Marzo 7th, 2017 Riccardo Fucile
A DESTRA IL SOCCORSO AZZURRO ANTI-SALVINI, A SINISTRA L’USCITA DALL’AULA DEI BERSANIANI
La mozione su Lotti è una scossa, che apre una doppia faglia.
Già una settimana prima del 15 marzo, giorno in cui approderà in Aula. A metà pomeriggio appena viene stabilito il calendario, ecco la prima (faglia): ai dichiaratori di Forza Italia viene chiesto di rispondere a Matteo Salvini. Il quale aveva dichiarato, con la consueta brutalità , a proposito dell’annuncio in pompa magna che il partito di Berlusconi è contrario alla mozione di sfiducia: “Prima si manda a casa questo governo, meglio è. Forza Italia ha un problema di identità politica”.
Seguono le solite frasi degli azzurri sul “garantismo” , anzi sul “garantismo anche con gli avversari”.
Un distillato del Berlusconi e del Ghedini pensiero che, di qui al giorno delle votazioni, produrrà altri titoli sulla “barbarie giustizialista”.
Anche Maurizio Gasparri, parlando con alcuni senatori, ha giudicato eccessivo questo correre in soccorso all’ex sottosegretario di Matteo Renzi, prima ancora che venisse calendarizzata la mozione di sfiducia.
Ecco Miguel Gotor, sempre a metà pomeriggio: “Ce la vogliamo dire la verità ? Siamo di fronte a un garantismo peloso da parte di quelli che difendono Lotti. Ricordi le dichiarazioni di Renzi sulla Idem, su Lupi, sulla Cancellieri, sulla Guidi? Diceva che c’è un’opportunità politica a prescindere dal fatto che non erano indagati. Ora fa il garantista, perchè stanno toccando un suo amico. Ma mica te lo ordina il medico che devi fare il ministro. Lotti ha il dovere di un passo indietro”.
È la seconda faglia. I Democratici e progressisti valuteranno nei prossimi giorni il da farsi. L’orientamento è quello di alzare il tiro sulle dimissioni di Lotti e di non partecipare al voto, perchè un gruppo di maggioranza non può votare una mozione di un partito di opposizione, altrimenti sarebbe all’opposizione, e nel caso specifico i demo-progressisti non hanno i numeri per presentare una propria mozione. Presenteranno una mozione di “censura” che chiede a Gentiloni di valutare se ritirare o meno le deleghe di Lotti, ma chissà quando sarà discussa.
Due faglie, attorno a Lotti. Nazareniche.
A destra il soccorso azzurro, peraltro dopo due settimane che tutti i sondaggi danno il centrodestra, tutto unito, in vantaggio sia sul Pd sia sui 5 stelle.
A sinistra l’uscita dall’Aula dei bersaniani, che vedono nell’inchiesta Consip la vera storia di questi anni. Per la serie: “Quando denunciavamo l’asse con Verdini… Ora si capisce perchè…”.
Due faglie che, nonostante un esito scontato del voto, hanno un grande significato politico, che già lascia prefigurare i titoli di giornata sul petalo più pregiato del giglio difeso da Berlusconi, con la sinistra che ne chiede le dimissioni e i 5Stelle che in cuor loro ringraziano per lo spot gratuito e poi scatenano l’inferno in Aula.
Si capisce perchè quella vecchia volpe di Zanda voleva mandare la mozione alla Camera, dove i numeri sono più definiti.
E aveva chiesto, durante la riunione della capigruppo che si sentissero i due presidenti (di Camera e Senato) per decidere, dal momento che i 5Stelle avevano presentato la mozione in entrambi i rami del Parlamento. Volontariamente o involontariamente è stato proprio il presidente del Senato a “suggerire” come dipanare la matassa.
Ai senatori pentastellati che, in modo un po’ concitato, lo invitavano a “non farsi portare a passeggio da Zanda”, il presidente del Senato ha risposto: “È evidente che basta il ritiro della mozione ad una Camera per rendere l’altra investita”.
Detto. Fatto. Con annessi soliti malumori, a microfoni spenti, su Grasso. Per il luogo (Senato e non Camera) ma non per i tempi. Perchè, dopo qualche giorno di riflessione in cui la parola d’ordine era “prendere tempo”, pare che anche l’ex premier si sia convinto a fare presto: “Queste cose — dice una fonte vicina — prima te le togli e meglio è”.
Soprattutto prima che possa uscire altro dalle procure che complichi la difesa a oltranza. Perchè a quel punto la scossa sarebbe più intensa e le faglie più profonde. Dopo la mozione invece, resta la polemica politica, ma dal punto di vista parlamentare non ci sono più strumenti.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 7th, 2017 Riccardo Fucile
LA VERA STORIA DI SANA, LA DONNA “STRANIERA” DI LIVORNO E DEL LITIGIO SUL BUS PER UN PASSEGGINO… PECCATO CHE AVESSE LA CITTADINANZA ITALIANA E CHE LA RELIGIONE E LA FESTA DELLE DONNE NON C’ENTRINO UNA MAZZA
Matteo Salvini non perde un’occasione per farci capire che gli immigrati sono persone pericolose,
scortesi, maleducate e che non rispettano la legge.
A farne le spese qualche giorno fa una donna protagonista di un diverbio su un mezzo pubblico della Ctt a Livorno.
Una lite come ne succedono spesso sui mezzi pubblici padani ma dal momento che una delle due protagoniste è identificabile come “donna di origine straniera e di religione musulmana” Salvini ci ha fatto un post per ricordarci quello che potrebbe succedere se l’Italia continuerà a subire “l’invasione” degli immigrati amici della Boldrini.
La polemica è sempre la stessa, gli italiani sono stufi di dover subire i soprusi delle “risorse” di origine straniera e secondo Salvini questo video dimostra che è ora di dire basta all’accoglienza indiscriminata.
Qualcosa non torna però perchè la donna “straniera” in realtà è cittadina italiana.
La si sente infatti ribadire più volte di “avere la cittadinanza” e quindi di godere degli stessi diritti dei cittadini italiani.
Non è quindi nè una clandestina nè una persona sbarcata da poco ma di una donna (che sì, indossa un hijab che non è poi così diverso dai veli delle suore o da quelli indossati da certe nonne) che vive da molto tempo nel nostro Paese.
Ci vive da così tanto tempo che quel Paese ora è anche suo.
Questo naturalmente è inconcepibile per Salvini che invece preferisce utilizzare quello che a tutti gli effetti è un banale litigio come un esempio dell’ennesimo crimine commesso dagli immigrati ai danni degli onesti cittadini italiani, quelli che non si insultano mai per strada e non litigano mai sui mezzi pubblici.
Basta andare su pagine di “degrado” come Welcome to Favelas per vedere decine di episodi simili dove i protagonisti sono cittadini 100% made in Italy.
Ma evidentemente Salvini ha da tempo capito che il “degrado” (e questo episodio difficilmente lo è) è un ottimo carburante per la sua macchina della propaganda. Questa volta Salvini approfitta della festa della donna dell’otto marzo per avvertire i suoi elettori che presto — per colpa della Boldrini e degli invasori — potrebbe diventare la “Festa della donna velata”. Salvini dimentica però che anche le “donne velate” così come le chiama lui con disprezzo sono donne tanto quanto quelle non velate.
Come spesso capita le storie utilizzate da Salvini per raccontare la sua visione dei problemi dell’Italia hanno un diverso contenuto di verità che il Capitano della Lega Nord preferisce ignorare.
Succede però che Asia-Usb Livorno sia andato ad intervistare Sana, la donna “straniera” che assieme ad un’italiana è protagonista del litigio.
Apprendiamo così che a scatenare la rissa verbale non è stata la religione ma il fatto che la signora avesse un passeggino aperto all’interno del bus.
Passeggino che era pieno della spesa e che secondo Sana l’autista del mezzo della Ctt aveva acconsentito che rimanesse aperto.
A quel punto una signora è intervenuta dicendo che “le regole valgono per tutti” e che i passeggini andavano chiusi e che le donne avrebbero dovuto tornare al loro paese invece che pretendere un trattamento speciale.
Non vogliamo qui entrare nel merito di chi avesse ragione e chi torto, vale la pena però ricordare che di episodi di violenza verbale e fisica tra italiani è pieno l’Internet e che quindi il fatto che Salvini abbia preso questo episodio particolare per dimostrare che non è possibile la convivenza con i cittadini di origine straniera è una scelta dettata dal razzismo insito nelle politiche della Lega Nord.
Salvini qui non è interessato a quello che in realtà è successo ma solo a quello che il video rappresenta: una donna “velata” che attacca un’italiana.
Ma del resto da un politico che ha difeso il gesto dei dipendenti della LIDL non è che ci si deve aspettare niente di meglio.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 7th, 2017 Riccardo Fucile
LO STUDIO DI UNA RICERCATRICE ITALIANA PER L’UNIVERSITA’ DELL’ESSEX SMONTA UNO DEI LUOGHI COMUNI USATI DAI RAZZISTI…”SE DOVESSIMO POTENZIARE I CONTROLLI ALLE FRONTIERE DOVREMMO FARLO PER I FLUSSI IN USCITA E NON IN ENTRATA”
In nome della sicurezza nazionale, Europa e Stati Uniti pensano a blocchi delle frontiere, Muslim Ban, e a una politica dei rimpatri sempre più veloce.
Intanto, l’estrema destra nazionalista e i partiti populisti conquistano sempre più consensi anche alle loro invettive contro Islam e immigrati che hanno lo scopo di creare un collegamento tra il fenomeno migratorio e quello del terrorismo di matrice islamista.
Uno studio della ricercatrice italiana all’università britannica dell’Essex, Margherita Belgioioso, che ha analizzato gli attentati terroristici compiuti in Unione Europea nel biennio 2014-15 smentisce però questo collegamento.
“Siamo di fronte a una sovraesposizione mediatica degli attacchi di matrice islamista rispetto a quelli compiuti da gruppi autoctoni — spiega Belgioioso —. In realtà , gli attentati jihadisti rappresentano meno del 4% delle azioni sul suolo europeo”.
Secondo i dati forniti dal Global Terrorism Database e studiati dalla ricercatrice veneziana, “i jihadisti compiono pochissimi attentati in Europa rispetto al totale degli attacchi, anche se la loro efficacia è molto alta”.
Nello studio si legge che il 62,25% degli attentati viene compiuto per mano di organizzazioni europee, dai gruppi di estrema destra e sinistra a quelli anarchici, separatisti e anche animalisti.
Il 15% circa, poi, sono perpetrati da movimenti anti-immigrati, il 4,08% da gruppi anti-Islam e solo il 3,89% sono attribuibili a gruppi jihadisti.
Per il 14,2% degli attentati, infine, non si è riusciti a individuare i responsabili, anche se il 15% di questi hanno come vittime degli immigrati.
La vera forza di organizzazioni terroristiche come al-Qaeda o Isis, se non nei numeri, sta nella letalità degli attacchi compiuti nel territorio dell’Unione.
Nel biennio analizzato da Belgioioso, sono 141 le vittime causate dagli attentati di matrice islamista, contro le 115 dei gruppi anti-islamici, le 27 delle organizzazioni nate e cresciute in Europa, le 8 dei movimenti anti-immigrati, due di gruppi non identificati e una per mano di organizzazioni antisemite.
“Anche se questi dati bilanciano la situazione, evidenziando una maggior capacità di uccidere negli attentati di matrice jihadista — continua la ricercatrice -, sommando le azioni compiute da gruppi autoctoni con quelle di stampo islamista, si vedrà che quest’ultimi causano comunque meno vittime rispetto ai primi”.
La tesi dell’esistenza di un collegamento tra immigrazione e terrorismo jihadista viene ulteriormente smentita, nella ricerca di Belgioioso, dai numeri relativi ai soggetti direttamente responsabili degli attacchi in Ue.
Solo il 6% di questi è stato compiuto da cittadini non europei, divisi tra migranti illegali (2,64%), migranti legali (2,64%) e soggetti con doppia cittadinanza (0,66%). Numeri esigui in confronto al restante 94%, cioè gli attentati compiuti da cittadini europei nati in Unione Europea.
“Gli autori degli attacchi — precisa Belgioioso — sono nella stragrande maggioranza dei casi cittadini europei nati e cresciuti in Europa. E questo smonta l’ipotesi di un collegamento tra terrorismo e immigrazione. A dire la verità , questi numeri ci dicono che, se proprio dovessimo potenziare i controlli alle frontiere dell’Europa, dovremmo farlo per i flussi in uscita e non in entrata, cercando così di individuare quei cittadini europei che vogliono entrare in contatto con i gruppi estremisti” in Africa, Asia e Medio Oriente.
Ma anche in questo caso, si legge nello studio, si tratta di numeri esigui: solo il 10% dei cittadini europei ha viaggiato fuori dall’Europa per ricevere addestramento militare.
Nonostante questi numeri, conclude la dottoressa nella sua ricerca, negli ultimi anni il terrorismo e la crisi migratoria hanno scalato la classifica delle preoccupazioni tra i cittadini europei.
“Questo — conclude — è dovuto a una sovraesposizione mediatica degli attacchi di matrice islamista. I media danno molto risalto agli attentati compiuti dalle organizzazioni jihadiste, mentre spesso ignorano o offrono meno particolari su quelli portati a termine dalle organizzazioni europee”.
I numeri forniti da Belgioioso sono emblematici: “Nell’85,5% degli attacchi compiuti da organizzazioni europee, risulta impossibile trovare informazioni riguardanti gli attentatori. Al contrario, nella totalità degli attacchi di matrice islamista vengono diffusi tutti i particolari dei terroristi. In diversi Paesi europei, come la Germania, esistono leggi che garantiscono la privacy per i responsabili di attentati terroristici, impedendo la pubblicazione dei loro dati personali. Come ho detto, però, nel caso dei jihadisti questa legge viene quasi sempre ignorata”.
Gianni Rosini
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 7th, 2017 Riccardo Fucile
DOPO AVER FATTO APPROVARE DIVERSE COLATE DI CEMENTO, ORA LA SINDACA SI RIMANGIA L’IMPEGNO SULL’USO DEGLI ONERI URBANISTICI
Per quanto tempo ancora dovremo sentire Chiara Appendino addossare alle amministrazioni che
l’hanno preceduta negli ultimi trent’anni la colpa della situazione dei conti pubblici della città ?
Che il bilancio di Torino sia problematico (per usare un eufemismo) è cosa nota e dovrebbe esserlo ancora di più alla sindaca Appendino che nella scorsa consiliatura faceva parte della Commissione Bilancio.
C’è da chiedersi perchè — sapendolo — la Appendino e il MoVimento 5 Stelle hanno fatto in campagna elettorale promesse che solo ora i cittadini si stanno rendendo conto che gli eletti del partito di Beppe Grillo non sono in grado di mantenere.
Una su tutte? La candidata sindaca Appendino nel suo programma elettorale aveva promesso di far ricadere sul territorio i proventi derivanti dagli oneri urbanistici.
Cosa che la sindaca Appendino ha deciso di non fare.
Non si tratta qui dell’approvazione dell’operazione urbanistica sull’area ex-Westinghouse che quando erano all’opposizione i 5 Stelle avevano tanto avversato.
In un accorato intervento dell’allora consigliere d’opposizione Chiara Appendino (cui Fassino rispose con una delle sue famose “profezie”) l’esponente del M5S disse “sarò fiera quando capiremo che dal punto di vista urbanistico è impensabile che il motore di sviluppo per la riqualificazione continui ad essere il grande centro commerciale perchè così non facciamo altro che scaricare su altre fasce — in particolare i piccoli commercianti — gli effetti della crisi“.
Se volete potete confrontare l’Appendino di governo da quello di lotta guardando il video con le scuse addotte da Appendino qualche giorno fa.
Puntualmente una volta al governo della città il M5S ha avallato l’operazione di quel centro commerciale (e di altri centri commerciali più piccoli) giustificandosi con la necessità di fare cassa.
Una decisione che aveva provocato non pochi malumori all’interno del MoVimento tant’è che nel novembre del 2016 i consiglieri di maggioranza avevano votato una mozione (la 91/2016) nella quale si impegnava l’Amministrazione comunale a non utilizzare gli oneri derivanti dai permessi a costruire per finanziare la spesa corrente, come promesso in campagna elettorale.
Mozione che la Appendino aveva fatto annullare con con una delibera di giunta approvata il 22 febbraio e votata dalla maggioranza, ieri il 6 marzo.
Ieri pomeriggio infatti i 24 consiglieri di maggioranza, quelli che avevano votato la mozione 91/2016 hanno votato compatti e senza battere ciglio a favore della deliberazione sugli indirizzi per la redazione del bilancio finanziario triennale 2017/2019 presentata da Appendino e dall’Assessore al Bilancio Sergio Rolando.
In buona sostanza i consiglieri del MoVimento hanno autorizzato la sindaca a utilizzare per i prossimi tre anni gli oneri di urbanizzazione per coprire la spesa corrente.
Quell’impegno preso dai consiglieri di maggioranza a novembre non vale più nulla e la Appendino può tranquillamente ricorrere ad uno strumento introdotto dal governo Berlusconi nel 2001 al quale le amministrazioni precedenti (quelle che hanno tutte le colpe) hanno rinunciato di ricorrere nel 2012, ovvero quando la Appendino era già in Consiglio Comunale.
La misura presentata come straordinaria e necessaria a chiudere in pareggio il bilancio 2016 diventa quindi ordinaria: gli oneri di urbanizzazione non rimarranno sul territorio ma verranno utilizzati per finanziare la spesa corrente, vale a dire per gli interventi ordinaria manutenzione della città .
Non è più il cemento il problema, di quello ce ne sarà in abbondanza, è il bilancio il nuovo campo di battaglia dove l’alternativa rappresentata da Chiara Appendino e dalla sua giunta non riesce a distinguersi dal passato.
Il problema è il buco di bilancio lasciato “da quelli di prima”, buco del quale non è chiara l’entità e che per Appendino a volte di è una quarantina di milioni a volte di centinaia: un buco elastico insomma.
Per risolvere il problema ecco spuntare manovre come quella dell’utilizzo degli oneri urbanistici per la spesa corrente ma non solo.
Ad esempio, nel bilancio 2016 sono stati iscritti 6,7 milioni di euro per “proventi derivanti da sanzioni alle famiglie” ovvero i mancati pagamenti delle imposte o le multe per divieto di sosta.
Al momento ne sono stati però incassati solo 110 mila mentre 4 milioni di euro sarebbero stati iscritti nei fondi di “dubbia esigibilità ” ovvero denaro che il Comune sa che probabilmente non potrà mai incassare.
L’Amministrazione come al solito dà la colpa a qualcun altro, nella fattispecie a non meglio precisarti “problemi informatici sia nei pagamenti che agli incassi al CSI”.
Il 5 Stelle ha innalzato di 7 milioni di euro (da 102 a 109) il totale dell’ammontare delle sanzioni che il Comune guidato da Fassino aveva accertato sulla carta, nel 2016 ne sono stati incassati solo 46 milioni e di quei quasi sette milioni aggiunti da Appendino se ne sono visti solo centomila.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 7th, 2017 Riccardo Fucile
FILLON, ALTRA ACCUSA: “HA RICEVUTO UN PRESTITO DI 50.000 EURO SENZA INTERESSI E NON L’HA DICHIARATO”
Nuovi guai in vista per Francois Fillon.
Il candidato conservatore alla presidenza francese avrebbe ricevuto un prestito di 50mila euro senza interessi dall’imprenditore Marc Ladreit de Lacharrière, senza dichiararlo al fisco.
È quanto sostiene il settimanale satirico Le Canard Enchaà®nè, lo stesso che ha sollevato il caso degli impieghi fittizi della moglie di Fillon, Penelope.
Ladreit de Lacharrière è un uomo d’affari vicino a Fillon, nonchè proprietario della rivista letteraria ‘La Revue des Deux Mondes’, che stipendiava la moglie di Fillon, con sospetto di lavoro fittizio.
La notizia giunge all’indomani dell’appoggio unanime ottenuto da Fillon in seno al comitato politico del suo partito, Les Republicains, dopo giorni di tensione in cui sembrava che la sua candidatura dovesse essere sostituita proprio a causa del cosiddetto ‘Penelopegate’.
Fillon, secondo il Canard, ha ottenuto il prestito nel 2013 “e non ha giudicato necessario” far figurare i 50mila euro nella sua dichiarazione all’Alta autorità per la trasparenza.
Secondo l’avvocato di Fillon, Antonin Levy, “il prestito è stato integralmente rimborsato”
Sondaggi.
Emmanuel Macron raggiunge per la prima volta Marine Le Pen in un sondaggio sulle presidenziali che si svolgeranno fra un mese e mezzo in Francia.
Secondo uno studio Elabe per Bfm Tv e L’Express, Il candidato centrista di En Marche! guadagna un punto e mezzo e arriva al 25,5 per cento, mentre la leader del Front National ne perde uno e scende al 26 per cento.
Staccato, al 19 per cento, resta Francois Fillon, candidato confermato dalla destra.
Al ballottaggio Macron vincerebbe con il 60 per cento dei suffragi.
La rilevazione è stata realizzata dopo l’annuncio del candidato della destra e del centro della sua convocazione in tribunale in vista di una sua incriminazione.
(da agenzie)
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Marzo 7th, 2017 Riccardo Fucile
“STO RESTITUENDO A RATE LA SOMMA CONTESTATA”… PER FORZA, GLIELA STANNO TRATTENENDO
La decisione dell’europarlamentare di Forza Italia Lara Comi di ingaggiare sua madre come
collaboratrice fiduciaria è stata presa sulla base del parere, poi rivelatosi errato, dell’allora suo commercialista, cui la Comi successivamente ha ritirato l’incarico.
Si tratta di una “vicenda ben nota” e di un “fatto ampiamente chiarito”, in seguito al quale “sto restituendo fino all’ultimo centesimo la somma che viene contestata, con una detrazione che ogni mese mi viene prelevata direttamente dallo stipendio”.
Lo afferma l’eurodeputata, commentando un articolo pubblicato oggi da Repubblica. “Ho letto stamattina — dice l’europarlamentare — su un autorevole quotidiano un articolo che mi cita in chiave critica per una vicenda legata al mio ruolo di parlamentare europeo e all’incarico di collaboratore fiduciario dato a mia madre”.
“E quindi importante per me — prosegue — chiarire tutta la vicenda, con grande trasparenza, come ho sempre fatto. Nel 2009, a 26 anni, sono stata eletta in Parlamento Europeo. Ho lasciato il mio lavoro nel settore privato e con grande entusiasmo ho intrapreso quest’avventura. Ogni giorno mi trovavo di fronte a sfide nuove e importanti e, per affrontarle, ho deciso di avere a fianco a me, con un incarico fiduciario, la persona di cui avevo la massima fiducia, mia madre, che mi è stata vicino in tutti i momenti più importanti della vita. Per potermi supportare in questo ruolo lei si è presa l’aspettativa — non retribuita — dal suo lavoro pubblico come insegnante”.
“La possibilità di scegliere un familiare come collaboratore era permessa fino al 2009, con un periodo transitorio di un anno, come mi aveva spiegato il mio commercialista, che aveva anche consultato gli uffici del Parlamento Europeo”, continua la Comi. “Solo dopo molti anni — aggiunge — cioè nel 2016 vengo a scoprire che questa possibilità era stata esclusa dai regolamenti parlamentari. Per questa ragione, già lo scorso 3 aprile 2016, ho ritirato l’incarico al mio commercialista che, seppure in buona fede, aveva commesso l’errore. Come persona che ha un ruolo pubblico mi prendo comunque tutte le responsabilità di questa vicenda e ho già messo in atto tutte le azioni necessarie: sto restituendo fino all’ultimo centesimo la somma che viene contestata, con una detrazione che ogni mese mi viene prelevata direttamente dallo stipendio”.
(da agenzie)
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Marzo 7th, 2017 Riccardo Fucile
AIUTO E AGEA PROVANO A DIFENDERSI MA NESSUN COLLEGA CI METTE LA FACCIA
Il panico è evidente. La fuga M5S dal caso dei soldi europei, spesi non in modo consono, sembra coinvolgere l’interno gruppo grillino di Bruxelles, che si rinchiude in un silenzio tattico ma molto eloquente.
Ogni eurodeputato ha una riunione urgente a cui andare per cui “non ho tempo per parlare di questa cosa”.
Ci sono poi telefoni che squillano a vuoto e ogni eventuale parola in libertà viene vissuta come un rischio e come un pericolo per la ragion di partito.
Il caso, sollevato dal quotidiano La Repubblica, riguarda in particolare due eurodeputate grilline, Daniela Aiuto e Laura Agea.
La prima ha chiesto il rimborso di una mezza dozzina di studi sul turismo che le sarebbero serviti per svolgere l’attività parlamentare.
“Peccato che siano risultati plagiati. Copiati da siti come Wikipedia. Per questi studi ha chiesto a Strasburgo un rimborso di svariate migliaia di euro”, si legge.
La seconda indagine interna riguarda la parlamentare Agea, che ha assunto un assistente locale che dovrebbe svolgere un’attività legata al mandato europeo della deputata ma che in realtà è un imprenditore.
Ciò suscita dubbi nell’amministrazione del Parlamento sulla conciliabilità della sua attività con quella di assistente parlamentare e per questo ci sono verifiche in corso.
Nessuno degli eurodeputati ha il permesso di parlare e commentare, nè la voglia di difenderle.
Ad intervenire però sono i stati i vertici del Movimento che hanno concordato con Agea e Aiuto, dirette interessate, una dichiarazione da affidare alle pagine Facebook. Anche Agea contattata telefonicamente rimanda al post: “Ho appreso dalla stampa che sono in corso verifiche riguardanti l’attività svolta da uno dei miei collaboratori locali. Pur non avendo ricevuto alcuna comunicazione ufficiale, mi metto immediatamente a disposizione delle autorità competenti per qualsiasi tipo di documentazione circa la sua attività , che si svolge nel quadro dei miei lavori di deputato al Parlamento europeo”. E poi ancora: “Ho deciso di sospendere momentaneamente la collaborazione in corso – spiega – per approfondire i termini dell’inchiesta di cui, al momento, non ho informazioni, per permettere alle autorità competenti di svolgere serenamente i dovuti controlli e per non esporre il mio collaboratore ad inutili strumentalizzazioni. Questi controlli sono fondamentali per garantire trasparenza e onestà , valori portanti del Movimento 5 Stelle”.
Aiuto si dice invece “parte lesa” ma “pienamente disponibile a collaborare” nella verifica del Parlamento europeo su alcuni suoi rimborsi.
“I servizi parlamentari – spiega – hanno contestato alcune ricerche che ho commissionato ad una società di consulenza, perchè ritenute frutto di plagio e quindi non rimborsabili dal Parlamento europeo. Ho quindi disposto la sospensione del pagamento delle fatture già emesse. Inoltre ho comunicato ai servizi parlamentari che provvederò personalmente a rimborsare le fatture già saldate”. Inoltre Aiuto fa sapere che agirà legalmente nei confronti della società di consulenza per il rimborso delle somme già sostenute e anche per il risarcimento di ogni ulteriore danno. “Pur essendo parte lesa in questa vicenda — conclude – ho dato la mia piena e totale disponibilità a collaborare con i servizi parlamentari per tutelare il Movimento 5 Stelle”.
Il Movimento 5 Stelle, almeno per ora, non dovrebbe prendere provvedimenti nei confronti di Aiuto e Agea, in seguito al chiarimento con i vertici e alle note diffuse. Sul blog di Beppe Grillo però non una parola.
Le spiegazioni delle due eurodeputate sono state accolte però tiepidamente dalla base M5S su Facebook.
Da una parte c’è chi ‘assolve’ Aiuto e Agea, ringraziandole per la precisazione, dall’altra qualcuno attacca duramente la condotta delle esponenti 5 Stelle.
Sta di fatto che i controlli sono in corso ed eventualmente i vertici sono pronti a prendere provvedimenti.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 7th, 2017 Riccardo Fucile
“PERCHE’ DOVREMMO ESSERE DEPORTATI? E MOLTO DURA DA AFFRONTARE PER UNA FAMIGLIA”: NEL 1905 LA LETTERA AL PRINCIPE DI BAVIERA
“Perchè dovremmo essere deportati? È molto, molto dura da affrontare per una famiglia. Cosa
penseranno i nostri concittadini se persone oneste vengono sottoposte a tale decreto? Per non parlare delle grandi perdite materiali che dovranno sostenere”.
Oltre 110 anni fa, nel 1905, un cittadino scrisse a mano questa lettera diretta al principe di Baviera, nel terrore di essere espulso dalla città dove aveva vissuto da giovane e nella quale, dopo alcuni anni trascorsi in America, aveva deciso di tornare. Quell’uomo era Friedrich Trump, nonno del presidente statunitense Donald.
La lettera era stata riportata alla luce dal tabloid tedesco Build nel mese di novembre, la sua autenticità era stata confermata da Associated Press e adesso il testo è stato da tradotto e pubblicato in inglese da Harper’s Magazine.
Delle parole che, lette alla luce della politica adottata dal nipote Donald, risultano particolarmente suggestive.
La vicenda si era svolta così: a 16 anni, nel 1885 nonno Trump ha lasciato illegalmente la Germania, emigrando negli Stati Uniti, per sfuggire al servizio militare.
Vent’anni dopo ha deciso di tornare nella sua città di origine, a Kallstadt, ma gli è stato intimato di lasciare rapidamente la Baviera per evitare di essere espulso con la forza.
A quel punto Friedrich ha scritto una lettera diretta al principe Leopoldo, per supplicarlo di risparmiare alla sua famiglia il dolore dell’esilio.
“Sono nato a Kallstadt il 14 marzo 1869”, si legge nella traduzione pubblicata online, “I miei genitori erano semplici, onesti, buoni vignaioli. Mi hanno rigorosamente mantenuto sulla retta via: pietà , chiesa, scuola, assoluta obbedienza alle alte autorità . In America ho portato la mia attività con diligenza, discrezione e prudenza. La benedizione di Dio era con me e sono diventato ricco. Nel 1892 ho ottenuto la cittadinanza americana”.
Pochi anni più tardi, però, decise di far ritorno in patria, probabilmente per assecondare la volontà della moglie, incontrata nel 1902.
Un ritorno, racconta lui, che non ha ricevuto il benvenuto sperato.
“La città era molto contenta di aver riavuto un cittadino capace e produttivo. Mia madre era felice di rivedere suo figlio, la sua cara nuora e suo nipote. Adesso sa che mi prenderò cura di lei nella vecchiaia. Ma un fulmine a ciel sereno ci ha colto alla sprovvista: la notizia che l’High Royal State Ministry ha deciso che dobbiamo lasciare la nostra residenza nel Regno di Baviera”.
La lettera si conclude con la preghiera di un ripensamento, che però non venne ascoltata.
Friedrich è tornato negli Stati Uniti, di cui, oltre un secolo dopo, il nipote sarebbe stato 45esimo presidente.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 7th, 2017 Riccardo Fucile
IL RE DEL TALK SHOW USA: “SAPPIAMO CHE E’ MATTO, MEGLIO PENSARE COME DIFENDERSI DA UN SOGGETTO DEL GENERE”
“Avrebbe dovuto andarci giù più duramente”: David Letterman, il re incontrastato del talk show all’americana che torna a parlare dopo un anno di silenzio, non le manda di certo a dire al suo collega Jimmy Fallon, reo di aver intervistato il neo presidente degli Stati Uniti con troppo servilismo e poca mordacia durante l’ultima puntata del “Tonight Show”.
E detto da chi ha battuto record di ascolti su record di ascolti e ha dialogato con le maggiori personalità del tempo, è una critica davvero pesante.
Il presentatore ormai in pensione è stato infatti sentito dal New York Magazine dopo un prolungato addio alle scene.
Letterman ha parlato del suo ritiro nel 2015, dei suoi desideri per il futuro e di come vede la tv di oggi.
Letterman, in particolare, ha giudicato come mal fatta l’intervista di Fallon a Donald Trump, che lui ha avuto modo di conoscere già negli anni ’80.
E non ha dubbio che – se fosse stato ancora in corsa – lui avrebbe condotto l’appuntamento ben diversamente.
“Io avrei iniziato con una lista di quello che ha fatto. Gli avrei chiesto: ‘Donald, non ti senti stupido per aver fatto questo? Chi è questo stupido Steve Bannon e perchè vuoi un suprematista bianco come consigliere?'” ha spiegato l’ex showman, che poi ha aggiunto che vorrebbe disporre di “un’ora e mezzo di colloquio col presidente”.
Eppure, è lo stesso Letterman a confessare di aver ritenuto “divertente” il tycoon in passato.
“Sono stanco di coloro che si dicono sorpresi per qualsiasi cosa dice. Dobbiamo smetterla e trovare invece modi per difenderci da lui. Sappiamo che è pazzo e dobbiamo occuparci di noi stessi”.
Affermazioni pesanti, quelle dell’ex conduttore, che del resto fanno il paio con quelle di molte altre star del piccolo e grande schermo, ormai da mesi impegnate in una lotta senza quartiere alla politica di The Donald.
Ma Letterman propone anche un “antidoto” contro il trumpismo: “Ci vuole la satira. Credo che ridurre Trump a una battuta – come fa Alec Baldwin al “Saturday Night Live” – possa funzionare”.
“Del resto, Donald Trump è Donald Ttrump, ma se non aiuta chi ne ha bisogno, è solo un cretino” ha confermato poi lo showman.
“Secondo lui, l’unica verità è quella che esce dalla sua bocca. Come fanno i dittatori”.
(da “Huffingtonpost”)
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