Marzo 10th, 2023 Riccardo Fucile
I PAZIENTI SONO OBBLIGATI A SBORSARE UN MUCCHIO DI QUATTRINI PER NON DOVER ASPETTARE MESI PER FARE UN ESAME E CURARSI… UN CITTADINO SU DIECI RINUNCIA ALLE CURE PER DIFFICOLTA’ ECONOMICHE
Dietro le liste di attesa che si allungano all’infinito ci sono senz’altro la carenza di medici e l’obsolescenza di macchinari come Tac e risonanze. Ma a costringere gli assistiti ad aprire il portafoglio per aggirarle o a rinunciare proprio alle cure c’è anche il fenomeno di Asl e ospedali pubblici che, in barba alle leggi, erogano più prestazioni in modalità «solvente» che in regime Ssn.
Così le aziende sanitarie risanano i propri bilanci e il 42% dei medici che fa il doppio lavoro rimpinguano per bene lo stipendio, mentre le famiglie italiane sono arrivate a spendere oltre 1.700 euro l’anno per curarsi.ù
A svelare l’altra faccia dello scandalo liste d’attesa sono due relazioni di oltre 150 pagine ciascuna sulla cosiddetta «intramoenia», l’attività privata che i medici esercitano appunto all’interno delle strutture pubbliche.
Ma di privato se ne fa già tanto anche nel pubblico. Infatti dopo il calo legato al Covid del 2020, la spesa degli assistiti per l’«intramoenia» nel 2021 è salita da 816 milioni a un miliardo e 86 milioni, riportandosi così vicina ai livelli pre-pandemici.
Ma a scandalizzare è il fatto che in ben 16 regioni su 21 ci sono strutture sanitarie pubbliche che erogano più interventi in forma privata che non in regime mutualistico. Con casi al limite dell’assurdo che spuntano dalle tabelle relegate tra gli allegati della relazione al Parlamento.
All’ospedale Salvatore Paternò in Sicilia gli interventi al cristallino eseguiti privatamente sono qualcosa come 140 volte più numerosi di quelli fatti dal pubblico. Al Cardarelli di Napoli e al Policlinico di Parma le ecografie eseguite privatamente per ostetricia sono due volte tanto quelle eseguite in regime Ssn.
Al Rummo, in Campania, le visite pneumologiche private sono il 250% di quelle fatte nel pubblico. Di test cardiovascolari da sforzo all’ospedale Moscati in Calabria privatamente se ne fanno il triplo che nel pubblico. E la quota dei solventi supera il 300% all’Arnas Garibaldi in Sicilia.
Le elettromiografie eseguite in forma privata all’ospedale romano San Giovanni sono il doppio di quelle in regime Ssn, mentre 165% è la percentuale di privato per lo stesso esame alla Asl di Biella in Piemonte. All’ospedale umbro di Umbertide è sicuramente più facile ottenere pagando un intervento a orecchio, naso, bocca e gola, visto che la quota di privato è circa il 220% di quella assicurata gratuitamente grazie alle tasse che versiamo per il servizio sanitario nazionale.
Di esempi se ne potrebbero fornire molti altri ed è inutile dire che, mentre nel pubblico – secondo l’ultimo report di Cittadinanzattiva – si arrivano ad attendere fino a 720 giorni per una mammografia, un anno per Tac e risonanze, pagando nel 57% dei casi si aspettano meno di 10 giorni, tra gli 11 e i 30 per le visite specialistiche, tra i 30 e i 60 per gli accertamenti diagnostici in un altro 28% di casi, mentre ad attendere oltre è solo il 14% dei solventi.
(da “la Stampa”)
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Marzo 10th, 2023 Riccardo Fucile
L’ENNESIMA MARCHETTA DELLA DESTRA ASOCIALE AI BENESTANTI E IN CULO AI POVERI
Filtrano nuove informazioni sulla riforma fiscale del governo Meloni, annunciata alcuni giorni fa e che dovrebbe arrivare al Consiglio dei ministri entro marzo, forse già la prossima settimana.
La sottosegretaria Sandra Savino ha chiarito alcune delle modifiche alle tasse che il governo ha intenzione di apportare, e alcuni documenti di presentazione del testo ha dato ulteriori indicazioni.
La legge delega – che darà al governo il mandato per scrivere una riforma fiscale – avrà 21 articoli. Quando questa sarà approvata, prima dal governo a marzo e poi dal Parlamento entro maggio, il governo avrà due anni esatti per approvare tutti i decreti necessari a completare la riforma del fisco.
Questo, almeno, è il piano dell’esecutivo di Giorgia Meloni. Entro il primo anno si farà una ‘pulizia’ delle norme già esistenti, raggruppandole, coordinandole con le leggi europee ed eliminando quelle non più attuali. Entro il secondo anno si procederà con le modifiche vere e proprie.
Cosa cambia con le tre aliquote Irpef e chi ci guadagna
Ciò che si sa, perché confermato da diverse fonti di governo, è che si intende riformare le aliquote fiscali dell’Irpef, riducendole da quattro a tre e con “aliquote più basse”, si legge nei documenti di presentazione della riforma.
Ci saranno, quindi, tre scaglioni di reddito invece di quattro. Il governo non ha ancora definito quali saranno le quote di tassazione e le soglie di reddito, ma le ipotesi diffuse sono principalmente due.
La situazione attuale prevede quattro scaglioni: al 23% fino a 15mila euro di reddito, 25% tra i 15mila e i 28mila euro, 35% tra i 28mila e i 50mila euro e infine 43% sopra ai 50mila euro.
Per la riforma, una possibilità è che la prima aliquota sia fissata al 25%, la seconda al 33% e la terza 43%.
La seconda possibilità, invece, è che la prima aliquota sia al 23%, con le altre al 33% e al 43%. Come detto, non sono stati definite le soglie di reddito esatte, ma secondo alcune ipotesi questa divisione dovrebbe agevolare soprattutto i redditi medio-alti.
La legge delega prevederà un intervento anche sull’Iva: si parla di “razionalizzazione del numero e delle aliquote”. Una delle ipotesi è che si porti l’Iva a zero su alcuni beni considerati essenziali. Il viceministro all’Economia Maurizio Leo ha detto che anche la normativa europea prevede l’aliquota zero, ma “ci si deve lavorare”.
Se venisse messa in atto, come fatto per i vaccini contro il Covid-19, i prodotti interessati potrebbero essere alimentari essenziali come pasta, pane, latte, acqua, carne e pesce. Ma siamo sicuri che i commercianti abbasseranno anche se di poco i prezzi?
Ires più bassa per le aziende che investono in innovazione o assumono
L’intenzione del governo è di introdurre una Ires – imposta sul reddito delle società – con due aliquote. Una resterebbe al 24% come adesso, mentre un’altra sarebbe più bassa e si applicherebbe a chi fa certi tipi di investimenti o nuove assunzioni.
In particolare, verrebbe premiato con una tassa più bassa chi investe in beni strumenti innovativi in un breve arco di tempo. Un’altra possibilità che l’Ires più bassa venga usata anche per spingere ad assumere persone che percepiscono il reddito di cittadinanza.
In parallelo, invece, si va verso un superamento dell’Irap. L’imposta regionale dovrebbe essere superata da una “sovraimposta” con una base imponibile “corrispondente a quella dell’Ires”.
Meno controlli per le aziende se accettano la dichiarazione precompilata delle Entrate
Uno dei cambiamenti anticipati riguarda anche i controlli per le aziende. L’Agenzia delle Entrate, infatti, dovrebbe preparare una dichiarazione dei redditi precompilata biennale per le piccole imprese. Lo farà sfruttando i dati a sua disposizione sui bilanci dell’azienda.
Se le imprese aderiranno all’iniziativa, non riceveranno controlli o accertamenti per i due anni previsti. Altrimenti ci saranno controlli immediati. Per le grandi aziende, invece, si andrebbe verso un modello detto di “cooperative compliance”, che sostanzialmente permetterebbe una sorta di negoziato tra l’Agenzia delle Entrate e l’azienda in questione.
(da Fanpage)
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Marzo 10th, 2023 Riccardo Fucile
COSA SPINGE GLI ANGELUCCI A INVESTIRE NELL’EDITORIA? LA CARTA STAMPATA SERVE A ENTRARE NEI SALOTTI BUONI: FANNO GOLA GLI AFFARI DELLA SANITÀ IN LOMBARDIA, VISTO CHE QUELLI DEL LAZIO SONO GIÀ SOTTO CONTROLLO
Antonio Angelucci compra giornali. Dopo Libero e Il Tempo ora sta per aggiungere anche Il Giornale alla sua collezione. Silvio Berlusconi ha provato a resistere fino all’ultimo, opponendosi alla vendita propugnata dalla figlia Marina e dal fratello Paolo. Settanta per cento Angelucci, trenta ai Berlusconi. Il comitato di redazione l’ha comunicato ai cinquanta giornalisti: il passaggio delle azioni avverrà entro giugno. In redazione si parla di perdite annue pari a quattro milioni di euro. Troppi per la famiglia. Prima della pandemia era stata chiusa la redazione romana, un segnale di totale dismissione per un foglio politico.
Che ne se fa Antonio Angelucci di un terzo quotidiano d’area? Cantano tutti nel coro del centrodestra.
Il Giornale, diretto da quasi due anni da Augusto Minzolini, in realtà seguiva uno spartito diverso. Le aveva cantate ai No Vax, per esempio. Giorgia Meloni in privato si è lamentata spesso per l’eccesso di autonomia filo Forza Italia della testata milanese. A palazzo Chigi avevano fatto uno studio sui pezzi giungendo alla conclusione che fossero addirittura tra i più ostili, quelli che venivano intervistati di più erano i forzisti di lotta e governo, Giorgio Mulé e Licia Ronzulli; così Angelucci, dicono, l’ha comprato anche per portarglielo in dote.
L’ambizione è più vasta. Punta a un polo editoriale meloniano. Il sogno è aggiungervi l’acquisto de La Verità
Il disegno consisterebbe nell’acquisirne il possesso e lasciare al suo posto – pagato a peso d’oro con un contratto di dieci anni – il suo fondatore. Belpietro ha smentito.
Cosa muove invece don Antonio? I giornali come biglietti da visita per entrare nei salotti buoni. Fanno gola gli affari della sanità in Lombardia. Quelli del Lazio sono già sotto controllo. Tutta l’operazione scommette sulla lunga permanenza della premier al potere.
A sua volta Meloni ha capito che la carta stampata ha ancora il suo peso nella formazione della pubblica opinione. Al Giornale ci aveva fatto un pensierino del resto anche Urbano Cairo, il proprietario del Corriere della Sera.
Augusto Minzolini rimarrà? Molti puntano sul suo abbandono, quando i giochi saranno fatti. Antonio Angelucci, 79 anni, invece è in Parlamento da quindici anni ma nessuno conosce la sua voce. Non dà interviste, non partecipa al dibattito pubblico. Riesce a farsi eleggere regolarmente dal centrodestra sin dal 2008 risultando sempre in fondo nella classifica delle presenze elaborate da Openpolis, e in cima in quelle per il reddito.
Alle ultime politiche voleva candidare uno dei figli con Fratelli d’Italia. Una strana concezione della politica. E dell’editoria. Nel 2006 acquistò anche un piccolo giornale di sinistra, Il Riformista, e lo insediò a Botteghe Oscure, la mitica sede del Pci. Di fronte vi parcheggiava il suo Ferrari di colore giallo.
(da a Repubblica)
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Marzo 10th, 2023 Riccardo Fucile
A SMASCHERARE QUESTA NARRAZIONE CI HA PENSATO LA GIORNALISTA CHIARA TADINI, CHE SI È MESSA A RISPONDERE AGLI ANNUNCI PER UN POSTO ESTIVO SULLA RIVIERA ROMAGNOLA… RISULTATO? TURNI MASSACRANTI (E ILLEGALI) E STIPENDI DA FAME, SPESSO IN PARTE AL NERO
“Non si trova personale”. “I giovani non hanno più voglia di lavorare”. “Non c’è più spirito di sacrificio, preferiscono stare sul divano a prendere la disoccupazione”. Quante volte negli ultimi anni abbiamo sentito o letto sulle pagine dei giornali queste frasi ripetute dagli imprenditori?
Non fanno eccezione quelli del settore turistico, con centinaia di appelli lanciati a mezzo stampa o social in cui albergatori, ristoratori e titolari di stabilimenti balneari denunciano la difficoltà nel reperire baristi, camerieri, cuochi, animatori e altre figure lavorative del comparto.
Ho provato a candidarmi ad alcune offerte di lavoro stagionale sulla riviera romagnola, mettendo in curriculum le mie reali esperienze nel settore turistico (e omettendo, per ovvi motivi, la laurea in giornalismo e le mie attività lavorative in ambito giornalistico). Le proposte ricevute, purtroppo, hanno confermato i miei dubbi sull’affidabilità degli appelli degli imprenditori balneari.
Tra le offerte di lavoro alle quali ho risposto inviando il mio (finto) curriculum, c’è un hotel a tre stelle della zona tra Cesenatico e Bellaria. L’annuncio pubblicato online dava poche informazioni: si cerca animatrice o animatore, preferibilmente con un anno di esperienza, preferibilmente conoscenza della lingua inglese, contratto a tempo determinato, turno diurno e stipendio 1.000-1.200 euro al mese. Non passano neanche cinque minuti dall’invio della mia candidatura che vengo ricontattata telefonicamente dal titolare.
Innanzitutto non mi era mai capitato di ricevere una risposta in maniera così rapida; oltre a questo, mi stupisce la gentilezza della persona dall’altra parte del telefono, che fa di tutto per mettermi a mio agio e si aspetta che sia io a fargli una proposta di retribuzione.
Il tutto con una semplice chiamata telefonica nel quale non mi chiede neanche di descrivere le mie esperienze precedenti (che ho appena abbozzato nel curriculum): sembra quasi che stia aspettando solo che io dica “Ok, accetto” per offrirmi il lavoro.
L’albergatore mi spiega che in passato si è rivolto alle agenzie di animazione per l’invio di animatori, ma di avere avuto problemi perchè “sono ragazzi pagati poco e inquadrati male”. Sembra una buona partenza. Prosegue spiegandomi subito gli orari di lavoro: due ore al mattino, dalle 10 a mezzogiorno, poi tre ore al pomeriggio, due ore di pausa per la cena e di nuovo dalle 20.30 fino alle 10 di sera.
Benissimo, visto che sembra già deciso a offrirmi il lavoro passo subito al sodo: contratto e retribuzione. “Considera che noi non possiamo assumerti come animatrice, ma ti assumeremo come tuttofare come abbiamo fatto in precedenza con altre animatrici”.
Perchè non può assumermi come animatrice? Forse perchè il tuttofare è il livello di inquadramento più basso del Ccnl del turismo…?
Ma lui continua: “Per quanto riguarda lo stipendio dimmi tu, a quanto pensavi?”. La butto sul ridere: “Beh allora direi 10mila euro al mese”. Dopo un rapido scambio di battute arriva la proposta, quella vera. “Io offro 1.200 euro al mese, che non sono pochi”. In effetti ho visto di peggio, anche se in questa offerta si richiede anche il lavoro serale, che per legge deve essere pagato di più.
“Naturalmente non saranno proprio 1.200 in busta paga”. Alt: in che senso? L’albergatore farfuglia un po’: “Mah, adesso devo sentire bene con il commercialista… Sai, una parte dei soldi si dà in busta paga… L’altra fuori busta…”. Cioè in nero? “Si esatto, fuori busta”. Ma come? Non erano le agenzie di animazione quelle che pagavano poco e male? Ringrazio per l’offerta e riaggancio.
Un secondo imprenditore mi chiama un paio d’ore dopo l’invio del mio curriculum. La posizione da ricoprire, si legge nell’annuncio, è quella di barista in un bar in spiaggia poco lontano dall’hotel della prima offerta. “Tempo parziale mattina dalle 7.30 alle 15.30” (e già viene da chiedersi perchè scrivano tempo parziale se poi la giornata lavorativa è la classica full time da otto ore).
La prima cosa che mi specifica il titolare è che in realtà stanno cercando un “aiuto barista”. Gli orari sono quelli, dal lunedì alla domenica senza giorno di riposo – cosa illegale: il dipendente stagionale, alla pari di qualunque altro dipendente, ha diritto a 24 ore di riposo consecutive settimanali, e se la norma non viene rispettata le multe possono arrivare fino a 10mila euro.
Passiamo a contratto e retribuzione, e qui la situazione si fa davvero confusionaria. “Il contratto è a tempo determinato per tre mesi, però devo sentire con il commercialista se posso farti anche un contratto da apprendista, perchè con quello riesco a darti qualcosa in più in busta paga e a pagare meno contributi”.
Mi pare strano: un apprendista è pagato più di un non apprendista? Provo a chiedere delucidazioni: “Ma intendi il contratto di apprendistato? Perchè in tal caso la retribuzione è inferiore, non superiore a quella di un normale dipendente”. “Ah… Non lo so… Non me ne intendo…”. Vabbè, confidiamo nell’eventuale aiuto del commercialista.
Ma lo stipendio per un normale contratto a tempo determinato qual è? “1.100 euro”. Lordi o netti? La mia domanda lo spiazza: “Oddio non lo so, io faccio un bonifico da 1.100 euro… Sei la prima che me lo chiede in tanti anni”.
Terzo imprenditore, titolare di due stabilimenti balneari nella stessa zona dei primi due colloqui. “Cerchiamo due bariste, ma facciamo una gran fatica a trovare personale”, premette subito. Poi mi spiega le mansioni, che vanno ben oltre quelle della semplice barista: “Siamo in pochi e quindi tutti fanno tutto, dal preparare i caffè, al servirli al tavolo, alle pulizie, alla cassa, a darmi una mano a me ai fornelli”.
Lavoro anche di cucina quindi: bene, di solito il settore è pagato di più. La stagione è quella che qui viene definita “lunga”, da Pasqua fino a metà settembre. La giornata lavorativa va dalle 8 del mattino alle 20.15 di sera e si lavora su turni di 8 ore e mezza.
Chiedo informazioni sul giorno di riposo: “Eh qui siamo in pochi, non riusciamo a fare il giorno di riposo”. Questo significa lavorare per più di 5 mesi full-time senza neanche un giorno per rifiatare. E chi ha mai “fatto una stagione”, come si dice nel settore, sa bene quanto siano massacranti le giornate di lavoro. Bene, passiamo all’argomento retribuzione. “Il primo mese io do 1.300 euro, poi se la ragazza va bene si passa a 1.500”. Lordi o netti? Anche in questo caso ricevere una risposta precisa è quasi impossibile:
“1.300 sono quelli in busta paga… Non so… Io do quelli… Immagino siano lordi”. Anche se fossero netti, comunque, significherebbe meno di 5 euro all’ora. Figuriamoci netti. “Grazie per l’offerta, ci penso e in caso ci risentiamo”.
Chiara Tadini
(da Today)
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Marzo 10th, 2023 Riccardo Fucile
LA SENTENZA DEI GIUDICI AMMINISTRATIVI SI APPLICA ANCHE ALLA NORMA INSERITA CON IL DECRETO MILLEPROROGHE PER ACCONTENTARE I BALNEARI, GRANDI SOSTENITORI DI MELONI E SALVINI
È illegittima qualsiasi proroga automatica sulle concessioni balneari, compresa quella fino al 31 dicembre 2024 disposta pochi giorni a dal decreto milleproroghe.
Lo ha deciso la sesta sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2192 del 1° marzo, che si è pronunciata incidentalmente anche sulla recentissima proroga di un anno, a distanza di appena cinque giorni dalla sua approvazione, dichiarando che dovrà essere disapplicata.
Il Consiglio di Stato si è espresso su un ricorso presentato dall’Autorità Garante della Concorrenza contro il Comune di Manduria. L’amministrazione pubblica, nel novembre del 2020 con una delibera di giunta aveva disposto l’estensione delle concessioni balneari fino al 2033.
L’Agcm aveva bocciato sin da subito quell’atto, ritenendolo in evidente contrasto col diritto europeo. Il comune di Manduria, piccolo centro in provincia di Taranto, aveva tirato dritto per la propria strada. Il Garante della Concorrenza, a quel punto, ha deciso di impugnare la delibera di fronte al Tar di Lecce, il quale però ha respinto il ricorso.
Tutto finito? Assolutamente no. L’Autorità per la Concorrenza ha bussato alla porta del Consiglio di Stato. E ha ottenuto ragione.
«La questione controversa – affermano i massimi giudici amministrativi – è stata già oggetto di interpretazione da parte della Corte di giustizia Ue e gli argomenti invocati per superare l’interpretazione già resa dal giudice europeo non appaiono idonei a indurre ragionevoli dubbi, come confermato anche dal fatto che i principi espressi dalla sentenza Promoimpresa sono stati recepiti da tutta la giurisprudenza amministrativa nazionale sia di primo che di secondo grado, con l’unica isolata eccezione del Tar Lecce»Il Consiglio di Stato ha affermato che le proroghe sulle concessioni balneari sono contrarie alla direttiva europea Bolkestein e al Trattato fondativo dell’Unione europea, in quanto rappresentano dei rinnovi automatici ai medesimi titolari. E pertanto devono essere immediatamente disapplicate.
Nella decisione del Consiglio di Stato rientra anche la proroga al 2024 appena approvata dal parlamento.
(da agenzie)
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Marzo 10th, 2023 Riccardo Fucile
GOVERNO SPORCA IL NOME DELL’ITALIA, FAMILIARI LASCIATI SOLI… LA TESTIMONIANZA: “PER RIPORTARE MIO CUGINO IN AFGHANISTAN DEVO USARE UN’AGENZIA PRIVATA”
I parenti dei migranti annegati accusano lo Stato di averli lasciati soli nel tentativo di riportare a casa i propri morti. Safiullah Abdullakhil ha perso un cugino nel naufragio. Si chiamava Roman Kohestani e aveva appena 22 anni. Ora racconta come il governo italiano si sia prima detto pronto ad aiutare le famiglie delle vittime, per poi cambiare versione.
“Mio cugino è morto nel naufragio. Sono venuto a recuperare il suo corpo, per mandarlo nel nostro Paese, in Afghanistan. Ora il corpo è a Francoforte, è stato portato ieri. Giovedì sarà trasportato in Turchia, poi a Kabul. Il governo prima ci aveva detto che non era possibile inviare le salme in Afghanistan, ora ci dice che può farlo ma non paga per i costi del trasporto”, racconta Safiullah.
Secondo il racconto del cittadino afghano, che ha lasciato il Paese prima del ritorno dei Talebani al potere per trovare rifugio in Olando, dove ora vive, in un primo momento il governo aveva detto di essere impossibilitato al trasporto delle salme in Afghanistan.
La ragione? Non poteva avere contatti diretti con i Talebani. “Prima hanno detto ogni giorno che ci avrebbero aiutati, che i corpi si potevano mandare ovunque, e poi invece hanno detto che era impossibile”, sottolinea Safiullah. Che spiega di essersi quindi rivolto a un’agenzia di viaggi privata per riportare il corpo del cugino in patria.
“L’agenzia mi ha detto che se pagavo potevano completare il trasporto, mi ha mandato le informazioni via mail. Mi hanno chiesto 4.500 euro. Quando ho mostrato al governo italiano che avrei dovuto fare questo pagamento, mi hanno detto che non c’era problema, che conoscevano l’agenzia e che potevano coprire loro i costi. Ma il pagamento non è ancora stato fatto, e l’agenzia mi ha detto che se i soldi non arrivano sul suo conto entro giovedì non completerà il trasferimento”, racconta ancora Safiullah.
Spiegando di aver anche dovuto pagare personalmente le spese per il passaporto, necessario al trasporto della salma: nemmeno di coprire i costi dei documenti di viaggio si sarebbe fatto carico lo Stato italiano. Safiullah quindi conclude affermando con il governo dovesse intervenire prima: “Sono passati tredici giorni . Solo dopo le proteste hanno detto che ci avrebbero aiutati. È troppo tardi per incontrare le famiglie delle vittime”.
(da Fanpage)
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Marzo 10th, 2023 Riccardo Fucile
“ALCUNI NON AVEVANO NEANCHE IL LETTO CON I MATERASSI, ERANO PER TERRA”… “AL POSTO DEI LETTI DELLE PANCHINE IN FERRO, QUELLE DEI PARCHI”
Nei giorni successivi alla tragedia di Cutro, il deputato di alleanza Verdi e Sinistra, Franco Mari, è partito per la Calabria e ha fatto visita non solo ai luoghi della strage di migranti, ma anche ai superstiti che sono riusciti a salvarsi nella notte in cui hanno perso la vita almeno 72 persone.
Le fotografie degli alloggi sono circolate nei giorni scorsi, poi l’intervento del ministro Piantedosi per far trasferire i sopravvissuti in albergo. Fino ad allora i migranti sono stati tenuti in condizioni inaccettabili.
Intervistato da Fanpage.it, il deputato racconta cosa ha visto.
Onorevole, lei è ha fatto visita ai superstiti del naufragio di Cutro e li ha trovati in condizioni molto difficili nel Cara di Crotone. Com’era la situazione
Aveva dell’incredibile. Dopo essere stati sulla spiaggia, dove ci sono i parenti che aspettano ancora i loro cari, siamo andati al Cara di Crotone. In realtà i sopravvissuti non erano lì, ma in due padiglioni antistanti a pochi metri. Erano allestiti con una trentina di brande su cui erano poggiati dei materassi di gommapiuma e delle coperte. Alcuni non avevano neanche il letto con i materassi. Erano per terra, in un altro capannone. Al posto dei letti c’erano delle panchine di ferro, quelle dei parchi. Le condizioni dal punto di vista igienico erano assolutamente inaccettabili.
Dopo la sua denuncia il ministro Piantedosi, in Aula, ha annunciato che i superstiti al naufragio sarebbero stati trasferiti in hotel. È un caso?
Ovviamente no. Perché non l’ha fatto nei giorni precedenti? Il ministro Piantedosi, reo confesso, poteva lasciarli lì. Ma era impensabile, improponibile. Il trasferimento in albergo sarebbe dovuto avvenire nelle ore immediatamente successive al salvataggio, evitando quella settimana e più di permanenza in una condizione di reclusione. Lì la libertà è limitata, ma è un fatto voluto.
Quella toppa, diciamo così, era assolutamente tardiva. Non è però un caso isolato, le condizioni dell’accoglienza in Italia sono peggiorate drasticamente negli ultimi anni, forse anche perché i decreti Salvini – a cui ha collaborato anche l’attuale ministro Piantedosi – hanno smontato un sistema…
Tutte le misure umane sono state smantellate nel tempo. Siamo entrati anche nel Cara e lì ci sono situazioni inaccettabili, come quella dei minori non accompagnati. La nostra accoglienza oggi ha il segno della cultura politica di chi governa, di chi attribuisce la colpa di essere qui a chi parte, alle famiglie che mettono sulle barche i propri figli.
Qual è il suo giudizio politico della gestione da parte del ministro Piantedosi?
Piantedosi è come Valditara. Qualcuno ha detto che il ministro ha sbagliato a parlare d’istinto. Ma il problema è proprio l’istinto. Attribuiscono la colpa a chi parte, ma in realtà sono le politiche dell’accoglienza a rendere così com’è questa situazione. E loro sono i responsabili di queste politiche.
Passando al lato tecnico del naufragio di Cutro: Piantedosi ha letto una lunga informativa in Aula ma i dubbi rimangono, c’è qualcosa che secondo lei non ha funzionato?
È evidente. Abbiamo anche presentato un esposto alla Procura. Quella vicenda poteva e doveva essere gestita diversamente. Lasciamo all’autorità giudiziaria il suo compito. Intanto il governo sta mostrando tutta la sua natura politica. Ieri ha provato a sgomberare dalle bare il palazzetto dello sport di Crotone trasferendo le salme a Bologna, perché quella sala doveva essere allestita per il Consiglio dei ministri. Siamo alla chiusura di questo concerto indecente. A loro sfugge il fatto che le migrazioni sono il segno di questo tempo, delle crisi climatiche e delle guerre. L’idea che si possa ridurre tutto a chi concorda con le ambasciate un corso di formazione per entrare in Europa è folle e sbagliata. Questi esseri umani scappano da condizioni indescrivibili, dalle guerre, dalle torture, dalla fame. Questi viaggi continueranno come ci sono stati sempre nel corso dei secoli. Ma il fatto che siamo in mezzo al Mediterraneo non è una colpa. Questa fantasia, questa relatività, questa capacità di guardare oltre gli orizzonti deriva dalla nostra commistione nei secoli con le altre culture. Questo è il made in Italy.
(da Fanpage)
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Marzo 10th, 2023 Riccardo Fucile
A SPIEGARE UN DECRETO VUOTO UNA MELONI MAI COSI’ IN DIFFICOLTA’: SOTTO GLI SLOGAN, IL NULLA…LA VILTA’ DI NON RENDERE OMAGGIO ALLE VITTIME PER TIMORE DI CONTESTAZIONI
Doveva essere la giornata del riscatto, quella in cui il governo e Giorgia Meloni avrebbero potuto chiudere la vicenda Cutro, mostrandosi vicini a una comunità scossa da una tragedia immane e allo stesso tempo capaci di mettere in campo risposte immediate e concrete.
Dopo giorni di assenza, in cui opposizione e opinione pubblica avevano infierito sui limiti comunicativi e politici del ministro Piantedosi, erano in molti a pensare che l’intervento diretto della presidente del Consiglio avrebbe riportato la discussione su un terreno favorevole al governo. Del resto, non ci sono mai stati dubbi sulle sue capacità dialettiche e strategiche, oltre che sull’efficacia della narrazione della sua area politica sui migranti e sulle tragedie in mare.
Invece, la gita a Cutro è stata un disastro. Sul piano politico, il governo esce più diviso che mai, a dispetto delle dichiarazioni di prassi sull’unità e sulla concordia.
Piantedosi, mandato allo sbaraglio e abbandonato da Meloni e Salvini nel momento cruciale, è ancora sulla graticola; il leader leghista ha respinto l’assalto del ministro Crosetto, conservando le sue prerogative in materia di soccorso; Tajani si troverà costretto a discutere di un discutibile “reato universale” con partner ancora da individuare; Nordio si è rassegnato all’uso della decretazione d’urgenza per modificare norme penali e all’idea che l’inasprimento delle pene serva davvero a scoraggiare i trafficanti di uomini.
La maggioranza è tutt’altro che coesa, proprio mentre si appresta a intervenire su materie molto complesse e delicate, come la revisione del reddito di cittadinanza e la riforma fiscale.
Tutto ciò per varare un decreto che, a dispetto di quanto era stato annunciato, contiene risposte deboli e rappresenta poco più che una dichiarazione d’intenti.
La “stretta sui trafficanti” (che in realtà è più sugli scafisti, figure non sempre sovrapponibili) e la linea della fermezza sugli ingressi irregolari (con la cancellazione di un’altra forma di protezione, che peraltro complicherà le cose), accompagnate da una revisione dei flussi legali con numeri tutti da scrivere.
Soprattutto, un decreto che non affronta il tema del soccorso in mare, non intervenendo su competenze e funzioni, né toccando meccanismi operativi da giorni oggetto di critiche degli operatori del settore.
Insomma, nulla sulla questione su cui era normale che intervenisse con decisione il governo di uno Stato che non è riuscito a salvare decine di persone naufragate a 300 metri dalle proprie coste.
Il consiglio dei ministri di Cutro è stato un disastro anche sul piano comunicativo. Mai si era visto una Meloni così in difficoltà in una conferenza stampa.
Nervosa con i giornalisti locali, imprecisa nella ricostruzione dei fatti, contraddittoria nell’attribuire le responsabilità, vittimista fino all’eccesso, con un’insistenza incomprensibile sui “titoli dei giornali”, la leader di Fratelli d’Italia è incappata in diversi scivoloni.
Si è incartata nella ricerca di responsabilità esterne, ostinandosi a difendere governo e forze dell’ordine da accuse che nessuno aveva mai mosso. Ha insistito sugli ingressi irregolari, sulle partenze di chi “non ha diritti”, dimenticandosi che gran parte delle vittime del naufragio proveniva da nazioni scosse da guerre e persecuzioni.
Ha sbagliato date, numeri, cifre. Per poi chiudere la giornata con un vero e proprio controsenso: l’invito a Palazzo Chigi per i familiari delle vittime di Cutro. Gli stessi che non è riuscita a incontrare a Cutro per paura di contestazioni.
Una debacle, che mostra una crepa nella costruzione mediatica dell’infallibilità meloniana ed evidenzia una certa superficialità nella gestione di una vicenda che ha toccato nel profondo l’opinione pubblica.
(da Fanpage)
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Marzo 10th, 2023 Riccardo Fucile
LINEKER LASCIA LA CONDUZIONE DEL PROGRAMMA SPORTIVO PER AVER DETTO LA VERITA’: UN UOMO CORAGGIOSO E COERENTE
L’ex capitano del calcio inglese si ritirerà per aver criticato la politica migratoria del paese. Le sue parole avevano scatenato una lite furiosa tra il governo e il presentatore più pagato della società.
Lineker ha recentemente paragonato il linguaggio del governo sui richiedenti asilo a quello usato dalla Germania negli anni ’30.
La BBC ha confermato di aver discusso con Lineker e ha deciso che si sarebbe ritirato dalla presentazione del suo programma di punta Match of the Day “fino a quando non avremo una posizione concordata e chiara sul suo utilizzo dei social media”.
Lineker ha ospitato Match of the Day per più di 20 anni e non ha mai avuto paura di esprimere le sue opinioni su questioni politiche.
Ma la BBC considera quello che l’ex gloria dle calcio inglese sui social media di Lineker una violazione delle sue linee guida. “Non abbiamo mai detto che Gary dovrebbe essere una zona libera da opinioni, o che non può avere un’opinione su questioni che gli stanno a cuore, ma abbiamo detto che dovrebbe stare ben lontano dal prendere posizione su questioni politiche di partito o controversie politiche”.
Il tweet e l’intervista
Lineker, che in precedenza ha ospitato i rifugiati nella sua casa, aveva ritwittato un post con un video del ministro degli interni Suella Braverman che parlava di una nuova proposta di legge, con il commento “Santo cielo, questo è oltremodo orribile”.
Quando è stato contestato da un intervistato, ha detto: “Non c’è un enorme afflusso. Accogliamo molti meno rifugiati rispetto ad altri grandi paesi europei. Questa è solo una politica incommensurabilmente crudele diretta alle persone più vulnerabili in un linguaggio che non è dissimile da quello usato da Germania negli anni ’30”
(da agenzie)
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