Destra di Popolo.net

NEGLI ULTIMI 20 ANNI SONO STATI CHIUSI, ABBANDONATI O HANNO CAMBIATO DESTINAZIONE D’USO OLTRE 1000 TEATRI IN TUTTA ITALIA

Ottobre 9th, 2023 Riccardo Fucile

IL PROBLEMA NON È LA MANCANZA DI PUBBLICO: DOPO LE CHIUSURE A CAUSA DELLA PANDEMIA, SI È REGISTRATO UN AUMENTO DI SPETTATORI DI QUATTRO VOLTE RISPETTO AL 2021… I MOTIVI PRINCIPALI SONO VARI: LA NECESSITÀ DI RESTAURI O DI ADEGUAMENTO ALLE NORME, IL FINANZIAMENTO DELLO STATO AI TEATRI E L’ECCESSIVA BUROCRAZIA

Si è fatto appena in tempo a denunciare che il Globe di Roma, chiusa da un anno, sotto sequestro e senza agibilità sarà abbattuto, che più di ventitremila persone hanno sottoscritto un appello per salvarlo. Eppure ha alzato il velo su un fenomeno preoccupante: c’era una volta un’Italia che vantava oltre tremila teatri (nel ‘98 un censimento della Siae ne contava 3.477) e oggi non si va oltre i duemila.
Si stima che siano 428 i teatri che negli ultimi anni sono stati chiusi, abbandonati o che hanno cambiato destinazione d’uso: uno ogni quattro. Un numero indicativo, risultato di una paziente indagine a cura di Francesco Giambrone, il sovrintendente dell’Opera di Roma e presidente dell’Agis, che risale al 2008, perché censimenti ufficiali non ce ne sono e anche questo è segno di trascuratezza. Tanto più che, sia pur con qualche approssimazione, per il 25% sono sale vincolate dai Beni culturali, dunque un patrimonio architettonico importante.
Le sale chiuse sono 32 in Piemonte, 23 in Emilia, 39 in Toscana, 19, in Liguria e ben 59 in Sicilia e 57 in Lombardia (a Cremona ancora rimpiangono il bel Politeama Verdi, in rovina e messo all’asta). Numeri che descrivono una desolante modificazione del paesaggio culturale.
Il fatto è che i teatri non chiudono per mancanza di pubblico: dopo gli anni neri del Covid (70,71% in meno di ingressi) la ripresa c’è eccome e nel 2022 secondo l’Istat si registra un valore quattro volte maggiore di pubblico rispetto al 2021.
Perché si chiude, allora? Per questioni economiche legate alle necessità di un restauro o di adeguamento alle norme, per l’aumento della burocrazia, per il Fus, il finanziamento dello Stato ai teatri, che è fermo a 423mila euro.
Ma bisognerebbe quantificare anche quanto costa un patrimonio architettonico abbandonato. Nel 2016 il restauro del Valle di Roma era circa sui 3 milioni di euro, oggi il Comune ne spenderà circa 6. E meno male che al settore dello Spettacolo e cultura, il Pnrr ha assegnato 300 milioni di euro, per la riqualificazione energetica delle strutture. Ma non è tutto. Il valore di un teatro è legato soprattutto alla sua dimensione culturale.
(da La Repubblica)

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UNICEF, L’ALLARME SULLA SALUTE MENTALE DEI GIOVANISSIMI

Ottobre 9th, 2023 Riccardo Fucile

QUASI 46.000 SUICIDI TRA GLI ADOLESCENTI OGNI ANNO

Domani, 10 ottobre, è la Giornata mondiale della salute mentale. E l’Unicef approfitta dei riflettori puntati sull’argomento per ricordare un fenomeno allarmante: a livello globale oltre 1 adolescente su 7 tra i 10 e i 19 anni vive con un problema di salute mentale diagnosticato. Non solo. La maggior parte delle 800.000 persone che muoiono ogni anno per suicidio sono giovani: tra i ragazzi che perdono la vita tra i 15 e i 19 anni, il suicidio è al quarto posto nelle principali cause. Quasi 46.000 adolescenti muoiono a causa di suicidio ogni anno – più di uno ogni 11 minuti.
La sintomatologia
Per far fronte all’aumento dei disagi psichici fra gli adolescenti, nel 2022/23 l’Unicef Italia insieme all’Unità operativa semplice (Uos) di Psicologia clinica, in accordo con la direzione generale della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli, ha realizzato il progetto #WITHYOU – La psicologia con te. Nel corso di un anno, 3.513 persone che hanno avuto accesso diretto a servizi di sostegno: 1.571 giovani e 1.942 genitori. I beneficiari indiretti sono stati invece 35.130. Dai risultati del progetto è emerso che il 39% della popolazione presa in carico avverte e soffre di una sintomatologia affettiva ansioso-depressiva che potrebbe sfociare in una definitiva psicopatologia. Tuttavia, secondo i dati preliminari di efficacia terapeutica, alcuni disordini possono cambiare traiettoria.
Le iniziative
L’Unicef si avvicina alla giornata di domani con diversi materiali e iniziative. A cominciare dalla nuova pubblicazione “Parliamo di salute mentale e benessere psicosociale”: rivolta a tutti i bambini e giovani di ogni genere ed età, spiega cosa siano la salute mentale e il benessere psicosociale. Affronta inoltre le credenze sul tema e offre domande e spunti e consigli pratici su come chiedere aiuto e come approcciarsi a chi chiede sostegno. Parallelamente, c’è la petizione Salute per la mente di bambini e adolescenti, che ha raccolto oltre 23.000 firme con l’obiettivo di mobilitare l’opinione pubblica affinché sostenga le raccomandazioni che l’Unicef rivolge ai ministri competenti in materia per garantire investimenti e azioni di qualità volte a supportare e proteggere la salute mentale di ogni bambina, bambino e adolescente.
Report Italia
Infine, sulla piattaforma digitale indipendente U Report Italia, è stato elaborato un sondaggio sul tema della salute mentale. L’obiettivo dell’iniziativa, avviata in collaborazione con i ragazzi dello Youth Advisory Board (Yab), è favorire la partecipazione delle ragazze e dei ragazzi al Piano nazionale della garanzia infanzia. U-Report, dal suo lancio in Uganda (nel 2011) ad oggi si è diffusa in oltre 98 Paesi e conta oltre 31 milioni di partecipanti (U-Reporters) nel mondo. La piattaforma è attiva anche in Italia con oltre 6.000 iscritti, soprattutto studenti e studentesse universitarie.
(da agenzie)

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CAVALCAVIA DI MESTRE, L’EX VICESINDACO ACCUSA IL COMUNE: “DAL 2015 IL GUARDRAIL ANDAVA SOSTITUITO”

Ottobre 9th, 2023 Riccardo Fucile

“STANNO DEPISTANDO, ESISTE UNA DELIBERA IN TAL SENSO, LA COMPETENZA ERA DEL COMUNE”

Attacco di Gianfranco Bettin, ex vicesindaco di Venezia, agli amministratori attuali del Comune di Venezia sul disastro del cavalcavia. Le dichiarazioni raccolte dall’Ansa. “A me risulta che l’accordo tra Provincia/Città metropolitana e Comune di Venezia per trasferire a quest’ultimo la competenza sul “cavalcavia superiore” (che la Provincia aveva ricevuto dall’Anas nell’ottobre 2001) sia ricompreso in una delibera quadro approvata dal Commissario nel 2015. Se ricordo male, la giunta chiarisca”.
Bettin, consigliere comunale per i Verdi, entra così, a gamba tesa, sul rimpallo di responsabilità che si è aperto sulla competenza del cavalcavia della Vempa dopo l’incidente del pullman di turisti.
“Anzi – precisa Bettin – chiedo formalmente, che renda pubblica questa delibera, che non si trova o che è sparita dal sito del Comune”.
“Fin da subito, dopo la strage di martedì scorso, esponenti dell’amministrazione comunale hanno alluso a responsabilità di altri nella tragedia, chirurgicamente depistando verso ’15 o 10 anni fa’ (esattamente prima delle giunte Brugnaro) o, il sindaco stesso, attribuendo le responsabilità dell’acquisizione onerosa del cavalcavia ‘ai sindaci che mi hanno preceduto’.
Dopo cinque giorni, ancora insistono”.
“Nessun sindaco prima dell’attuale ha, perciò – sottolinea Bettin – mai avuto competenza sul cavalcavia superiore e ’15 o 10 anni fa’ essa era nelle mani della Provincia/Città metropolitana. Dal 2015, invece, è tutta del Comune”.
“Inoltre, dal 2017 almeno, il Comune sa due cose del cavalcavia: è necessario adeguarne la struttura portante, evitando quello che dal 2018 si chiama “rischio Morandi”, cioè il ponte del crollo; è necessario evitare il rischio ‘Acqualonga’, dal nome del viadotto avellinese sulla A16 da cui nel 2013, sfondando un guardrail inadeguato, è precipitato un pullman turistico provocando 40 morti”.
Bettin rileva infine che “al rischio di crollo, il Comune ha risposto elaborando un piano di interventi che si è concretizzato con i lavori iniziati il 5 settembre scorso. Al secondo, il rischio connesso all’ inadeguatezza dei dispositivi di protezione (guardrail e ringhiera) non si è invece risposto”
“Forse – aggiunge – si sarebbero potuti chiudere gli ormai inutili varchi e posizionare dei new jersey provvisori ma solidi, in calcestruzzo, tra guardrail e ringhiera o tra guardrail e carreggiata (come si è fatto nel primo tratto, dove si sta lavorando). Forse questo avrebbe consentito una maggiore resistenza all’urto dell’autobus. Lo accerterà l’indagine”.
(da La Voce di Venezia)

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COME HANNO FATTO CON I DELTAPLANI A FOTTERE L’IPERTECNOLOGICO ESERCITO DI ISRAELE? LA RAGIONE FORSE STA PROPRIO NELL’ECCESSIVO RICORSO ALLA TECNOLOGIA

Ottobre 9th, 2023 Riccardo Fucile

UNA VOLTA FATTE FUORI LE TORRI RADIO DELLA “DIVISIONE GAZA”, L’INTERA RETE DI SICUREZZA DELLO STATO EBRAICO SI È DISSOLTA. QUELLA ZONA ERA PRESIDIATA DA SENSORI, DRONI E ROBOT, CON SOLO UNA MANCIATA DI SOLDATI…LA FRAGILITÀ DEI SERVIZI E QUELLA DELLA POLITICA HANNO FATTO IL RESTO: NETANYAHU, PER ACCONTENTARE L’ESTREMISTA BEN GVIR, MINISTRO DELLA SICUREZZA, HA SVUOTATO IL FRONTE DI GAZA, SPOSTANDO LE TRUPPE IN CISGIORDANIA

«Il quartiere generale della Divisione Gaza è pronto per ogni scenario». È consuetudine che nei momenti di crisi il primo ministro visitasse quella base per tranquillizzare la popolazione. Benjamin Netanyahu lo ha fatto nel 2018 e 2019, Naftali Bennett nel 2021 e nel 2022. La fortezza costruita accanto al kibbutz Tel Re’im, “la collina degli amici”, controllava tutte le difese sul confine Sud ed era il simbolo della superiorità militare e tecnologica di Israele. Sabato mattina è diventato l’epicentro della disfatta delle sue forze armate.Cinque ore dopo l’inizio dell’invasione, Hamas è riuscita ad espugnare il comando della Divisione Gaza, decapitando lo schieramento israeliano. Gli incursori palestinesi l’hanno trovato sguarnito: due sole sentinelle al cancello, pochi ufficiali e specialisti dell’intelligence che hanno disperatamente affrontato gli assalitori. […] Nei piazzali sono rimasti mezzi corazzati e robot cingolati; nei magazzini centinaia di casse di armi e, cosa ancora più grave, sui tavoli dozzine di computer con i dati più segreti della nazione.
Una sconfitta scioccante, che resta incomprensibile. Probabilmente la maggioranza dei militari erano a casa per la festività, un drammatico replay di quello che è avvenuto 50 anni fa con il raid arabo scatenato durante la celebrazione dello Yom Kippur. Ma sabato proprio sugli schermi dell’installazione di Re’im dall’alba continuavano ad arrivare le immagini riprese dai droni in volo su Gaza con i lanci di razzi e la carica dell’orda contro le case di Sderot. Da lì doveva scattare la risposta all’offensiva, invece non si è neppure trasmesso lo stato di allerta. Quando il colonnello Sahar Makhlouf, il numero uno del Battaglione Comunicazioni 481, è stato ucciso, l’intera rete di sicurezza si è dissolta: i reparti hanno smesso di ricevere ordini, lo scudo di Israele si è frantumato.
Hamas aveva studiato tutto. L’intelligence israeliana non sapeva nulla dei piani palestinesi; loro invece conoscevano ogni minimo dettaglio.
Per prima cosa hanno colpito le torri di guardia e i sistemi di sorveglianza. Poi mentre partivano centinaia di razzi, obbligando i militari a scendere nei rifugi, sono decollati i parapendio a motore. I sabotatori sui “tappeti volanti” sono atterrati oltre la barriera e hanno fatto esplodere il muro. Nel varco si sono infilati moto e quad, seguiti da camionette zeppe di jihadisti.
Ogni gruppo aveva un obiettivo preciso. Alcuni dovevano seminare il caos – “fauda”, parola identica in arabo ed ebraico che ha dato titolo alla serie tv – sparando sui civili. Altri si sono diretti contro le installazioni militari, distruggendo antenne e centrali telefoniche.
Il comando della Divisione Gaza ha fatto intervenire la “forza di reazione rapida”. Una mossa prevista dai jihadisti, che hanno immobilizzato il tank Merkava con droni e guastatori mentre i fuoristrada venivano crivellati di raffiche. A quel punto non c’era più nulla che potesse fermarli.
Le cause di questo disastro verranno studiate per anni. A caldo, c’è chi accusa Netanyahu di avere svuotato il fronte di Gaza, trasferendo 26 battaglioni, pari al 70% delle truppe, in Cisgiordania. Ma c’è già una lezione strategica: la hybris tecnologica. Sugli spalti di Israele c’era una moltitudine di sensori, visori, droni, robot e soltanto una manciata di soldati in carne e ossa.
(da la Repubblica)

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GENOVA, FESTINI VIP CON ESCORT E COCAINA, BUFERA SUL VICE-PRESIDENTE LEGHISTA DELLA LIGURIA

Ottobre 9th, 2023 Riccardo Fucile

IL FATTO EMERGE DALLE CARTE DELL’INCHIESTA: TRA I PARTECIPANTI AI FESTINI C’E’ ANCHE ALESSIO PIANA (NON INDAGATO)

Fra i partecipanti ai festini a base di escort e cocaina su cui indaga la squadra mobile c’è anche il vice presidente della Regione Liguria Alessandro Piana, della Lega. Il quale, è bene precisarlo, non è indagato.
Secondo quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice Riccardo Ghio, che ha portato in carcere l’architetto genovese Alessandro Cristilli e l’albergatore Christian Rosolani, Piana ha partecipato a un incontro in casa del primo, una villetta in via Monte Fasce, ad Apparizione, nel marzo 2022. Alla quale erano presenti anche Rosolani e due escort.
Tra le quali un’altra indagata di questa inchiesta e già finita nei guai per sfruttamento della prostituzione in merito alla casa d’appuntamenti scoperta mesi fa al civico 4 di via Serra, Jessica Nikolic.
Per la Procura, Cristilli aveva pagato a ciascuna delle due 400 euro per quella serata, cedendo loro cocaina per la serata.
Il giudice per le indagini preliminari ha anche disposto il divieto di dimora a Genova per Emanuele Merlini, nato a Santa Margherita ma residente a Rapallo, nel Tigullio. 41 anni, è lui che, secondo gli inquirenti, procurava gran parte della cocaina usata nei festini. Gli investigatori hanno sfruttato appostamenti e intercettazioni telefoniche. Ma anche ascoltato diverse persone potenzialmente coinvolte o testimoni delle serate. Così come la stessa Nikolic, dopo il suo arresto per l’indagine su via Serra 4. «Cristilli – si legge nell’ordinanza -, parlando con un amico, spiegava di avere organizzato un “sistema pazzesco” per organizzare serate con prostitute che l’indagato chiama, storpiando il proprio nome, “Cristilline”».
(da La Stampa)

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LA RUSSA SI “AUTOINTERVISTA” E MINACCIA QUERELA CONTRO REPORT

Ottobre 9th, 2023 Riccardo Fucile

IL SISTEMA DI NON ACCETTARE CONTRADDITTORIO

Il presidente del Senato tra i protagonisti della puntata che andrà in onda domenica 8 ottobre su Rai3 risponde in video sui casi Santanchè e gli affari di suo padre e della sua famiglia, ma le domande vengono lette dal suo portavoce.
Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha inventato “l’autointervista” video. Report, programma di Rai3 in onda domenica sera alle 20:55, nella puntata di questa sera approfondirà i rapporti economici e di potere della famiglia La Russa in Sicilia. Il presidente del Senato però, interpellato dai giornalisti del programma, ha preferito inviare le sue videorisposte «chiedendoci di pubblicarle integralmente», si legge sui social a poche ore dalla messa in onda.
In attesa di vedere e valutare attentamente la puntata, ha detto il portavoce, il presidente del Senato «ha dato mandato ai suoi legali di presentare querele per diffamazione aggravata nei confronti di giornali e media che hanno pubblicato e diffuso stralci di accuse inverosimili e senza aver compiuto alcuna doverosa verifica».
Con il suo video, comunica Report, «La Russa inaugura un nuovo genere della comunicazione politica: l’autointervista. Dopo le cassette inviate ai tg da Berlusconi e le dirette Facebook di politici monologanti, il presidente del Senato invece di sedersi davanti alle nostre telecamere, risponde alle nostre domande, lette dal suo addetto stampa, senza concederci il contraddittorio».
Tra i punti toccati dalle domande, anche il suo legame con la ministra del Turismo Daniela Santanchè, attualmente indagata, e il fondo Negma e Visibilia, la società fondata dalla ministra. Il presidente La Russa ha risposto di aver «inviato una diffida su richiesta amichevole della Santanchè, il mio studio ha assistito esclusivamente per questioni di denunzie politiche Santanchè», ha concluso, senza approfondire oltre.
Sugli altri temi è passato alle minacce. Ad aver fatto arrabbiare di più La Russa sono state le ricostruzioni sulle fortune della famiglia, e i presunti collegamenti con il banchiere Michele Sindona e Cosa nostra, per cui La Russa è pronto a passare per le vie legali anche con il programma.
Sebbene si sia trasferita a Milano alla metà degli anni ‘50, si legge sulle anticipazioni Rai, il paese di origine Paternò è la capitale del loro impero politico e finanziario: oltre alla prestigiosa figura del presidente del Senato Ignazio La Russa, questa cittadina alle pendici dell’Etna di appena 45mila anime si è aggiudicata il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, un parlamentare e un consigliere del Csm: «Vi siete dimenticati il primo uomo nello spazio che è di Paternò ma non gliel’ho inviato io», ironizza La Russa. Su «padre, familiari e fratelli posso mettere due mani sul fuoco e non accetterò illazioni. Spero che manderete per intero questa mia registrazione».
Con documenti inediti e testimonianze, Report ha indagato lo strettissimo legame con un controverso finanziere paternese, Michelangelo Virgillito, che dal nulla aveva costruito un impero finanziario che sarebbe scaturito grazie al patrimonio di ebrei costretti ad abbandonare il paese per le leggi razziali. Ad amministrare questo patrimonio chiamerà, nel dopoguerra, Antonino La Russa, il padre che rimarrà anche dopo gli anni Settanta, quando si scoprirà che la galassia delle società messe in piedi da Virgillito erano state finanziate dal banchiere della mafia Michele Sindona. La Russa nega qualunque rapporto del padre: «Non ha mai intrattenuto rapporti di lavoro con Sindona e men che meno personali».
Un altro passaggio riguarda poi i presunti rapporti di La Russa padre e il fratello Vincenzo, e Cosa nostra, raccontati da un pentito: «Dovreste vergognarvi per questa volgare fake news e per questa falsità mai ripresa da alcuno di cui rispondereste in sede penale». E questa è la posizione che la seconda carica dello stato ha intenzione di tenere con tutti.
(da Fanpage)

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FEDEZ CHIAMA, I FOLLOWER RISPONDONO: DOPO IL SUO APPELLO A DONARE IL SANGUE, IN LOMBARDIA CENTINAIA DI RAGAZZI SI SONO PRESENTATI IN OSPEDALE IN UN NUMERO 10 VOLTE MAGGIORE ALLA MEDIA

Ottobre 9th, 2023 Riccardo Fucile

FEDEZ, USCITO VENERDÌ DAL FATEBENEFRATELLI DI MILANO, HA RINGRAZIATO SU INSTAGRAM

E’ ‘effetto Fedez’ sulle donazioni di sangue dopo il recente ricovero del rapper, a Milano, per le emorragie causate da alcune ulcere. Lo dichiara l’Avis Lombardia che parla di centinaia di persone che si sono messe in fila a donare sangue, come riporta oggi il Corriere della Sera. Un centinaio di persone, infatti, si è presentato ieri a Milano fuori dalla sede dell’Avis “praticamente – spiega Oscar Bianchi, il presidente lombardo – dieci volte tanto una normale domenica”.
E che si tratti di effetto Fedez, dopo l’appello all’uscita dell’ospedale Fatebenefratelli rilanciato dall’influencer anche sui social, lo dimostrerebbe “l’età media delle persone giunte a donare, rientriamo tra i 18 e i 35 anni”. Fedez, su Instagram, ha ringraziato: “Sono molto felice, si è generato un effetto a catena che non mi aspettavo, grazie a tutti”. “Non ho numeri precisi – prosegue Bianchi – ma posso dire che ci sono stati aumenti nei numeri in tutta la Lombardia e anche in altre parti d’Italia”.
(da agenzie)

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IL MOSTRO HAMAS E’ FIGLIO DELLE VIOLAZIONI ISRAELIANE TOLLERATE DA USA E UE

Ottobre 9th, 2023 Riccardo Fucile

75 ANNI DI OCCUPAZIONE ISRAELIANA PIENA DI DOPPIO STANDARD HANNO ALIMENTATO SOLO ODIO

Settantacinque anni di occupazione israeliana e di una politica occidentale piena di doppi standard che ha lasciato incancrenire la situazione, uccidendo ogni possibile orizzonte politico per una mediazione israelo-palestinese, basata sul principio onusiano dei due Stati, sono alla base dell’orrore odierno. Lo capirebbe uno studente liceale. Gli analisti occidentali, esperti del conflitto, invece si limitano a condannare i barbari che sgozzano i civili e a riproporre il diritto di Israele all’autodifesa, come se fosse questo diritto a essere messo in discussione.
Un cattolico direbbe che Paolo Mieli andrà all’inferno perché ancora ieri sul Corriere ha utilizzato la sua erudizione, la sua educazione, gli strumenti che una carriera di successo di giornalista e storico gli ha regalato per lavorare per il “male” comune.
La soluzione dei due Stati è stata di fatto accantonata, i dialoghi di pace mai ripresi, l’attività del Quartetto resa impossibile dalla guerra permanente alla Russia, l’attività dei coloni armati giustificata, le spedizioni punitive delle truppe di occupazione israeliane anche. Si è avuta l’impudenza di pensare di normalizzare una situazione di ingiustizia evidente con un accordo tra Israele, Emirati Arabi , Bahrein e a breve con l’Arabia Saudita sulla pelle dei palestinesi. Gaza prigione a cielo aperto. Le risoluzioni Onu mai applicate da Israele. Sono fatti oggettivi o no? Ricordate l’operazione Piombo fuso del dicembre 2008: quanti morti e mutilati palestinesi, signor Mieli? Era stato appena eletto Obama e aspettai con segreta speranza che il nuovo presidente, colui che per ragioni misteriose avrebbe ricevuto il Nobel per la pace, dicesse una parola di netta condanna al massacro da parte di Israele. Invano.
Come al solito, per evitare gli attacchi dei seminatori di odio, dovrò premettere qual che si dovrebbe dare per scontato: criticare la politica israeliana e statunitense (una politica estera europea mi sembra inesistente) non significa odiare gli ebrei o gli americani. Anzi c’è una storia gloriosa ebraica, un’intellighenzia amata e rispettata ovunque, che ha creduto e in parte realizzato la democrazia: l’unica in Medio Oriente. La contraddizione più recente, come sottolinea Gad Lerner, è data dall’impossibilità di riconciliare una democrazia interna (seppure parziale con varie categorie di cittadini di serie B) con una politica di occupazione all’estero. Allo stesso modo la società civile americana, le avanguardie artistiche e culturali, le università, la mobilità e il dinamismo sono da portare a esempio. È la giaculatoria che dobbiamo ripetere per evitare i più grossolani linciaggi: come riconoscere che fra Mosca e Kiev c’è stato un aggressore tattico e la violazione materiale delle frontiere ucraine è stata effettuata dalla Russia.
Tornando ai fatti che i colti analisti odierni rifiutano di considerare, ripeteremo all’infinito che non esistono i buoni e i cattivi, esiste storicamente una violenza di Stato che genera guerre e terrorismo. Nel conflitto israelo-palestinese l’occupazione è israeliana, la negazione del diritto di autodeterminazione del popolo palestinese è israeliana, le incursioni nelle moschee e nelle chiese sono israeliane, la violazione delle risoluzioni Onu è israeliana. Non si mette in discussione il diritto alla difesa, ma una politica israeliana e occidentale nutrita di doppi standard e soprusi che crea il mostro Hamas. Così come una politica aggressiva di espansione della Nato e di rifiuto di considerare gli interessi legittimi di sicurezza della Russia ha creato il Putin invasore.
Un mondo in bilico, scrive Mieli. Non si sa bene, paragonando la Russia o Hamas e l’Iran a Hitler, a quale nuova guerra mondiale stia chiamando l’Occidente. Possibile che uno storico non comprenda che le relazioni internazionali sono fatte di equilibri tra interessi contrapposti, che la diplomazia serve a spiegare le ragioni del nemico e, se l’Occidente ripiega su se stesso, rompendo il dialogo con Cina e Russia, membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu, le crisi scoppieranno nei vari scacchieri internazionali sempre più violente?
Un cattolico direbbe che Mieli andrà all’inferno. Non sono cattolica, ma credo che gli intellettuali dovrebbero contribuire all’analisi oggettiva dei conflitti, evitare le mistificazioni ipocrite e le pericolose incitazioni a serrare le fila e all’odio del nemico in un mondo a rischio di guerra nucleare. Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica, ricorda che non c’è più il telefono rosso e che lancette del giorno del giudizio restringono i tempi.
(da il Fatto Quotidiano)

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CORO UNANIME A SENSO UNICO PRO ISRAELE

Ottobre 9th, 2023 Riccardo Fucile

L’OCCIDENTE COLPEVOLE DI AVER SILENZIATO PER ANNI I CRIMINI ISRAELIANI

Da “destra” a “sinistra” si assiste ad un generale allineamento della chiacchiera politica e giornalistica: un coro unanime indirizzato, senza se e senza ma, a sostegno del governo di Israele. Questo al netto delle parole e dei gesti di doverosa considerazione verso le vittime civili “tutte”.
Anche stavolta una storia lunga e dolorosa di oppressione e violenza coloniale, perpetrata nel silenzio, nella complicità e talvolta col sostegno dell’Occidente a guida USA, viene colpevolmente rimossa e schiacciata su un singolo avvenimento, per quanto grave e controproducente esso sia, in modo da alimentare una ormai ben nota narrazione di comodo: c’è un aggredito e un aggressore, il primo detiene le ragioni del Bene, l’altro lo stigma del Male.
Peccato che nell’annosa questione israelo-palestinese tale logica valga ancora meno: non solo perché i crimini israeliani, per quanto coperti dal silenzio, sono una costante che non ha mai smesso di produrre morti e distruzione, ma anche e soprattutto perché non possono esserci aggredito e aggressore quando alla base di tutto c’è una asimmetria eclatante di potere e responsabilità storica.
Un contesto in cui alla dominazione di un paese occupante non sembra esserci altra risposta che la ribellione spesso cieca e disperata di un popolo sotto occupazione, ridotto ad una condizione di miseria ed esclusione senza fine.
Da 75 anni lo Stato israeliano occupa i territori palestinesi (soggetti anche alla sperimentazione di nuove armi), ampliando sempre più i suoi domini, il tutto cacciando la popolazione nativa, militarizzando interi villaggi e con la pratica di inserire ovunque i propri coloni, spesso provenienti da altre parti del globo.
Negli ultimi mesi, questa politica espansionistica ha subito un’accelerazione: a Tel Aviv si stava difatti discutendo animatamente di nuovi insediamenti da creare nel territorio residuo palestinese. Il 2023 sarà, inoltre, l’anno che farà registrare il più alto numero di morti palestinesi, da quasi vent’anni a questa parte. Ma questo dato non ha destato alcun tipo di scalpore.
E l’Occidente intero, un tempo meno compatto sulla questione, oggi affila le sue armi e innalza ovunque bandiere israeliane, sulla base di doppi standard e di un uso propagandistico e strumentale del principio di autodeterminazione dei popoli e di difesa dei diritti umani.
(da lafionda.org)

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