Marzo 14th, 2023 Riccardo Fucile
GLI IMMIGRATI IN ITALIA SONO IN CALO, SIA CLANDESTINI CHE REGOLARI, E FANNO MENO FIGLI… LA NARRAZIONE DEL GOVERNO IGNORA I DATI REALI
«Senza gli immigrati saremmo in una condizione da allarme rosso. Tra l’altro anche gli immigrati, a causa delle condizioni economiche, hanno diminuito da qualche anno il loro tasso di natalità. Non dimentichiamo che una popolazione che tende a invecchiare è sull’orlo di un inevitabile declino». L’avessero ascoltato, il presidente della Camera Gianfranco Fini. Batteva e ribatteva su quel tasto ogni volta che ne aveva l’opportunità. Convinto che la società italiana sempre più anziana richiedesse «politiche a sostegno delle famiglie italiane», ma anche politiche di integrazione «mirate per i nuovi cittadini italiani figli dell’immigrazione».
Questo diceva l’ex leader di An nell’aprile 2010 a un convegno organizzato dalla più giovane esponente del governo allora in carica. Ossia, la ministra della Gioventù Giorgia Meloni, sua discepola e futura premier. Della quale non si ricorda, nell’occasione, alcuna reazione apertamente contraria ai «cittadini italiani figli dell’immigrazione».
Fini non era mai stato fautore dell’apertura indiscriminata delle frontiere. Otto anni prima aveva firmato con Umberto Bossi la legge per introdurre il reato di immigrazione clandestina. Che però, paradossalmente, aveva consentito anche la più massiccia e fulminea regolarizzazione di immigrati clandestini. Nel numero di 641.638. Perché va bene la propaganda, ma poi i conti bisogna sempre farli con la realtà.
E la realtà, nel 2010, è già quella. L’Italia è il Paese più vecchio d’Europa e la natalità segna il passo. Bisogna correre ai ripari e Fini lo dice. Ma la crisi è spaventosa e la politica non sa dare risposte. Così vince la paura, sapientemente alimentata dalle teorie complottiste. E la destra sovranista decolla anche in Italia.
«I dati Istat certificano una realtà drammatica. Le nascite crollano, il numero dei morti aumenta e il disegno di sostituzione etnica che noi abbiamo denunciato è realtà», dice la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni l’8 febbraio 2018, alla vigilia delle politiche. Le fa eco Matteo Salvini: «Record negativo di bambini nati in Italia nel 2017, solo 464.000, il minimo storico. Questo è il peggior fallimento del governo, che attua una sostituzione etnica sostituendo migliaia di immigrati ai figli che gli italiani non possono più mettere al mondo. Mio primo obiettivo di governo sarà tornare a riempire le culle». Già, le culle vuote.
Al governo Salvini ci va, ma le culle non si riempiono.
Le nascite scendono ancora a 439.747 nel 2018, poi a 400.249 nel 2021. Le stime dicono che nel 2022 per la prima volta dal 1861 saranno nati in Italia meno di 400 mila bambini. Quanto alla presunta sostituzione etnica, è una boiata pazzesca. Dal 2016 il numero dei figli di genitori stranieri è sceso senza soluzione di continuità. Nel 2018 sono stati 65.444. Per ridursi, tre anni più tardi, a 56.926, con un calo del 13 per cento. Anche tutti gli altri, cioè i figli delle coppie italiane e miste, hanno subito una flessione significativa, ma decisamente più lieve. Meno 8,2 per cento, passando in tre anni da 374.303 a 343.323.
Dimostrazione che smontare certe bufale non è poi così difficile. Ci sono le statistiche. E se taluni politici si informassero come dovrebbero, prima di parlare, eviterebbero qualche brutta figura. Scoprirebbero, per esempio, che la presunta invasione degli immigrati non sta evitando all’Italia di perdere popolazione a rotta di collo. Nonostante il calo delle nascite non sia fenomeno recente, il Paese ha continuato a crescere fino al 2014, quando i residenti avrebbero raggiunto il numero di 60 milioni 795.612. Da allora però la discesa è a precipizio.
All’inizio del 2022 eravamo 58 milioni 983 mila: 253 mila in meno rispetto all’inizio del 2021, certifica l’Istat. Responsabili in larga misura gli immigrati regolari, con un numero calato di 141.178 unità da 5 milioni 171.894 a 5 milioni 30.716. Una riduzione del 2,73 per cento in un solo anno, sei volte più pesante in proporzione del meno 0,43 accusato per tutti i residenti.
Non bastasse a liquidare il fantasma di Kalergi e della sua teoria della Grande Sostituzione Etnica ordita per spazzare via le popolazioni europee e declinata in salsa italiana, ecco che metà degli immigrati regolari sono europei; un quarto risultano cittadini dell’Unione e più di un milione sono i rumeni. Diminuiscono gli immigrati regolari, e calano anche i permessi di soggiorno. Nel 2022 poco più di tre milioni e mezzo, di fatto la cifra più bassa da dieci anni a questa parte. Un milione dei quali, anche qui, chiesti da cittadini europei.
E gli immigrati clandestini? «Sostengo una tesi corroborata da numeri. Negli ultimi sei anni in Italia sono arrivati 700 mila immigrati e sono contestualmente scappati 500 mila italiani», si infervora a novembre 2019 Giorgia Meloni contro Report che rilancia, per lei in un contesto strumentale, le prese di posizione sue e di Salvini sulla sostituzione etnica. Ma nemmeno in questo caso i numeri tornano. Almeno raccontati così. Prima di tutto la fuga di 500 mila italiani è inventata. Fra il 2013 e il 2019 i residenti sono calati di quasi un milione, ma per circa 800 mila la colpa è del saldo naturale negativo: più morti che nati vivi. Ciò non significa che il fenomeno della nuova emigrazione sia da sottovalutare. Tutt’altro, è problema serissimo e preoccupante. Vero è invece che in quei sei anni sono sbarcati in Italia 700 mila immigrati. Esattamente, 691.052. Ma questo non vuol dire, come potrebbe sembrare dalle parole di Giorgia Meloni, che in soli sei anni ai clandestini già presenti in Italia se ne siano aggiunti altri 700 mila. Quelli sbarcano qui, ma appena possibile si dileguano per raggiungere mete europee più appetibili.
Secondo la Fondazione Ismu presieduta da Gian Carlo Blangiardo, il presidente dell’Istat nominato nel 2019 con il fattivo sostegno di Salvini, nel 2021 gli immigrati irregolari erano 519 mila, in calo pure quelli. Ben 43 mila meno di due anni prima. Ovvero i due terzi rispetto alle punta massima di 760 mila raggiunta, secondo la medesima fonte, nel 2006. E ora come allora, chi sbraita contro l’invasione prendendosela con le Ong che salvano disperati in mare, farebbe meglio a chiedersi perché le leggi fatte dalla loro stessa maggioranza vent’anni fa, quando il centrodestra dichiarò guerra ai clandestini, per quella guerra sono assolutamente inutili. Il Sole 24 Ore riporta che nel 2020 in tutta Europa sono stati individuati 557 mila immigrati irregolari. Ben 118 mila in Germania e 104 mila in Francia, che con i clandestini non è certo tenera. Mentre in Italia, che in rapporto agli abitanti ha il più alto numero di forze dell’ordine, appena 23 mila.
Coloro che invece sbraitano contro gli immigrati a prescindere, con la puerile giustificazione che «rubano il lavoro agli italiani», dovrebbero ringraziarli. Non solo perché badano ai nostri vecchi e coltivano i campi. Ma soprattutto perché contribuiscono a tenere in piedi la previdenza zoppicante. Ogni anno versano quasi 11 miliardi di contributi all’Inps. Soldi con cui si pagano anche le loro pensioni. Magari d’oro. Meditate, gente.
(da L’Espresso)
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Marzo 14th, 2023 Riccardo Fucile
HA LASCIATO DOPO LA SCANDALO DELLA MAIL CON I DISCORSI DEL DUCE
Esperienza senza precedenti, quella di Roberto Lancellotti. A nessuno era capitata la nomina a presidente di una società di Stato che non esiste ancora, e di perdere l’incarico addirittura prima che quella società veda la luce. Lasciando il posto a un altro presidente, designato a sua volta prima della costituzione della società.
Il sostituto di Lancellotti è un altro imprenditore del settore informatico, Claudio Anastasio. La società in questione si chiama 3-i spa. È un’idea del governo di Mario Draghi targata Vittorio Colao, l’ex capo di Vodafone già ministro della Transizione digitale. Le tre “i” della denominazione rappresentano i tre soci Inps, Inail e Istat.
Sono loro, dice un decreto del governo Draghi, che tramite quella società devono occuparsi di «sviluppo, manutenzione e gestione di soluzioni software e servizi informatici a favore degli enti previdenziali e delle pubbliche amministrazioni centrali». Ma a dispetto delle formule burocratiche, il progetto è assai più ambizioso: realizzare la software house unica di un Paese dove l’informatica pubblica è balcanizzata, con mille banche dati che parlano linguaggi differenti.
La scelta di chi la deve guidare cade subito su Lancellotti. Esperto di informatica, è stato anche consigliere di amministrazione del Montepaschi e appartiene alla stessa nidiata McKinsey di Colao. Il decreto di nomina è scritto, ma la società non decolla. Mettere tutti d’accordo non è semplice.
Poi c’è chi solleva un problema: oltre ad avere interessi in società informatiche private, Lancellotti è consigliere di amministrazione dell’Inps. Il che, secondo alcuni, potrebbe prefigurare una qualche incompatibilità. Il nuovo governo cancella ripetutamente gli appuntamenti dal notaio. E si capisce subito che il piano Draghi-Colao fa storcere il naso a qualcuno.
Le perplessità però svaniscono quando si mettono a fuoco l’enormità e le opportunità dell’operazione. E che un nuovo governo non voglia mettere le mani sopra una roba del genere è in Italia eventualità da non prendere in considerazione. Si va allora dal notaio, il 12 dicembre 2022.
Ma non prima che la presidenza del Consiglio di Giorgia Meloni, cui spetta la nomina, abbia designato il 29 novembre il nuovo presidente della 3-i spa. Nella persona di Claudio Anastasio. E nel segno di Mussolini.
Non Benito, s’intende. Mussolini Rachele, la nipote. Figlia di Romano e sorella di Alessandra, appartiene alla numerosa schiera di parenti del capo del fascismo impegnati in politica.
Rachele è consigliere comunale di Roma eletta con Fratelli d’Italia. E rivendica l’amicizia con Anastasio. «Lo conosco da più di trent’anni e ho vissuto tutto il suo travagliato percorso che lo ha portato ad un successo incredibile nel suo lavoro. Si è realizzato come imprenditore vivendo anche dei momenti molto difficili», ha dichiarato.
Ammettendo con orgoglio anche la comune fede partitica: «Sono felice ad essere stata io a portarlo all’interno della famiglia di Fratelli d’Italia». Pane al pane.
Pioniere del web, cui ha dedicato tutta la carriera, Claudio Anastasio ha con la famiglia Mussolini, prima ancora che con quella di Fratelli d’Italia, un rapporto sentimentale di lunga data. Il 13 giugno 1997, secondo quanto riferisce l’Ansa, va online il sito Internet ufficiale Mussolini. «L’iniziativa», precisa l’agenzia di stampa, «è della Mussolini internet di cui è presidente esecutivo Claudio Anastasio».
Che, aggiunge l’Ansa, «ha già diramato stamane una lettera aperta per esprimere il suo profondo dolore per la scomparsa “dell’ultimo personaggio storico del ventennio fascista”».
Il giorno prima è morto Vittorio Mussolini, il figlio maggiore di Benito. Regista, sceneggiatore e produttore, appassionato di cinema, durante il regime si fa chiamare con un anagramma del nome reale: Tito Silvio Mursino. Segue il padre a Salò; quando poi la Repubblica sociale crolla va in Sudamerica, per tornare in Italia solo nel 1967. Senza mai, in trent’anni, occuparsi di politica a differenza di altri suoi parenti come la nipote Rachele.
La quale per anni ha sponsorizzato al Comune di Roma la raccomandata elettronica ideata dal suo amico di lunga data Claudio Anastasio.
A furia di insistere, alla fine fa passare una mozione nel consiglio comunale a sostegno di questo progetto, condotto da Anastasio attraverso InPoste.it. È una società privata, di cui il nuovo presidente di 3-i spa è consigliere delegato e azionista, che opera nel campo dei servizi postali digitali ed è reduce da un periodo di difficoltà aggravata dalla pandemia. Tanto che ha dovuto abbattere il capitale sociale per far fronte a perdite di oltre 5 milioni accumulate fino al 2020. Le prospettive della società ora indicano una robusta ripresa della redditività.
Quanto all’incarico di presidente di un’azienda pubblica resta da capire il profilo esatto delle possibili incompatibilità con l’attività privata.
Per il resto, la prima nomina del governo Meloni spedisce un avviso chiaro ai vertici di tutte le grandi aziende di Stato da rinnovare fra breve. Niente di nuovo sotto il sole: qualcuno cominci già a fare le scatole.
(da Wired)
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Marzo 14th, 2023 Riccardo Fucile
IL PAESE DEI GELSOMINI E’ IN PROFONDA CRISI ECONOMICA E SOCIALE, NON C’E’ BISOGNO CHE QUALCUNO “LI SPINGA” IN ITALIA, VENGONO DA SOLI
La Tunisia ha di gran lunga sorpassato la Libia come Paese di partenza delle imbarcazioni cariche di migranti che sbarcano in Italia via nave in modo irregolare. Dai dati del Viminale visionati da “Agenzia Nova”, infatti, risulta che almeno 12.083 persone sono partite dalle coste tunisine da inizio anno fino al 13 marzo, più di 170 sbarchi al giorno, un boom del 788 per cento rispetto ai 1.360 arrivi dello stesso periodo dello scorso anno: pari a oltre un terzo dei 32.101 sbarchi complessivi dalla rotta tunisina dell’intero 2022.
Di questo passo, solo dalla Tunisia potrebbero arrivare oltre 60 mila persone, non solo tunisini ma soprattutto subsahariani, questo senza contare il naturale aumento previsto in estate grazie al miglioramento delle condizioni del mare.
Si tratta, in effetti, di un ribaltamento dei flussi nel Mediterraneo centrale, dal momento che la Libia era stata finora la prima nazione di partenza dei natanti arrivati in Italia, con 53.118 arrivi nel 2022.
Adesso, invece, la rotta libica giunge al secondo posto con 7.057 arrivi al 13 marzo, che è comunque un aumento dell’80 per cento circa rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
I dati del Viminale evidenziano un lieve calo della rotta turca della tragedia di Cutro, con 689 arrivi al 13 marzo rispetto agli 812 dello stesso periodo del 2022, un dato in linea con i 16.115 sbarchi complessi dei migranti partiti dalla Turchia lo scorso anno. Resta marginale, infine, la rotta che dall’Algeria ha portato al 13 marzo almeno 184 migranti irregolari, in aumento rispetto alle 55 persone arrivate in Sardegna nello stesso periodo del 2022, a fronte di 1.389 arrivi del 2022.
I dati del cruscotto statistico giornaliero pubblicato nel sito web del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale indicano un ribaltamento anche delle nazionalità dichiarate al momento dello sbarco. I subsahariani, infatti, hanno ampiamente soppiantato i nordafricani nei primi mesi del 2023. Al primo posto degli sbarchi in Italia al 13 marzo c’è la Costa d’Avorio con 2.410 arrivi, mentre nello stesso periodo del 2022 c’era l’Egitto con oltre 1.500 arrivi tramite la rotta libica. Segue poi un altro Paese dell’Africa occidentale, la Guinea, con 2.380 arrivi al 13 marzo 2023, mentre nello stesso periodo dell’anno scorso c’era il Bangladesh con 1.241 sbarchi.
I cittadini bengalesi che risultano oggi al terzo posto degli sbarchi irregolari in Italia, con 1.506 arrivi via mare, mentre lo scorso anno erano gli 870 tunisini a occupare il gradino più basso del podio. I numeri di tunisini arrivati finora in Italia è quasi raddoppiato nell’arco di un anno, con 1.328 sbarchi registrati finora da inizio anno”.
E a quel che risulta in Tunisia non ci sono quelli della Wagner. Come la mettiamo ministro Crosetto?
(da Globalist)
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Marzo 14th, 2023 Riccardo Fucile
L’ITALIA È PRESENTE CON DUEMILA CONNAZIONALI, E L’ENI CONTA DI PRODURRE LÌ 20MILA TONNELLATE DI OLIO VEGETALE
La politica italiana riscopre l’Africa, nel bene e nel male. Per cui tutti concordano sull’urgenza di dedicare più impegno al continente africano, colmando decenni di ritardi. La missione di Sergio Mattarella nel Kenya va inquadrata in questo disegno largamente condiviso da destra a sinistra.
Mattarella vuole rinfrescare le relazioni con la realtà viva di un Paese in grande espansione economica, politicamente stabile, pacifico, che dà una mano a sbrogliare le crisi regionali e perciò esercita in Africa un ruolo di tutto rispetto.
Il Kenya è in prima linea nella lotta contro i cambiamenti climatici e ha l’ambizione di diventare un modello per lo sviluppo “green”, biocarburanti compresi (l’Eni conta di produrre quest’anno 20mila tonnellate di olio vegetale nel suo agri-hub di Makueni).
L’economia galoppa al ritmo del 5 per cento annuo di crescita; un colosso come Google prevede di investirci un miliardo di dollari di qui al 2026 . E l’Italia? È presente in Kenya con 2 mila connazionali, seconda comunità straniera dopo quella britannica.
La nostra Agenzia spaziale ha un suo «space center» a Malindi che Mattarella visiterà domani accompagnato dalla figlia Laura. Oggi vedrà nella capitale Nairobi il presidente keniota William Ruto e giovedì terrà una prolusione all’università. Temi: il peso dell’Africa, i legami da rafforzare.
(da La Stampa)
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Marzo 14th, 2023 Riccardo Fucile
MA LA SCELTA DI LASCIARE TUTTO A CARLO HA UN SENSO: IN PRIMO C’È LA VOLONTÀ DI NON DISPERDERE L’EREDITÀ E SOPRATTUTTO LA REGINA È RIUSCITA A FARSI CANCELLARE LA TASSA DI SUCCESSIONE A PATTO DI LASCIARE TUTTO ALL’EREDE AL TRONO
C’è un po’ di malumore nella Royal Family. Si è infatti saputo che re Carlo III non intende spartire con i fratelli Andrea e Edoardo e con la sorella Anna la fortuna che gli ha lasciato in eredità sua madre Elisabetta, ammontante, si dice in base a calcoli sicuramente per difetto, a 650 milioni di sterline, 735 milioni di euro.
LE RAGIONI
Elisabetta ha lasciato ogni sua proprietà al proprio erede. Non poteva fare diversamente per varie ragioni, la prima delle quali è che nelle grandi famiglie il capitale non si diluisce mai: si comanda uno alla volta e tutti i soldi sono suoi. L’altra ragione è che in base a una legge approvata nel 1993 con il governo di John Major, se tutte le proprietà di un sovrano passano a chi eredita il trono non si pagano tasse di successione. Per la famiglia Windsor è un bel risparmio, visto che gli altri abitanti dell’isola versano il 40% per i lasciti superiori alle 325.000 sterline.
Andrea l’ha presa malissimo. Si aspettava dal lascito della madre almeno 10 milioni di sterline, con le quali pensava di rimettersi a galla dopo averne pagate 12 milioni a Virgina Roberts, la donna che l’accusa di aggressione sessuale.
Amici del principe hanno detto ai tabloid che Andrea è «sconcertato» e «disperato» e che provi «un certo risentimento», insieme con i suoi fratelli, per le decisioni di Carlo. Ma Hugo Vickers, uno dei maggiori esperti di questioni reali, ha ricordato che «anche la Regina Madre aveva lasciato tutto alla figlia Elisabetta quando è morta nel 2002».
Nel palazzo ora si teme che Andrea segua l’esempio di Harry, e cominci a rilasciare interviste che potrebbero fruttargli molto denaro. Per questo Carlo intende aiutarlo: gli pagherà i costi della sicurezza e gli concederà di abitare a Frogmore Cottage, la casa dalla quale Harry e Meghan sono stati sfrattati.
Questi traslochi non sono una vendetta del re: la decisione è stata presa insieme a sua madre. È stata lei a volere che Andrea lasciasse il Royal Lodge per cederlo a William e Kate, che hanno bisogno di una residenza di rappresentanza
Anche se non ha lasciato loro dei capitali, la regina Elisabetta avrà però sicuramente pensato anche ad Anna, a Edoardo e a sua moglie Sofia, e a William e Kate, lasciando loro i gioielli, le tiare e le corone che erano di sua proprietà.
(da il Messaggero)
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Marzo 14th, 2023 Riccardo Fucile
I RIFUGIATI COSTRETTI AD ACCAMPARSI DI NOTTE DAVANTI ALLA QUESTURA PER POTER PRESENTARE LA DOMANDA DI ASILO
Sembra quasi una presa in giro e, di sicuro, possiamo dire che è una vera e propria beffa: lì dove centinaia di persone che avrebbero il diritto di richiedere lo status di rifugiato politico sono costrette ad accamparsi per tutta la notte per poter sperare di presentare la domanda nell’unico giorno disponibile e nessuno fa niente da mesi per risolvere questa situazione, le più alte cariche cittadine si riuniscono per inaugurare un’infermeria veterinaria.
Alle ore 12 di oggi martedì 12 marzo, infatti, il Prefetto di Milano, Renato Saccone, (lo stesso che ha chiesto al Sindaco Beppe Sala di interrompere la registrazione all’anagrafe dei figli delle coppie Lgbt) e il Questore, Giuseppe Petronzi, si sono recati in via Cagni 21, a Milano, per inaugurare un’infermeria Veterinaria presso gli stessi locali della questura dove dovrebbero essere depositate le richieste di asilo politico.
Non ci sarebbe nulla di strano e, ovviamente, non c’è nulla di male a inaurare un ambulatorio veterinario, se non fosse che né il Prefetto né il Questore abbiano ancora tentato di risolvere realmente la grave situazione di disagio che si viene a creare ogni settimana, nella notta fra domenica e lunedì, quando centinaia di persone sono costrette ad accamparsi e dormire proprio in via Cagni nella speranza di accaparrarsi un posto per poter almeno presentare la domanda.
Una situazione che spesso è degenerata in scontri con la Polizia, durante i quali i richiedenti asilo sono anche stati manganellati dagli agenti.
E anche la nuova organizzazione dell’accettazione delle richieste appare, in realtà, più che altro un pretesto per poter dire di aver fatto qualcosa, ma in realtà non cambierà in alcun modo le condizioni di queste persone. Si è infatti provveduto ad accogliere il doppio delle richieste, dimezzando però i giorni di apertura al pubblico.
Intervistato da Fanpage.it sull’opportunità di inaugurare proprio lì l’ambulatorio veterinario, il Questore Petronzi ha risposto che la domanda “non è pertinente”, in quanto “sto facendo un evento differente e ritengo in scienza e coscienza che, come sto seguendo questo evento, sto servendo le esigenze che ci sono in via Cagni”.
(da Fanpage)
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Marzo 14th, 2023 Riccardo Fucile
OGGI E’ IL COMICO GOVERNO SOVRANISTA A SOSTENERE QUESTA ASSURDA TESI
Nel mezzo della polemica sui mercenari Wagner e l’aumento degli sbarchi, riemerge un vecchio tweet di Matteo Salvini in cui il leader della Lega accusava la sinistra di “essere alle comiche”, per dare la colpa a Putin sull’aumento degli sbarchi.
“Per la sinistra sarebbe Putin a spingere i barconi pieni di clandestini verso l’Italia. Siamo alle comiche, la paura di perdere la poltrona fa brutti scherzi! Spoiler: la colpa è di PD e Lamorgese”, scriveva Salvini su Twitter lo scorso 29 luglio 2022.,
Era di opinione totalmente diversa stamattina, quando ha commentato le dichiarazioni rilasciate ieri dal ministro della Difesa. Guido Crosetto aveva lanciato un appello a Unione europea e Nato dicendo di fare attenzione alle infiltrazioni russe in Africa, in particolare della divisione Wagner, che destabilizzano ulteriormente il continente e spingono i flussi migratori verso le coste europee.
Da parte sua Salvini si è limitato a dire: “Non ho elementi per sapere se dietro queste partenze ci sia la manina di qualche potenza straniera che vuole destabilizzare il continente, ma se così fosse, se fosse un atto di guerra deliberato è chiaro che non può essere l’Italia, Lampedusa, Pozzallo, Gioia Tauro, Cutro da sola ad affrontare questa situazione”.
(da Fanpage)
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Marzo 14th, 2023 Riccardo Fucile
LA RIVELAZIONE DELLO SCRITTORE CARLO VECCE
Caterina, la madre di Leonardo da Vinci, era una schiava. La rivelazione arriva dallo scrittore e biografo Carlo Vecce, che oggi ha presentato il suo libro Il sorriso di Caterina.
A confermare la versione di Vecce sarebbe proprio il documento che attesta l’atto di liberazione dalla schiavitù, rinvenuto nell’archivio di Stato di Firenze.
«Un po’ per caso, qualche anno fa, sono venuti fuori questi documenti – ha raccontato Vecce -. Ho iniziato a studiarli per dimostrare che questa Caterina schiava non fosse la madre di Leonardo, ma alla fine tutte le evidenze andavano in direzione contraria, soprattutto questo documento di liberazione».
Il documento ritrovato a Firenze porta la firma del notaio Piero da Vinci, che – rivela Vecce – «è la stessa persona che libera Caterina e che l’ha amata quando ancora era una schiava e dalla quale ha avuto un bambino», cioè Leonardo.
Che il genio fiorentino fosse nato fuori dal matrimonio è cosa nota. Sull’identità della madre, però, si è sempre saputo poco.
Secondo Vecce, biografo di Leonardo, Caterina era una profuga nata nei monti caucasici e portata prima in Russia, poi a Bisanzio, a Venezia, a Firenze e infine a Vinci.
È lì che inizierà il suo rapporto con il padrone, il notaio Piero da Vinci, con cui avrà un figlio: Leonardo. Il documento ritrovato a Firenze, e studiato con attenzione da Vecce, è datato 2 novembre 1452, pochi mesi dopo la nascita del genio fiorentino. Nell’atto di liberazione, inoltre, si precisa che Caterina era pagata 18 fiorini all’anno. Un prezzo molto alto per l’epoca, perché – sostiene Vecce – era sostanzialmente la schiava sessuale del suo padrone.
(da agenzie)
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Marzo 14th, 2023 Riccardo Fucile
I LEGAMI CON SALVINI, L’AMICIZIA CON VERDINI E QUELLA HOLDING IN LUSSEMBURGO: LE MANI SUI SOLDI DELLA SANITA’ LOMBARDA
Gli Angelucci sono una dynasty sanitaria tutta d’oro. È una famiglia che vede a capo dei suoi componenti Antonio (Tonino) Angelucci, 79 anni, che tempo fa in coincidenza con l’avvio di problemi avuti con la magistratura si è fatto candidare in Parlamento dove è stato eletto per quattro legislature consecutive, prima con Forza Italia, accanto a Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri e Denis Verdini, e adesso con la Lega di Matteo Salvini.
Lo scettro però lo detiene pubblicamente Giampaolo Angelucci, 52 anni, detto “Napoleone”, figlio del capostipite. Gli altri eredi sono comprimari nei diversi consigli di amministrazione delle società che formano la costellazione Angelucci che è basata prevalentemente sulla sanità. Hanno cliniche private nel Lazio, convenzionate con i soldi pubblici regionali, e poi altre strutture anche in Puglia e Abruzzo. E adesso puntano ad espandersi verso il Nord. In progetto c’è una marcia sulla Lombardia dove vogliono sgomitare e farsi largo per afferrare pure loro la grossa fetta di soldi pubblici che ogni anno è destinata ai privati.
La testa di questa grande holding si chiama Tosinvest. Ma cassaforte è la Spa di Latigos Sca, che è la holding lussemburghese della famiglia Angelucci. La società è stata costituita l’11 febbraio 1999 in Lussemburgo con l’iniziale denominazione di Spa di Antonio Angelucci Sapa, modificata il 18 giugno 2007 in Spa di Antonio et Giampaolo Angelucci Sca, per poi assumere l’attuale denominazione di Lantigos.
Qui finiscono i grandi flussi di denaro gestiti dalla famiglia che oggi è legata, a doppio mandato, con Matteo Salvini. Tonino ha sempre avuto stretti rapporti con i politici, e quelli che hanno provato ad opporsi, in particolare alcuni governatori del Lazio che volevano abbassare le convenzioni o le ritardavano per vederci più chiaro, subivano affronti personali e proteste in cui alla fine aveva la meglio l’imprenditore della Sanità.
E proprio su questo settore regionale, con Francesco Rocca presidente del Lazio, sembra allungarsi l’ombra di Angelucci. Intanto perché Rocca è stato presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione San Raffaele fino a pochi giorni prima della sua candidatura. E anche se questa Fondazione dicevano che non gestiva quasi nulla nel Lazio, occorre sottolineare che amministra un centro di cura a Ceglie Messapica in provincia di Brindisi: una struttura da 170 dipendenti per la riabilitazione dell’ospedale Summa. È stata costituita per volontà della famiglia Angelucci “per onorare la memoria di Silvana Piera Angelucci“, moglie di Antonio.
Insomma, il governatore sembra molto legato a Tonino. Con un passato vicino ad Allenza Nazionale, ai tempi di Gianfranco Fini, Angelucci è passato in Forza Italia che gli ha garantito un posto in Parlamento per tre legislature, senza quasi mai andare in Aula (i dati delle assenze sono pubblici) adesso è salito sul carroccio di Salvini, che è il fidanzato della figlia del banchiere toscano Denis Verdini, già coordinatore del Pdl, uno dei migliori amici di Tonino Angelucci.
Ci sono storie come questa che si intrecciano, ed hanno alla base solo i soldi. Qualche anno fa, dopo che la Banca d’Italia ha commissariato il Credito cooperativo fiorentino di cui era presidente Verdini, ha imposto a lui e a sua moglie, Maria Simonetta Fossombroni di coprire il buco e ripianare il “rosso” di oltre nove milioni di euro. A salvare il coordinatore del Pdl è stato proprio lui, uno dei più ricchi parlamentari della Repubblica: Antonio Angelucci che oggi dichiara un reddito di quattro milioni e mezzo. Il re delle cliniche private romane, al quale piace girare per la Capitale con la sua Ferrari seguito da una berlina con a bordo una scorta armata privata, ha elargito ai coniugi Verdini una somma complessiva di nove milioni e 334 mila euro. Salvandoli.
Come si sarà capito, Angelucci non ha problemi di soldi e dal Lussemburgo sposta facilmente capitali verso banche londinesi e da qui nei conti correnti italiani. Con il suo ex collega di partito, comunque, si è mostrato cauto: a garanzia del prestito ha ottenuto l’ipoteca della grande tenuta “Villa Gucci”, con oltre ventimila ettari di terreno, un casolare, campi da tennis e piscina, subito fuori Firenze, nella quale vive Denis Verdini.
Durante la bancarotta in cui è stato coinvolto l’ex coordinatore del Pdl, ha portato gli investigatori che indagavano su questo crac ad analizzare la vicenda e porre una domanda: in che modo l’ex senatore Verdini, che ufficialmente all’epoca aveva solo lo stipendio da parlamentare, poteva pagare le rate per saldare il debito con il re delle cliniche?
Oggi Angelucci è deputato leghista, componente della commissione Cultura, scienza e istruzione. In passato è stato indagato in varie indagini, ma alla fine è uscito sempre indenne. È stato pure denunciato dalla sua ex convivente, con la quale ha avuto un figlio, che lo accusava di averla lasciata, abbandonando la casa in cui coabitavano insieme con il bambino. La donna lo ha accusato di averla fatta pedinare e minacciare. Querela rimessa dopo che la notizia era stata pubblicata dai giornali.
I quotidiani (informazione di destra) sono ora il pallino di Giampaolo e Tonino Angelucci, già editori di Libero e Il Tempo, che portano sotto la loro proprietà pure Il Giornale, lo storico quotidiano milanese fondato da Indro Montanelli e da 30 anni di proprietà della famiglia Berlusconi. Insomma, con la Sanità in poppa puntata verso la Lombardia, per evitare che la “fortuna” non molli questa famiglia è decisivo sporcarsi le mani d’inchiostro per contare davvero.
(da agenzie)
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