Marzo 18th, 2023 Riccardo Fucile
DALLA SCHLEIN ALLA APPENDINO, DALLA PASCALE A ZAN
Una marea di bandiere arcobaleno, di palloncini fucsia, di famiglie, bambini, esponenti dell’opposizione. A Milano si riuniscono migliaia di persone per chiedere che sia consentita la registrazione dei bambini figli di coppie omogenitoriali, bloccata di recente da un atto del prefetto.
Gli applausi più forti tutti per la segretaria del Pd, Elly Schlein, che ha annunciato che c’è una legge in Parlamento per i diritti dei figli delle coppie Lgbt: “Ci stiamo già muovendo”, ha detto la segretaria, alludendo al disegno presentato da Alessandro Zan.
Tra i tanti presenti, ecco Francesca Pascale, attivista, già compagna di Silvio Berlusconi, oggi moglie di Paola Turci.
Indulgente con Giorgia Meloni – “A Meloni non chiediamo scontri, è venuto il momento di smetterla con questi scontri tra destra e sinistra perché i diritti civili sono i diritti di tutti, anche di Giorgia Meloni e di sua figlia”” – tranchant contro Matteo Salvini. Il leader della Lega, dice, “è il problema di questa destra”. Salvini, dice ancora, “è un razzista. Ha detto più volte che il Meridione non è l’Italia”.
A chi le chiede se secondo lei il leader della Lega sia omofobo, lei risponde: “Omofobo non lo so, lui è un populista, gira dove ci sono più voti e più consensi”. Il governo, continua, “dovrebbe mettersi la mano sulla coscienza e aprire le menti”. Essere presenti in piazza della Scala a Milano – da dove partirà un appello alla disobbedienza da parte dei sindaci – “è un dovere civile e morale. Non esserci significa essere omofobi”. Dell’esecutivo ha detto: “Questo è un governo omofobo perché discrimina”.
Sollecitata poi sulla gravidanza per altri, quella che comunemente viene definita utero in affitto o maternità surrogata, Pascale dice: “Non possiamo confondere i due temi. Però c’è bisogno di più informazione, ci sono tantissime coppie eterosessuali che hanno fatto accesso alla maternità surrogata”. La gravidanza per altri, è il senso del suo ragionamento, ha la stessa dignità del diritto all’aborto: “Nessuno può dirci cosa dobbiamo fare. Le donne devono essere libere di scegliere”.
Solo ieri, parlando delle sue preferenze politiche, Pascale aveva dichiarato: “Io non ho mai votato per il Pd e penso che alle prossime elezioni voterò la persona che è Elly Schlein”.
La piazza di Milano, intanto, prosegue. Tanti gli interventi dal palco.
Al grido di “Elly Elly” e con un fragoroso applauso la piazza milanese delle famiglie arcobaleno ha saluto l’arrivo della segretaria del Pd Elly Schlein quando Vladimir Luxuria dal palco l’ha ringraziata per la presenza.
In piazza anche la neo segretaria del Pd che ha parlato in chiusura di manifestazione dicendo che la legge per i diritti delle coppie omogenitoriali è pronta per essere portata in Parlamento e ha aggiunbto: “Dobbiamo convincere questo governo che le discriminazioni non hanno portato mai a un avanzamento della società, perché la società più sicura è quella più inclusiva, che non discrimina, che non lascia indietro nessuno e nessuna.” Dopo la fine della manifestazione Schlein ha incontrato Beppe Sala a Palazzo Marino.
La legge, ha aggiunto la segretaria del Pd, “è stata preparata e scritta insieme alle associazioni, alle famiglie arcobaleno e alla rete Lenford. Saremo al loro fianco come in piazza anche in Parlamento”. Oggi, ha concluso Schlein, “è stata una giornata di bellissima partecipazione qui in piazza della Scala, dove molte persone e molte famiglie rivendicano i loro diritti negati. Noi siamo al loro fianco per contrastareáogni forma di discriminazione che colpisce i loro figli”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 18th, 2023 Riccardo Fucile
“I DIRITTI CIVILI SONO DI TUTTI, ANCHE DI MELONI E DI SUA FIGLIA”
Si è presa l’attenzione di giornalisti e telecamere Francesca Pascale, la ex fidanzata di Silvio Berlusconi e attuale compagna di Paola Turci, arrivata in piazza della Scala a Milano per manifestare insieme alle Famiglie Arcobaleno.
Una presenza annunciata da giorni la sua, che ha però calamitato l’attenzione di molti dei presenti. Giacca scura e camicia bianca, occhiali da sole e capelli tinti di biondo è arrivata al presidio da sola.
Pascale ha avuto parole di elogio per Schlein: “mi piace molto come persona e come donna perché è una combattente”.
Ma ha anche sferzato Meloni: “E’ venuto il momento di smetterla con questi scontri tra destra e sinistra perché i diritti civili sono i diritti di tutti, anche di Giorgia Meloni e di sua figlia”. La premier, secondo Pascale, “dovrebbe riflettere perché non è una guerriglia tra chi è omosessuale ed eterosessuale”.
Pascale ha poi aggiunto: “Paola Turci non è mia moglie, sono unita a lei civilmente. Eppure, non mi sento diversa da una coppia eterosessuale. Perché non può esserlo, perché non piace a Salvini? Definisco Salvini omofobo, definisco omofobi i sovranisti, i partiti che si mettono sotto a braccetto con Orban, i razzisti e fuori di testa. Non voglio insultare nessuno. Hanno seccato con questo odio”.
Ma non sono mancati anche i battibecchi, soprattutto quando ha parlato con il giornalista Piero Ricca. E’ accaduto durante le fasi iniziali della manifestazione delle famiglie arcobaleno contro lo stop imposto dal Viminale al sindaco Beppe Sala di registrare all’anagrafe i figli di coppie omogenitoriali: “Lei era già lesbica quando stava con Berlusconi?”, ha detto Ricca. “Non ho mai nascosto la mia bisessualità alle persone care”, ha risposto Pascale.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 18th, 2023 Riccardo Fucile
“IN SANITÀ CI SONO ALTRE URGENZE”
Il sindaco leghista che «aggira» un decreto firmato da Matteo Salvini per iscrivere all’anagrafe i figli delle famiglie omogenitoriali con il nome delle due mamme. Il governatore leghista che istituisce un centro ospedaliero per il cambio di sesso.
Linee diverse da quelle del partito sui temi dei diritti civili e delle coppie Lgbt, in una Lega di amministratori veneti che apre un fronte nuovo, liquidato dal leader con un «ci sono altre priorità».
Il sindaco è quello di Treviso, Mario Conte, che ha concesso di registrare i figli delle coppie omosessuali all’anagrafe.
Il governatore è il presidente del Veneto Luca Zaia che, negli ultimi anni, ha lanciato una sfida culturale per il partito parlando di sessualità: ha deciso di creare un centro, a Padova, per sostenere le persone con «disturbi di identità di genere».
Contro Zaia ha manifestato ieri il gruppo di estrema destra CasaPound affiggendo volantini con sfondo arcobaleno che accusano il «Ddl Zan-Zaia».
Salvini, ieri ospite di Conte a Treviso per l’inaugurazione di un cantiere, ha commentato con freddezza le iniziative. «Ognuno ama chi vuole , ma non si mettano in discussione la mamma e il papà».
Anche sull’apertura di Zaia il vicepremier prende le distanze. «Non ho elementi per giudicare ma in sanità ci sono altre urgenze ed emergenze. Sul cambio del sesso non ho elementi e penso che non mi riguarderà finché campo. Condanno ogni attacco, Zaia è un grande governatore, ma siamo in democrazia, io ne ricevo almeno trenta al giorno. Lasciamo a questi gruppi le polemiche, noi pensiamo a governare bene il Paese, il Veneto e Treviso».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 18th, 2023 Riccardo Fucile
COSA DICE L’ULTIMO STUDIO DI FATTIBILITA’
«Il Ponte sullo Stretto è tra i miei obiettivi. Se dopo 50 anni faremo partire il cantiere e i lavori, sarà un grande passo avanti per l’ingegneria nel mondo». Matteo Salvini, dopo pochi minuti dall’annuncio della sua nomina a ministro delle Infrastrutture del governo Meloni, aveva già ha calato la sua prima carta ad effetto su un’opera divisiva quanto identitaria e dalla lunga storia: se ne discute infatti ormai da anni, anzi da un secolo e mezzo, se nel 1876 Giuseppe Zanardelli diceva: «Sopra i flutti o sotto i flutti, la Sicilia sia unita al Continente».
Il collegamento rapido dell’isola con la Penisola, poi, è da sempre uno dei cavalli di battaglia di Silvio Berlusconi e sul quale era tornato anche nella scorsa estate: «Io ho sempre ritenuto che il Ponte sullo Stretto fosse una priorità assoluta e che costituisse uno dei progetti più importanti per il nostro Paese – aveva detto in una delle sue quotidiane video-rubriche sul web, inaugurate per la campagna elettorale -. Non ho cambiato idea. Il ponte rimane una priorità assoluta». Insomma, questa volta nel governo ci sono i numeri e potenzialmente le intenzioni per avviare il progetto faraonico.
Ma è davvero realizzabile? E la scoperta dell’anno scorso nei fondali marini tra la Sicilia e la Calabria della faglia che più di 100 anni fa provocò la più grave catastrofe sismica d’Europa, il terremoto di Messina del 28 dicembre 1908, non dovrebbe essere un ulteriore disincentivo? E cosa dice l’ultimo studio di fattibilità realizzato? Vediamo di rispondere a queste domande.
Zona ad altissimo livello sismico
L’ultimo studio condotto sui fondali marini dello Stretto di Messina e sulla sismo-tettonica dell’area è frutto di una collaborazione internazionale tra il Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania, il Center for Ocean and Society-Institute of Geosciences dell’Università di Kiel in Germania e l’Osservatorio etneo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Gli scienziati coinvolti hanno svelato nel 2021, e per la prima volta , l’ubicazione e le caratteristiche della possibile faglia da cui si originò il devastante sisma che nel 1908 provocò morte e distruzione tra Sicilia e Calabria, causando la più grande sciagura sismica del Novecento e 120 mila vittime. La ricerca dal titolo “The Messina Strait: Seismotectonic and the Source of the 1908 Earthquake”, e pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale Earth-Science Reviews, ha stabilito che la struttura che corre lungo l’asse dello Stretto è individuabile a circa 3 chilometri dalle coste della Sicilia. Alla latitudine di Messina, la spaccatura curva verso Est penetrando nell’entroterra calabro per proseguire poi lungo l’asta fluviale del torrente Catona. Secondo le relazioni lunghezza-magnitudo, la faglia è in grado di scatenare terremoti di magnitudo 6.9, una energia dunque molto simile a quella liberata durante il terremoto del 1908.
Da Berlusconi a Draghi: l’ultimo studio di fattibilità
Chiarita la situazione sismo-tettonica dell’area, passiamo ai progetti per il Ponte che negli anni in molti hanno visto la luce per cadere presto nel dimenticatoio.
Nel 2005 il governo Berlusconi era arrivato all’aggiudicazione dell’appalto con un bando internazionale vinto da un’impresa italiana. L’azienda che si era candidata a costruirlo, la Webuild, aveva calcolato che il ponte avrebbe creato lavoro per 118.000 persone, mentre il progetto valeva da solo 2,9 miliardi di euro, che oggi salirebbero a circa 7,1 miliardi considerando il progetto complessivo con tutte le opere connesse nelle aree interessate: dalla metro di Messina alle opere di sistemazione idrogeologica per le montagne circostanti, dalle strade di accesso alle strutture per far passare treno e macchine. Ma alla fine non se n’era fatto nulla.
Poi, nel 2021, era toccato al governo Draghi scommettere sul Ponte sullo Stretto. L’esecutivo infatti aveva rispolverato il progetto del collegamento diretto tra la Sicilia e il Continente e aveva affidato alle Ferrovie dello Stato un nuovo studio di fattibilità. Il nuovo orizzonte temporale era stato fissato alla primavera del 2022. Un solo anno, dunque, per avviare con decisione il progetto. La relazione del gruppo di lavoro presentata il 4 agosto 2021 aveva indicato chiaramente il contenuto dello studio, sia per il Ponte a campata unica – per il quale esistevano già molte analisi effettuate – sia a più campate.
Dal ponte a una campata unica a quello a tre campate
L’ultima relazione del gruppo di lavoro del ministero delle Infrastrutture del governo Draghi ha sostenuto che «sussistono profonde motivazioni per realizzare un sistema di attraversamento stabile dello Stretto di Messina, anche in presenza del previsto potenziamento e riqualificazione dei collegamenti marittimi (collegamento dinamico)». Va detto che, nell’ultimo aggiornamento ufficiale sul progetto presentato a inizio di del 2022, con un’informativa al Consiglio dei ministri, l’ex ministro Enrico Giovannini tra le ipotesi illustrate aveva inserito anche «l’opzione zero»: l’ex titolare delle Infrastrutture non aveva insomma nascosto che realizzare il Ponte potrebbe essere inutile e improduttivo. La stessa relazione ha poi smontato il progetto del ponte a campata unica, che aveva ricevuto tutte le approvazioni possibili. La nuova relazione ha infatti indicato come ipotesi migliore un ponte a tre campate su un tracciato differente rispetto all’ultimo progetto e attualmente valido.
La relazione aveva poi contemplato la realizzazione di due antenne basate sui fondali profondi dello stretto, riprendendo gli studi di una soluzione lungamente dibattuta a livello di fattibilità, e scartata a inizio degli anni ’90 per inefficienze economiche e problematiche tecniche ed ambientali
Il progetto dal quale riparte il governo meloni è quello definitivo del 2011, ma che dovrà essere adeguato alle nuove norme tecniche, di sicurezza e ambientali». Di fatto, ll nuovo iter autorizzativo «dovrà bollinare il ponte strallato più lungo al mondo», commenta il Mit. E forse anche uno dei più costosi mai realizzati.
(da Il Corriere della Sera)
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 18th, 2023 Riccardo Fucile
“ELLY SCHLEIN? DEVE RIPORTARE A SINISTRA UN PARTITO DIVENTATO DEMOCRISTIANO. SOLO CON LA RADICALITÀ SI PUÒ’ SALVARE L’ ITALIA”
Ingegnere, Il suo libro, che ha venduto subito nella prima settimana 2000 copie, è stato già ristampato. È diventato un piccolo caso, perché un uomo, con tutta questa vita alle spalle, che intitola il libro: “Radicalità”, è dirompente. È un saggio provocatorio?
Ma io non lo trovo provocatorio, francamente. Lei prima ha usato per me, con cortesia, la parola “esperienza’. Lo dico io più rudemente: sono arrivato a quasi 89 anni, e ho mantenuto una posizione politica e sociale coerente durante tutta la vita. E vedo un Paese che da vent’anni non cresce, ha i salari più bassi d’Europa, ha l’evasione più alta del continente in termini di percentuale sul reddito… Potrei evidentemente fare un elenco di altre cose che mi rattristano, ma ho deciso di mettere giù quello che penso siano le cose che l’Italia dovrebbe fare prioritariamente”.
E questo è radicalità?
No. Ma mi rendo conto che queste cose non si fanno con una politica di continuismo, come abbiamo visto negli ultimi anni. Si tratta di cambiamenti forti, dovuti a fenomeni di stagnazione conclamati, e se si vuole farli devono essere fatti con radicalità. Radicalità, per intendersi, vuol dire prendendoli dalla radice. Accarezzandoli i problemi non si risolvono.
Lei dice che il fisco è una delle leve da cambiare, che serve più coraggio e far pagare di più chi ha di più. Lei ha avuto tutto dalla vita, fa parte di una classe privilegiata. Come mai, mentre i suoi colleghi dicono che dobbiamo abbassare le tasse, lei sostiene che bisogna far pagare di più a chi ha di più?
Ma perché è una cosa evidente! Le disuguaglianze sono una mina che sta sotto la tenuta delle democrazie, oltre che essere socialmente inique. Chi ha di più deve pagare di più. Francamente non mi sembra una cosa così originale. Tra le persone che si possono permettere di dirlo, non sono il solo. Specialmente negli Stati Uniti. Prendo, per tutti, Bill Gates, che sostiene questa stessa tesi”.
Quale?
“Mi sembra che, di fronte a un mondo e ad una politica, in particolare in Italia, che tende ad esaltare le disuguaglianze, anziché cercare di ridurle, le prime cose che si devono fare sono due e fondamentali: aumentare i salari, perché i salari in Italia sono ridicolmente sproporzionati rispetto a quelli francesi e tedeschi!
E poi?
La seconda è quella di aumentare la tassazione alle persone che più possono permetterselo e che in fondo hanno avuto più capacità, o più fortuna, la si chiami come si vuole. O una combinazione di queste. Ecco, è giusto che rendano alla collettività, che comunque li ha cullati nel loro cammino, una parte di quello che hanno guadagnato.
Nel suo libro Lei fa un esempio illuminante: “Molti oggi, da destra, sostengono che far pagare più tasse a chi può sia una teoria bolscevica. Invece nell’austera Svizzera addirittura si pagano le multe per eccesso di velocità, proporzionalmente in base al reddito.” È giusto questo provvedimento così estremo? In Italia qualcuno griderebbe allo scandalo…
Ma non è estremo. È nella logica del chi più ha, più deve. Una persona che conosco bene, che scendeva in auto da Saint-Moritz verso Milano e attraversava un paesino dove c’è un limite di velocità a 50 all’ora stava andando a 80 all’ora o giù di lì”.
Cosa gli è accaduto?
È stato beccato dalla polizia e gli hanno dato una multa di 18mila franchi, perché era una persona molto abbiente. Capisco che possa sembrare stupefacente, ma è quanto mai giusto. Non vedo un lato buffo della questione, lo vedo un lato altamente responsabile sul piano dell’equità.
Il Presidente del Consiglio della destra più identitaria italiana, è andata al Congresso della Cgil, che è il sindacato più rosso d’Italia e ha detto loro “state sbagliando, bisogna abbattere un’aliquota perché abbassando le tasse si rimette in moto l’economia, si alleggerisce la pressione, si creano cioè quelle condizioni perché il mercato si si accenda”. È sbagliata questa convinzione antica di molte destre, anche liberiste, reaganiane, che da anni attraversa il dibattito nel mondo?
È vecchia, superata, sconfitta. Questi slogan che la Meloni sostiene e distribuisce sono gli stessi che distribuiva Reagan, però quarant’anni fa. Hanno migliorato il mondo? No!
Non possiamo essere così ridicoli. Capisco che la parola conservatore voglia dire anche guardare indietro, anziché guardare avanti. Ma guardare indietro ripetendo macro errori, già condannati dalla realtà, mi sembra una cosa quasi insultante.
Non sono giudizi leggeri. Ma nel suo libro, parlando della legge elettorale, lei dice “finché non avremo la possibilità di selezionare chi ci rappresenterà all’interno della sede della democrazia, che il Parlamento, il distacco dei cittadini dalle istituzioni non farà che crescere”. Quanto è centrale nella nostra politica la mancanza di rappresentatività del Parlamento? Quanto è grave lo scollamento tra gli eletti e gli elettori?
Sono completamente convinto che sia molto grave. Se c’è una legge elettorale che non consente al cittadino di votare un deputato che rappresenti le sue istanze, le sue esigenze, le sue proposte, è evidente che la gente si chiede perché dovrebbe andare al seggio. Oggi, andare a votare è, fondamentalmente, barrare un simbolo dietro il quale sovente non c’è nulla. O ci sono degli interessi, ma che non sono i miei o non sono quelli del singolo individuo. Che, infatti, non va più a votare. È una cosa talmente elementare! I fascisti non volevano che tu votassi per le persone che volevi tu, volevano che tu votassi per le persone che volevano loro.
La Meloni al congresso della CGIL, in una sorta di duello a distanza con le tesi forti del suo saggio, ha detto che alzare i salari minimi è un fallimento sia per i sindacati che per gli imprenditori. Per i sindacati perché li spoglia della loro funzione, quella di fare contratti e di ottenere condizioni per i loro iscrtti, Per gli imprenditori, perché rende insostenibili, cioè fuori dal mercato, i costi più alti del lavoro e delle singole buste paga. Come risponde da imprenditore a questa obiezione?
Che è una stupidaggine. Il salario minimo è un elemento di civiltà. Esiste in tutte le economie occidentali, dalla Francia, alla Germania, agli Stati Uniti. La Meloni vive fuori dal tempo, vive di slogan, non sa di cosa parla. Cosa vuol dire che il salario minimo penalizza i sindacati?
È l’elemento di civiltà di un Paese avere un salario minimo. Il lavoro deve essere valorizzato, perlomeno ai livelli minimi. Infatti la parola è “salario minimo”. In Germania l’hanno introdotto anni fa, lo hanno già rialzato tre volte, attualmente è 12 euro all’ora.
II salario minimo di 9,50 euro come è stato ventilato in Italia, è sacrosanto. Sacrosanto. Per le imprese che producono profitti ed esportazioni, non è mica un problema. Si immagini un po’ alla Ferrari, per fare un esempio: il salario minimo non toccherebbe nessuno, perché tutti guadagnano di più di 9 euro all’ora! Ed è così in tantissime realtà italiane. Il salario minimo è un modo per uccidere la “sottopaga”, lo sfruttamento. Mi sembra che sia una base, quasi indiscutibile, di un minimo di rispetto per chi lavora.
Nella prima parte del libro c’è la spiegazione del perché lei consideri la Svizzera quasi un Paese di adozione, ed è un racconto che ha a che fare con la sua infanzia. Un filo spinato che ha fatto la differenza fra la vita e la morte.
È difficile riassumere una vita in poche parole. Mio padre era un antifascista assoluto, ma fino a quando non arrivarono i tedeschi in Italia diceva: “Fascisti sì, ma prima di tutto italiani”.
Decise di arrivare a dei compromessi e correre dei rischi. Dopo l’8 settembre del 1943, però, mio padre non ebbe esitazione e senza dircelo portò mia madre, mio fratello e me, a fare una passeggiata, una gita.
Ma in realtà era un espatrio.
Andammo a Como, partendo da Torino, poi da Como prendemmo il filobus verso un paesino, e poi ci avviammo fino alla strada. Incrociammo una pattuglia tedesca con i cani. Io ero bambino e naturalmente volevo accarezzare i cani, ma ricevetti uno strattone da mio padre.
Non sapevo, ovviamente, che mio padre si era messo d’accordo con una signora che possedeva una casa lungo il confine, che, dietro pagamento, ci avrebbe fatto passare da un buco della rete che costeggiava la sua proprietà. E così fu. Devo dire che la cosa che più mi emozionò, pochi mesi dopo che noi passammo da quel buco, la signora venne uccisa dai tedeschi perché avevano scoperto che faceva questa cosa. La polizia svizzera ci portò alla stazione di polizia di Chiasso e da lì incominciò la nostra storia di rifugiati.
Con i gioielli cuciti nel corsetto della mamma che venivano dosati per poter pagare le spese
Sì, sì. Noi non avevamo nessuna proprietà e nessun reddito. Non sapevamo quanto sarebbe durata la guerra. Avrebbe potuto durare due anni, come fu, cioè dal ’43 al ’45, ma potevano essere anche dieci anni. Nessuno lo sapeva.
Non sapevamo come proporzionare a un tempo indefinito le nostre poche risorse e si cercava di risparmiare il più possibile. Ricordo che il regalo di Natale che mio fratello ed io facemmo a mia madre nel Natale del ’44: una scatola di sigarette Turmak.
Alla fine del libro lei dice “Eppure io non mi rassegno, forse anche in questo caso è la forma mentis dell’ingegnere, che non può stare con le mani in mano davanti a un motore ingrippato. Forse è la vita che chiude i cerchi, e nella vecchiaia si ritorna velleitari ed estremisti come gli adolescenti. Ma mi rifiuto di pensare che le cose non possano cambiare”. É cosi?
Assolutamente, è così. Perché altrimenti, a quasi 89 anni, non mi metterei a concentrare le mie idee, a scrivere un pamphlet, tenuto conto che poi, ammesso che ci siano dei diritti d’autore di una qualche consistenza, tutti sono destinati alla Fondazione Tog, per la quale sto costruendo la sede a Milano.
Saranno sicuramente di una qualche consistenza perché il suo libro “Radicalità”, edito da Solferino, in questo momento in Italia è ottavo in classifica. Una battuta sulla sua dichiarazione pubblica di appartenenza ad un campo politico. Anche se criticamente, anche se con tutta la libertà che abbiamo sentito, lei dice: “io sono nel campo democratico, con questa mia storia e con questa passione civile”. Che impressione le ha fatto il dibattito che sicuramente ha seguito al Congresso della Cgil fra tutti i leader dell’opposizione, da Calenda a Fratoianni, dalla Schlein a Conte? E soprattutto, pensa che possano e debbano stare insieme?
Stare insieme è una parola grossa. Intanto Calenda lo considero un individualista, che oltretutto non ha nulla a che vedere con la sinistra. Siccome io sono una persona di sinistra…
Un giudizio drastico… Radicale, diciamo.
Radicale, radicale. Ma l’ha detto Calenda, non lo dico io. Ha detto: “Io con voi non andrei mai al governo”. Calenda con gli altri non ha niente da spartire. Infatti non si è capito perché era lì, francamente.
Ma io non ce l’ho con Calenda, che ritengo una persona intelligente con un pessimo carattere. Però, per poter fare una coalizione, bisogna che i singoli abbiamo un’identità Altrimenti è una macchinazione, una combinazione, un opportunismo.
E il Pd?
Io mi auguro che la Schlein dia al PD un’identità, che deve essere un’identità di sinistra. Il centro è già affollato di idee conservatrici che non cambiano la situazione del Paese. Occorre una radicalità che io vedo nella sinistra, perché la radicalità di destra l’abbiamo già avuta, e non è che ha portato bene al Paese. L’unico modo per cambiare da un continuismo, che ha trasformato il PD nella Democrazia cristiana di una volta, è quello di avere una forte identità. Occorre cambiare questa legge elettorale. C’è tempo perché per occorre le elezioni europee si va con un proporzionale secco, per cui non hanno nessun senso le coalizioni. Ma se questa legge elettorale per il Parlamento non verrà modificata, (cosa che io spero ma alla quale non credo) sarà inevitabile fare delle alleanze. Quel poveretto di Enrico Letta ha dichiarato, prima ancora che le elezioni fossero convocate, che voleva perdere. Perché nel momento in cui dici che vuoi andare da solo, dopo aver parlato per mesi di campo largo, hai dichiarato che vuoi perdere. È un fatto. Le elezioni erano perse prima ancora di cominciare. Di fronte a tanta ignavia, ci vuole radicalità.
Che impressione le fa Landini, che pare molto cambiato, forse anche cresciuto rispetto a quello degli esordi, quando era il leader dei metalmeccanici. Sentendolo ieri, che impressione ha avuto dell’uomo?
È chiaro che c’è una mutazione sulla politica da parte di Landini. È sempre un po’ troppo incazzato, però.
Appassionato, forse, o proprio incazzato?
Ho detto incazzato. Lui mi pare una persona sicuramente perbene, sicuramente appassionato, sicuramente coerente con quello che ha sempre pensato, per cui si è sempre battuto. Io dubito che il modo di porgersi sempre da arrabbiato possa dare un’immagine di sconfitto, anziché di possibile vincente. Nella sostanza è una persona altamente apprezzabile. Nel porgersi io cercherei di assomigliare più a Trentin, che fu un grande sindacalista italiano.
(da“L’attimo fuggente” – “Giornale Radio” )
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 18th, 2023 Riccardo Fucile
“LA VAGHEZZA SERVE A CREARE UNA CONDIZIONE NELLA QUALE TUTTI POSSANO TENERSI LE MANI LIBERE. SARÀ UN PASSATEMPO PER DIMOSTRARE CHE IL PARLAMENTO FA QUALCOSA”
Rino Formica accetta di passare al setaccio la riforma del fisco approntata dal governo e il suo esordio è questo: «Cos’è il fisco amico del quale parlano? Loro pensano ad un fisco col quale si trattano quotidianamente le possibili convergenze. Col concordato preventivo si reintroduce un sistema preistorico, si torna alle trattative che si facevano 60 o 70 anni fa nei Comuni con i commercianti, con le famiglie….».
L’impianto della riforma si intuisce, ma ci sono “pezzi” mancanti, che possono portare da una parte e anche in direzione opposta?
«Una riforma all’insegna dell'”avanti, c’è pane per tutti”, ognuno ha la sua riduzione: una fanfaronata dai contorni vaghi. E la vaghezza serve a creare una condizione nella quale tutti possano tenersi le mani libere visto che per approvare, eventualmente, la riforma serviranno anni e anni. Sarà un passatempo per dimostrare che il Parlamento fa qualcosa».
Però alcune novità sono scritte nere su bianco, in alcuni casi non possono produrre anche utili semplificazioni?
«Chiedo: fateci l’elenco delle agevolazioni fiscali in atto. Costituite subito una struttura per l’incrocio di tutti i dati. Varate una norma di chiusura contro l’elusione fiscale, che ha fatto ricchi molti studi professionali e agevolato l’evasione fiscale dei potenti».
Politicamente parlando, che riforma è?
«La riforma vaga e futuribile di una maggioranza debole, davvero molto debole: si perdono dietro a micro-corporazioni. Cercano di contentare tutti: qualche migliaio di concessionari di spiaggia, aziende piccole e grandi. Non puoi toccare neppure i concessionari dei tavolini da bar. E d’altra parte un sistema fiscale è lo specchio degli equilibri politici e sociali di un Paese. Non è casuale che la presidente Meloni si sia richiamata all’anniversario dell’Unità italiana…».
Uno dei capisaldi della riforma è il concordato preventivo: solo una scorciatoia o può incoraggiare il contribuente recalcitrante?
«E’ una forma di primitivismo fiscale!».
Uno dei suoi aforismi? L’irresistibile amore per la battuta?
«No. Siamo entrati in una fase che somiglia ai vecchi accordi che si facevano nei Comuni per esempio dai commercianti che trattavano come categoria un abbassamento daziario per le imposte di consumo, mentre i singoli trattavano l’imposta di famiglia con un concordato preventivo che valeva per gli anni successivi…».
La presidente del Consiglio ha spiegato al congresso della Cgil, senza arretramenti o compiacenze, la sua riforma del fisco e se ne è andata persino con un mezzo applauso: bravi sia l’ospite che i padroni di casa?
«Ho l’impressione che si sia recitata una commedia. La presidente Meloni ha rinunciato ad accanirsi contro il sindacato che negli ultimi 30 anni ha faticato a difendere salari e diritti. Ha fatto solo un accenno, come per dire: attenti a non attaccarmi, altrimenti…E infatti anche la Cgil ha rinunciato ad attaccare il governo e abbiamo scoperto che il dialogo serve per poter ascoltare e successivamente per essere ascoltati».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 18th, 2023 Riccardo Fucile
CI GUADAGNANO SOLO I REDDITI MEDIO-ALTI
Quanto risparmieranno le famiglie e le imprese con la riforma fiscale delle tre aliquote del governo Meloni? L’intenzione è ridurre gli scaglioni dell’Irpef dagli attuali quattro (23%, 25%, 35% e 43%) a tre già dal prossimo anno. La nuova tassazione dovrebbe quindi esordire dal 2024. Le ipotesi di riforma da due sono lievitate a tre. In ognuno dei casi le modifiche comportano guadagni in valore assoluto più alti per i redditi più alti. Questo a causa della struttura progressiva dell’Irpef a scaglioni. In termini relativi invece i guadagni sono maggiori per le classi più basse. L’effetto finale si dovrà pesare con le modifiche alla No Tax Area e a detrazioni e deduzioni. Che potrà incidere sui redditi più elevati a seconda delle scelte. Per le imprese invece la principale novità è l’Imposta sui redditi delle società, ovvero l’Ires. Che avrà due aliquote.
Tre soluzioni per gli stipendi
Le ipotesi per la riforma dell’Irpef ancora sul tavolo del governo sono cresciute da due a tre. Tutte prevedono in ogni caso una soluzione con tre aliquote. Ma gli effetti sugli stipendi sono diversi a seconda delle soluzioni. Dopo i calcoli dei Consulenti del Lavoro e della Cgia ecco quelli della Fondazione Nazionale dei Commercialisti italiani, di cui parla oggi il Corriere della Sera:
la prima soluzione prevede un’aliquota al 23% per i redditi fino a 15 mila euro e del 28% fino a 50 mila; oltre i 50 mila l’aliquota è al 43%;
la seconda soluzione prevede un’aliquota al 23% per i redditi fino a 28 mila euro, 33% fino a 50 mila e 43% oltre i 50 mila;
nella terza soluzione invece si prevede l’aliquota al 23% per chi guadagna 28 mila euro, 35% fino a 50 mila e 43% per chi guadagna più di 50 mila euro.
I calcoli dei commercialisti dicono che nel caso della prima soluzione un dipendente che dichiara 35 mila euro pagherà una Irpef da 7.682 euro. Ovvero circa cento euro in meno annui rispetto a quella attuale. Un lavoratore autonomo invece ne pagherà 8.709 euro. Un contribuente che guadagna 60 mila euro l’anno infine sarà chiamato a versare 17.550 euro di Irpef. Ovvero 700 euro in meno rispetto a quella attuale.
I risparmi della riforma Irpef
Con la seconda ipotesi la differenza più netta si avrà tra i dipendenti e gli autonomi che dichiarano da 28 a 50 mila euro l’anno. Un dipendente con 35 mila euro di reddito pagherà 7.382 euro di Irpef. Un autonomo ne pagherà 8.409. Entrambi, rispetto all’attuale tassazione, risparmierebbero circa 400 euro l’anno. Infine, con la terza ipotesi solo il secondo scaglione (quello da 15 a 28 mila euro) determina un vantaggio di 100 euro per chi dichiara 20 mila euro di imponibile. Si sale a 260 euro per i redditi superiori a 28 mila. Secondo questo schema:
un dipendente che guadagna 20 mila euro pagherà 1.957 euro di Irpef, un autonomo ne paga 3.828: per entrambi si tratta di un risparmio di 100 euro
un dipendente che dichiara 35 mila euro pagherà 7.522 euro di Irpef, un autonomo pagherà 8.549: tutti e due risparmiano 260 euro;
Il tutto va considerato nell’ambito della progressività dell’imposta.
Le due simulazioni dei Consulenti del Lavoro invece prevedono due tipi di riforma con tre aliquote. La prima è al 23% per chi guadagna fino a 15 mila euro, al 28% per chi guadagna fino a 50 mila euro, al 43% per chi guadagna oltre 50 mila euro. Nella seconda l’aliquota è al 23% per chi guadagna fino a 28 mila euro, al 33% per chi guadagna fino a 50 mila euro, al 43% oltre i 50 mila euro. In base a questo schema:
con la prima simulazione 90 euro ci sono in più di tasse per chi guadagna fino a 15 mila euro, 150 euro in più di tasse per chi guadagna fino a 20 mila euro, 100 euro in meno per chi guadagna fino a 35 mila euro l’anno, 1.100 euro in meno per chi guadagna 50 mila euro;
con la seconda simulazione ci sono 60 euro in meno di tasse annue per chi guadagna 15 mila euro, 100 euro in meno di tasse per chi guadagna fino a 20 mila euro, 400 euro in meno per chi guadagna 35 mila euro, 700 euro in meno per chi ne guadagna 50 mila.
(da Open)
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 18th, 2023 Riccardo Fucile
CASO FRANCIA: MEGLIO ALZARE L’ETA PENSIONABILE RAPPORTANDOLA ALL’INNALZAMENTO DELLE PREVISIONI DI VITA O NON AVERE PIU’ I SOLDI PER PAGARLE?
Strana vita quella dei politici, bisognosi di consenso per comandare, e bravi a comandare soprattutto quando di consenso non hanno più bisogno. Emmanuel Macron ne è l’esempio perfetto: si è avvalso dei superpoteri costituzionali per varare la legge d’innalzamento da 62 a 64 anni dell’età pensionabile, e nonostante il settanta per cento del Parlamento sia contrario e mezza Francia manifesti in piazza (noto con sollievo che il senso del tragico, e probabilmente del ridicolo, non è evaporato soltanto in Italia: in aula destra e sinistra hanno cantato insieme la Marsigliese; andare in pensione due anni dopo pare sia la nuova Bastiglia).
Secondo i giornali francesi, Macron non s’è mosso con perizia, se li è messi tutti contro e ora la sfiducia – sarebbe la prima volta nella storia della Quinta repubblica – è improbabile ma non impossibile.
Ma chi gli chiede di ripensarci poiché l’opposizione di palazzo e di strada è ampia e furente, non tiene conto che Macron non ha bisogno di consenso, non potendo più essere rieletto, e i suoi avversari sì, e infatti se la giocano alla grillina accusando il presidente di essere al soldo di capitale e plutocrati.
Macron è persuaso che se i francesi non andranno in pensione due anni più tardi, la baracca presto o tardi verrà giù sotto il peso di un welfare esorbitante. E solo i bravi leader fanno il giusto anziché il popolare. Anche perché il popolo, si dovrebbe ormai sapere, è l’unico dotato di immunità. Se Macron si arrendesse e fra dieci anni i conti andassero gambe all’aria, nessuno imputerebbe la colpa alla folla coi forconi sotto l’Assemblée nationale, ma a un capo pavido e miope.
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Marzo 18th, 2023 Riccardo Fucile
IL CRIMINALE ANCORA A PIEDE LIBERO INVITA I SUOI SEGUACI A MOBILITARSI (PER LUI)
L’ex presidente statunitense Donald Trump ha invitato i suoi sostenitori a «riprendersi la nazione», sostenendo che sarà arrestato martedì 21 marzo. Nella serata di ieri, venerdì 17 marzo, era trapelata dalla procura di Manhattan la notizia che l’ex presidente Usa potrebbe essere incriminato “già la prossima settimana” per presunti pagamenti non dichiarati.
Tra gli altri, spicca quello alla pornostar Stormy Daniels, con la quale Trump avrebbe avuto una breve relazione. Nell’ottobre 2016, per evitare che la presunta vicenda uscisse sui giornali, Trump avrebbe pagato Daniels in cambio del suo silenzio sulla presunta relazione, anche al fine di evitare una possibile influenza sulle elezioni presidenziali che si sarebbero tenute il mese successivo.
Nel post pubblicato dall’ex presidente statunitense su Truth, rigorosamente in maiuscolo, Trump ha lanciato i suoi strali contro «le fughe di notizie illegali da un ufficio corrotto e altamente politico del procuratore distrettuale di Manhattan», accusato di essere «finanziato da George Soros».
Quindi l’allarme rosso lanciato ai suoi seguaci: «malgrado non vi sia prova di reato, e sulle basi di una vecchia favola già sfatata il candidato repubblicano largamente in testa ed ex presidente degli Stati Uniti sarà arrestato martedì della prossima settimana». Da qui, la chiamata a raccolta dei suoi sostenitori: «Protestate! Riprendiamoci la nostra nazione!».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »