di istituire un tribunale per giudicare i vescovi negligenti, approvata dal Papa e annunciata nel giugno del 2015, non abbia avuto alcun seguito. Ha trovato dei problemi legali non meglio specificati e così il tribunale non è mai stato istituito. Tutto questo è per me motivo di sofferenza e sinceramente ho ritenuto che era giusto farmi da parte”.
Secondo lei Papa Francesco vuole combattere davvero la pedofilia?
“Io credo fermamente di sì. Credo in lui e nel suo lavoro. Ma non capisco perchè tante resistenze. Francesco fin dall’inizio è stato sincero. Ha preso decisioni chiare nel senso della tolleranza zero. Ma intorno a lui le cose non procedono come dovrebbero e tutto ciò non è corretto”.
Perchè nella Curia romana a suo avviso esistono queste resistenze? Come se le spiega?
“In verità  devo dire che non so darmi una spiegazione. Non so dire cioè quale sia il motivo profondo di un tale atteggiamento. Registro semplicemente il dato e mi dimetto. Anche se continuerò a parlare della mia storia dove mi inviteranno, anche in Vaticano. Continuerò a collaborare. Non fuggo, ma preferisco chiamarmi fuori dalla Commissione”.
Ci sono state delle resistenze che in particolare, più di altre, l’hanno ferita?
“Non una su tutte. È stato piuttosto un atteggiamento generale. Tanti gli episodi: alla fine dell’anno scorso, ad esempio, inviammo una semplice raccomandazione approvata dal Papa alla Dottrina della fede per un piccolo cambiamento di procedura nel contesto della cura delle vittime e dei sopravvissuti. Ma il mese scorso, a gennaio, ho saputo che quel cambiamento è stato rifiutato. Per me è una cosa inspiegabile”.
Insomma, secondo lei esiste una discrepanza fra gli annunci e i fatti.
“Esiste il fatto che spesso si sentono dichiarazioni pubbliche intorno alla profonda preoccupazione della Chiesa per le vittime di abusi, ma poi nel privato il dato è che in Vaticano c’è che si rifiuta anche solo di riconoscere le lettere inviategli per provare a risolvere questa preoccupazione. Il dato è che le resistenze non mancano e tutto questo per me non è accettabile”.

(da “La Repubblica”)

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