Agosto 17th, 2018 Riccardo Fucile
IN CORSO IL SEQUESTRO DA PARTE DELLA PROCURA DELLA PARTE SOVRASTANTE DI PONTE
La rottura di uno strallo “è un’ipotesi di lavoro seria”. Così Antonio Brencich, docente
dell’università di Genova e membro della commissione dei Trasporti e delle Infrastrutture che deve accertare le cause del crollo, ha risposto ai giornalisti a Genova.
Brencich ha fatto un breve sopralluogo nella zona del ponte crollato ma non è voluto entrare nel merito del lavoro della commissione.
“La voce che gira è che il collasso sia stato attivato dalla rottura di uno strallo ci sono testimonianze e video che vanno in questo senso”.
Il docente ha invece smentito che possa essere stato un eccesso di carico a provocare il crollo del ponte Morandi: “La pioggia, i tuoni, l’eccesso di carico sono ipotesi fantasiose – ha detto – che non vanno prese neanche in considerazione”.
La speciale commissione ispettiva istituita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ieri ha avviato un’istruttoria su Autostrade per l’Italia si riunisce oggi in Prefettura.
La commissione è composta dall’architetto Roberto Ferrazza, provveditore alle opere pubbliche per il Piemonte, Liguria e Val d’Aosta, con funzioni di presidente, dai professori Ivo Vanzi, componente esperto del Consiglio superiore dei lavori pubblici e Antonio Brencich, professore associato dell’Università degli studi di Genova, dagli ingegneri Gianluca Ievolella, consigliere di supporto al presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Michele Franzese e Bruno Santoro, dirigenti tecnici della direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali.
Intanto è in corso ora il sequestro da parte della Procura della parte di ponte soprastante, non i detriti in basso e sono stati nominati consulenti due ingegneri di Genova e Milano, Renato Buratti e Piergiorgio Malerba, dalle ultime informazioni i dispersi da cercare sono ancora una decina.
(da agenzie)
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Agosto 17th, 2018 Riccardo Fucile
A MENO DI UN’ORA DALL’INIZIO DEL RITO RELIGIOSO, TENSIONE PALPABILE AI FUNERALI… I FAMILIARI HANNO RIFIUTATO IL FUNERALE DI STATO: “NON VOGLIAMO PASSERELLE DEI POLITICI”
Nel silenzio surreale che ha avvolto Torre Del Greco, all’arrivo in chiesa delle bare di Giovanni, Matteo, Gerardo e Antonio si sentono delle urla: “Devono pagare tutto”, grida qualcuno mentre i familiari accompagnano nella basilica di Santa Croce i feretri dei ragazzi morti nel crollo del ponte Morandi, a Genova.
Uno striscione posto davanti alla chiesa è stato rimosso: recitava “di uno stato strafottente vittime innocenti”.
Nella serata di ieri, 16 agosto, era apparso un altro manifesto, rimosso nella mattinata di oggi e condiviso su molte bacheche social: “Non è stato il fato, ma lo Stato”, si poteva leggere fino a poche ore fa.
Un’accusa che continua a riecheggiare in città .
L’incredulità e la rabbia nella città sono spezzate solo dagli applausi che accolgono le bare e dai rintocchi delle campane. Centinaia di persone sono all’esterno del santuario, nella zona transennata dalla polizia municipale.
Il portone d’ingresso dell’edificio è stato aperto alle 15, per consentire ai familiari di restare da soli prima dei funerali, in programma alle 17,30. Gli esercizi commerciali della città hanno abbassato le saracinesche per partecipare al lutto cittadino proclamato dal sindaco Giovanni Palomba.
La celebrazione eucaristica sarà presieduta dall’arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, che concelebrerà con il parroco di Santa Croce, Giosuè Lombardo, e con Giuseppe Sorrentino e Raffaele Del Duce, i sacerdoti delle chiese alle quali appartenevano le vittime.
I familiari dei quattro ragazzi hanno rifiutato i funerali di Stato a Genova, “non li vogliamo, sono una farsa”, hanno detto. Hanno voluto che l’ultimo saluto ai loro figli fosse celebrato nella loro città , dove in tanti sono pronti a rendere omaggio a queste vite spezzate prematuramente.
Il padre di uno dei quattro ragazzi: “È un omicidio di Stato. Abbiamo chiesto che i corpi fossero portati a Torre perchè è giusto condividere il dolore con le persone della nostra città ”
“È un omicidio di Stato, una disgraziata annunciata nella quale hanno perso ingiustamente la vita mio figlio e tante altre persone”. Ha la voce rotta dal pianto Roberto Battiloro mentre parla della tragedia del ponte Morandi a Genova, nella quale sono morti, tra gli altri, il figlio Giovanni e altri tre suoi amici di Torre del Greco.
“Anche come delegato delle altre famiglie ho chiesto che i corpi fossero portati a Torre perchè è giusto che gli amici e i parenti delle vittime condividano il proprio dolore con le persone della nostra città “.
(da agenzie)
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Agosto 17th, 2018 Riccardo Fucile
ONORE AI NOSTRI MILITARI E AL COMANDANTE PETTORINO: LORO SALVANO VITE, NON LI FANNO AFFOGARE
“Le vostre affermazioni secondo cui i migranti vi stavano contattando per informarvi che erano
in difficoltà sono false. La vostra è stata un’interferenza”.
Sono affermazioni inaudite quelle contenute nella lettera con la quale il governo maltese ha rifiutato l’approdo alla nave Diciotti della Guardia costiera italiana che ha preso a bordo 177 migranti che – ricorda il governo maltese al Viminale – ” sono ora già in territorio italiano”.
La nave ora è in rada davanti al porto di Lampedusa. Ma non può attraccare.
E nessuna trattativa europea sembra avviata dopo la contrastata adesione dell’Italia alla soluzione condivisa per il caso Aquarius.
Il ministro dell’Interno Salvini non vuole far sbarcare in Italia i 177 migranti soccorsi in zona Sar maltese da due motovedette italiane che, inviate dalla sala operativa di Roma, hanno salvato tutti gli occupanti di un barcone con il motore in panne che stava imbarcando acqua.
Un soccorso urgente fatto d’iniziativa dalla nostra Guardia costiera senza informare il Viminale, un soccorso non necessario invece, secondo le valutazioni del governo di Malta che ha così motivato la decisione di rifiutare alla Diciotti l’approdo a La Valletta
“Non c’è nessun presupposto giuridico per chiedere il porto a Malta. E’ più vicina Lampedusa”, la posizione del governo de La Valletta.
E la Diciotti, con a bordo il suo carico quasi tutto di somali ed eritrei, resta ferma al largo dopo aver evacuato d’urgenza 13 persone, bimbi e donne tra cui una incinta che ha abortito in barca dopo le violenze subite in Libia.
Nuovo paradosso di una nave militare italiana a cui è inibito l’ingresso in un porto italiano, situazione identica a quella sbloccata un mese e mezzo fa solo dopo l’intervento sul premier Conte da parte del presidente della Repubblica Mattarella.
Il ministero delle Infrastrutture, da cui dipende la Guardia costiera, non dice nulla ma nel mirino di molti c’è proprio l’operato della Guardia costiera e dei suoi vertici che, naturalmente, come aveva chiarito mesi fa il comandante generale Pettorino, antepongono a qualsiasi indicazione la salvaguardia delle vite umane in mare. Come è avvenuto all’alba di ieri nel Mediterraneo.
(da agenzie)
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Agosto 17th, 2018 Riccardo Fucile
I FAMILIARI DI 17 VITTIME RIFIUTANO IL RITO UFFICIALE, ALTRI 7 DEVONO ANCORA DECIDERE… CI VADA SOLO MATTARELLA, STIANO ALLA LARGA GLI AVVOLTOI DEL GOVERNO
Nella conca del padiglione Jean Nouvel, alla Fiera di Genova, ieri erano 14 le bare schierate per la benedizione. Non saranno molte di più domani per i funerali di Stato alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella e officiati dall’arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco.
Hanno preferito esequie private i famigliari di 17 delle 38 vittime (accertate) del crollo del Morandi, quella lingua di autostrada sospesa su Genova, che era contemporaneamente uno dei simboli della città e l’unico collegamento di una Liguria ora divisa a metà , un arco spezzato.
I famigliari di altre 7 vittime non hanno ancora sciolto la riserva sui funerali di Stato. E al cerimoniale della Prefettura di Genova non resta che gestire con diplomazia l’imbarazzo di una cerimonia dimezzata dalla rabbia e dalla sfiducia.
La collera scorre a fiumi nelle parole dei parenti dei quattro giovani di Torre del Greco che hanno trovato la morte sulla strada delle vacanze.
«È lo Stato che ha causato questo, non si devono permettere di farsi vedere: la passerella di politici è stata vergognosa» si dispera Nunzia, la madre di Gerardo Esposito.
Si affida ad un post Roberto, il padre di Giovanni Battiloro: «Mio figlio non diventerà un numero nell’elenco dei morti causati dalle inadempienze italiane, farò in modo che ci sia giustizia per lui e per gli altri: non dobbiamo dimenticare. Non vogliamo un funerale farsa, ma una cerimonia a casa, nella nostra chiesa a Torre del Greco. È un dolore privato, non servono le passerelle. Da oggi inizia la nostra guerra per la giustizia, per la verità : non deve accadere più».
Così al posto delle quattro bare dei ragazzi campani, ci saranno solo le loro fotografie.
(da “il Secolo XIX“)
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Agosto 17th, 2018 Riccardo Fucile
IMBARAZZO NEL M5S: IL PREMIER HA CURATO UNA CAUSA PER CONTO DI AISCAT, L’ASSOCIAZIONE DELLE CONCESSIONARIE AUTOSTRADALI
Nella sua carriera di avvocato, svolta a favore del Popolo come insegna Rocco Casalino, il
presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha incrociato anche il mondo delle autostrade.
Dieci anni fa (quindi nel 2008: i soldi alla Lega e agli altri partiti risalgono al 2006) ha curato una causa per conto di Aiscat, l’associazione italiana delle società concessionarie delle autostrade, in sostanza il gruppo che rappresenta gli interessi di tutti i privati che hanno in gestione la rete italiana.
Ovviamente la faccenda non è sfuggita all’opposizione:
Il Corriere della Sera racconta la vicenda:
Il premier, avvocato civilista, non è stato un consulente fisso dell’associazione, guidata dal 2003 da Fabrizio Palenzona. Da Aiscat fanno sapere che, come legale, ha curato solo una causa davanti al tribunale civile di Roma. Aiscat, che fa parte di Confindustria, è un’associazione che rappresenta gli interessi della categoria.
Non è quindi titolare diretto di una concessione, non gestisce un tratto della rete autostradale. Ma almeno in quell’occasione il presidente del Consiglio ha avuto modo di entrare in contatto diretto con il settore.
La curiosità è proprio che il professore di diritto Giuseppe Conte abbia detto che non possiamo aspettare i tempi della giustizia il giorno della strage, prefigurando conseguenze anche irreparabili nei confronti di Autostrade.
Ma nel comunicato del consiglio dei ministri di quelle minacce non c’è traccia. Forse perchè nel frattempo qualcuno ha capito che le fughe in avanti sono pericolose.
Giuseppe Conte, prima che diventasse presidente del Consiglio, è stato a lungo consulente legale della stessa Aiscat e della Serenissima, la A4 Brescia-Padova, delle quali ha difeso con ardore gli interessi di bottega.
Direi che dire che si sono sentiti traditi è dir poco.
(da agenzie)
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Agosto 17th, 2018 Riccardo Fucile
MALUMORE TRA I GRILLINI VERSO CONTE: “SE LA REVOCA ERA IMPOSSIBILE, UN DOCENTE DI DIRITTO PRIVATO NON LO SAPEVA?”
“La nostra intenzione è revocare la concessione ad Autostrade per l’Italia. La posizione del Governo è che chi non vuole revocare le concessioni ad Autostrade deve passare sul mio cadavere. C’è un volontà politica chiara”: il vicepresidente del Consiglio e bisministro Luigi
Di Maio ci ha messo la faccia ieri sera a In Onda per spiegare che i Benetton non hanno scampo: la concessione verrà revocata senza se e senza ma. Faccia da guerra e da cattivo sicuro del risultato finale.
Ma Di Maio sta esagerando, o forse bluffando. Perchè in realtà all’interno del governo la situazione è molto più fluida di quello che lui immagina.
Non è un caso che nel comunicato della presidenza dopo il consiglio dei ministri non ci sia alcun cenno alla questione della revoca della concessione.
Non è un caso che il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli fosse molto più timido dopo essere stato informato dai suoi tecnici di come la questione non fosse così semplice.
La revoca non può essere unilaterale, ci sono tempi da rispettare. E, soprattutto, costi da sostenere.
Non a caso negli stessi minuti in cui Conte dava la revoca praticamente per fatta, lo stesso Toninelli parlava di «eventualità », di «extrema ratio».
Spiega oggi il Corriere della Sera che a parte Di Maio la retromarcia nel governo è completa:
Revocare la concessione significherebbe dover indennizzare la società . Farlo senza rispettare la procedura esporrebbe lo Stato a un ricorso che potrebbe far salire i costi ancora di più. Insomma, il risultato finale potrebbe essere un maxi indennizzo per la famiglia Benetton, l’esatto opposto delle intenzioni dichiarate dal governo. Un autogol.
Fatto l’annuncio, al governo non resta che studiare una exit strategy, per fare marcia indietro dando l’impressione di andare avanti.
Il primo a muoversi è Matteo Salvini: chiede ad Autostrade di «mettere mano al portafoglio» ma glissa sulle concessioni, «ne parleremo poi».
I tempi della giustizia si possono, anzi si devono, aspettare. La spiegazione fatta dai tecnici a Toninelli è arrivata a tutti.
Nel Movimento c ‘è anche una certa sorpresa e irritazione per il fatto che il premier, da avvocato, non si sia reso conto che la linea della revoca subito non fosse sostenibile.
La strategia per la riduzione del danno prevede anche un altro passaggio: far sapere che in caso la revoca della concessione riguarderebbe solo l’A10, l’autostrada che passa per Genova, non tutta la rete. Ipotesi tecnicamente complessa.
La scelta più probabile, in realtà , è quella della multa.
Revocare la concessione è tecnicamente possibile. Ricorda oggi Tommaso Rodano sul Fatto che i rapporti generali tra “concedente” (lo Stato, tramite Anas) e “concessionario”(Autostrade per l’Italia) sono regolati dalla convenzione firmata nel 2007, ai tempi del governo Prodi.
Lo Stato può avviare il procedimento di decadenza della concessione in caso di “gra ve inadempienza”da parte del concessionario. Tra gli obblighi assunti da Autostrade c’è anche il “mantenimento della funzionalità delle infrastrutture concesse attraverso la manutenzione e la riparazione tempestiva delle stesse”(art. 3, comma 1, lettera b della convenzione). Ipotizzata la “grave inadempienza”, lo Stato potrebbe quindi avviare la procedura per la revoca secondo l’articolo 9.
La procedura deve iniziare con una contestazione formale, dopo la quale al concessionario (Autostrade) è concesso un primo “congruo termine” non inferiore a 90 giorni, e un “ulteriore termine non inferiore a 60 giorni per adempiere a quanto intima to ”. Traduciamo: iniziata la procedura, Autostrade avrebbe 5 mesi per mettersi in regola.
E questo spiega perchè Autostrade si è detta pronta a ricostruire il viadotto in cinque mesi (e non sei o quattro).
Ma, come spiegavamo ieri, la revoca della concessione è blindata dall’articolo 9 bis: “Il Concessionario avrà diritto (…) ad un indennizzo/risarcimento a carico del Concedente in ogni caso di recesso, revoca, risoluzione anche per inadempimento del Concedente”.
In sostanza, lo Stato sarebbe costretto a risarcire la società di Benetton anche in caso di inadempienza accertata.
Di quanto? Una ventina di miliardi di euro, visto che gli utili della società sfiorano il miliardo e mancano vent’anni alla fine della concessione. Un salasso di proporzioni mondiali, pari a più di un punto di PIL.
Insomma, mentre il vicepremier è lì a strillare sul balcone “Voglio la revoca” il resto del governo non sembra entusiasta di una promessa che sembra impossibile da mantenere, giurisprudenza alla mano. Anzi, c’è di più.
Perchè nel frattempo ieri la Consob si è mossa, come era normale che fosse, per spiegare all’esecutivo che è necessario agire nel pieno rispetto delle procedure, evitando accuse non comprovate, in modo da non prestare il fianco a controffensive legali di Atlantia che potrebbero rivelarsi dannose per lo Stato italiano e nocive per gli stessi personaggi di governo, visto che il reato di aggiotaggio esiste.
Non solo: il Messaggero nota che la battaglia politica potrebbe anche rivelarsi un boomerang per i 5 Stelle: pronti ad approfittarne sarebbero i leghisti, nel caso.
«E poi se davvero i vertici di Atlantia fossero colpevoli non gli ritiri la concessione, li spedisci all’ergastolo. Aspettiamo la magistratura, evitiamo i processi sommari di cui sono appassionati i grillini», aggiunge non senza sarcasmo un ministro leghista.
«La nostra impostazione», spiegano nell’entourage di Salvini, «è diversa da quella di Di Maio e dei 5Stelle. Meno ideologica, meno emotiva e più pratica.
Salvini ha chiamato i vertici di Atlantia e lavora per portare un aiuto immediato ai familiari di chi ha perso la vita nel crollo, alla città di Genova e agli altri enti locali coinvolti dal disastro. Insomma, noi puntiamo a ottenere risultati immediati o a breve. I grillini, invece, conducono una battaglia simbolica e ideologica, dall’esito incerto». La sintesi: «E’ troppo parlare di scontro nel governo, si tratta piuttosto di diversità di linea. Si può dire che Salvini ha preso una bonaria presa di distanza dai 5stelle…».
Salvini, che in Veneto ha un numero di voti non indifferente ma soprattutto una serie di amministratori in buoni, se non ottimi, rapporti con i Benetton, potrebbe approfittare della situazione per guadagnare qualche punto nei confronti di quell’establishment che finora lo ha guardato come il fumo negli occhi e che con il Decreto Dignità ha criticato apertamente, proprio dal Veneto, la sua capacità di rappresentare gli interessi del Nord industriale.
Intanto Di Maio rimane lì, solitario, a urlare “Via la concessione”, con il cerino acceso in mano.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 17th, 2018 Riccardo Fucile
6870 CHILOMETRI, 1000 IN GESTIONE ALL’ANAS, IL RESTO SPEZZETTATO IN 26 CONCESSIONI… NON SI PUO’ ESPROPRIARE CIO’ DI CUI SI E’ PROPRIETARI
Quanto costa nazionalizzare le Autostrade? 
Camilla Conte sul Giornale oggi fa i conti in tasca al progetto annunciato al volo dal governo dopo il disastro di Genova: riportare sotto l’ombrello statale la rete autostradale italiana, che oggi si compone di 6870 chilometri di cui 1000 in gestione all’ANAS e il resto spezzettato in 26 concessioni date ai privati: circa 3000 li gestisce Atlantia tramite sei concessioni in scadenza nel 2038, 1200 li mantiene il gruppo Gavio e il resto è in capo a enti pubblici e concessionarie minori.
L’incremento annuo dei pedaggi è del 2,75% mentre le spese per investimenti e manutenzioni tra il 2015 e il 2016 erano in calo.
Ma c’è un punto ancora più importante: non si può espropriare ciò di cui si è proprietari.
Le autostrade infatti non possono essere nazionalizzate perchè sono già destinate a tornare sotto il cappello pubblico.
Lo spiegava bene il professore dell’Università di Bergamo, Giorgio Ragazzi, già economista al Fondo Monetario Internazionale e consulente nel settore privato, sul sito La Voce.info il 27 giugno del 2014.
«La concessione di ogni autostrada prevede che, alla scadenza, l’infrastruttura venga devoluta gratuitamente al concedente, cioè allo Stato». Una norma semplice e mai applicata. Perchè i concessionari, secondo Ragazzi, cercano in ogni modo di ottenere rinnovi senza gara o almeno lunghe proroghe.
«È vero che l’Unione Europea impone che i rinnovi di concessione vengano assegnati per gara, ma certo non potrebbe obiettare se lo Stato, magari tramite l’Anas, si appropriasse dell’autostrada senza bandire alcuna gara. L’ostacolo maggiore è rappresentato dall’indennizzo che lo Stato dovrebbe pagare al “vecchio” concessionario per gli investimenti realizzati e non ancora ammortizzati»,scrive sempre Ragazzi.
Ecco quindi il ragionamento: l’esborso per l’indennizzo potrebbe essere finanziato a debito dall’ANAS (o da un altro ente pubblico che subentri nella proprietà dell’autostrada).
Non si tratterebbe però di una «nazionalizzazione» come la intendono i fan delle nuove Iri. E costerebbe bei soldini: Ricorda oggi Tommaso Rodano sul Fatto che i rapporti generali tra “concedente” (lo Stato, tramite Anas) e “concessionario”(Autostrade per l’Italia) sono regolati dalla convenzione firmata nel 2007, ai tempi del governo Prodi.
Lo Stato può avviare il procedimento di decadenza della concessione in caso di “grave inadempienza”da parte del concessionario. Tra gli obblighi assunti da Autostrade c’è anche il “mantenimento della funzionalità delle infrastrutture concesse attraverso la manutenzione e la riparazione tempestiva delle stesse”(art. 3, comma 1, lettera b della convenzione). Ipotizzata la “grave inadempienza”, lo Stato potrebbe quindi avviare la procedura per la revoca secondo l’articolo 9
La procedura deve iniziare con una contestazione formale, dopo la quale al concessionario (Autostrade) è concesso un primo “congruo termine” non inferiore a 90 giorni, e un “ulteriore termine non inferiore a 60 giorni per adempiere a quanto intima to ”. Traduciamo: iniziata la procedura, Autostrade avrebbe 5 mesi per mettersi in regola.
E questo spiega perchè Autostrade si è detta pronta a ricostruire il viadotto in cinque mesi (e non sei o quattro). Ma, come spiegavamo ieri, la revoca della concessione è blindata dall’articolo 9 bis: “Il Concessionario avrà diritto (…) ad un indennizzo/risarcimento a carico del Concedente in ogni caso di recesso, revoca, risoluzione anche per inadempimento del Concedente”. In sostanza, lo Stato sarebbe costretto a risarcire la società di Benetton anche in caso di inadempienza accertata. Di quanto?
Una ventina di miliardi di euro, visto che gli utili della società sfiorano il miliardo e mancano vent’anni alla fine della concessione. Un salasso di proporzioni mondiali, pari a più di un punto di PIL.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 17th, 2018 Riccardo Fucile
IL VICE-PREMIER RISCHIA ORA UNA QUERELA PER DIFFAMAZIONE: RINUNCERA’ ALL’IMMUNITA’ PARLAMENTARE?
I portavoce della famiglia Benetton affidano all’ AGI — Agenzia Italia la replica al vice premier Luigi Di Maio : “Tutte le tasse relative all’attività svolta da Autostrade per l’Italia vengono pagate in Italia”.
Dopo il drammatico crollo di Ponte Morandi a Genova, Di Maio proferendo affermazioni ancora una volta prive di fondamento, aveva accusato Autostrade per l’Italia, società controllata, attraverso Atlantia (quotata in Borsa), sostenendo che la società partecipata dalla famiglia Benetton “incassa i pedaggi più alti d’Europa“, accusandoli di pagare “tasse bassissime, peraltro in Lussemburgo“.
Affermazioni queste degne di una querela per diffcamazione, se Di Maio non si nascondesse dietro l’ immunità parlamentare.
I portavoce della famiglia Benetton hanno inoltre precisato che l’azionista di maggioranza di Atlantia è Sintonia spa che possiede il 30,25 per cento e fa capo alla stessa famiglia. Sintonia nasce nel 2009 come società finanziaria lussemburghese controllata dalla holding Edizione, dei Benetton, che “era stata creata in Lussemburgo per far
L’ultimo bilancio di Edizione, in cui Sintonia risulta ancora nella sua ragione sociale del diritto lussemburghese (SA), è quello del 2011, dove si parla di 37,5 milioni di euro di dividendi (erano 39,5 nel 2010).
Successivamente Sintonia nel 2012, cioè 6 anni fa, è stata riportata in Italia trasformadosi in società per azioni di diritto italiano che quindi paga le sue tasse sugli utili al fisco italiano.La “bufala” di Di Maio sul Lussemburgo, potrebbe avere origine nascere dal fatto che già nel bilancio 2009 si dava conto dell’esistenza di una Sintonia spa, “che però si occupava di altro”, e che è esistita per un breve lasso di tempo parallelamente alla Sintonia SA lussemburghese, e che però è andata a sciogliersi con l’operazione di ristrutturazione del gruppo Benetton avvenuta il 1 gennaio 2009. Fino a quel momento la società capogruppo era la Ragione di Gilberto Benetton & C sapa (società in accomandita per azioni) con sede legale e fiscale a Treviso.
Edizione Holding spa e Sintonia spa sono state incorporate dal primo gennaio 2009 in Ragione sapa che a sua volta si è trasformata in Edizione srl.
Nel frattempo Sintonia SA, a far data dal 27 giugno 2012, viene riportata in Italia, come già detto, e diventa una spa, con sede a Treviso, che paga le tasse in Italia sui propri utili percepiti dai divendi.
“Quindi — chiariscono ulteriormente i portavoce della famiglia Benetton — l’azionista di maggioranza di Atlantia (30,25 per cento), che controlla il 100 per cento di Autostrade per l’Italia, è una società di diritto italiano, Sintonia spa, che tramite Edizione srl fa capo alla famiglia Benetton“.
(da agenzie)
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Agosto 17th, 2018 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE EMERITO DELLA CORTE COSTITUZIONALE: SI STA INVERTENDO IL PRINCIPIO DI NON COLPEVOLEZZA”
“Il crollo impone a tutti una riflessione profonda su necessità di prevenzione e valutazione del
rischio e su tutte le tematiche legate alla realizzazione delle grandi opere. Detto questo, mi lascia perplesso l’assunzione di un ruolo molto autoritario e di dogmatica condanna preventiva, fra l’altro sostituendosi alla autorità giudiziaria”.
Lo afferma, in una intervista a La Stampa, il presidente emerito della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick. “A me non convince questo modo di procedere” spiega l’ex ministro della Giustizia:
“Tutta una serie di sintomi, indicazioni e provocazioni mi lasciano perplesso e non mi paiono in linea con l’impostazione costituzionale della nostra Repubblica. In passato abbiamo avuto dei tentativi di svuotamento della Costituzione dall’interno, come attraverso l’ultimo referendum, cui fui contrario per il suo contenuto e il modo in cui era stato proposto. Ma ora siamo arrivati ad una via più semplificata per disapplicare la Carta, a cominciare dall’articolo uno: quando si evoca la sovranità popolare, si dimentica che deve essere mediata dalle forme e dai limiti previsti dalla Costituzione”.
E aggiunge: “È l’ennesima riprova di quel che colgo in tanti altri ambiti di comportamento del governo. Il tema carcere ad esempio: aver buttato via la riforma del governo precedente, di fronte alla invivibilità delle nostre carceri, che registrano una crescita preoccupante dei suicidi. Mi riconosco pienamente nella valutazione del presidente Fico sul rischio di confondere la certezza della pena con la sua durezza. Ma poi c’è la posizione sull’ abolizione della legge Mancino, il tema della genitorialità , o quello dell’aborto che viene ora posto su tappeto. Pensiamo anche alla proposta di abolire il reato di tortura appena introdotto, con la motivazione di non ostacolare il lavoro delle forze dell’ordine. Tutte situazioni in cui si nega il dialogo e si fanno asserzioni di certezze dogmatiche”.
Secondo il giurista “si vive solo di presente e il passato viene usato esclusivamente per attacchi di campagna elettorale e per sottolineare la propria diversità . Che così sconfina in autoritarismo e dogmatismo. Pensi alla proposta di abolire la legge Mancino, mentre continuano ad esserci episodi preoccupanti di xenofobia, e questo nel momento in cui ricordiamo l’ottantesimo anniversario delle infami leggi razziali. L’orientamento dominante è di essere tolleranti solo verso l’intolleranza. Si dice ad esempio che le uova contro una persona non sono razzismo ma goliardia. Ricordo che a Dachau c’è scritto che chi dimentica il passato è condannato a ripeterlo”.
E sulla minaccia di revoca della concessione ad Autostrade precisa:
“Non conosco gli estremi di questa concessione e non so se vi sia stata una violazione che giustifichi la revoca in sede di autotutela. Mi preoccupa però la tendenza all’inversione del principio di non colpevolezza. Nel nostro Paese il sistema prevede garanzie e contraddittorio e anche, certo, la possibilità di adottare in via cautelare provvedimenti di urgenza. Ma tutto questo va valutato senza arrivare all’inversione dell’onere della prova. Può essere che la revoca sia fondata su elementi solidi e acquisiti. Ma avanzare questa ipotesi senza un minimo di istruttoria o minacciarla senza darle seguito mi preoccupa. E poi c’è un altro tipo di valutazione: così si introduce una forma implicita di diffidenza verso i giudici e la giustizia; pensi all’ipotesi di modifica della legittima difesa e al suo carattere di automatismo. La Costituzione è un manuale di sopravvivenza, bisogna applicarlo e bisogna che tutti abbassino i toni: maggioranza e anche opposizione, per uscire da una campagna elettorale permanente, altrimenti la ‘pacchia finisce’, ma per tutti”
(da “Huffingtonpost”)
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