Marzo 11th, 2023 Riccardo Fucile
LA TRAGEDIA DI CUTRO ERA EVITABILE, IL GOVERNO NEGA LE RESPONSABILITA’…NESSUN ESPONENTE DEL GOVERNO, MELONI INCLUSA, SENTE IL DOVERE DI PRESENTARSI AL COSPETTO DEI PARENTI DELLE VITTIME. MA IL KARAOKE CON LA CANZONE SULL’ANNEGATA NO, C’È UN LIMITE A TUTTO
Un Paese sulle cui coste naufraga un barcone di migranti, decine di morti e di dispersi, tanti bambini. Una tragedia evitabile. Un governo che nega ogni responsabilità, anche a dispetto di buchi e incongruenze, sguaiato e imbarazzante da rasentare l’autoparodia della destra più becera .
Se un gruppo di sceneggiatori si fosse seduto intorno a un tavolo per inventare delle scene al solo scopo denigrare Meloni e soci, avrebbe fatto fatica a tenere dietro a quello che è accaduto nella realtà.
Il giorno dopo la strage il ministro dell’Interno va sul posto e dice che la colpa di chi è morto, che se fuggi dal tuo Paese su una barca te la sei andata a cercare. Le bare dei migranti morti, anche quelle bianche dei bambini, restano allineate in un palazzetto senza che nessun esponente del governo, Meloni inclusa, senta il dovere di presentarsi al loro cospetto.
Tocca al presidente della Repubblica Sergio Mattarella fare il supplente della dignità che manca al governo. Quindi, per simulare uno straccio di empatia con la tragedia, il governo organizza un Consiglio dei ministri a Cutro, sul luogo della strage. Però in conferenza stampa la presidente del Consiglio perde la calma, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, al suo fianco, passa gran parte del tempo sul cellulare a fare smorfie e nessuno fa visita ai parenti delle vittime anche se sono lì, a poche centinaia di metri da loro. Infine, l’ultimo affronto, un’ultima scena in cui il giorno dopo la finta contrizione vanno tutti a sorpresa alla festa di compleanno del ministro, quello che giocava col cellulare.
Fanno un karaoke abbracciati e cantano un brano su una giovane che muore affogata. Gli altri si guardano contrariati: no dai, il karaoke con la canzone sull’annegata no, c’è un limite, è una trovata veramente di bassa lega, a questa non crede nessuno, cerchiamo di non esagerare, ché poi sembra il solito film di sinistra sui politici di destra che disprezzano i migranti.
Per questo, quando si guarda e riguarda il video della festa dei 50 anni di Salvini, con Meloni e il vicepremier che cantano abbracciati La canzone di Marinella, viene da pensare che è morta la satira, è morto il cinema ed è morta pure la vergogna.
(da La Repubblica)
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Marzo 11th, 2023 Riccardo Fucile
L’EX CALCIATORE E’ STATO SOSPESO DALLA RETE PUBBLICA PER AVER CRITICATO IL GOVERNO CONSERVATORE PER LA POLITICA RAZZISTA
Si è trasformato in un caso politico la bufera mediatica che ha travolto Gary Lineker, commentatore sportivo della Bbc ed ex calciatore professionista.
Nei giorni scorsi, Lineker aveva criticato su Twitter le nuove regole del governo britannico in materia di immigrazione, che negherebbero la possibilità a chi sbarca illegalmente nel Paese di chiedere asilo politico. «È una riforma infinitamente crudele, diretta alla gente più vulnerabile, il cui linguaggio non si discosta molto da quello usato dalla Germania negli anni ’30», ha scritto il giornalista della Bbc.
Un intervento che non è passato inosservato e ha spinto l’emittente pubblica britannica a sospendere Lineker dalla conduzione del suo principale programma calcistico, Match of the day.
La decisione, però, ha generato un’ondata di indignazione sia tra l’opinione pubblica inglese che tra i dipendenti, che hanno annunciato il boicottaggio delle trasmissioni del weekend. «Il vero problema è che la Bbc ha compromesso la propria credibilità con questa decisione», ha commentato oggi – sempre alla Bbc – l’ex direttore generale della tv pubblica inglese Greg Dyke.
Il boicottaggio
Lineker non ha commentato le ultime evoluzioni del terremoto politico scatenato dalle sue dichiarazioni. Durante una diretta televisiva, il suo collega Dan Walker ha letto una conversazione privata tra i due, in cui Lineker gli scrive: «La Bbc mi ha chiesto di fare marcia indietro».
La polemica, intanto, continua ad allargarsi. La Premier League ha informato le 12 squadre che giocheranno oggi che a giocatori e allenatori non sarà chiesto di rilasciare interviste per Match of the day, il programma condotto fino a qualche giorno fa proprio da Gary Lineker. Secondo quanto riportano i media inglesi, il programma andrà in onda senza un presentatore in studio, esperti o commentatori.
La decisione della Premier League di unirsi al boicottaggio delle reti tv pubbliche deriva anche dal fatto che diversi giocatori avevano anticipato di voler rifiutare l’intervista post-partita con la Bbc per questa giornata di campionato.
Il sindacato dei calciatori inglesi, la Professional Footballers Association, ha accolto con soddisfazione la presa di posizione della Premier League. Nelle scorse ore, l‘emittente inglese ha chiesto scusa ai propri dipendenti per i disagi sul luogo di lavoro, soprattutto tra chi lavora nelle trasmissioni sportive. Mentre Ed Davey, leader del Partito Liberal democratico, ha chiesto le dimissioni del capo della Bbc Richard Sharp.
(da Open)
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Marzo 11th, 2023 Riccardo Fucile
E’ IL SOLO LEADER POLITICO A NON AVER RISPETTATO LA LEGGE CHE OBBLIGA I PARLAMENTARI ALLA PUBBLICAZIONE CHE VA DEPOSITATA IN SENATO… IL SILENZIO DI LA RUSSA
Silvio Berlusconi è il solo leader politico a non avere rispettato la legge che obbliga parlamentari e membri del governo alla pubblicazione della ultima dichiarazione dei redditi, della situazione patrimoniale e in caso di inizio legislatura anche dei finanziamenti ricevuti e delle spese effettuate durante la campagna elettorale.
Tutta la documentazione doveva essere depositata in Senato e resa pubblica nella scheda personale del senatore sul sito Internet della istituzione entro tre mesi dalla sua proclamazione.
Il termine ultimo entro cui effettuare il deposito era dunque quello del 13 gennaio 2023. Alla data di sabato 11 marzo, Berlusconi non aveva ancora reso pubblico nessuno dei documenti richiesti, tenendo riservata la sua condizione economica e reddituale che per lustri aveva invece reso pubblica perfino con un certo orgoglio.
Gran parte dei parlamentari non era in regola alla data del 13 gennaio, ma gli obblighi di legge sono stati rispettati con due o tre settimane al massimo di ritardo e considerando le vacanze natalizie probabilmente gli uffici di Camera e Senato hanno chiuso un occhio.
Nel caso di Berlusconi invece la violazione di legge è a questo punto evidente, e secondo l’articolo 7 della legge che impone la pubblicità di quegli atti (legge 441 del 5 luglio 1982 nelle successive modifiche), «il Presidente della Camera alla quale l’inadempiente appartiene lo diffida ad adempiere entro il termine di quindici giorni.
Senza pregiudizio di sanzioni disciplinari eventualmente previste nell’ambito della potestà regolamentare, nel caso di inosservanza della diffida il Presidente della Camera di appartenenza ne dà notizia all’Assemblea».
Visto il tempo passato, sia diffida che notizia all’assemblea per mancato adempimento avrebbero dovuto essere già date. Ma la tirata d’orecchie del presidente del Senato, Ignazio La Russa, fin qui non è ancora arrivata.
La legge peraltro non prevede alcun altro tipo di sanzione per la sua inosservanza, e non è raro che qualcuno decida di infischiarsene non correndo particolari rischi nel farlo. Non era mai accaduto nella storia parlamentare di Berlusconi, che in Italia si era chiusa con la sua decadenza da senatore nel novembre 2013, la mancata pubblicazione della sua situazione patrimoniale e reddituale.
Anche dopo essere stato eletto parlamentare europeo nel 2019, Berlusconi aveva adempiuto agli obblighi di trasparenza compilando e firmando la «dichiarazione di interessi finanziari». In quel caso non si tratta della dichiarazione dei redditi – che nella Ue non è richiesta – ma dell’elenco delle cariche ricoperte e delle partecipazioni societarie eventualmente detenute specificando se per quelle o per attività da lavoratore dipendente o da lavoratore autonomo percepiva un reddito. In quella occasione Berlusconi dichiarò, elencandoli, di avere solo incarichi non retribuiti e di non percepire altro reddito diverso dalla indennità da parlamentare europeo.
(da agenzie)
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Marzo 11th, 2023 Riccardo Fucile
“E’ UNA NUOVA GUERRA FREDDA SENZA IDEALI”
“Non ci sono segnali di uno sgretolamento del potere, le élite che il presidente ha selezionato lo sostengono compatte e il Cremlino non ha altra scelta se non la continuazione del conflitto”: Ilya Matveev, scienziato politico di San Pietroburgo, non è ottimista.
“L’economia russa sta adeguandosi alle esigenze belliche”, nota. “Mentre la situazione finanziaria del Paese appare sostenibile e la vastità della sua popolazione in teoria permette di andare avanti all’infinito o quasi”.
E mentre in Ucraina si muore, “il mondo è alle prese con la Nuova guerra fredda”. Che, contrariamente alla prima versione, “non ha ideali, è combattuta solo per il denaro e il potere: è una guerra fredda ad alto livello di degrado”. A confrontarsi sono “due imperialismi in fondo simili”. Perché la plutocrazia di Putin “non è che una caricatura del capitalismo americano”.
Il politologo è profondamente contrario alle limitazioni della libera circolazione nell’Unione Europea dei comuni cittadini russi e alla fortificazione dei confini intrapresa da Paesi come la Finlandia: “L’Europa deve articolare una visione della Russia del futuro, con cui rapportarsi positivamente”
Matveev, fondatore di testate come Openleft.ru e specialista dell’economia del suo Paese, oltre che della politica, è anche uno studioso del socialismo democratico.
Fanpage.it lo ha raggiunto com una videochiamata nella località dove è emigrato dopo l’invasione dell’Ucraina da parte delle forze armate russe.
La guerra sarà lunga?
Lunga e terribilmente distruttiva. Catastrofica per l’Ucraina e, in modo diverso, anche per la Russia. Le statistiche indicano che la nostra produzione militare sta gradualmente aumentando: le forze armate avranno presto rifornimenti adeguati. Il commercio di idrocarburi continua ad assicurare una relativa stabilità finanziaria. E poi ci sono i russi. Il Paese è immenso. Solo una piccola parte della popolazione abile è stata mobilitata. Una nuova chiamata alle armi non porterebbe a niente di determinante, perché ritengo che Mosca non abbia comunque le capacità per ottenere una vittoria decisiva e definitiva. Ma ha certo la capacità di prolungare il conflitto.
Il prolungamento della guerra è un obbiettivo preciso del Cremlino?
È l’unico modo in cui il regime vede il futuro. Non ha altre scelte. Il compito è “non perdere la guerra”. Al Cremlino si è capito che non c’è la capacità per vincerla, anche se Putin in fondo ci spera ancora. Si vuole sole evitare la sconfitta. Questo dilata i tempi
E se ci fosse una sonora sconfitta russa sul terreno?
Il potenziale offensivo dell’Ucraina non è esaurito. Una campagna come quella dello scorso autunno su Kherson è possibile. E una nuova vittoria sul campo potrebbe spingere la Russia ad avviare vere trattative. È possibile. Non estremamente probabile. Ma possibile.
Quali sono le implicazioni della guerra in Ucraina per il potere in Russia?
Non vedo alcun segnale di “sgretolamento”, per il potere di Putin. Si è circondato di persone obbedienti e codarde. Nei suoi 22 anni al comando, ha avuto tutto il tempo di escludere chi fosse abbastanza audace da criticarlo in modo diretto. Chi oggi fa parte del sistema non si oppone mai apertamente a Putin. Dice di sì a qualsiasi cosa. Non c’è alcuna frattura nella classa dirigente. Chi non era pronto a conformarsi è stato scartato. È in prigione, in esilio o comunque emarginato. Penso anche a gente fedele a Putin, ma non al punto da assentire su tutto.
Come Alexey Kudrin, l’ex ministro delle finanze “degradato” a manager di un’azienda privata?
Kudrin, è l’esempio più chiaro: è una delle poche persone che Putin abbia mai definito “un vero amico”. Per undici anni ministro delle Finanze, fu bruscamente accantonato. Messo poi a capo della Corte dei Conti, adesso è stato ulteriormente declassato a top manager di Yandex, il Facebook russo. Motivo: Kudrin pur non criticando direttamente la guerra in Ucraina ha osato avvertire delle conseguenze economiche negative, in un riunione con Putin, un anno fa.
Ma il fatto che personaggi vicini al regime siano colpiti da sanzioni personali da parte dell’Occidente non li fa dubitare nemmeno un po’ della opportunità di restar fedeli al capo?
Hanno tutti i loro “santuari”. Rifugi sicuri, come Dubai. E poi hanno permessi di residenza o seconde cittadinanze nei Paesi europei. Comunque, sono relativamente pochi gli associati al regime di Putin sotto sanzione. Molti possono ancora viaggiare tranquillamente in Europa. E le riviste patinate sui resort esclusivi, gli yacht e i marchi di lusso dell’Occidente continuano a essere pubblicate in russo: le vendite non sono diminuite.
Che ne pensa invece delle sanzioni contro i normali cittadini russi. Che non possono più entrare liberamente in Finlandia o nei paesi baltici, per esempio.
Questa guerra riflette le divisioni di classe. A chi è veramente ricco non viene rifiutato niente. Se sei russo e hai una villa in Finlandia, nessuno ti fa problemi alla frontiera. Ma se sei un poveraccio che deve viaggiare attraverso la Finlandia per raggiungere i tuoi familiari nell’Unione Europea, ti negano l’entrata.
La Finlandia sta costruendo una barriera di filo spinato sul confine russo. Non potrebbe provocare guai futuri, a guerra finita, in un ipotetico dopo-Putin? I fili spinati tendono a creare risentimenti duraturi.
L’Europa deve articolare la visione di una futura Russia democratica e pacifica, e di relazioni positive. Quella di non volerne più saper niente e di fortificare le frontiere è una pessima idea, anche se è comprensibile vista l’attuale aggressività di Mosca. Si rischia di creare una sorta di Corea del Nord. Ma con le dimensioni territoriali e militari di una superpotenza. Del tutto imprevedibile e in grado di provocare danni di ogni tipo.
Lei parla di una futura Russia democratica, però nel suo Paese nessuno protesta più. I sondaggi indicano che il sostegno a Putin e alla sua guerra è alto.
I sondaggi di opinione in Russia non hanno validità alcuna. Perché ogni critica alla guerra è considerata un reato ed è perseguibile penalmente. Anche per un post privato, rivolto solo ad amici, si può finire in galera. Cosa mai dovrebbe rispondere uno che viene raggiunto dalla telefonata di un centro statistico alla domanda “cosa pensi della guerra”? Nessuno dirà mai di essere contrario. Le statistiche erano sospette anche prima, perché i regimi autoritari sono di per sé un ostacolo all’attendibilità dei sondaggi. Ora sono del tutto inaffidabili.
La Russia è diventata uno Stato totalitario?
No. Il regime non ha ancora un controllo monolitico sulla società, né una ideologia strutturata. E non mobilita la popolazione attraverso organizzazioni ad hoc. Non ha al momento tutte le caratteristiche del totalitarismo.
Quindi resta “solo” un regime autoritario. Ha qualche somiglianza col fascismo, come ritiene lo storico americano Timothy Snyder?
È sicuramente un autoritarismo, dato che il potere è un mano a un gruppo di persone non responsabile di fronte alle istituzioni. Ed è un regime che si sta rapidamente “fascistizzando”: sta cercando di implicare sempre più persone nei crimini di Stato. Si impongono le lezioni di patriottismo e la versione putiniana della Storia nelle scuole, si spiegano ai bambini le falsità ufficiali riguardo alla “operazione militare speciale” in Ucraina, si incoraggia la delazione dei cosiddetti “patrioti” nei confronti di pacifisti e oppositori del regime.
Eppure in molti in Occidente considerano la Russia di Putin un Paese “di sinistra”. Un po’ per il retaggio sovietico, un po’ perché comunque si oppone agli Usa, con tutto quel che gli Usa rappresentano. Lei, come studioso del socialismo, che ne pensa?
La Russia di oggi è l’opposto di un Paese socialista. Ha il poco invidiabile record mondiale delle diseguaglianze e delle differenze di reddito. Lo Stato sociale viene costantemente indebolito. Il sistema è classista perché privilegia le élite vicine al potere e una cricca di miliardari e funzionari corrotti. A scapito del resto della popolazione.
Però Putin ha riportato allo Stato o a conglomerati riconducibili allo Stato le attività economiche strategiche. Non sarà socialismo ma nemmeno capitalismo. Che sistema economico c’è, in Russia?
La Russia di Putin è la caricatura di un paese capitalista. Il presidente e i suoi sodali hanno ereditato l’immagine del capitalismo creata dalla propaganda sovietica: una società di ricconi col cilindro in testa, macchine di lusso e residenze principesche mentre il resto della popolazione vive in povertà. E hanno deciso di costruire proprio questo tipo caricaturale di capitalismo. In cui quelli col coppello a cilindro, le Ferrari e i castelli sono loro. Davvero è una società enormemente iniqua.
Resta il fatto che in politica internazionale Putin propone un multipolarismo più o meno “terzomondista” che molti — anche in Italia — vedono come una valida alternativa all’ “eccezionalismo” americano.
La Russia non è un’alternativa. Il vero obiettivo di Putin in politica estera è la rivendicazione della sfera d’influenza russa nello spazio post-sovietico. In pratica, vuole un Paese che sia esattamente come gli Stati Uniti: un potere imperialista.
Ma lo scopo dell’invasione dell’Ucraina è solo difensivo, dice Putin. Si tratta di difendersi dall’espansione della Nato.
I motivi sono più profondi. Al Cremlino si ritiene che l’Ucraina sia parte dell’identità della Russia come grande e potente Stato imperiale. Si prende alla lettera quel che disse una volta Zbigniew Brzezinski (consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Usa Jimmy Carter, ndr): “Mosca senza Kyiv non è una superpotenza”. Quindi, lo scopo della guerra è soggiogare l’Ucraina e farne, se non parte della Russia, uno Stato subordinato come la Bielorussia. Si tratta di un’aggressione imperialista dalle molte sfaccettature, in corso da decenni. Con una sua dimensione coloniale. Putin ha perseguito la destabilizzazione politica del Paese vicino sostenendo la presidenza Yanukovych, ha acquisito attività imprenditoriali per colonizzarlo economicamente, ha intrapreso misure attive con i suoi servizi di sicurezza. Visto che niente ha funzionato. Ha infine scelto la “soluzione finale”. Per ridurre Kyiv a una sorta di “dipendenza coloniale”. Come Minsk.
Insomma, la Russia di Putin secondo lei è un potere imperialista e quindi non rappresenta un’alternativa all’America. Ma l’Urss era anch’essa di fatto imperialista. E, a torto o a ragione, rappresentava un’alternativa per tanti.
L’Unione Sovietica, almeno con la retorica, un’alternativa la proponeva. Sosteneva in modo articolato di rappresentare un’opzione diversa rispetto all’ordine mondiale dettato dal capitalismo. I leader dell’Urss parlavano di una società egualitaria e di relazioni internazionali pacifiche. Putin, no. L’unica alternativa che propone è un retrogrado tradizionalismo: avversione al femminismo, alle persone Lgbt, al progresso sociale. Se vi piace un Paese così, allora la Russia fa per voi. Ma in politica internazionale, che attrazione dovrebbe mai avere Mosca? Il propugnato multipolarismo si riduce a uno scontro continuo e molto pericoloso tra due blocchi imperialisti. Nient’altro.
È in corso una nuova guerra fredda?
È in atto una lotta senza quartiere fra quello che in Russia chiamiamo “Occidente collettivo”, e Mosca. È la Nuova guerra fredda. Peggiore della prima. Perché allora c’erano periodi di distensione, mentre oggi le relazioni sono costantemente assenti o a livelli infimi. Inoltre, la Cina si avvicina sempre più alla Russia. E gli Stati Uniti sono sempre più in rotta di collisione con Pechino. La situazione è esplosiva.
Un’altra differenza, oltre a quanto ha appena detto?
Allora c’erano narrative ideologiche antagoniste. Ma nella Nuova guerra fredda la Nato e la Russia sono solo due imperialismi a confronto. È una guerra fredda senza ideali. Si fa tutto solo per il denaro e il potere. Si potrebbe dire che è una guerra fredda ad alto livello di degrado.
(da Fanpage)
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Marzo 11th, 2023 Riccardo Fucile
“UN ANNO FA AVEVAMO ESPOSTO UN STRISCIONE CONTRO L’INVASIONE IN UCRAINA, MA IN QUEL CASO NESSUNA MULTA”
“Nessuno e nessuna di noi si considera una vittima. Le vittime sono in fondo al mare, oltre 26mila in questi ultimi dieci anni”: così l’Asd Athletic Brighela replica alla sentenza del giudice sportivo della delegazione di Bergamo che ha multato la società – nonché squalificato per un periodo il capitano e il dirigente accompagnatore e allenatore – per aver esposto uno striscione di protesta contro le morti nel Mediterraneo prima del fischio d’inizio della partita del campionato di calcio di Terza categoria dello scorso 5 marzo disputata a Scanzorosciate (nella Bergamasca) contro il River Negrone.
La società sportiva – nata nel 2021 con il dichiarato obiettivo di “provare a rompere determinati schemi e stilemi aberranti radicati nel sistema calcio, riaffermando un modello più sostenibile, solidale e inclusivo di gestione, amministrazione e coinvolgimento di atlete, atleti e supporter della pratica sportiva” – parla di “provvedimento ai limiti” e ammette che “quanto è successo ci ha sorpreso, inevitabilmente”, ribadendo però con forza che “non ci sentiamo affatto in colpa. La multa ci è arrivata e le squalifiche sono arrivate? Pagheremo”.
Perché “noi socie e soci, prima di essere parte dell’azionariato popolare che sostiene economicamente l’infrastruttura Brighela, siamo persone, libere cittadine e cittadini. Pensiamo, dunque siamo. Esistiamo in quanto esseri pensanti. Gli esseri pensanti osservano, riflettono e, dove vedono ingiustizia e barbarie, si indignano”.
E quindi “mettono punti esclamativi laddove l’umanità cessa di esistere. Pongono interrogativi allorché le risposte tardano o stentano ad arrivare”.
L’obiettivo di quel lenzuolo bianco esposto dai giocatori prima della partita era richiamare l’attenzione su “un genocidio sommerso dall’ipocrisia di un mondo che, al di là della linea abissale, finge che non esistano corpi deumanizzati. Corpi violabili. Corpi inutili e inesistenti – si legge ancora nella nota diramata dall’Athletic Brighela – Non riconoscere che questo solco tracciato lungo i confini delle acque internazionali esista, equivale a non comprendere la drammaticità di un sistema politico, economico, sociale e culturale che strutturalmente separa soggetti abilitati alla dignità e soggetti sacrificabili. Ecco, noi volevamo porre l’accento su questo e lo rivendichiamo”.
Tanto più che “non era la prima volta. Ci era già capitato di scendere in campo esattamente un anno fa contro la guerra in Ucraina – continuano dalla società bergamasca – Nessuna multa. Nessun deferimento. Nessuna squalifica”.
Molte associazioni e privati cittadini nelle ultime ore hanno espresso solidarietà e si sono offerti di pagare la multa comminata all’Athletic Brighela, ma i diretti interessati vogliono lanciare una sfida: “Sosteniamo direttamente una Ong che, nonostante i decreti, si appresta a salvare vite umane. Questa è l’emergenza. Di questo si deve parlare. Dobbiamo alzare la testa e renderci conto delle responsabilità politiche che stanno dietro alle tragedie”.
Quindi nei prossimi giorni la società comunicherà tramite i propri canali social i dettagli della campagna crowdfunding che verrà avviata a sostegno di una Ong.
Nel frattempo, tutti i componenti dello staff del Brighela si definiscono “tristi, perché mai avremmo pensato di dover mettere in discussione un pensiero umanitario giudicato come politico e, probabilmente, scomodo e inopportuno. Valuteremo con attenzione le carte che a breve chiederemo per valutare un eventuale ricorso”.
Ma nello stesso tempo tranquillizzano i follower: “Noi stiamo bene – concludono – Noi la prossima domenica scenderemo in campo e andremo sugli spalti felici di aver alzato la testa per l’ennesima volta”.
Intanto Davide Casati, sindaco di Scanzorosciate e consigliere regionale eletto nelle fila del Pd, ha invitato i giocatori dell’Athletic Brighela in Comune, offrendosi di esporre nel centro civico lo striscione che è costato alla squadra multa e squalifiche: “Mi auguro che vengano riviste le decisioni su sanzioni e squalifiche, perché non è possibile ignorare ciò che ha spinto i ragazzi a esporre lo striscione, né punirli per aver fatto sentire la loro voce in difesa delle vittime innocenti di Cutro” dichiara, esprimendo sostegno e vicinanza “a questa squadra di ragazzi che dimostrano, accanto all’impegno sportivo, la volontà di affermare e difendere i valori di umanità e solidarietà”.
Perché “ciò che accade nel nostro Paese e nel mondo, soprattutto se riguarda la morte di 73 persone – conclude Casati – non può e non deve fermarsi al perimetro del campo da gioco”.
(da agenzie)
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Marzo 11th, 2023 Riccardo Fucile
IL RACCONTO DI ALIDAD SHIRI: “SIAMO RIMASTI FUORI AD ASPETTARLA FINO ALLE NOVE DI SERA”
Alidad Shiri è corso a Cutro appena ha ricevuto la telefonata della sua famiglia, più di una settimana fa. È partito da Bolzano, dove vive e lavora, per andare a cercare suo cugino Atiqullah, 17 anni. Era sulla barca. Su quella barca. E risulta ancora tra i dispersi.
La sua storia è simile a milioni di altre. Lo stesso Alidad ha una storia simile, su cui ha scritto anche un libro – Via dalla pazza guerra, uscito nel 2021 – dopo essere arrivato in Italia sotto un camion nel 2005. Anche Alidad è partito dall’Afghanistan.
Oggi lavora in un centro per minori a Bolzano, fa l’educatore, il giornalista e gira le scuole d’Italia per sensibilizzare i più giovani. A Cutro ha aspettato per giorni suo cugino. Ora sta tornando a casa, senza aver avuto sue notizie.
L’attesa, la speranza e il dolore di tante famiglie e vite spezzate. Come sono stati questi giorni a Cutro?
Sono andato a Cutro una settimana fa a cercare mio cugino, che si trovava sulla nave. Aveva 17 anni. Mi ha chiamato sua sorella dall’Iran, io neanche sapevo fosse partito. Mi ha chiesto di andare a Crotone. Ho cercato ovunque, dalla polizia scientifica, all’ospedale, al centro di accoglienza. Al momento è ancora tra i dispersi. Sono rimasto una settimana a Cutro anche per aiutare i familiari degli altri naufraghi, ho cercato di fare da interprete e di dare loro un po’ di forza morale. La situazione è molto difficile. C’era una famiglia di ventuno persone che erano sulla nave. Cinque sono sopravvissuti, dieci sono morti e sei sono tra i dispersi. Ho cercato di stargli vicino.
Ci racconta il viaggio di suo cugino?
La situazione in Afghanistan è molto difficile, soprattutto per i giovani e per chi vuole studiare. Mio cugino è scappato quando i talebani sono tornati. Ormai più di un anno fa. Come tutti quelli che hanno potuto in quel momento. È andato in Pakistan, poi in Iran e da lì è arrivato in Turchia. Lì è rimasto a lavorare per un anno. Quando ha risparmiato abbastanza soldi ha pagato i trafficanti ed è salito sulla nave.
Perché chi parte non ha alternativa…
Dall’Afghanistan scappano soprattutto le donne, dal ritorno dei talebani. Non possono lavorare, studiare, niente. Prima avevano una dignità e un lavoro. Ad esempio c’erano 2.500 giornaliste donne. La loro colpa è aver studiato e per questo rischiano la vita. Tutte le persone che hanno collaborato con la comunità internazionale spesso vengono arrestate, torturate e uccise, ma noi non ne sappiamo niente perché siamo molto concentrati sull’Ucraina.
Tornando ai giorni successivi al naufragio, cos’è successo con il governo italiano?
Il governo ha deciso di mandare tutte le salme a Bologna senza avvisare le famiglie. Abbiamo chiesto di fermare il trasporto e hanno cambiato idea. Siamo dovuti rimanere tutto il giorno lì a bloccare la strada. Solo alla fine abbiamo trovato una soluzione grazie a una dirigente del ministero dell’Interno arrivata da Roma. Altrimenti avrebbero mandato le salme a Bologna per essere sepolte lì. Il Presidente della Repubblica ci aveva promesso che le salme sarebbero state riportate in patria.
Perché non è stato fatto allora? Come si sta organizzando il rientro delle salme?
Il governo ci ha detto che non ha rapporti con i talebani, ma è strano perché è venuto fuori solo dopo dodici giorni. Perché non hanno coinvolto l’Onu per una mediazione? La comunità internazionale ha un rapporto con loro. Allora ci hanno detto che se le singole famiglie fossero riuscite a trovare un’agenzia per trasportare la salma, il ministero sarebbe stato disponibile a pagare le spese.
Altri familiari delle vittime, però, lamentano proprio il fatto che le salme sono bloccate in Germania perché il governo italiano non paga le agenzie. Non stanno rispettando le promesse?
Potrebbero essere bloccate lì, sì. Le agenzie volevano subito i soldi e la dirigente del ministero non dava risposte. Ci hanno promesso di pagare loro. Il costo è di oltre quattromila euro a salma. Siamo riusciti a coinvolgere alcune agenzie tedesche è vero. Così le salme andranno prima in Germania, poi in Turchia e infine a Kabul. Non ci sono voli diretti tra Italia e Afghanistan. C’era un volo verso l’Uzbekistan, ma il costo era di 350mila euro e il governo italiano ha rifiutato di pagare la spesa. Perciò ogni famiglia deve trovare un’agenzia per conto suo.
La presidente Meloni e tutti i ministri del suo governo sono venuti a Cutro, ma non vi hanno incontrati. Poi l’invito a Roma. Cosa ne pensa?
Siamo profondamente arrabbiati e tristi. La presidente Meloni poteva almeno fare un salto, siamo rimasti fino alle nove di sera ad aspettare. Abbiamo sperato fino all’ultimo che passasse almeno un ministro, a fare un saluto. Poi ho visto il comunicato che ha mandato ai giornalisti sull’invito, ma noi familiari non abbiamo ricevuto niente.
(da Fanpage)
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Marzo 11th, 2023 Riccardo Fucile
I SINDACI LASCIANO FIORI SULLA SPIAGGIA
Almeno diecimila persone si sono radunate oggi a Cutro e, in corteo, hanno raggiunto la spiaggia di Steccato dove, il 26 febbraio scorso, sono morti decine di migranti in un naufragio.
Associazioni, partiti, sindacati e movimenti hanno preso parte alla manifestazione «Fermare la strage subito», in testa alla quale una croce realizzata con il legno della barca della tragedia ha guidato i partecipanti fino a poche centinaia di metri da dove sono stati recuperate le vittime. Qui i sindaci, non solo del crotonese, che indossavano la fascia bianca in segno di lutto per i bambini morti nel naufragio, hanno deposto una corona e molti fiori.
Settantasei, in tutto, i corpi recuperati finora nelle operazioni di ricerca: 31 i bambini – 22 dei quali sotto i 12 anni – con il ritrovamento oggi, sabato 11 marzo, di altre due bambine.
(da agenzie)
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Marzo 11th, 2023 Riccardo Fucile
I RAPPORTI CON IL TERZO POLO SARANNO IMPORTANTI QUANDO ARRIVERANNO I MOMENTI DI FIBRILLAZIONE, CIOÈ PRIMA, DURANTE E DOPO LE EUROPEE DEL 2024 CHE FISSERANNO I RAPPORTI DI FORZA NEL PAESE
Il Guardasigilli ha smesso di parlare ma non di scrivere. E ha inviato alla premier i provvedimenti sulla giustizia da varare per i prossimi mesi. L’obiettivo di Carlo Nordio è ristabilire le priorità che si era dato quando è entrato al ministero. Ha illustrato a Giorgia Meloni i progetti che vorrebbe licenziare in Consiglio dei ministri per poi sottoporli all’esame delle Camere. In agenda ha inserito l’abuso d’ufficio (che mira sempre a cancellare), il traffico d’influenze (che intende quantomeno cambiare) e la custodia cautelare (che vuole assolutamente modificare).
«Le norme sono in fase di elaborazione», ha assicurato a un dirigente del Terzo polo, con cui ha discusso come se fosse un alleato più che un avversario. Forse perché l’ostilità il Guardasigilli ce l’ha in casa. In ogni caso perché sulle riforme della giustizia il partito di Calenda ha manifestato in più occasioni un atteggiamento di aperta collaborazione.
Il dialogo tra Palazzo Chigi e i vertici della forza riformista in realtà non si è mai interrotto. E spazia su molti altri temi: dalla politica internazionale a quella energetica. Fino alla difesa e addirittura all’immigrazione.
Raccontano infatti che la presidente del Consiglio abbia apprezzato l’atteggiamento del Terzo polo verso il governo dopo la tragedia di Cutro. E in particolare il discorso tenuto al Senato da Matteo Renzi: l’ex premier — nonostante abbia criticato la gestione del naufragio e la relazione presentata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi — è parso costruire «un ponte» verso l’esecutivo. Dall’altro lato della barricata, Azione e Italia Viva mostrano «interesse» verso la parte del decreto sull’immigrazione che si occupa della gestione dei flussi.
Il fatto che il provvedimento preveda l’ingresso di forza lavoro straniera in Italia, e che la quota di migranti a cui concedere il visto possa essere aumentata all’occorrenza attraverso un semplice Dpcm, non testimonia solo l’accentramento della materia a palazzo Chigi.
È il segno di una svolta per un gabinetto di destra-centro. Fa capire come palazzo Chigi stia lentamente modificando la sua rotta «sovranista». Accredita con un ulteriore indizio quel progetto europeo che il lungo colloquio fuori protocollo di Meloni con il premier olandese ha reso ancor più manifesto. Specie se fosse vero che Mark Rutte starebbe pensando di succedere a Charles Michel alla presidenza del Consiglio dell’Ue.
Esistono chiari punti di contatto tra la leader del partito di maggioranza e la forza di opposizione, rappresentanti dell’esecutivo non nascondono che i rapporti alla linea di confine tra maggioranza e opposizione «saranno importanti quando inevitabilmente arriveranno i momenti di fibrillazione».
Cioè a cavallo delle Europee, «prima durante e dopo» il voto del 2024 che darà il fixing dei rapporti di forza nel Paese, per effetto del sistema elettorale proporzionale. Per allora è previsto un ulteriore (e sostanziale) mutamento della geografia politica nazionale.
(da il Corriere della Sera)
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Marzo 11th, 2023 Riccardo Fucile
NEL LAZIO L’UNICA COSA CERTA È CHE FRANCESCO ROCCA SI TIENE LA SANITÀ (IN QUOTA ANGELUCCI, VISTI I RAPPORTI DI LUNGO CORSO CON I RAS DELLE CLINICHE ROMANE)
Di emergenze Francesco Rocca ne ha gestite tante, sia con la Croce Rossa Italiana che con quella internazionale, ma forse non si immaginava che la vera maxi emergenza una volta eletto governatore sarebbe stata quella di tenere insieme la sua coalizione.
Neppure l’incontro di mercoledì scorso a Palazzo Chigi con Giorgia Meloni ha portato all’attesa fumata bianca sulla formazione della giunta. La Lega non rinuncia alla presidenza del consiglio regionale, decisa a bilanciare lo strapotere di Fratelli d’Italia, Forza Italia non accetta assessorati di seconda fascia, e pure all’interno di FdI, tra quote rosa, rappresentanza delle province e soprattutto le correnti tanto combattute dalla leader del partito, il clima non è sereno.
L’unica certezza resta quella che Rocca terrà per sé la delega alla sanità. Sembra ce ne siano anche altre, seppure non troppe. L’ipotesi principale resta infatti quella della presidenza del consiglio regionale ad Antonio Aurigemma, di Fratelli d’Italia, di sei assessorati a FdI, due alla Lega e due a FI.
Sostanzialmente certi inoltre gli assessorati a Giancarlo Righini, Mr. preferenze di FdI, vicinissimo a Francesco Lollobrigida, a cui dovrebbero andare le deleghe al Bilancio e all’Agricoltura, a Roberta Angelilli, a cui dovrebbero andare la vicepresidenza ( a cui ambisce però pure FI) e la delega allo Sviluppo economico, a Massimiliano Maselli, sostenuto dal deputato ex centrista Luciano Ciocchetti, a cui dovrebbe andare l’Urbanistica, e a Fabrizio Ghera, a cui potrebbero andare Trasporti e Rifiuti.
LOMBARDIA, ECCO LA GIUNTA: 7 DI FDI SU 16
Il primo round si è concluso alle 3 di notte. La ripresa ieri mattina tra veti incrociati e strascichi polemici. Si è andati avanti fino a sera quando si è sciolto l’ultimo nodo che riguardava la casella della Cultura. Habemus giunta lombarda. Con alcune sorprese dell’ultima ora. Il passo indietro di Stefano Zecchi dalla poltrona della Cultura e la mancata nomina a vicepresidente della giunta di Romano La Russa, fratello di Ignazio, presidente del Senato. Confermato alla Sanità, Guido Bertolaso. Grazie alla nomina in giunta dell’azzurro Gianluca Comazzi rientra in Consiglio regionale l’ex assessore alla Sanità, Giulio Gallera, primo dei non eletti.
Sedici assessori e quattro sottosegretari per il governatore Attilio Fontana. Il bilancino del voto ha premiato Fratelli d’Italia con sette assessorati e la vicepresidenza, segue la Lega con cinque, due a Forza Italia e due in «quota Fontana».
Nel partito di Meloni fa l’en plein Marco Alparone, che oltre al Bilancio ha cucito addosso i gradi di vicepresidente. Romano La Russa si deve accontentare di una serie di deleghe tradizionalmente in mano a FdI: la Sicurezza, la Polizia locale e la Protezione civile. Ma la vera sorpresa della giornata arriva con la nomina di Francesca Caruso, avvocata di Varese, per il posto che fu di Stefano Bruno Galli, ossia la poltrona della Cultura.
Il giallo riguarda Vittorio Sgarbi. Il critico ha puntato il dito contro Licia Ronzulli che avrebbe posto il veto alla sua nomina. […] Nessun veto — replica la capogruppo di FI —: il problema non è mai stato sulla sua persona ma sull’assegnazione degli assessori tra gli alleati».
Alla Lega toccano le Infrastrutture con la conferma di Claudia Terzi. Mantengono la stessa delega anche Guido Guidesi allo Sviluppo economico, Massimo Sertori alla Montagna e enti locali, Elena Lucchini alla Famiglia e pari opportunità. Alessandro Fermi, ex presidente dell’Aula, diventa assessore all’Università e ricerca. Per Forza Italia ci sono Comazzi e Simona Tironi, dirottata all’Istruzione. Infine i due assessorati in quota Fontana. La conferma di Bertolaso e l’arrivo di Giacomo Cosentino all’Ambiente.
(da il Corriere della Sera)
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