Marzo 27th, 2023 Riccardo Fucile
MESSAGGI CATASTROFICI SUL SETTORE IDROELETTRICO: “NEL 2022 C’È STATO IL CROLLO E IL 2023 APPARE PEGGIORE, LE DIGHE SONO NELLE CONDIZIONI IN CUI SONO”…“BLACK OUT PER L’ESTATE? DIPENDE DALL’IMPONDERABILE”
“Black out per l’estate? Dipende, dall’imponderabile”, dunque “speriamo che quest’anno non si accendano i condizionatori tutti insieme in un giorno a fine luglio”, però “è qualcosa che la tecnologia e la professionalità possono farci pressappoco prevedere, non è proprio nell’imponderabile nel modo più assoluto”.
Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin lo dice intervenendo al convegno ‘Dal Mediterraneo il futuro energetico europeo’, organizzato da Merita con Matching Energies Foundation e la collaborazione di Unioncamere.
“Nel 2022 c’è stato il crollo dell’idroelettrico, il 37% in meno può dirsi un crollo, e il 2023 non da nulla di buono, anzi il rischio è che sia peggiore del 2022, le dighe sono nelle condizioni in cui sono”.
Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin lo dice intervenendo al convegno ‘Dal Mediterraneo il futuro energetico europeo’, organizzato da Merita con Matching Energies Foundation e la collaborazione di Unioncamere.
(da agenzia Dire)
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Marzo 27th, 2023 Riccardo Fucile
E SIAMO SOLO ALL’INIZIO
Quello di unire la Sicilia all’Italia è un sogno antico. Secondo Plinio il Vecchio gli unici a realizzarlo realmente furono i romani, anche se a modo loro: parliamo di un ponte di barche e botti che serviva a far transitare elefanti cartaginesi dalla Sicilia a alla Calabria.
Un’idea quasi fiabesca, ma ad ora l’unica effettivamente realizzata (ammesso che il racconto sia vero) per unire l’isola al resto della Penisola.
Il Ponte sullo Stretto di Messina è uno dei grandi miti della nostra Storia. Salvini ha recentemente dichiarato che il Ponte si farà e che costa “meno del reddito di cittadinanza”. Una promessa rinverdita anche all’immancabile studio di Bruno Vespa con tanto di plastico, mentre il Governo Giorgia Meloni ha riavviato il progetto del Ponte sullo Stretto definendola “opera prioritaria”. L’obiettivo del Governo è fare approvare il progetto esecutivo entro metà del 2024 per poi partire speditamente con i lavori. Un annuncio che ci fa tornare alla memoria molti altri momenti della nostra Storia.
Perché il Ponte sullo Stretto fa parte della mitologia italiana
Molti collegano la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina a Silvio Berlusconi. In effetti l’opera faraonica era parte integrante del “nuovo miracolo italiano” promesso dal leader forzista. Annunciò la sua costruzione in pompa magna nel 2002 : “Il ponte di Messina si farà, la prima pietra verrà messa nel 2004, entro sei anni sarà completato”. Doveva essere un ponte da Guiness dei primati, lungo 3.360 metri e dal peso di più di 97mila tonnellate.
L’iter si bloccò con l’avvento del Governo Prodi, ma Berlusconi lo ripropose ancora una volta nel 2010. Questa volta furono avviati anche i primi lavori propedeutici alla costruzione dell’opera, ma siccome tre anni dopo c’erano ancora i traghetti a solcare il tratto di mare che separa lo Stretto, e il progetto era stato bloccato ancora una volta dal Governo Monti nel 2012, Berlusconi ribadì a un comizio elettorale a Palermo: “Prima di morire spero di attraversare il ponte sullo stretto di Messina”. Correva l’anno 2013. Il resto è storia recente.
A riprendere la staffetta della costruzione del Ponte e integrarla nel suo storytelling di “nazione che si rimette in moto” fu Matteo Renzi. Secondo l’ex leader Pd il progetto poteva portare addirittura 100mila posti di lavoro. Era il settembre 2016, da lì a poco avrebbe rassegnato le dimissioni dopo la sconfitta nel referendum costituzionale.
L’ultimo “uomo del ponte” solo in ordine di tempo è stato Giuseppe Conte che si è detto nel 2020 aperto a valutare “senza pregiudizi” la sua costruzione. Ma al di là di questi ultimi anni, la costruzione dell’opera è uno dei topos ineludibili della politica italiana.
L’idea di costruire un ponte sullo Stretto di Messina nasce prima dell’Unità d’Italia con Ferdinando II di Borbone. Ma si sviluppa pienamente nell’ambito della nuova unità nazionale: tutti i politici del nuovo Regno vedevano nella realizzazione dell’opera una sorta di compimento anche infrastrutturale del processo di unificazione.
Il tragico terremoto di Messina del 1908 che portò distruzione tra le due sponde riportò tutti al realismo: le condizioni sismiche dell’area consigliavano molta prudenza.
Le idee e i progetti ripartirono pienamente solo dopo la seconda guerra mondiale. Nel 1981, dieci anni dopo la legge attuativa, fu costituita una società per la realizzazione del ponte la “Stretto di Messina S.p.A.”.
Il primo annuncio ufficiale della realizzazione di un politico fu quello di Bettino Craxi che nel 1985 dichiarò che “Il ponte sarà presto fatto”. L’anno prima del resto, l’allora presidente dell’Iri Romano Prodi parlava di “opera prioritaria” per il Paese”. Ma gli annunci sono rimasti solo sulla carta e hanno già pesato sulle tasche degli italiani.
Il ponte che non c’è, ma che già paghiamo
Anche se nessuno lo ha mai visto, da tempo tutti lo stiamo già pagando. Tra appalti, studi di fattibilità, penali lo Stato ha già sborsato 1,2 miliardi come ha rivelato un’inchiesta del Corriere della Sera. E dopo 54 anni di rinvii anche il suo costo è lievitato nel tempo: si è passati dai 5 miliardi del 2001 fino agli 8,5 del 2012.
Oggi il piano del Governo dovrebbe attestarsi sul progetto del 2011, che prevede un ponte a una campata per circa 7 miliardi di euro di costi complessivi. Il decreto del Governo ha riesumato anche la Società Stretto di Messina S.P.A dalla liquidazione, società in house partecipata da Anas, Regione Calabria e Sicilia. Ma mentre il Governo è impegnato nel reperimento dei fondi il progetto potrebbe confliggere con le normative Ue, proprio perché la società era in liquidazione e si potrebbe avere difficoltà ad accedere ai fondi del PNRR.
La bocciatura del progetto da parte del governo Monti nel 2012 ha portato alla richiesta di indennizzi da parte delle società vincitrici dell’appalto e della stessa Società dello Stretto, una vicenda che è finita addirittura davanti alla Corte Costituzionale e sulla quale il Quirinale ha chiesto chiarimenti.
Il nuovo decreto ripropone infatti i vecchi accordi stabilendo la rinuncia a ogni rivalsa, come se nulla fosse, dei vecchi rapporti contrattuali, ma rischia di confliggere con le normative UE in materia.
Il progetto, come nel 2011 è quello del Ponte a una sola campata con due piloni alti 600 metri sulle terraferma: una necessità per evitare le criticità del fondo marino.
Quello che è certo è che il progetto per la Sicilia potrebbe essere importante: uno studio stima in 6,5 miliardi annui il costo del mancato collegamento per l’isola, quasi 1500 euro per abitante. Ma i dubbi sono ancora molti e anche l’ultimo progetto del Governo presenta molte incognite.
Tutte le criticità di un’opera faraonica
L’evidenza principale è una: il ponte dovrebbe essere costruito in uno dei punti più sismici d’Europa. Abbiamo già citato il terribile terremoto del 1908 che provocò un numero di morti compresi tra 75mila e 80mila. Secondo i geologi le coste di Sicilia e Calabria si allontanano ogni anno di 4-10 millimetri: una caratteristica vista sempre come molto problematica per la costruzione dell’opera.
Il punto vero, come sottolinea La Stampa, è poi la lunghezza della campata che misurerebbe ben 3.300 metri, contro i 1900 di quello record sullo stretto di Askashi, in Giappone.
Dovrebbe essere realizzato dove i due punti dello Stretto sono più vicini, ovvero abbastanza lontano dalle città di Messina e Reggio Calabria, una caratteristica che renderebbe di fatto problematico il traffico e il suo utilizzo e costringerebbe molti a continuare utilizzare i traghetti.
Un’altra soluzione sarebbe quella di un ponte a tre campate che unisca le due città, ma in questo caso i problemi sismici aumenterebbero sensibilmente proprio per le caratteristiche geologiche dell’area.
C’è poi il problema dei trasporti: il Ponte sullo Stretto avrebbe sicuramente più senso se tra Sicilia e Calabria fosse sviluppata una rete ferroviaria basata sull’alta velocità che non esiste e se nelle due Regioni ci fossero infrastrutture di mobilità, stradale e ferroviaria adeguate.
La realtà è che siamo molto lontani da queste premesse e che, malgrado i finanziamenti del Pnrr difficilmente si potrà arrivare a questi obiettivi. Insomma, il Ponte rischia di essere la classica Cattedrale nel deserto.
Esiste poi un impatto ambientale non trascurabile: il Ponte passerebbe su una delle aree più ricche di biodiversità di tutto il Mediterraneo.
Il WWF in particolare lo ha bollato come un “progetto fallimentare” dagli insostenibili costi finanziari e ambientali. Nel 2021 uno studio promosso, tra gli altri da Legambiente, ha bocciato il progetto definendolo “dannoso per l’ambiente”, schierandosi sull’efficientamento dei trasporti marittimi della zona.
Nell’area sono presenti infatti diverse aree naturalistiche dedicate alla salvaguardia della fauna: un’evidenza che era costata all’Italia l’avvio di una procedura di infrazione europea nel 2005 per quanto riguarda i soli studi preliminari.
Per gli ambientalisti tra l’altro, la costruzione del Ponte non scoraggerebbe l’uso dei traghetti, specialmente nelle giornate di forte vento. Ma al di là degli appunti delle associazioni ambientaliste rimane un’evidenza. Con il Green New Deal si tende sempre di più a scoraggiare il traffico su ruota e sempre più quello navale e ferroviario a basse emissioni.
Insomma, il cammino verso la sua costruzione appare, ancora una volta in salita, ma il richiamo di uno dei miti sempreverdi della politica italiana è spesso più forte delle criticità.
(da today.it)
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Marzo 27th, 2023 Riccardo Fucile
TAGLI PER 3,6 MILIARDI CHE COME AL SOLITO GRAVERANNO SUI BILANCI DELLE FAMIGLIE A BASSO REDDITO…E ALLA FINE SARA’ UN GIRO CONTO
Sia in campagna elettorale che nei suoi primi mesi a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni ha rilanciato un classico delle ricette del centrodestra: la riduzione delle tasse. Una promessa che sembra condivisa da tutti i partiti che sostengono il governo, con il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini che qualche giorno fa ha detto: «Chi dice che il taglio delle tasse non è una priorità è un cretino».
In vista del varo ufficiale della riforma fiscale, l’esecutivo sta pensando di rilanciare un grande classico: il riordino delle tax expenditures, ossia la riduzione delle 626 agevolazioni attualmente in vigore.
A svelare come queste agevolazioni potrebbero essere riorganizzate è Il Sole 24 Ore, secondo cui il governo starebbe pensando soprattutto a un’ipotesi: intervenire sugli oneri detraibili al 19%, che nelle ultime dichiarazioni dei redditi valevano 27,2 miliardi di euro.
Il piano del governo prevede di usare un meccanismo diverso, calcolato in base al reddito e modulate in base ai tre nuovi scaglioni in cui dovrebbe essere articolata l’Irpef.
Per fare un esempio, chi dichiara fino a 28mila euro potrebbe chiedere la detrazione del 19% degli oneri fino al 4% del proprio reddito.
Per chi guadagna tra i 28mila e i 50mila euro annui, la percentuale scende al 3%. Per chi ha un reddito superiore ai 50mila euro scende al 2% fino ad azzerarsi completamente oltre una certa soglia.
Oltre all’intervento sulle detrazione del 19%, il ministero dell’Economia sarebbe al lavoro anche su altri fronti di riordino delle agevolazioni. Dovrebbero rimanere salve le rate annuali dei bonus per la ristrutturazione immobiliare. Il Superbonus al 90%, per esempio, resta valido per chi avvia i lavori nel 2023 ma solo se il proprietario dell’abitazione ha un reddito non superiore a 15mila euro. Una cifra che va calcolata applicando il nuovo meccanismo del quoziente familiare.
(da agenzie)
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Marzo 27th, 2023 Riccardo Fucile
LA COMMISSIONE RIBADISCE ANCHE CHE ITA NON PUO’ ESSERE CONSIDERATA IL “SUCCESSORE ECONOMICO” DI ALITALIA
Il prestito ponte da 400 milioni di euro concesso dal governo italiano ad Alitalia nel 2019 rappresenta un aiuto di Stato illegale e contrario alle norme comunitarie. Lo ha stabilito la Commissione Europea, che chiede ora all’Italia di recuperare dalla compagnia l’aiuto di Stato illegittimo, con tanto di interessi. Nella sua indagine formale, l’esecutivo di Bruxelles ha concluso che, nel concedere il 26 ottobre 2019 il prestito ponte di 400 milioni di euro ad Alitalia – commissariata nel maggio 2017 -, «l’Italia non si è comportata come avrebbe fatto un operatore privato, non avendo valutato in anticipo la probabilità di rimborso dei prestiti». Piuttosto, spiega la Commissione, il governo italiano si è preoccupato solo di «garantire la continuità del servizio dei voli nazionali e internazionali di Alitalia».
La Commissione ha poi ricordato che Alitalia aveva già beneficiato di altri aiuti, ovvero i due prestiti da 900 milioni concessi nel 2017 e mai rimborsati. Due prestiti dichiarati illegali da Bruxelles, con le stesse motivazioni, nel settembre 2021.
Nell’indagine conclusa oggi, la Commissione Ue ha stabilito che «l’aiuto ha conferito ad Alitalia un ingiusto vantaggio economico rispetto ai suoi concorrenti sulle rotte nazionali, europee e mondiali».
Non solo: l’esecutivo europeo ha ribadito, come già rilevato nel 2021, di non considerare Ita Airways come «il successore economico» di Alitalia, nonostante la prima ne abbia rilevato alcuni asset. Di conseguenza, non spetta alla nuova compagnia aerea «rimborsare l’aiuto ricevuto da Alitalia».
Una portavoce dell’esecutivo Ue ha ricordato che «l’amministrazione straordinaria di Alitalia è ancora in corso» ed è «finalizzata al completamento della liquidazione del patrimonio del vettore». Ed è proprio dalla vendita degli asset che Bruxelles chiede all’Italia di recuperare i soldi concessi illegalmente nel 2019.
(da agenzie)
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Marzo 27th, 2023 Riccardo Fucile
“HANNO ROVINATO IL PAESE. HANNO FOTTUTO NOI, I NOSTRI FIGLI, IL LORO FUTURO, IL LORO DESTINO. SONO CRIMINALI. LUI È SATANA”… L’AUDIO È STATO DEBOLMENTE SMENTITO DAI DUE INTERLOCUTORI MA CONFERMATO DAI SERVIZI. E LA DIRIGENZA DELL’FSB HA “ORDINATO DI AGIRE”
Una telefonata intercettata, leakata all’esterno molto probabilmente dai servizi segreti ucraini, pubblicata sui media ucraini, sta facendo molto rumore nella «verticale del potere» di Vladimir Vladimirovich Putin.
A parlare, inconsapevolmente intercettati, sono il produttore musicale (uno dei più importanti del Paese) Iosif Prigozhin (niente a che fare con l’omonimo Evgheny, il capo dei mercenari di Wagner) e l’oligarca miliardario Farkhad Akhmedov, ex membro del Consiglio della Federazione russa.
I due parlano spigliatamente e si lasciano andare a giudizi pesantissimi su Putin. La telefonata è stata (un po’ flebilmente) smentita da Iosif Prigozhin, che ha detto che la sua voce è stata in parte ricreata usando l’intelligenza artificiale e i network neurali. La cosa potrebbe far sorridere ma va riferita.
Tuttavia ieri sera “Important Stories” l’ha avvalorata citando una fonte nel Fsb, il servizio segreto interno russo, che dichiara testualmente: «La registrazione è autentica, la dirigenza del FSB ha recentemente tenuto una riunione e ha ordinato ai subordinati di agire». Si capirebbe, di qui, il terrore che emerge nel video di smentita di Iosif Prigozhin.
Nel presunto audio, i due parlano francamente.
Prigozhin racconta: «Hanno collaborato, Igor Ivanovich (Sechin, nda.), Sergei Viktorovich (Chemezov) e Viktor Zolotov. Incolpano Shoigu per tutto. Lo chiamano un idiota, alle sue spalle, ovviamente. E loro hanno il compito di demolirlo, porca miseria. Sì, ma perché qualcuno deve essere incolpato. Ascolta. Sono le persone più stupide. La mia opinione è semplice: si comportano come re, come fottuti dei. Sono creature finite».
Akhmedov replica: «Hanno incasinato la situazione. Hanno rovinato il paese. Hanno fottuto tutti. Di tutto questo risponderà il Presidente. Per tutti. Glielo chiederanno. Hanno fottuto noi, i nostri figli, il loro futuro, il loro destino, dannazione, capisci?».
Iosif Prigozhin riprende: «A essere onesti, ovviamente, sono criminali, dannazione, razza di criminali sono, dannazione. (…) Saremo fottuti, dannazione. Non abbiamo nessuna fottuta opzione. Cioè, anche se lui (Putin, nda.) se ne fotte e preme il pulsante, accidenti, l’intera nazione non ha un fottuto futuro in questo scenario. È tutto. Ci ha inc… tutti, dannazione. (…) Per loro le persone sono solo spazzatura, sai».
Akhmedov concorda: «Sì, a lui (Putin, nda.) non gliene frega niente di tutto. E alla gente frega un c… di lui. È Satana, dannazione».
(da agenzie)
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Marzo 27th, 2023 Riccardo Fucile
A SILVIO SAREBBERO STATE DATE GARANZIE PERSONALI (I PROCESSI) E SULLE NOMINE (UN RUOLO PER SCARONI)… LA LINEA PIÙ GOVERNATIVA GIOVA ANCHE A MEDIASET. E POI C’È LA PARTITA DELLE EUROPEE: L’ALLEANZA PPE-CONSERVATORI
Una prospettiva politica comune, certo. Ma anche nomine, interessi economici e giudiziari. Ecco cosa c’è dietro il patto segreto fra Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, che ha portato al ribaltone interno a Forza Italia. Cioè al ridimensionamento dei “custodi” della linea critica nei confronti del governo – i capigruppo Licia Ronzulli e Alessandro Cattaneo
Difficile che si arrivi a un partito unico. Ma la scelta fatta da chi ha orchestrato la manovra, fra gli azzurri, è quello di rinunciare a una buona fetta di autonomia per assicurare alla creatura di Berlusconi un futuro sotto l’ombrello di FdI. Più comodo politicamente e più conveniente per l’impero Mediaset.
L’orizzonte sono le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Si punterà a un’alleanza fra il Ppe (partito cui fa capo Forza Italia) e i Conservatori di Giorgia Meloni, per ribaltare gli attuali assetti della commissione e mettere ai margini i socialisti.
Sullo sfondo, però, ci sono questione più concrete, che afferiscono agli interessi di Berlusconi e della sua famiglia: la svolta è avvenuta il 13 febbraio, con la revoca della costituzione di parte civile del governo nel processo Ruby Ter (precedente all’assoluzione di Berlusconi). Un mese dopo, ecco il ritiro della costituzione di parte civili pure nel procedimento di Bari (caso escort-Tarantini). E altre garanzie personali sarebbero state date all’ex premier.
Nell’accordo c’è spazio anche per alcune nomine nelle partecipate di Stato gradite a Berlusconi: in primis quella di Paolo Scaroni, destinato ad avere un ruolo nella stessa Enel o in Leonardo. Il tutto in un quadro di malessere silente, fra i parlamentari della cosiddetta “corrente Ronzulli” che danno per fisiologico l’allontanamento da un partito che considerano “finito”. Sono almeno una quindicina. Le sirene non mancano: fra le numerose telefonate giunte a Licia Ronzulli dopo la rivoluzione interna, c’è quella di Matteo Renzi
(da La Repubblica)
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Marzo 27th, 2023 Riccardo Fucile
L’ESTENSIONE A 10 ANNI SOLO PER BANCHE E IMPRESE… VICINI ALLE BANCHE, LONTANI DAI CITTADINI CON REDDITI BASSI
Vicini alle banche, lontani dai cittadini, e soprattutto da quelli con i redditi più bassi. È la linea del governo, anche sul superbonus,
Stando a fonti parlamentari e dell’esecutivo, dal pacchetto di emendamenti riformulati al decreto superbonus – ora in discussione alla Camera, in commissione Finanze – è stata tolta l’ipotesi di poter estendere da quattro a dieci anni il periodo per consentire ai privati di recuperare in detrazione le spese del superbonus. Una misura che doveva sostenere i redditi più bassi.
Ma ora la maggioranza ha fatto marcia indietro, almeno per quanto riguarda i cittadini comuni. Perché la possibilità di spalmare in dieci anni le detrazioni sarà invece garantita a banche e imprese che hanno acquistato crediti: un emendamento riformulato riapre infatti la possibilità – già prevista dal decreto Aiuti quater – di fruire dei crediti non ancora utilizzati in dieci rate annuali.
Una scelta di campo, insomma, quello dell’esecutivo.
“Bocciata” così dalla capogruppo alla Camera di Alleanza Verdi e Sinistra, Luana Zanella: “Il governo Meloni conferma di avere a cuore il benessere dei ricchi e delle banche”. Mentre due esponenti di Europa Verde, Francesco Alemanni e Filiberto Zaratti, sostengono: “Con lo stralcio dal decreto della misura per facilitare l’assorbimento delle detrazioni a chi ha poca capienza Irpef. il governo scegli di lasciare i cittadini soli di fronte alla crisi climatica”.
Ma tra gli emendamenti che oggi approderanno in commissione Finanze c’è anche altro. Secondo sempre le indiscrezioni filtrate sulle agenzie, si va verso il ripristino dello sconto in fattura e della cessione del credito per gli istituti per le case popolari (Iacp), le onlus e il terzo settore. La condizione per essere esclusi dal blocco, precisa un emendamento, “è che gli enti siano stati già costituiti alla data di entrata in vigore del decreto” sul superbonus.
Un’altra proposta di modifica prevede invece un ulteriore allargamento dell’esclusione dalla responsabilità in solido nell’acquisto dei crediti del superbonus, comprendendo tutti i cessionari che acquistano da una banca.
Il decreto già esclude dalla responsabilità i cessionari dei crediti di imposta che dimostrino di aver acquisito i crediti e che siano in possesso di una specifica documentazione. La modifica estende ulteriormente l’esclusione a tutti i cessionari che acquistano i crediti d’imposta da una banca o da altra società appartenente al gruppo dello stesso istituto, o da una società quotata o da altra società appartenente al gruppo della stessa azienda quotata.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Marzo 27th, 2023 Riccardo Fucile
“LE IENE” HANNO BECCATO “LA FIGLIA DEL NOTO POLITICO” A FINGERSI AVVOCATO PER SCUCIRE QUALCHE CENTINAIO DI EURO A UNA POVERA BADANTE… NEL SERVIZIO, LA FURBETTA PREGA “LE IENE” DI NON ESSERE SPUTTANATA E OFFRE 20MILA EURO PER NON FAR MANDARE IN ONDA IL SERVIZIO…SUL CASO INDAGA LA PROCURA DI FIRENZE
Si sarebbe finta avvocato, arrivando anche a falsificare una sentenza del tribunale del lavoro del capoluogo toscano per convincere la sua cliente, una badante ignara di essersi affidata a una falsa professionista, che la sua pratica stava andando avanti e che aveva vinto la causa.
La protagonista della vicenda è stata smascherata da un servizio della trasmissione Le Iene di Italia 1, in cui viene definita “figlia di un noto politico fiorentino”. Una volta scoperto di essere stata presa in giro la badante, assistita dall’avvocato Mattia Alfano, ha querelato la donna che si era spacciata per avvocato.
Stando quanto denunciato, la donna accusata di essersi spacciata per avvocato sarebbe Diletta Chiara Verdini, figlia dell’ex senatore Denis Verdini. Sul caso indaga la procura di Firenze, che ha aperto un fascicolo e disposto accertamenti giudiziari .
La badante si era rivolta alla presunta avvocata per portare avanti una causa contro una famiglia presso cui aveva lavorato, che non voleva pagarle quanto le spettava. Quando ha chiesto informazioni sull’andamento del procedimento, la falsa avvocata le avrebbe consegnato una sentenza, su carta intestata del tribunale di Firenze, che però sarebbe risultata un falso.
«Il documento è carta straccia – ha spiegato l’avvocato Alfano ai microfoni de Le Iene –, il giudice lo ha disconosciuto subito». Questo spiegherebbe perché, nonostante il presunto verdetto del tribunale fosse favorevole alla badante, lei non aveva mai ricevuto il risarcimento indicato. Quando il legale si è recato alla cancelleria del tribunale per chiedere lumi sulla sentenza, è emerso che si trattava di un falso. La prima denuncia è scattata d’ufficio, da parte degli stessi addetti degli uffici del Palazzo di Giustizia. Poi c’è stata la seconda, presentata a stretto giro dalla vittima.
Tutta questa messinscena, secondo l’accusa, per intascare una commissione di poche centinaia di euro.
Le telecamere de Le Iene si sono presentate nell’ufficio di Campi Bisenzio dove lavora la falsa professionista, che gestisce un’agenzia di noleggio auto.
(da Il Tirreno)
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Marzo 27th, 2023 Riccardo Fucile
L’IMPRENDITORE RUSSO, EVASO DAI DOMICILIARI A MILANO, COMPRAVA PER CONTO DEI SERVIZI RUSSI COMPONENTI ELETTRONICHE PER PRODURRE ARMI SOFISTICATE, UTILIZZATE POI IN UCRAINA, INSIEME ALL’AMICO E SOCIO JURIJ OREKHOV
Jurij Orekhov si sentiva tranquillo. Guardava le immagini del conflitto in Ucraina con soddisfazione: nei missili che piovevano sulle città c’era il frutto del suo lavoro. Dopo l’invasione stava più attento: aveva aperto una nuova società negli Emirati Arabi e spostato la residenza lì. Al suo amico e socio Artem Uss aveva spiegato di essere pronto alla latitanza. Senza escludere un’altra opzione: fingersi un dissidente anti-Putin e chiedere asilo.
A Jurij è andata male e da fine ottobre è in un carcere tedesco in attesa dell’estradizione negli Usa, mentre Artem mercoledì scorso ha scassinato il braccialetto elettronico ed è scappato dagli arresti domiciliari a Milano.
Le autorità italiane hanno sottovalutato l’importanza di questo quarantenne muscoloso, figlio di un governatore siberiano vicinissimo al Cremlino. Perché è su questa coppia che si stanno concentrando le indagini dell’intelligence americana per ricostruire la rete che ha permesso alla Russia di ottenere componenti elettroniche fondamentali per incrementare la produzione di armi hi-tech pure dopo l’inizio della guerra.
Se Orekhov era più esperto negli aspetti manageriali, Uss era al centro dei rapporti più importanti per il futuro: quelli con la Cina. Quanto sia stato incisivo il ruolo dei due lo dimostrano gli atti. Attraverso ditte tedesche e norvegesi Orekhov ha acquistato legalmente di tutto: nel 2019 ha cercato persino di ottenere parti del caccia F-22 Raptor, il più moderno intercettore stealth statunitense.
Le sue aziende esibivano credenziali ottime, incluse quelle di Roscosmos, l’agenzia spaziale russa che poteva importare tecnologia satellitare per proseguire le missioni orbitali assieme alla Nasa. Per anni ha portato legalmente in Russia elicotteri Usa ed è riuscito a ottenere dalla francese 3D Plus microprocessori molto speciali: li ha pagati 3,6 milioni di dollari e potrebbero servire per lo stadio finale del super-missile nucleare Sarmat.
La coppia unisce affari privati e missioni statali, tutti però protetti dai servizi di sicurezza russi. Il contrabbando di petrolio e materie prime triangolate tra Venezuela e Cina con il coinvolgimento del magnate Oleg Deripaska — che non risulta indagato — pare servisse soprattutto a creare riserve finanziarie. Il socio di Uss non aveva problemi a muovere soldi: usava corrieri che consegnavano pacchi di contanti, transazioni in criptovalute e bonifici da istituti pronti a chiudere un occhio: «Non c’è da preoccuparsi — diceva al telefono — Questa è la banca più sporca degli Emirati, mandano denaro a chiunque».
Questo network con l’inasprimento delle sanzioni ha solo cambiato pelle. Uno dei terminali dello shopping di Uss e Orekhov — la Radioavtomatika — sta continuando a reperire microprocessori attraverso società in Uzbekistan, Armenia e Cina. La Repubblica Popolare è l’ultima terra promessa dove i russi possono comprare chip e lì Artem Uss ha ereditato i rapporti del padre, governatore della regione di Krasnojarsk che traffica oltre la frontiera siberiana da decenni. Storie su cui adesso nessun giudice statunitense potrà interrogarlo.
(da La Repubblica)
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