Marzo 13th, 2023 Riccardo Fucile
CERTA SINISTRA E’ ANCORA COMPOSTA DI IMBECILLI CHE NON SANNO DI COSA PARLANO… IL NOSTRO COMMENTO
La sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti è stata al centro di una contestazione, la mattina del 13 marzo, a Milano. La rappresentante del governo Meloni era in visita all’Itis Molinari per partecipare alla commemorazione di Sergio Ramelli, militante del Fronte della gioventù ucciso nel 1975 all’età di 19 anni.
«Fascisti carogne tornate nelle fogne», è uno dei cori dei manifestanti di Rete Milano antifascista, Cobas e Usb. La presenza dell’esponente di Fratelli d’Italia è stata ritenuta da chi protesta «strumentale». Gli studenti, tramite i propri rappresentanti di istituto, hanno fatto sapere di voler rimanere «neutrali», condannando comunque «la violenza in generale».
Nelle motivazioni dei manifestanti, invece, resiste il biasimo della figura dello studente milanese ucciso dalla sinistra extraparlamentare. «Ramelli viene ricordato tutti gli anni da orde barbariche che incutono timore. Noi lo vogliamo ricordare per quello che era e senza censura: un picchiatore fascista».
Le dichiarazioni di Frassinetti
«Oggi sono stata all’Istituto Molinari. Ho deposto un mazzo di fiori sotto la targa che ricorda Sergio, studente del Molinari negli anni ’70, aggredito brutalmente dal servizio d’ordine di Avanguardia operaia sotto casa, il 13 marzo di 48 anni fa, e morto dopo 47 giorni di agonia. Ho anche ricordato che proprio in quella scuola un professore consegnò agli estremisti di sinistra il tema di Sergio contro le Brigate rosse e da lì iniziò il suo calvario. Ringrazio per la sua significativa presenza il fratello di Fausto Tinelli, ragazzo di sinistra ucciso davanti al Leoncavallo. Presto andrò a deporre i fiori anche nella sua scuola. Ringrazio gli studenti del Molinari che mi hanno accolto nel loro istituto e condivido il comunicato dove si dicono contrari ad ogni violenza».
IL NOSTRO COMMENTO
Premetto che conosco Paola da circa 40 anni e anche se dopo Fiuggi le nostre strade politiche si sono divise, resta il ricordo di una militante di destra perbene. Non ne condivido da tempo collocazione politica e idee, ma ognuno nella vita è libero di scendere a compromessi come di rifiutarli.
Entriamo nel merito: doverosa la sua presenza alla commemorazione in ricordo di Ramelli al Molinari, scuola dove Sergio era studente, come quella promessa di deporre un mazzo di fiori anche in ricordo del ragazzo di sinistra Fabio Tinelli, anche se tardiva.
La sedicente “Rete antifascista” è libera di contestare ma non di raccontare balle quando sostiene che “noi vogliamo ricordare Ramelli per quello che era: un picchiatore fascista».
Chi, come noi, ha militato a destra negli anni di piombo, sa benissimo che Sergio non era affatto un picchiatore.
Se lo fosse stato, qualcuno degli aggressori si sarebbe ritrovato con una pallottola in fronte.
Era semplicemente un ragazzo di destra che si era esposto nel suo istituto, come tanti di noi.
E chi combatte per degli ideali, a destra come a sinistra, merita rispetto, concetto che qualche coglione (a destra come a sinistra) non pare aver ancora recepito.
Ma che vale la pena ogni tanto ricordare.
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Marzo 13th, 2023 Riccardo Fucile
NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO I REPUBBLICHINI DIVENNERO “IL MALE ASSOLUTO” SU CUI SCARICARE LE RESPONSABILITÀ ANCHE DI QUANTI NEL VENTENNIO SI ERANO SPELLATI LE MANI PER MUSSOLINI
«Il Signor Maestro ci ha spiegato che gli italiani, siccome sono i più richiamati dalla Santa Provvidenza, hanno tredici comandamenti. I primi dieci della tavola di Mosè e poi c’è Credere, Obbedire, Combattere». C’è poi da stupirsi se tanti bambini degli anni Trenta, era al servizio del fascismo, si buttarono a capofitto dalla parte del Duce nella repubblica di Salò?
No, risponde lo storico Gianni Oliva nel libro Il purgatorio dei vinti (Mondadori), dove spiega come parte di quella generazione finì nella sciagurata avventura repubblichina al fianco dei nazisti autori delle peggiori stragi e nefandezze della Seconda guerra mondiale. Fino a venir rinchiusi in campi di prigionia come quello di Coltano
Una storia poco nota e ricostruita attraverso le vicende politiche e umane di giovani prigionieri allora ignoti, come ovvio dato che molti avevano vent’anni o addirittura quindici o quattordici, ragazzini intrappolati dalla retorica mussoliniana al punto di cercar «la bella morte». Al netto delle memorie di qualche nostalgico, scrive Oliva, «Coltano appare soprattutto lo specchio dello smarrimento ideologico e morale lasciato dal 1943-45: molti dei prigionieri sono ragazzi del 1925-26, adolescenti o poco più infiammati dall’educazione littoria, avviliti dal “tradimento” dell’armistizio, indignati con il re e con Badoglio».
Si chiede lo storico, «dove sta la differenza tra il partigiano e il milite di Salò rinchiuso a Coltano? Tra il garibaldino, il badogliano, l’azionista e quello che si è arruolato tra i paracadutisti della Repubblica sociale, come Dario Fo? O è andato volontario nei bersaglieri di Mussolini, come Raimondo Vianello?
È ancora Calvino a rispondere: la differenza è la storia. “C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi”.
Ed ecco tante storie di tanti ragazzi. Da Walter Chiari a Giorgio Albertazzi, da Ugo Tognazzi a Mauro De Mauro, da Marcello Mastroianni a Enrico Maria Salerno, da Gorni Kramer a Carlo Mazzantini fino appunto a Raimondo Vianello, che oltre quarant’anni dopo, nel 1998, spiegherà in un’intervista alla rivista «Lo Stato» di Marcello Veneziani come e perché fece quella scelta chiudendo con una battuta: «Non rinnego né Salò né Sanremo».
Nell’immaginario collettivo i repubblichini rappresentavano «il male assoluto». Su cui scaricare le responsabilità anche di quanti nel Ventennio si erano spellati le mani per Mussolini.
Ed è proprio su questo punto che Il purgatorio dei vinti, citando Rosario Romeo («La Resistenza, opera di una minoranza, è stata usata dalla maggioranza degli italiani per sentirsi esonerati dal dovere di fare fino in fondo i conti con il proprio passato») batte e ribatte: «Quando mai i manuali e i docenti ci hanno insegnato che l’Italia ha perso la guerra? Per tutti noi, cresciuti nella cultura dell’Italia repubblicana, la fine del secondo conflitto mondiale è il 25 aprile, l’insurrezione partigiana nelle città del Nord, i giorni radiosi della Liberazione. La “vulgata” antifascista ha preso l’unica esperienza del 1940-45 che ci metteva dalla parte giusta della storia, la Resistenza, e l’ha trasformata nella foglia di fico dietro cui nascondere colpe, corresponsabilità, vergogne».
Il senso, traduce Oliva, è che «vi è stato un ventennio di dittatura fascista che ha dominato gli italiani con la forza della coercizione e ha tenuto il Paese legato insieme con il filo di ferro della repressione e della paura, e vi è una nuova Italia che, prima con l’antifascismo clandestino, poi con la cobelligeranza e la Resistenza partigiana, ha concluso la guerra nel fronte dei vincitori» .
Per dirla con Benedetto Croce, il fascismo fu solo «una parentesi». Ma fu davvero così? Risponde lo storico torinese: «Si tratta di una rielaborazione storicamente impropria che dimentica le folle di giovani in delirio il 10 giugno 1940 quando il Duce annuncia da Palazzo Venezia l’entrata in guerra contro la Francia e la Gran Bretagna ».
Senza fare i conti col passato: «La criminalizzazione di Salò serve soprattutto ad assolvere tutti coloro che sono stati fascisti sino al 25 luglio e che negli anni del regime hanno costruito carriere, ricevuto onori, lucrato fortune più o meno illecite». Una scelta che peserà, e Dio sa quanto, sulla storia a venire…
(da Il Corriere della Sera)
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Marzo 13th, 2023 Riccardo Fucile
PRIGOZHIN RIBATTE AL MINISTRO DELLA DIFESA CHE LO AVEVA ACCUSATO DI SPINGERE LE MIGRAZIONI DALL’AFRICA (SENZA PROVE)
Respinge al mittente le accuse dal governo italiano il fondatore e capo della brigata Wagner, Yevgeny Prigozhin, dopo che il ministro della Difesa Guido Crosetto, oltre che quello degli Esteri Antonio Tajani, aveva accusato il gruppo di mercenari russi di mettere in atto una «guerra ibrida» contro l’Italia, favorendo la migrazione dai Paesi africani in cui è impegnato.
«Crosetto dovrebbe guardare meno in altre direzione e occuparsi dei suoi problemi, che probabilmente non è riuscito a risolvere – ha tuonato Prigozhin in un audio postato sul canale Kepka Prigozhina (“il berretto di Prigozhin”) – Noi non siamo al corrente di ciò che sta succedendo con la crisi migratoria, non ce ne occupiamo, abbiamo un sacco di problemi nostri di cui occuparci». Prigozhin arriva anche a insultare Crosetto, chiamandolo «mudak», che in russo significa sostanzialmente «testa di cazzo».
Sulle accuse italiane, Prigozhin ha poi aggiunto: «Prima si parlava di compagnia privata Wagner, poi a un tratto è diventato gruppo Wagner, ora invece viene fuori che è una divisione Wagner, e l’Italia è la prima ad usare questa parola in tanti anni».
(da agenzie)
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Marzo 13th, 2023 Riccardo Fucile
OVAZIONE DELLA PLATEA MENTRE ORLANDO FINGE DI NON SENTIRE O PROPRIO NON SENTE. ZINGARETTI E’ UNA SFINGE, FRANCESCHINI DI PIETRA
Cacicchi, capibastone, capicorrente, detti anche boss, baroni, padrini, ras.
«Non vogliamo più vederli!» — la giugulare di Elly sotto la camicia bianca e dietro al microfono, un attacco feroce e inatteso ai vertici del partito sferrato dopo nemmeno venti minuti di discorso: con la platea che ondeggia prima incredula e poi di botto eccitata, i delegati che balzano in piedi, le grida di evviva che quasi coprono gli applausi liberatori, sfrenati, donne e uomini che mandano baci alla nuova segretaria del Pd, adesso con un sorriso più che compiaciuto, di sfida (quindi, un mezzo ghigno).
Bolgia. Prendere appunti. Osservare bene. Ne provocano uno (ma con un filo di voce, vigliacchi). «Ehi, Andrea: Elly stava parlando anche di te».
Andrea Orlando non si volta, finge di non sentire o proprio non sente, lo sguardo fisso sul palco, sulla candidata che lui, dopo un’iniziale incertezza, alle primarie ha pure sponsorizzato con forza.
Orlando, poco fa, è entrato nel gigantesco androne metafisico del centro congressi «La Nuvola», qui all’Eur, come uno dei più potenti sultani del Nazareno: spinto dai fotografi dentro un groviglio di cavi e telecamere e omaggiato dai cronisti, uno camminando all’indietro quasi inciampa, un’altra — sfoderando un sorriso assassino — implora almeno mezza dichiarazione.
Per Elly Schlein, arrivata cinque minuti dopo, addirittura meno pathos, meno riverenze: il riflesso condizionato di chi è ormai abituato alle solite gattopardesche dinamiche di un partito che ha già cambiato undici segretari in 15 anni, quasi sempre sperando che poi tutto restasse — appunto — perfettamente uguale.
E invece: ecco l’improvvisa randellata politica di Elly sulla testa dei capi storici. Compresi quelli che si sono schierati al suo fianco. Le agenzie telefonano a Goffredo Bettini. Nicola Zingaretti è seduto in alto, sulla sinistra, vicino alle scalette: una sfinge (e però c’era cascato nel trappolone retorico, quando lei, con preamboli dolciastri, lo aveva persino ringraziato del lavoro svolto da segretario — sì, certo, figurati — e lui l’aveva salutata da lontano).
Di pietra, Dario Franceschini; le sue truppe osservano sentendosi ancora forti: capo, quali sono gli ordini? Giuseppe Provenzano, nell’incertezza di essere considerato a sua volta qualcosa di simile a un boss, applaude con entusiasmo.
Peggio, ovviamente, si sentono i capicorrente che hanno tirato la volata allo sconfitto Stefano Bonaccini (composto, pieno di dignità: vecchia scuola comunista). Piero Fassino — raccontano — uno sguardo di cera bianca. Matteo Orfini capisce che forse non ha davvero più senso guidare una corrente — i cosiddetti Giovani Turchi — ridotta (forse) a un solo esponente, il senatore Francesco Verducci; stato d’animo immaginabile tipo quello di Peppe er Pantera/Vittorio Gassman nel film l’ Audace colpo dei soliti ignoti : «M’hanno rimasto solo quei quattro cornuti…».
Piero De Luca spedisce un whatsapp al padre, il temibile Vincenzo De Luca, già meraviglioso viceré dem per la Campania.
Lorenzo Guerini (guida spirituale di Base Riformista, renziani in sonno e cattolici moderati) davanti ad attacchi così precisi e tosti, e a un orizzonte grigiastro, è possibile ragioni sull’urgenza di organizzare davvero un «correntone», che tenga dentro tutta l’opposizione interna.
Anche perché: a Stefano Bonaccini, nominato presidente del partito (dopo trattativa lunga, sofferta, ruvida) Elly sistema accanto due vice di sua fiducia. Due autentiche pitbull: Loredana Capone e Chiara Gribaudo.
La Gribaudo è un po’ il simbolo del nuovo potere. È alla terza legislatura. Ma finora è sempre rimasta un po’ laterale. Stavolta annusa l’occasione della vita. Schlein e Gribaudo a Roma condividono un appartamento, come Del Mastro e Donzelli: sebbene queste sembrino molto più furbe della coppia di Fratelli d’Italia (okay, certo: ci vuole poco).
(da Il Corriere della Sera)
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Marzo 13th, 2023 Riccardo Fucile
ROCCA SMENTISCE GLI SCONTRI, MA ALL’ESORDIO DAVANTI ALLA STAMPA, IL COORDINATORE FORZISTA FAZZONE NON SI PRESENTA…L’EX PRESIDENTE DELLA CROCE ROSSA SI TIENE LA DELEGA PIÙ PESANTE, QUELLA DELLA SANITÀ
Soddisfatto, tanto per dire, Fabio Rampelli. E come potrebbe non esserlo? La giunta ha 6 caselle occupate da Fratelli d’Italia e la corrente del senatore, quella dei Gabbiani, è stata più che accontentata.
Battute in prima fila con Paolo Trancassini, deputato meloniano, e il sottosegretario leghista Claudio Durigon, coordinatore del Carroccio laziale a sua volta compiaciuto dagli esiti dal calciomercato regionale. Buona l’ultima rimescolata di deleghe.
Non si vede, invece, il forzista Claudio Fazzone: Radio Regione lo posiziona tra i perdenti.
Rampelli però va a metterci una pezza: «Ci ha chiamato stamattina, non si sentiva bene. Niente di più». Meno male. Altrimenti sarebbe finita come con l’Udc. Il vecchio Scudo crociato, tenuto fuori dalla giunta, minaccia di uscire dalla maggioranza. Lo strappo, sulle prime, ieri veniva definito «fantascientifico».
Come se Nazzareno Neri, consigliere che si è pubblicamente lamentato a mezzo stampa, fosse uscito da Star Trek. A guardarlo bene non pare. «Non è che possiamo tornare al manuale Cencielli», sbotta quindi Rocca. Davanti all’evidenza, scatta la battuta tra i fedelissimi: «Dai, un sottosegretariato non si nega a nessuno».
La novità, da approvare emendando lo statuto regionale, serve a fare contenti tutti. A creare quelle caselle in più che Rocca avrebbe tanto voluto avere già a disposizione: «In Lombardia ci sono 16 assessori, qui 10. Ci sarà dello stress aggiuntivo».
I candidati all’esaurimento nervoso — ripassare tra 6 mesi — per Fratelli d’Italia sono Roberta Angelilli, vicepresidente con delega allo Sviluppo economico, Giancarlo Righini (Bilancio), Fabrizio Ghera ( Trasporti e Rifiuti), Massimilano Maselli ( Politiche sociali), Elena Palazzo (Ambiente) e Manuela Rinaldi ( Lavori pubblici e politiche per la ricostruzione).
La Lega festeggia per l’Urbanistica a Pasquale Ciacciarelli. Mentre la Cultura va all’eurodeputata Simona Baldassarre.
Anche la Famiglia, a lei che ha firmato il libro-inchiesta sull’utero in affitto ed è stata più volte intervistata da siti prolife. Forza Italia si accontenta del Personale assegnato a Luisa Regimenti e della Scuola e del Lavoro a Giuseppe Schiboni.
A chi dice che « no, non ci sono mai stati litigi » per la formazione della giunta replica Durigon: «Ma sì, le solite litigate per gli assessorati. Normale, no?». Di certo non è fantascienza.
(da La Repubblica)
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Marzo 13th, 2023 Riccardo Fucile
“IO INVECE CONTINUERÒ A NON FARE UNA MAZZA E A DARMI ALLA BELLA VITA CONVINTO CHE NESSUNO AVRÀ QUALCOSA DA RIDIRE, O DA PRETENDERE, PER IL SEMPLICE MOTIVO, CARO FELTRI, CHE IO, A DIFFERENZA TUA, SONO IL PADRONE DI ME STESSO”
Ieri mattina ho ricevuto sul cellulare un messaggino allarmato di un caro amico: Vittorio Feltri scrive su “Libero” un pezzo che ti riguarda. Che diavolo avrò fatto mai, rimuginavo, mentre mi affannavo a cercare nelle poche edicole aperte un copia del raro e prezioso manufatto (che leggo soltanto quando viene deposto sulla mia scrivania al “Fatto”, naturalmente gratis).
Poi ho avuto un’illuminazione: non sarà per quel pezzo a mia firma uscito sabato su “Millennium”, dedicato a un incontro con la famiglia Angelucci quando ero direttore de l’“Unità”? C’era una doglianza per il titolo del mio pezzo a proposito delle lenti scure indossate dagli Angelucci nel suddetto incontro. Qui levo la mia protesta contro la suscettibilità padronale: una penna sopraffina come quella di Feltri dovrebbe essere scomodata per ben altro
Quando poi scrive che sono stato “scorretto” nel riferire di una “chiacchierata tra amici a distanza di anni” perché “in certi casi un gentiluomo tace, non rinvanga il passato per fare il bullo al bar”, come si dice prendo e porto a casa. Quando scrive che lui ha fatto “meglio di me” perché “ha sgobbato di più” ha ragione da vendere. Io invece continuerò a non fare una mazza e a darmi alla bella vita convinto che nessuno avrà qualcosa da ridire, o da pretendere, per il semplice motivo, caro Feltri, che io, a differenza tua, sono il padrone di me stesso.
Antonio Padellaro
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 13th, 2023 Riccardo Fucile
IL FOGLIO DI FELTRI HA ACCREDITATO UN ATTACCO INFORMATICO PER INSERIRE IL FALSO TITOLO DI STUDIO…LE ACCUSE SUL PRESUNTO CONFLITTO D’INTERESSI DELLA CALDERONE E SULLA SUA GESTIONE DELL’ORDINE DEI CONSULENTI DEL LAVORO
Scoop di Libero: hanno hackerato il profilo del ministro, chiamate i servizi. Non trovando argomenti o giornali seri che la difendano, la ministra Calderone – che martedì in aula lascia l’incombenza al sottosegretario Mantovano – riceve soccorso dalla stampa “amica”.
Italia Oggi gridava alla gogna evocando addirittura Marco Biagi; salvo omettere che da anni i consulenti del lavoro guidati dal marito Rosario De Luca curano pagine del quotidiano economico.
Da incorniciare l’arringa del foglio di Feltri che ieri ha accreditato addirittura un attacco informatico all’enciclopedia online per inserire la falsa laurea a Cagliari utile alla “campagna del Fatto per destabilizzare il ministro”.
Ma è solo grazie alle “balle del Fatto” che ora la pagina riporta il vero titolo, mai dichiarato dalla ministra, conseguito alla Link Campus University, quella dei vertici alla sbarra per gli “esami facili”, dove per altro ha investito 15 milioni di euro dei consulenti del lavoro.
“Guai a toccare l’assegno pentastellato, si finisce nel tritacarne del grillino Travaglio”, recitava ieri il foglio di Feltri.
C’è da sperare non sia questa la solfa che sarà servita martedì prossimo ai parlamentari di opposizione che, sulla scia delle rivelazioni del Fatto e delle mancate spiegazioni della ministra, le hanno chiesto di rispondere dei presunti conflitti di interessi e della gestione del Consiglio nazionale del lavoro che ha presieduto per 18 anni (ora guidato dal marito).
La Calderone non ci mette la faccia: come raccontato dal Fatto sarà il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano a rispondere al fuoco di fila di interrogazioni.
Pur di accreditare “balle del Fatto su Calderone” l’articolo di Libero riesce a sostenere che un’indagine “non esiste”.
Ne sarà sollevato il vice procuratore generale della Corte dei Conti Massimo Perin che – lo ha confermato lui stesso al Fatto – ha raccolto una serie di esposti depositati a partire dal 2019 (l’ultimo risale allo scorso dicembre), li ha ritenuti “suscettibili di approfondimento” tanto da aver poi delegato le Fiamme Gialle a indagare.
Citando il caso della laurea fantasma, quella che mai la ministra dichiara nei suoi cv, accredita l’incredibile: “forse per creare il caso, dopo mezz’ora dall’annuncio dell’incarico qualcuno ha hackerato la pagina del ministro inserendo una laurea a Cagliari in realtà mai conseguita quasi a favorire, guarda un po’, il sedicente scoop del Fatto”.
La notizia è clamorosa. Strano non trovarne traccia altrove, all’Aisi non risulta nulla. Tocca affidarsi a Wikiepdia, che risponde l’ovvio: “La piattaforma è opensource, chiunque può modificarla e dunque non servono attacchi per veicolare informazioni errate. Delle modifiche che vengono via via apportate a una voce poi resta traccia nella cronologia che si può consultare liberamente”.
(da Il Fatto)
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Marzo 13th, 2023 Riccardo Fucile
OSCAR, IL MIGLIOR DOCUMENTARIO E’ “NAVALNY”… IL COMMOVENTE RINGRAZIAMENTO DELLA MOGLIE
Il film Navalny ha vinto il premio come miglior documentario agli Oscar. È dedicato al dissidente russo Alexei Navalny attualmente in carcere
“Famiglia Navalny grazie per il vostro coraggio, il mondo è con voi”, ha detto il regista Daniel Roher ritirando il premio ricordando le parole del leader dell’opposizione sulla guerra ingiusta di Putin contro l’Ucraina: “Dedico a te il mio premio, il mondo non si è dimenticato del tuo messaggio, non avere paura”.
Poi il regista ha passato il microfono ad una emozionata Yulia Navalnaya, la moglie di Alexey Navalny e punto di riferimento dell’opposizione russa. “Mio marito è in prigione solo perchè ha voluto difendere la democrazia. Sogno il giorno in cui sarai libero e sarà libero il nostro paese. Stai forte, ti amo”, ha detto emozionando la platea del Dolby Theatre.
(da agenzie)
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Marzo 13th, 2023 Riccardo Fucile
UNA MOSSA CHE HA SCATENATO LE POLEMICHE, DOPO CHE 350 PISCINE PUBBLICHE HANNO CHIUSO A CAUSA DEI COSTI ENERGETICI INSOSTENIBILI, E NEL MOMENTO IN CUI UNA PARTE DELLA POPOLAZIONE NON RIESCE A PAGARE LE BOLLETTE
Deve aver suscitato l’invidia e l’irritazione di non pochi britannici la recente notizia che il Primo Ministro Rishi Sunak ha appena chiesto e ottenuto un aggiornamento della rete elettrica locale del luogo dove si trova una delle sue abitazioni per far fronte alle necessità energetiche della sua favolosa piscina riscaldata.
Nulla di illegale sia chiaro, tutte le spese saranno coperte dallo stesso Sunak, ma sicuramente una mossa impropria in un momento in cui la maggioranza dei suoi elettori deve ridurre le ore di riscaldamento perché non riesce a pagare le bollette i cui prezzi sono balzati alle stelle.
Poiché questo non è certamente un problema del Premier – che insieme alla moglie è una delle persone più ricche del Regno Unito – nella remota parte del North Yorkshire dove la famiglia Sunak si reca a trascorrere i weekend sono state installate delle apparecchiature ulteriori e una nuova connessione della rete di fornitura nazionale in grado di fornire energia extra alla casa del capo del governo.
L’edificio, che si trova in zona isolata, in mezzo al verde e circondata soltanto da alcune fattorie, è infatti provvisto non solo di una piscina riscaldata, ma anche di una palestra e da una serie di campi da tennis.
La costruzione della piscina privata lunga ben 12 metri è stata completata proprio mentre molte piscine e bagni pubblici, compresa quella della costituente del Premier, si sono viste costrette a ridurre i loro orari di apertura a causa dell’aumento dei prezzi della fornitura elettrica.
Questa settimana, la commissione selettiva per la Cultura del Parlamento ha chiesto al Parlamento di prevedere dei fondi extra da destinare a queste strutture nella prossima finanziaria, ricordando che fino a questo momento ben 350 piscine pubbliche hanno dovuto chiudere o ridurre le ore di apertura per far fronte ai costi energetici. Solo lo scorso mese i gestori della piscina pubblica locale vicino alla dimora di Sunak ha annunciato a malincuore di dover ridurre gli accessi al pubblico.
Benché il pezzo dell’energia sia attualmente in leggera diminuzione, le bollette domestiche sono ancora altissime e sono moltissimi i cittadini che si trovano a dover scegliere se utilizzare il riscaldamento o fare la spesa. Nella medesima difficoltà si trovano scuole, asili, ospedali.
Lo sa bene mister Sunak, figlio di immigrati, anche se non è disposto, neppure per sensibilità nei confronti dei suoi elettori più sfortunati, a rinunciare all’acqua calda nella piscina della sua casa, circondata da un enorme giardino, fornita anche di un lago privato, una diga e un deposito per la barca
(da Il Giornale)
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