Marzo 22nd, 2023 Riccardo Fucile
MELONI BOCCIATA SU TUTTI I TEMI CON UN GIUDIZIO NEGATIVO DAL 64% ALL’80%, ANCHE GLI ELETTORI DI CENTRODESTRA DANNO UN VOTO PESANTEMENTE NEGATIVO
Gli italiani bocciano pesantemente il Governo sulla sanità. SWG: “Solo 2 su 10 apprezzano le politiche sanitarie di Meloni. La riforma del sistema la prima priorità per gli elettori”
Lo rileva un recentissimo sondaggio della SWG che ha misurato l’andamento della fiducia degli italiani verso l’Esecutivo guidato da Giorgia Meloni. La luna di miele sembrerebbe finita e si passa da un 50% di elettori convinti dell’efficacia del Governo registrato a ottobre al 39% di oggi.
Ad apprezzare meno il Governo sarebbero i giovani sotto i 35 anni, le persone in condizioni economiche difficili, gli abitanti del sud e delle grandi città e i laureati.
Più favorevoli al Governo sono invece le casalinghe, i cattolici praticanti, i residenti al Nord, la fascia d’età tra i 35 e i 55 anni, i lavoratori autonomi, i benestanti e chi vive nei piccoli centri.
Se andiamo nel merito dei settori di intervento del governo la fiducia verso il suo operato crolla sulla sanità: l’80% degli italiani ritiene che il Governo stia agendo poco o per niente per risolvere i problemi del sistema sanitario.
Una conferma sul fatto che la sanità sia comunque uno dei temi sui quali è più alta la sensibilità degli italiani viene anche dal fatto che proprio la riforma del sistema sanitario sia indicata dagli italiani sia indicata al primo posto tra le prime 5 priorità che dovrebbe affrontare il Governo.
Ma il giudizio negativo è grande anche su gestione del Pnrr, politica estera, economica, del lavoro, lotta alla povertà, migranti, lotta all’evasione fiscale, all’inquinamento ambientale, politiche fiscali e scuola. Su questi temi il giudizio negativo varia tra il 64% e l’80%.
In pratica la metà degli elettori di centrodestra non è soddisfatto.
(da agenzie)
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Marzo 22nd, 2023 Riccardo Fucile
L’IMPORTO MEDIO MENSILE È DI 1359 EURO (PIÙ ALTO AL NORD: 1456 EURO) E L’ETÀ MEDIA DEI PENSIONATI È DI 74 ANNI
Oltre il 55% delle pensioni erogate in Italia ha un importo inferiore ai 750 euro e circa il 65% si attesta sotto i mille.
Lo rende noto l’Inps, spiegando che l’importo medio mensile è di 1.359,53 euro, con un valore più elevato al Nord (1.456,71 euro). Complessivamente le pensioni vigenti al 1 gennaio 2023 sono 17.718.685.
L’età media dei pensionati è pari a 74,1 anni, con una differenza tra i generi di 4,7 anni (71,5 anni per gli uomini e 76,2 anni per le donne).
Nella distribuzione per classi di importo mensile delle pensioni si osserva una forte concentrazione nelle classi basse.
Delle 9.883.267 pensioni con importo inferiore a 750 euro il 43,1% (4.272.173) beneficia di prestazioni legate a bassi redditi, come integrazioni al minimo, maggiorazioni sociali, pensioni e assegni sociali e pensioni di invalidità civile.
(da agenzie)
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Marzo 22nd, 2023 Riccardo Fucile
GLI HACKER AL SERVIZIO DEL CREMLINO
Soprannominato inizialmente “il cuoco di Putin“, Yevgeny Prigozhin possiede un vero e proprio impero aziendale, dal mondo del catering a quello dei diamanti, passando per il gruppo mercenario Wagner e “fabbriche di troll”.
Un gruppo di hacker ha recentemente violato il dipartimento IT che gestisce l’intero gruppo economico, facendo emergere le attività illecite, i tentativi di screditare avversari politici e i rapporti con l’FSB, il Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa.
Parliamo dei #Wagnerleaks, raccontati nel dettaglio da Dossier Center lo scorso 13 marzo 2023 dal titolo “Le truppe informatiche di Prigozhin“. L’indagine è collegata a quella sull’omicidio di tre giornalisti nella Repubblica Centrafricana, uno dei Paesi africani dove operano i Wagner, che cercavano di realizzare un documentario sui mercenari.
Dipendenti sottopagati e in nero
I dipendenti del dipartimento IT è composta da qualche dozzina di persone, alcuni dei quali lavorano in quella che viene identificata come la “Fabbrica di troll”, altri per la compagnia Concord e nel social network russo “YaRus” (ЯRus). Secondo i documenti trapelati, nel 2021 si contavano circa 40 impiegati tra project manager, sistemisti, sviluppatori back-end e front-end, web designer e tester, tutti stipendiati con somme ritenute modeste per il mercato russo. I dipendenti sono legati anche ad altre realtà, come i media Nevskiye Novosti, Ekonomiku Segodnya, Riafan e altri ancora.
Alcuni risultano giovani studenti ed ex borsisti della Oxford Russian Foundation, riconosciuta come come “indesiderata” a causa dei legami con l’imprenditore russo in esilio Michail Borisovič Chodorkovskij, mentre altri avrebbero maturato esperienze militari e all’interno del GRU, l’intelligence russa. Prima dell’assunzione e per identificare eventuali “spie”, ogni candidato viene sottoposto a un interrogatorio obbligatorio affiancato da un poligrafo.
Ciò che emerge dall’indagine, come riportato nei documenti contabili del gruppo, è che buona parte del personale viene pagato in nero, mentre altri ricevono dal 40 al 60% dello stipendio in contanti. Il clima di lavoro viene descritto come non accettabile, alcuni degli specialisti qualificati non hanno retto la gestione di Prigozhin e il suo comportamento nei confronti dei dipendenti, a tal punto da concludere la collaborazione e trasferirsi in Paesi “ostili”.
Le attività “base”
“Lakhta” è il nome fornito alla “fabbrica di troll” del gruppo Wagner. Secondo gli ex dipendenti, attualmente lavorerebbero circa 400 persone, decine di queste impiegate nel commentare all’interno di siti di informazione, anche ucraini, e in piattaforme come Youtube. Il budget stimato nel 2022 risulta intorno ai 70 e 100 milioni di rubli al mese, dove però vengono escluse alcune “operazioni speciali”.
Per le proprie attività nelle piattaforme esterne alla Russia, il gruppo utilizza alcuni servizi per aggirare il blocco degli indirizzi IP, mentre per ovviare le protezioni contro la pubblicazione automatica dei commenti vengono acquistati servizi per superare i captcha (i test che vengono richiesti da alcuni siti per verificare che l’utente sia realmente un essere umano o un bot automatizzato). Con questo sistema, la “fabbrica di troll” avrebbe speso nel 2021 dai 35 ai 50 mila rubli al mese per pubblicare circa un milione di commenti automatici al mese.
Per le interazioni su VK e Youtube, come i “like” e i “dislike” (o “non mi piace”), il gruppo acquista servizi da società esterne come z1y1x1 e Youliker con un budget intorno ai 900 mila rubli al mese. Non mancano gli acquisti di account credibili sulle piattaforme VK, Youtube, Facebook e Instagram per aggirare i blocchi dei bot. Secondo quanto riscontrato da Dossier Center, parte del budget della “fabbrica di troll” veniva speso per gestire account operanti per inserire e modificare i contenuti su Wikipedia.
Il social “YaRus”
Tra i progetti del gruppo c’è il social media russo “YaRus“. Creato nel 2019, nel 2021 ci lavoravano circa 63 persone, per un costo complessivo di 10 milioni di rubli al mese, con la maggior parte degli stipendi pagati in contanti. Parte del budget viene speso per la ricerca e il caricamento di contenuti ritenuti interessanti, in particolare video tratti dal Web. Altri contenuti vengono invece prodotti dallo staff di Prigozhin, operanti presso tre appartamenti di San Pietroburgo.
Il progetto pare essere fallimentare, ma i suoi contenuti non vengono rimossi come in altre piattaforme, permettendo di creare un “deposito” di materiale disponibile per essere poi diffuso in queste ultime. Il team viene impiegato anche per generare interazioni, pubblicando manualmente commenti e mettendo “like” ai contenuti della stessa piattaforma che gestiscono. Quest’ultima operazione, secondo Dossier Center, viene seguita da una trentina di persone divisi in due turni giornalieri attraverso diversi account personali. Le recensioni su AppStore e Google Play sarebbero state effettuate da società esterne, tra queste la russa Go Mobile (Гоу Мобайл).
Inserzioni a pagamento
Le interazioni dei gruppi Telegram avvenivano con altri esterni a pagamento. Secondo i documenti raccolti da Dossier Center, alcuni pagamenti riguardavano la promozione del progetto “YaRus“. Altre attività di promozione risultano precedenti all’invasione in larga scala in Ucraina, acquistando spazi nel profilo VK “Anti-Maidan” e “Syria Military Chronicles“, rivolgendosi anche a blogger come Yuri Podolyak e il propagandista Vladlen Tatarsky che dal 2022 segue le forze russe in Ucraina. Tra i nomi più noti c’è quello del blogger russo Rybar che, secondo i documenti raccolti da Dossier Center, lavorò in passato come responsabile della “direzione internazionale” presso il gruppo della “fabbrica di troll” di Wagner.
Tra i protagonisti delle attività della “fabbrica di troll” viene citata anche la defunta Darya Dugina, figlia di Aleksandr Dugin. Fece parte del gruppo tra il 2018 e il 2019 lavorando presso il media russo Patriot (Патриот), anch’esso entrato sotto il controllo di Prigozhin. Secondo Dossier Center, dietro la pubblicazione dei commenti del leader dei Wagner nei media turchi ci sarebbe proprio Dugina. Di fatto, le inserzioni a pagamento non riguardavano solo la sfera online, ma anche quella dei media tradizionali.
Nell’elenco degli account Twitter che hanno pubblicato contenuti a pagamento del gruppo Wagner troviamo: @RadioStydoba, @ADedurenko, @leon_elk, @mitrofanbelov, @soulstra, @drunktwi, @literabook, @vezhlivo, @tvjihad, e @nourlnews.
Il gruppo degli squadristi digitali
Tra i dipendenti del gruppo ci sono dei veri e propri squadristi digitali. Questi operano nelle cosiddette “operazioni speciali” che riguardano interessi personali dello stesso Prigozhin, come shitstorm e molestie contro personaggi come l’attivista politica russa Ljubov’ Sobol’ legata all’oppositore Alexei Navalny. Per questo genere di attività verrebbero affiancate altre figure, una ventina di persone pagate come informatori dai 15 ai 25 mila rubli al mese.
A dirigere queste “operazioni speciali” sarebbe un ex dipendente di Ria Novosti, Ilya Gorbunov. Secondo una fonte di Dossier Center, Gorbunov avrebbe avviato un’indagine per raccogliere prove compromettenti contro il genero del ministro degli Esteri russo Lavrov, Alexander Vinokurov, con l’obiettivo di screditare il braccio destro di Putin. La vicenda è collegata a un procedimento penale nei confronti di persone collegate a Prigozhin, accusate di aver ordinato la violazione della scheda telefonica e dei servizi di messaggistica di Vinokurov.
I falsi canali di opposizione per aiutare Putin
Le attività di Gorbunov non riguardavano solo le attività di squadrismo digitale e di ricerca di elementi per screditare gli individui sgraditi a Prigozhin. Secondo quanto riportato da Dossier Center, il gruppo avrebbe ricevuto nel 2017 l’approvazione del Cremlino per creare gruppo online di pseudo-opposizione attraverso la piattaforma Telegram. Tra questi canali vi è una “micro rete” dedicata a San Pietroburgo impegnata a screditare il governatore Aleksandr Beglov, a quanto pare sgradito a Prigozhin.
Non risulta un’esclusiva, ma soltanto una conferma. In un articolo del 29 dicembre 2022 viene riportata la notizia di un Hackathon, ossia un evento in cui esperti informatici si incontrano per mettere insieme le proprie competenze per sviluppare o realizzare progetti oggetto dell’evento stesso, organizzato dal gruppo Wagner per lo sviluppo di un drone militare con un sistema di navigazione privo del segnale GPS.
Secondo i documenti ottenuti da Dossier Center, Prigozhin era intenzionato a sviluppare questo genere di drone fin dal 2021, ben prima dell’invasione in larga scala in Ucraina e probabilmente per altri progetti legati a Wagner, già operante con droni e quadricotteri in Siria o nella Repubblica Centrafricana.
I premi in denaro erano pari a un milione di rubli per il primo gruppo classificato, seguiti da 300 e 200 mila per il secondo e il terzo. Cifre che non risultano collegabili ad eventuali altri sponsor, risulta solo il gruppo Wagner in qualità di organizzatore. Il sito dell’evento, inoltre, venne pubblicato in un hosting americano (Amazon) che dopo le segnalazioni è stato disattivato.
La “sicurezza” e i furti
L’attività di “subappalto” rende il tutto meno tracciabile, ma di fatto non professionale. C’è da dire che la gestione interna risulta un colabrodo, con l’utilizzo di apparecchiature anche obsolete e con programmi “piratati” senza licenza. Il sistema di comunicazione di Wagner e della “fabbrica di troll” avviene attraverso dispositivi criptati e l’utilizzo di VPN, ma ogni forma di segretezza viene meno in quanto i numeri di serie e le associazioni con i dipendenti vengono registrati, scansionati o fotografati per poi essere inoltrati attraverso comuni canali di comunicazione online, di fatto intercettabili. Questa sorta di controllo dei loro stessi dipendenti riguarda il costante timore delle fughe di notizie. A questo si aggiunge uno scarso senso di protezione dei dati di fondamentale importanza, come ad esempio le password per accedere ai progetti depositate in chiaro in un file excel. Ad esempio, la password del progetto “Russia progressista” risulterebbe essere “Putin1488”.
Gli errori derivanti dal timore di fughe di notizie è strettamente collegato all’archiviazione dei pagamenti in nero. Per quale motivo una società come quella di Prigozhin detiene tutte le informazioni relative ai pagamenti in contanti dei dipendenti e collaboratori? Per evitare i furti. Di fatto, i budget per le operazioni illecite e quelle ritenute “segrete” del gruppo Wagner corrono il rischio di venire prosciugati senza controllo senza un tracciamento, pertanto ogni singola spesa viene scansionata e registrata nei propri registri contabili.
Secondo l’analisi di Dossier Center, il principale nemico di Prigozhin e dei servizi di sicurezza del gruppo Wagner sono i propri dipendenti, colpevoli di diffondere informazioni a giornalisti, oppositori, autorità fiscali e alle stesse agenzie governative. Sembra che Prigozhin abbia qualche problema con una di queste, l’FSB, a tal punto da inserire nella propria lista nera ogni dipendente del gruppo Wagner che abbia amici o parenti all’interno dell’agenzia federale russa
(da Open)
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Marzo 22nd, 2023 Riccardo Fucile
IL CAMPIONE ITALIANO DI MARATONA: “L’ITALIA E’ UN BELLISSIMO PAESE DI GENTE DI GRAN CUORE”
È arrivata via social la risposta di Iliass Aouani, il maratoneta che domenica scorsa, a Barcellona, ha realizzato il primato italiano di maratona, con il tempo di 2h07:16.
Un record che ha dato lustro al nostro Paese ma che non lo ha sottratto ai cosiddetti “leoni da tastiera” che, su Instagram hanno dato sfogo a opinioni e giudizi davvero spiacevoli relativi alle sue origini.
«Quale record italiano? Lo abbiamo rubato alla federazione marocchina?» c’è chi ha scritto. Parole che fanno riferimento alle sue origini, visto che è nato a Fquih Ben Salah, in Marocco. Così, il maratoneta ha replicato, anche lui, via social.
Aouni ha scritto su Instagram un lungo messaggio. «L’Italia è un bellissimo paese di gente di gran cuore. 26 anni fa questa terra mi accolse e mi crebbe come fossi suo figlio e diede a me e alla mia famiglia opportunità di cui saremo sempre grati. Non amo chi approfitta dell’albero che, cadendo, fa più rumore della foresta che cresce per lanciare propagande che rappresentano l’Italia come un paese razzista. È ingiusto nei confronti dei veri italiani, che rappresentano il 99% della popolazione». «La mia non è una reazione di rabbia – ha continuato l’azzurro –, ma di semplice pena, perché questi commenti sono un’indicazione di una mentalità limitata e una vita mediocre, persone che probabilmente non hanno mai fatto sacrifici nella vita e che di conseguenza sono incapaci di riconoscere e rispettare i sacrifici altrui. La mia missione è quella di lasciare un impatto attraverso lo sport, insegnare che la diversità è una ricchezza e senza di essa non avremmo celebrato le ultime medaglie d’oro olimpiche, insegnare che una persona va giudicata dallo spessore del suo pensiero e comportamento e non dalla provenienza del suo nome o dalla quantità di melanina nella pelle. “Sii come un albero. Quando viene colpito da pietre, esso risponde dando i suoi migliori frutti» ha concluso Aouani.
(da agenzie)
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Marzo 22nd, 2023 Riccardo Fucile
FANPAGE PUBBLICA IL DOCUMENTO CHE LO PROVA
Nonostante le nuove regole previste dalla Questura di Milano, continuano i disagi e le tensioni tra richiedenti asilo e forze dell’ordine per regolare l’accesso all’ufficio Immigrazione di via Cagni. I rifugiati politici sono ancora, da mesi, costretti ad accamparsi giorno e notte nella speranza di accaparrarsi uno dei pochi posti a disposizione per presentare domanda di asilo politico.
Un diritto, internazionalmente riconosciuto, che qui viene negato: ai cittadini stranieri dovrebbe, infatti, essere sempre permesso chiedere lo status di rifugiato politico. Poi, un’apposita commissione, valuterà la richiesta e, in caso di diniego, la persona dovrà abbandonare il Paese.
A Milano (e nel resto d’Italia), invece, questo diritto viene di fatto negato: vengono raccolte poche domande (circa 300) una volta ogni quindici giorni. Di conseguenze i richiedenti asilo sono costretti ad accamparsi davanti all’ufficio della Questura, che infatti è stato trasferito dal centro città alla periferia per non creare disagio alle spalle dell’elegante quartiere di Brera.
In via Cagni, però, la situazione diventa spesso esplosiva: i richiedenti asilo, che magari si sono dovuto accampare lì per diverse settimane, tentano a tutti i costi di entrare. La polizia li manganella. E nessuno, neanche il Comune di Milano, fa nulla per supportarli durante le notti di attesa, al freddo.
Una situazione di disagio e di pericolo che è stata volutamente creata dal Ministero dell’Interno, quando il capo della polizia era Giannini e perpetuata dal nuovo ministro, Matteo Piantedosi. Un documento, di cui Fanpage.it è entrato in possesso, lo dimostra.
In molti tra associazioni, avvocati, attivisti, parlamentari hanno più volte espresso perplessità sull’assenza di un sistema di prenotazione online, che permetterebbe ai richiedenti asilo di presentarsi in modo ordinato e meno caotico rispetto alla situazione attuale.
Sarebbe in effetti sufficiente prevedere quantomeno la possibilità di prenotare l’appuntamento tramite internet per evitare le code in via Cagni, con i conseguenti problemi di ordine pubblico che si vengono a creare. Ma il Ministero non vuole che venga fatto.
Nella circolare con oggetto “Sistemi di calendarizzazione appuntamenti presso gli Uffici Immigrazione” protocollata il 9 aprile del 2021, il Dipartimento della Pubblica Amministrazione scrive ai Questori di tutta Italia: “Le SSIL sono invitate ad adottare con effetto immediato e senza eccezione alcuna, ogni misura idonea a impedire l’utilizzo e la pubblicazioni su siti istituzionali di sistemi di prenotazione”.
Un sistema di prenotazione online sarebbe quindi possibile, ma la direttiva a firma dell’allora capo della polizia Lamberto Giannini intima alle Questure italiane: “Tutti gli stranieri che intendono proporre domanda di soggiorno devono presentarsi presso l’Ufficio di immigrazione per la loro immediata e necessaria identificazione”.
E il documento spiega anche la motivazione: “I migranti giunti sulle coste italiane e sottoposti a quarantena anti-covid avevano già fissato per il prossimo 9 agosto un appuntamento presso una Questura del nord Italia per la registrazione della domanda di protezione internazionale”.
Uno sparuto gruppo di migranti, scopriamo quindi, ha ottenuto un appuntamento per richiedere protezione internazionale e lo ha fatto da una “nave quarantena”, usate ai tempi della pandemia da Covid-19. E per questo il Ministero preferisce far stare centinaia di persone a dormire al freddo.
In realtà, peraltro, le navi quarantena sostano in acque nazionali italiane e pertanto chi vi è a bordo avrebbe tutto il diritto di fissare l’appuntamento, visto che è già in territorio italiano. E comunque oggi non esistono neanche più e quindi non si capisce che senso abbia.
(da Fanpage)
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Marzo 22nd, 2023 Riccardo Fucile
LA RABBIA DI CHI HA CANTIERI FERMI E CREDITI BLOCCATI: “LA VERA TRUFFA DEL SUPERBONUS E’ QUELLO DELLO STATO AI SUOI CITTADINI”
“La vera truffa del Superbonus è quella dello Stato italiano ai danni di noi cittadini, di noi professionisti, di noi imprenditori, di noi persone perbene: vi dovete vergognare. Ci sono proprietari di casa che non sanno più dove andare”.
Scende in piazza per le strade del centro di Roma la rabbia degli “esodati dei bonus edilizi”.
Ieri mattina hanno manifestato contro il governo Meloni che, modificando le regole in senso molto stringente, li ha lasciati in una terra di mezzo: migliaia di famiglie e aziende non sanno più come recuperare le spese anticipate per la ristrutturazione, titolari di ditte di costruzione hanno dovuto bloccare i cantieri, non sono più in grado di pagare gli stipendi degli operai e le tasse. In testa al corteo, l’ex presidente del Consiglio e leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, acclamato dalla piazza.
Al comitato aderiscono associazioni che riuniscono imprese, artigiani, tecnici, consumatori, sigle ambientaliste. Tra i presenti c’è chi aveva impiegato i risparmi di una vita, chi aveva chiesto un prestito ai parenti o aveva ottenuto un mutuo.
Ora sono in seria difficoltà nel cedere quei crediti fiscali – salvo proroghe, la scadenza è prevista per il 30 marzo – e se non ci riusciranno il serio rischio è di perdere definitivamente quei soldi.
Il motivo è semplice: trattandosi spesso di persone a basso reddito, non hanno sufficiente capienza fiscale per recuperare quelle somme tramite le detrazioni. In sostanza, pagano imposte troppo basse e quindi non sufficienti a essere scontate con le spese sostenute per l’efficientamento energetico delle case.
Questo il danno economico, ma poi c’è quello pratico, con nuclei che hanno iniziato i lavori nelle proprie case e hanno dovuto interromperli e ora non possono tornarci.
“Conosciamo storie assurde – dice uno degli organizzatori con il megafono in via dei Fori Imperiali – famiglie con bambini, con disabili, gente in sedia a rotelle”.
I manifestanti, arrivati da tutta Italia, hanno esposto sul petto un cartellino per farsi riconoscere: c’è chi arriva dal Friuli-Venezia Giulia e sostiene di avere crediti incagliati per 200 mila euro. Committenti e imprenditori uniti: “Ho una piccola azienda – spiega uno di loro – avevo otto dipendenti e ora sono rimasti in tre. Negli ultimi due anni e mezzo ho sottratto molto tempo ai miei affetti anche perché ogni volta cambiavano le regole e io dovevo passare notte e giorno a studiare le novità”.
Poi ci sono quelle più grandi: Giuseppe, siciliano di 37 anni, è titolare di un’impresa attiva da generazioni, era arrivata ad avere 150 lavoratori: “Da oltre 15 mesi – spiega – il sistema si è fermato e abbiamo i cantieri più grossi incompleti, ponteggi per tutta la mia città dai quali ancora non abbiamo incassato un centesimo, più di 7 milioni di euro tra cassetto fiscale e Sal (stato di avanzamento dei lavori, ndr) non fatti, siamo rimasti con 60 dipendenti di cui almeno 20 stanno agendo legalmente”.
I clienti non stanno meglio: Ginevra viveva in una casa molto antica in Abruzzo, il tetto era comunque da rifare ma con il suo stipendio non poteva permettersi l’intervento, poi ha scoperto l’opportunità del bonus. “Nel mentre – dice – il mio tecnico si è ammalato, è disperato poiché non ha capienza fiscale e ha paura di lasciare i figli senza nulla. Ha lavorato tre anni gratis e ora non ha futuro. Dopo un anno e mezzo, con la casa divelta e mentre dormo con il mio compagno nella mia stanzetta da adolescente di 8 metri a casa di mia madre, penso: chi me lo ha fatto fare?”.
Monica, 45enne friulana, è una madre separata: “Con l’eredità di mio padre – racconta – ho iniziato i lavori sulla mia casa unifamiliare, pensando che con la prima cessione avrei finito di pagare i lavori, ci siamo trasferiti in affitto, mi sono rimasti sulle spalle tutti questi costi più il mutuo. Io faccio la bidella, prendo 1.200 euro al mese, ho un aiuto economico per la disabilità di mia figlia ma non basta, abbiamo i mobili nuovi fermi”.
Dopo il raduno sotto l’Altare della Patria, una parte del corteo si è spostata sotto il ministero dell’Economia, ritenuto il vero responsabile del taglio. Qualcuno ha lamentato l’assenza di Cgil, Cisl e Uil alla manifestazione, ma bisogna ricordare che le due sigle degli edili Fillea Cgil e Feneal Uil saranno in piazza in diverse città italiane il primo aprile. La protesta di ieri non è stata solo a Roma: nel pomeriggio a Genova il traffico è andato in tilt perché una carovana di furgoni è sfilata per le vie cittadine contro le decisioni sul Superbonus.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Marzo 22nd, 2023 Riccardo Fucile
HA RAGGIUNTO IL 17% NEI SONDAGGI, PROMETTENDO TAGLI SU TUTTO: SI SCAGLIA CONTRO I POLITICI (“BRANCO DI LADRI E CRIMINALI”) E INVITA A “BRUCIARE” LA BANCA CENTRALE. È A FAVORE DELLA DISTRIBUZIONE ILLIMITATA DI ARMI E CONTRO L’ABORTO
L’Argentina come il Brasile e prima ancora come gli Usa. Ogni momento di crisi acuta ha il suo salvatore. A Buenos Aires si chiama Javier Milei, 53 anni il prossimo ottobre, ex docente di Economia, grande oratore, istrione provocatorio, lanciato nell’arena politica dove è già stato eletto deputato e come leader di Libertad Avanza, partito da lui appeno formato, ora punta alla Casa Rosada con un 17% dei consensi che gli attribuiscono i sondaggi in vista delle presidenziali di ottobre.
Noto sui social e in tv per il caschetto di capelli ricci che scuote infervorando il pubblico, ha appena presentato il suo programma di governo. Ha un nome che parla da solo: “Piano motosega”.
Tagliare, tagliare, tagliare. Gli stipendi dei politici «branco di ladri e criminali»; dei ministeri della Salute, Lavori Pubblici, Istruzione e Sviluppo sociale «inutili parassiti»; della Banca Centrale «da bruciare» per il debito accumulato.
Molti lo prendevano per un matto esaltato. Ma lui ha insistito, offrendo una miscela di ultraliberismo e populismo. Ha fatto breccia.
È favorevole alla vendita e l’acquisto di organi, alla distribuzione illimitata di armi per difendersi dalla criminalità dilagante. Contro l’aborto perché «a favore della vita»; indifferente all’unione tra coppie omosessuali «tanto, il matrimonio è un contratto» e alla liberalizzazione della droga «se hai voglia di suicidarti è affare tuo».
Difende il porto d’armi «perché toglie allo Stato il monopolio della violenza». Ma soprattutto odia tutto ciò che è di sinistra. “I mancini”, come li chiama. Nessuno si salva: dagli eterni peronisti, compresa l’ala di Cristina Kirchner, alla destra raccolta attorno a Mauricio Macri che bolla come “kirchnerismo bonario”, “populismo freddo”.
Soprattutto adesso che l’Argentina annaspa sotto la spinta dell’inflazione che ha superato il 100%, raddoppiando in un anno i prezzi al consumo e ripiombando tra gli spettri del corralito del 1991.
Metà della popolazione fatica a mangiare, un quarto non sa come sbarcare il lunario e nutrire i propri figli.
La crisi è politica, oltre che economica e sociale. Il Frente de Todos del presidente Alberto Fernández è ancorato al 25%, la destra di Juntos por el Cambio non supera il 27.
Javier Milei si piazza come arbitro che gestirà la partita delle prossime presidenziali. Si erge a paladino antisistema, con frasi semplici, dirette: vita, libertà, proprietà sono i diritti fondamentali.
Javier Milei non è più la macchietta che divertiva. L’Argentina ha i suoi antidoti a difesa della democrazia. Forse reggeranno ancora alle elezioni di ottobre. Ma nel 2027, senza più creditori disposti a salvarla, le porte si apriranno all’uomo della motosega.
(da La Repubblica)
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Marzo 22nd, 2023 Riccardo Fucile
IL PARAMETRO DEL PERICOLO PER LA VITA UMANA AVREBBE OBBLIGATO LA GUARDIA COSTIERA A INTERVENIRE
Finora avevamo visto soltanto un frame. Una singola immagine che Frontex aveva allegato alla sua segnalazione. Questo invece è il video intero. Sono le ultime immagini del caicco intero della strage di Cutro. Sono nel fascicolo della procura di Crotone e serviranno a definire se e quanto fosse possibile – a partire proprio da queste immagini – parlare di situazione pericolosa per la vita delle persone.
Il parametro del pericolo per la vita umana avrebbe escluso ogni interpretazione e avrebbe obbligato la Guardia Costiera a intervenire subito aprendo una operazione di soccorso (Sar). Sappiamo che non è stato così. È stata avviata una operazione di polizia, law enforcement, della Guardia di Finanza.
E colpisce, oggi, vedere quel barcone in viaggio. Nella sua «pancia» c’erano almeno 180 persone. Nascoste e con il segnale telefonico inibito dai trafficanti. Nel video non si vede nessuno di loro ma adesso che abbiamo imparato a conoscere qualcuno dei volti di chi non c’è più, adesso che conosciamo le loro storie disperate, sembra quasi di vederli. Pigiati l’uno accanto all’altro in quel guscio di noce bianco che avanza nella notte. Dritto verso la fine.
All’inizio è solo una macchia chiara in mezzo al mare. L’aereo di Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, la individua da molto lontano. L’equipaggio in volo sull’Eagle 1 punta l’obiettivo sulla «macchia», ingrandisce, si avvicina. Ed eccola, la barca.
Sono le 22.26 del 25 febbraio 2023.
L’imbarcazione è a circa 40 miglia a Sud Est di Capo Rizzuto, Calabria. Viaggia a motore, come si vede dalla scia che lascia dietro di sé e dalla macchia laterale che la telecamera a infrarossi coglie (è carburante). Naviga con rotta 296° (verso Nord Ovest) e procede a una velocità di 6 nodi.
Eagle 1 insiste sull’obiettivo, tiene d’occhio la barca che procede con il boccaporto aperto e senza nessuno in coperta. Così per circa un minuto e mezzo, finché all’improvviso sulla fiancata sinistra comprare una persona. Forse si è accorto dell’aereo.
Quella persona (sembra un uomo) si muove agevolmente verso prua, segno che il mare, per quanto agitato, in quel momento non era proibitivo
Alle 23.03 Frontex avvisa l’Internationale Coordination Centre di Pratica di Mare con un dispaccio. Per conoscenza spedisce la segnalazione anche alla Centrale operativa della Guardia Costiera di Roma.
Si parla di barca a motore di dimensioni medie, che naviga con rotta 296° a 6 nodi, con una buona linea di galleggiabilità e con una sola persona visibile in coperta. Non ci sono elementi visibili e certi sulla presenza di migranti a bordo. Ma l’imbarcazione è sospetta lo stesso. Perché i sistemi a bordo dell’Eagle 1 rilevano una risposta termica «significativa» in prossimità dei boccaporti, segno – appunto – di un possibile carico umano. E in più Eagle 1 registra pure un flusso di chiamate fra la barca e la Turchia, e anche questo è sospetto.
Dopo il monitoraggio Eagle 1 si allontana. Andandosene riprende la barca con una inquadratura più distante che la mostra dondolante fra le onde.
Il resto è il racconto di una strage. Poche ore dopo – verso le 4 del mattino del 26 febbraio – quel barcone che portava il nome romantico di Summer Love si schianta contro la secca davanti alle coste di Steccato di Cutro.
Finora il mare ha restituito 88 cadaveri, 22 sono bambini sotto i 12 anni.
(da Il Corriere della Sera)
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Marzo 22nd, 2023 Riccardo Fucile
GIORGIA MELONI ACCUSA BRUXELLES DI SOTTOVALUTARE L’“ENORME PROBLEMA” DELLA TUNISIA:.. MA PERCHE’ NON CI PENSA LEI, E’ PAGATA PER QUESTO
«La presidente della Commissione e la presidenza svedese ci offriranno un breve aggiornamento sull’argomento». Punto. Solo «un breve aggiornamento». Niente di più. A questo si ridurrà la discussione sui migranti nel Consiglio europeo di domani e venerdì.
Giorgia Meloni aveva chiesto di più. «C’è un cambio di paradigma ma non possiamo ancora dirci soddisfatti», la premier lo ha dichiarato in Aula, in Senato, e lo ha ribadito durante la telefonata con Ursula Von der Leyen. È lei, la presidente tedesca della Commissione Ue, la principale sospettata.
L’Italia si aspettava «un cambio di passo», dopo il Consiglio informale di febbraio, quando Meloni rivendicò come un successo gli impegni espressi nelle conclusioni. Si aspettava che la Commissione avrebbe tradotto in proposte ufficiali le vaghe promesse strappate ai capi di Stato e di governo
Un mese dopo, invece, per l’Italia poco è cambiato. Dopo il colloquio telefonico con Von der Leyen, in serata, da Palazzo Chigi filtrava un filo di ottimismo in più. Le parole della leader tedesca tentano di tamponare i malintesi. Definisce la telefonata «fruttuosa» e conferma «la necessità di agire in maniera rapida e coordinata» e di «sostenere i partner nordafricani, di prevenire le partenze irregolari e le perdite delle vite umane». Meloni, però, vuole garanzie che le dichiarazioni si traducano in misure concrete.
Chiede che qualcosa venga anticipato al Consiglio di domani. «Condividiamo un’urgenza» ha detto a Von der Leyen, ora servono i fatti.
Ieri, in Senato, durante l’informativa sul vertice europeo, la presidente del Consiglio ha polemizzato con la sottovalutazione, percepita tra i partner, dell’«enorme problema» della Tunisia: «Il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, che aveva immaginato già a inizio mese di recarsi là per affrontare la vicenda, poi ha rimandato».
Il rischio di default del Paese, secondo la premier, non può essere affrontato finché il Fondo monetario internazionale non sblocca i finanziamenti destinati a Tunisi. È quello il primo banco di prova, agli occhi della premier. L’Europa può dimostrare di condividere la strategia italiana che prevede di aumentare il denaro verso i Paesi di transito del Nord Africa.
Resta la domanda di fondo: perchè la Meloni non prende iniziative invece di aspettare gli altri?
(da agenzie)
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