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LA STRATEGIA DELLA PENSIONE: ALTRO CHE LA TANTO SBANDIERATA CANCELLAZIONE DELLA LEGGE FORNERO, IL GOVERNO ABOLISCE QUOTA 103 PER UNA E PENALIZZA I LAVORATORI

Ottobre 25th, 2023 Riccardo Fucile

RESTANO APE SOCIALE E OPZIONE DONNA MA CON REQUISITI ANCOR PIÙ RIGIDI, STRETTA SULL’USCITA ANTICIPATA DAL LAVORO

Dopo anni di propaganda per abolire la legge Fornero, il centrodestra è arrivato al governo e ha di fatto eliminato la flessibilità, garantendo l’accesso alla previdenza anticipata a poche migliaia di persone.
In due leggi di bilancio Giorgia Meloni, Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini hanno messo paletti, vincoli e tagliato la spesa previdenziale creando un meccanismo che addirittura rafforza il sistema pensato dal governo Monti del 2011.
La bozza della manovra fatta filtrare ieri – dopo che Palazzo Chigi l’aveva approvata il 16 ottobre – abolisce Quota 103 per una Quota 104 che penalizza i lavoratori: restano Ape sociale e Opzione donna ma con requisiti ancor più rigidi. Per i giovani c’è un riscatto dei buchi contributivi che appare oneroso e poi c’è un nuovo taglio delle indicizzazioni per fare cassa.
La seconda fascia, quella per gli assegni tra 4 e 5 volte il minimo, prevede un aumento della rivalutazione dall’85% al 90%; il taglio invece è per i trattamenti superiori a 10 volte il minimo: dal 32 al 22%. In più, riprende a correre la speranza di vita.
Altro che continuare a ripetere – come fa la Lega – che Quota 41 è un obiettivo di legislatura. Andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età – sempre che mai si faccia una legge del genere – non basterà più, tra due anni probabilmente ce ne vorranno 43 per gli uomini e 42 per le donne.
Nel 2024 si potrà anticipare la pensione con Quota 104, che si ottiene sommando 63 anni di età e 41 di contributi. Già quest’anno Quota 103 consentirà l’uscita a poco più di 11 mila lavoratori, per la gran parte uomini. E con Quota 104 la Cgil stima solo 2-3 mila anticipi. La Quota studiata dal Tesoro prevede un bonus per chi resta al lavoro e una penalizzazione per chi invece chiede il pensionamento anticipato.
Il premio è il “bonus Maroni”, una misura introdotta con la legge di bilancio dello scorso anno. In sostanza, se il lavoratore ha i requisiti per accedere a Quota 104, ma resta al lavoro, può chiedere all’Inps il pagamento in busta paga dell’accredito contributivo che ammonta al 9,19%. Con il taglio di 6 e 7 punti del cuneo fiscale (rispettivamente per i redditi fino a 35 e 25 mila euro), però, il bonus si attesta a circa 2 punti, poche decine di euro in più al mese che poi vengono sottratte dall’assegno pensionistico. Chi invece lascia il lavoro subirà una penalizzazione con il ricalcolo dei contributi.
Inoltre vengono allungate le finestre per uscire e chi ha diritto ad andare in pensione dovrà aspettare più tempo: da tre a sei mesi per il settore privato e da sei a nove mesi per il settore pubblico.
Ape e Opzione Donna
Salta il fondo per la flessibilità annunciato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e restano l’Ape sociale e Opzione donna. L’Ape sociale – l’anticipo pensionistico per i disoccupati, per le persone con invalidità del 74%, per i lavoratori impegnati in attività gravose e per quelli che assistono persone con handicap – è confermato fino al 31 dicembre 2024. Potranno accedere allo strumento le persone con almeno 63 anni e cinque mesi. Rispetto allo scorso anno, l’età di uscita aumenta di 5 mesi.
Confermata anche Opzione donna per le lavoratrici che hanno raggiunto 35 anni di contributi, ma cresce di un anno il requisito dell’età, a 61 anni. Requisito che poi è scontato di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due. Permangono i paletti inseriti lo scorso anno per richiedere Opzione donna: bisogna essere disoccupate, caregiver o con una invalidità del 74%. La finestra è di un anno per le dipendenti e di 18 mesi per le autonome.
Stretta sui millenials
In un altro articolo della bozza c’è poi una norma che metterà in difficoltà i giovani che hanno iniziato a lavorare dopo il ‘96. L’importo minimo maturato per poter accedere alla pensione a 64 anni con 20 anni di contributi sale a 1.700 euro al mese, un provvedimento che favorisce solo gli stipendi alti.
Speranza di vita
Ricomincia a correre l’aspettativa di vita legata alle pensioni. La bozza della manovra anticipa a fine 2024 (da fine 2026) la stop al blocco dell’adeguamento. Perciò dal 2025 potrebbero non bastare più 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 per le donne per andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica. Già adesso è probabile che nel 2027 la speranza di vita si attesti a 43 anni di contributi per gli uomini e a 42 per le donne, ma con l’anticipo di due anni previsto dalla manovra, le cose potrebbero cambiare più in fretta.
(da La Stampa)

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I GIOVANI EBREI CONTRO IL RAZZISMO: “BASTA LUTTI E STRAGI, UGUAGLIANZA E LIBERTA’ PER ISRAELIANI E PALESTINESI”

Ottobre 25th, 2023 Riccardo Fucile

CRITICANO LE POLITICHE DI ISRAELE: “PER OGNI CIVILE MORTO C’E’ DIETRO UNA FAMIGLIA CHE SOFFRE E SI RADICALIZZA, CHE SIA ISRAELIANA O PALESTINESE”

Daniel è nato e cresciuto a Roma da una famiglia ebraica, è un antropologo. Bruno ha 28 anni, fa il ricercatore e viene anche lui da Roma, la sua però è una famiglia mista: solo la madre è ebrea. Tali è di Genova, ha 25 anni, e sta ancora studiando. Per definire la sua identità religiosa dice “vengo da una famiglia ebraica, e io stessa sono ebrea”.
Tutti e tre, con altri ragazze e ragazzi, fanno parte di LəA sigla che sta per Laboratorio ebraico antirazzista. Si sono incontrati nel 2020, spinti dall’urgenza di dire qualcosa come ebrei italiani sul piano di annessione della Cisgiordania da parte di Nethanyahu. Urgenza che si ripresenta in modo ancora più impellente e drammatico oggi, con l’escalation in corso a Gaza. Li abbiamo incontrati a Milano. Con loro abbiamo parlato di Palestina e Israele, di antisemitismo e apartheid, ma soprattutto di come fare a spezzare una spirale di violenza e traumi che sembra senza fine.
Confrontandosi hanno scoperto di avere vissuto esperienze simili, in quella che Tali descrive come “una posizione scomoda” perché nelle comunità ebraica c’è “poco spazio per la critica” delle politiche di Israele. Ma dall’altra parte anche la difficoltà di essere ebrei di sinistra, quindi di attraversare ambienti politici trovandosi spesso a disagio “a causa di forme di antisemitismo che consce o inconsce, non sono sufficientemente elaborate”. E sono spesso negate. Da qui la voglia di costruire un punto di vista condiviso, senza rinunciare però a frequentare né la comunità ebraica, né i gruppi della sinistra. “Fanno parte delle nostre vite”.
Oggi di fronte al massacro di civili attuato da Hamas e la punizione collettiva dell’esercito israeliano, è facile perdere la speranza o sentirsi impotenti. Ma la priorità per questi giovani ebrei italiani è “riconoscersi nel dolore dell’altro”, spezzare la catena di lutti, anche se ora sembra impossibile. “Cosa provo? Abbiamo perso amici attivisti da entrambe le parti. – spiega Daniel – Innanzitutto c’è questa profonda sofferenza e il senso di sconfitta, perché non si riesce a capire che per ogni civile morto c’è dietro una famiglia che soffre e che si radicalizza ancora di più. Quindi la pace è più lontana. Aumenterà semplicemente il fanatismo da una parte e si rafforzerà l’estrema destra dall’altra”.
Di fronte all’intensificarsi del conflitto e al rischio che si allarghi ad altri fronti, prima di tutto in Cisgiordania, è Bruno a spiegare quali sono le ragioni per cui sono pronti a mobilitarsi: “Per noi la priorità è anzitutto la fine della punizione collettiva a cui è sottoposta la popolazione civile di Gaza e l’immediato rilascio degli ostaggi. Poi è necessaria la fine dell’apartheid e dell’occupazione a cui sono sottoposti i palestinesi”. E quindi fare pressioni sui governi e le istituzioni internazionali per mettere le parti attorno a un tavolo, imporre delle sanzioni, interrompere la fornitura di armi e gli accordi militari.
Ma il conflitto porta con sé non solo la mobilitazione per la fine dei bombardamenti, ma anche la paura che gli ebrei diventino un obiettivo, per la recrudescenza di sentimenti antisemiti. “Da quando è iniziata la guerra abbiamo visto acuirsi la polarizzazione nel discorso pubblico in Italia e in Europa, alimentata soprattutto dalla retorica dello scontro di civiltà. Una situazione accresce la stigmatizzazione delle comunità ebraiche da un lato, ma anche di quelle islamiche dall’altro”, ragiona Tali. Ci sono stati infatti episodi preoccupanti tanto negli Stati Uniti quanto in Europa, contro entrambe le comunità. Ma attenzione, se l’antisemitismo, come ogni discorso di disumanizzazione dell’avversario, non va sottovalutato, non va neanche strumentalizzato: “Siamo contrari a chi usa l’accusa di antisemitismo per portare avanti campagne politiche di censura di manifestazioni che supportano la causa palestinese. Nel nostro Paese il governo appoggia in modo indiscriminato Israele, ma il governo è composto da forze politiche con un retaggio fascista e antisemita molto forte”.
Daniel, Bruno e Tali, così come gli altri, spiegano con grande chiarezza, che si può essere ebrei senza partecipare alla vita della comunità ebraica, o si può partecipare alla vita comunitaria senza sostenere il governo d’Israele.
Daniel sostiene che le comunità ebraiche in Italia siano variegate e eterogenee al loro interno, “così come lo è il nostro gruppo e la nostra partecipazione all’interno delle comunità. Le persone delle comunità ebraiche italiane fanno parte della società civile italiana e quindi rispecchiano in piccolo il dibattito pubblico del nostro Paese. Nel nostro Paese c’è stata una virata verso destra e questa cosa si è riflessa anche nelle comunità” e,.
Ebraismo, istituzioni comunitarie e stato di Israele sono tre insiemi distinti, anche se “tra la diaspora e lo Stato di Israele, è innegabile che ci sia un rapporto. Il legame è dovuto anche solo a parentele o amicizie, nonché al valore simbolico che può rappresentare per alcune persone. Quindi a volte diventa complicato criticare le politiche del governo israeliano, anche perché spesso c’è una relazione acritica tra comunità e governo di Israele”. È un disagio che si può vivere tanto nelle istituzioni comunitarie, quanto a livello di socialità, familiare e di amicizia.
“Spesso noi ebrei veniamo interpellati da persone comuni su Israele come se fossimo i responsabili di ciò che avviene lì. Allo stesso tempo, il governo di Israele pretende di parlare a nome di tutti gli ebrei. – spiega Bruno – Noi prendiamo la parola in quanto ebrei, pur non sentendoci responsabili di quello che fa il governo israeliano, ma abbiamo dei legami con Israele. Abbiamo dei legami con gli attivisti in Israele,in Cisgiordania e a Gaza”. E per il futuro? Se, finita l’occupazione, parlare di un solo stato multiconfessionale e multietnico sembra lontanissimo, intanto oggi la priorità è affermare “una condizione di giustizia, eguaglianza e di libertà per israeliani e palestinesi. Serve il riconoscimento dell’altro affinché possa esserci una coesistenza sullo stesso territorio”. Ma ogni giorno di guerra tutto questo si allontana di un altro passo.
(da Fanpage)

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AFFITTI BREVI, SIGARETTE, SUPERBONUS: LE TASSE NASCOSTE NELLA LEGGE DI BILANCIO

Ottobre 25th, 2023 Riccardo Fucile

CRESCE LA CEDOLARE SECCA PER AIRBNB, INCREMENTI ANCHE PER LE CASE ALL’ESTERO

In totale fa circa un miliardo. Le misure in entrata previste dalla Legge di Bilancio 2024 del governo Meloni cubano per quella cifra su una manovra che ammonta complessivamente a 24 miliardi.
Alcune sono nuove tasse. Altre, come il ritorno dell’Iva al 10% per pannolini, alimenti per bambini e assorbenti. sono indirette e legate al consumo.
Ma finiscono per stonare in una manovra che vara la decontribuzione per le madri (ma solo dal secondo figlio in poi).
In più secondo la Finanziaria il rinvio di sugar e plastic tax è valido solo fino a giugno. E questo significa che da luglio dovranno arrivare gli introiti dei nuovi balzelli dalle aziende. Che si rivarranno sul consumatore alzando i prezzi. Ovvero la stessa cosa che faranno i produttori di prodotti per l’infanzia.
Airbnb e case all’estero
Il Sole 24 Ore illustra oggi la nuova tassa per Airbnb. Il governo alza la cedolare secca al 26% per disincentivare gli affitti brevi rispetto a quelli tradizionali. Che restano al 10% per il canone concordato e al 2% per quello di mercato. Anche se i proprietari immobiliari avvertono: l’unico effetto dell’aumento delle aliquote sarà la crescita del sommerso. Ma il quotidiano spiega che la bozza della legge di bilancio nasconde un incremento fiscale per un altro gruppo di case. L’articolo 23, intitolato alle «Misure di contrasto all’evasione e razionalizzazione delle procedure di compensazione dei crediti e di pignoramento dei rapporti finanziari», alla lettera a) del comma 4 spiega che all’articolo 19, comma 15, primo periodo del decreto Salva-Italia di Monti (Dl 201/2011) «le parole: «0,76 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «1,06 per cento».
Il Superbonus 110%
Quelle parole indicano l’aliquota dell’Ivie, l’Imu per gli immobili posseduti all’estero, che quindi passa dal livello standard del 7,6 per mille a quello massimo del 10,6 per mille. Con una crescita del 40% in un solo colpo. Poi c’è il Superbonus 110%. La bozza di manovra porta dall’8 all’11% la ritenuta sul bonifico parlante. E chi ha usufruito del 110% si vedrà invitato alla verifica sull’ipotesi di riclassamento dell’immobile per aggiornare i valori fiscali alla luce delle migliorie portate dalle ristrutturazioni pagate dallo Stato. Mentre nelle compravendite effettuate entro i cinque anni dagli interventi super-agevolati scatterà la tassazione delle plusvalenze (ma non sull’abitazione principale)
Tabacchi, assorbenti, pannolini
Poi ci sono i tabacchi. L’aumento delle tasse sul comparto è un classico delle manovre. Qui si calcola un incremento pari a 10-12 centesimi su sigarette tradizionali, elettroniche o a tabacco riscaldato. Oltre al trinciato in busta. Cade poi l’Iva agevolata sui prodotti per igiene femminile e prima infanzia. Perché, come spiegato dalla premier, lo sconto era stato in genere inglobato dagli aumenti di prezzo. I consumatori che non si sono accorti del beneficio vedranno però l’Iva salire dal 5% al 10%. E difficilmente sarà assorbita in modo integrale dalle aziende. Qualche incremento fiscale si annida poi nelle conferme a metà, come l’agevolazione per i fringe benefit. Che subisce la discesa da 3mila a mille euro (2mila per chi ha figli) del valore esentasse.
(da Il Sole24ore)

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GIORGIA, ANDREA E I LORO SETTE PECCATI

Ottobre 25th, 2023 Riccardo Fucile

FUORIONDA, PARENTI SENZA MERITO NEI POSTI DI COMANDO, ATTEGGIAMENTI SESSISTI, SEPARAZIONE VIA SOCIAL CON FOTO DELLA FIGLIA: COSA NON TORNA NELLA NARRAZIONE DELLA MELONI

Sapevamo che il signor Giambruno ci avrebbe dato soddisfazioni, col suo outfit da agente Tecnocasa all’ora dell’apericena a Ibiza e le sue opinioni da uomo di destra che si sente addosso tutto il potere di un pass aziendale, ma speravamo durasse di più (ora non ci resta che Lollobrigida). Tuttavia alcuni punti dell’affaire Meloni-Giambruno meritano un approfondimento.
Primo: i fuorionda di Striscia erodono il mito del “merito”, caposaldo del governo di destra neoliberista che doveva privilegiare i capaci a scapito dei raccomandati di sinistra, non fossero bastate a sgretolarlo le uscite dei ministri incontinenti e incompetenti del governo Meloni: che merito aveva, uno come Giambruno, di ottenere la conduzione di un programma di politica e attualità (non di discoteche e balli latino-americani) oltre a quello di vivere more uxorio con la capa del governo? Semmai, è la prova che anche individui di levatura media/dozzinale possono ascendere ai piani alti dell’industria culturale, il che sarebbe un bel salto democratico, se riguardasse anche i non-parenti della Meloni.
Secondo: molti hanno elogiato le colleghe che di fronte alle profferte sessuali di Giambruno avrebbero “elegantemente soprasseduto”. Anni a dire che le donne non devono subire atteggiamenti sessisti, specie da parte di un superiore, ma reagire rimettendo l’impudente al suo posto, e poi queste donne hanno fatto bene a subire le volgarità di un capo che sembra la parodia da cinepanettone del maschio alfa? Siamo sicuri che hanno taciuto per decoro e non per paura di perdere il lavoro, giacché lui era oltremisura potente, ancorché per osmosi?
Terzo: Meloni è stata elogiata per aver mostrato di avere più “palle” di lui scrivendo il post con cui l’ha mollato, al pari di qualsiasi influencer che metta a parte i fan sulle sue vicende sentimentali. Non sarebbe stato più decoroso risolvere le sue cose privatamente e lasciare che la notizia facesse il suo corso? Ora dobbiamo sorbirci il monito dell’autorevole Arianna Meloni che accusa di “gossip” i giornalisti, come se non fosse stata sua sorella a rendere pubblica la separazione e a collegare i fuorionda a complotti malevoli contro le istituzioni che lei rappresenta. Piuttosto, ci sembra, Meloni ha temuto che vacillasse la sua immagine di donna tetragona, intelligente, scaltra, sveglia (evidentemente a casa Giambruno era Lord Brummel: non faceva avances alla Renzo Montagnani, non si palpava i testicoli come un babbuino in calore e lei non aveva sospetti sulla sua vera natura, anzi: ne faceva l’elogio nel suo best seller dipingendolo come un gentleman introverso, taciturno e discreto, oltre che “bello come il sole”: mah).
Quarto: quando Meloni minaccia: “Non guardo in faccia a nessuno”, e via Donzelli ribadisce: il governo “non avrà un occhio di riguardo per nessuno”, è chiaro che ce l’ha con Mediaset, sottintendendo che l’azienda degli eredi Berlusconi si vendica in modo bieco quando il governo prende misure che non gradisce (come la tassa sugli extraprofitti delle banche, infatti in parte ritrattata). Dunque ammette implicitamente di essere ricattabile, se non proprio di aver fatto finora favori a Mediaset. Evoca il complotto: “Tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa…”. Ma santa ragazza, se tu metti a capo della segreteria del tuo partito tua sorella, fai ministro tuo cognato, lasci che Mediaset regali un programma al tuo compagno, è matematico che chi ti vuole colpire ti colpisca “in casa”. O i parenti (miracolati) smettono di essere tali nel preciso momento in cui fanno o dicono qualche stronzata?
Improbabile, peraltro, che Marina Berlusconi abbia detto a Giambruno di comportarsi come se avesse 17 anni e fosse al bar del Twiga in piena tempesta ormonale per poi sputtanarlo. Quel comportamento è esattamente figlio della diciamo cultura di governo, che impone pure di chiudere un occhio quando un maschio si comporta così: sarà un po’ esuberante, ma almeno non è anormale, come da vangelo-best seller del gen. Vannacci, il D’Annunzio che si possono permettere. Ma se Meloni ha il sospetto che a Mediaset si conservino dossier per indebolirla (questi da giugno, addirittura), perché non ha detto anche ai fratelli Berlusconi di non azzardarsi a ricattarla? Ah già, non poteva: le avevano assunto il fidanzato.
Quinto: Meloni è giornalista; dovrebbe conoscere la carta di Treviso, la quale stabilisce che, pur in presenza di un fatto la cui importanza è tale da generare una notizia, non sussiste mai l’interesse pubblico alla identificazione di un minore. Visto che non l’ha fermata l’amore materno, poteva far prevalere la deontologia e astenersi dal pubblicare il volto della sua bambina. O la foto le è servita a pulire la propria immagine e a cercare solidarietà per mezzo dell’innocenza della figlia, i cui genitori si sono separati come nello spot della Esselunga, inopinatamente elogiato da Meloni stessa perché a casa degli altri i genitori devono rimanere uniti a ogni costo?
Sesto: editorialisti maschi e femmine sono impazziti, tutti a dare “solidarietà al (sic) premier” perché il compagno l’ha messa in imbarazzo. E cosa diavolo ce ne dovrebbe importare, a noi, e perché mai dovremmo solidarizzare con lei? Forse dobbiamo ringraziarla perché questo soggetto non è stato assunto in Rai coi soldi nostri? Forse Giambruno è una spia dell’opposizione (ad avercene una), un emissario della sinistra radical chic? Si è detto che il suo post è “femminista”, come se fosse la prima donna che molla un uomo via social perché fa il mollicone con le altre, circostanza che peraltro non doveva esserle estranea, visto che era sulle bocche di tutti.
Da ultimo: “Sono umana anch’io, devo fermarmi”, ha detto Meloni assentandosi dalla convention di FdI, spremendo altre lacrime dagli occhi degli editorialisti, inflessibili invece davanti alle famiglie distrutte dalla cancellazione del Rdc. E se faceva la cardiochirurga, disertava la sala operatoria? E non è, questa, la prova che non basta farsi chiamare (mediante circolare) “il presidente” se poi ci si aggrappa al cliché della fragilità femminile appena ci si rende conto che passare da vittima fa guadagnare simpatie e consensi? E quanto può tirarla per le lunghe con questa storia? Ve la immaginate la Merkel disertare appuntamenti ufficiali perché ha bisticciato col marito? E perché i suoi maggiordomi dicono che ha deciso all’ultimo minuto per sopraggiunta emotività, se il video l’ha registrato il giorno prima? A nostro avviso, una donna dotata dell’abbiccì morale avrebbe già dovuto lasciare Giambruno quando, in televisione, ha redarguito le ragazze stuprate perché si ubriacano e poi “il lupo lo trovano”, invece di redarguire i maschi che non sanno tenere a bada il testosterone, ma del resto Meloni è quella che in campagna elettorale pubblicò su Twitter il video di uno stupro perché il presunto autore era un africano. (Comunque noi l’avevamo messa in guardia: di uno che dice “determinate problematiche” e indossa pantaloni così stretti non ci si può fidare).
(da Il Fatto Quotidiano)

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SCARICHI ILLECITI IN MARE: IN ITALIA I TRASGRESSORI SE LA CAVANO CON 150 EURO

Ottobre 25th, 2023 Riccardo Fucile

BASTA DERUBRICARE IL DELITTO DI INQUINAMENTO AMBIENTALE A “GETTO PERICOLOSO DI COSE”

In Italia chi inquina il mare con scarichi non adeguatamente trattati può cavarsela semplicemente pagando un’esigua multa di 150 euro.
A stabilirlo, è stata una recente pronuncia con cui la Cassazione si è espressa sul rilascio illecito di reflui nell’Adriatico.
A Termoli, in Molise, diverse inchieste della magistratura hanno da tempo registrato l’immissione vicino costa di scarichi non depurati con “un carico contaminante costituito da un’elevata quantità di Escherichia coli, microrganismo di natura batterica proveniente dalle reti fognarie civili pericoloso per la salute umana”.
L’impianto, secondo quanto attestato dalla Suprema Corte, veniva infatti reso funzionante solo quando l’agenzia molisana per il monitoraggio ambientale effettuava i campionamenti.
Per il tempo restante i reflui venivano invece immessi direttamente in mare senza depurazione.
Nonostante la gravità dei fatti, i responsabili rimarranno impuniti: prima era stato loro contestato il delitto di inquinamento ambientale – che prevede la reclusione da 2 a 6 anni e una multa da 10mila a 100mila euro –, ma è stato ridimensionato ad una contravvenzione per “getto pericoloso di cose” che, sulla base dell’art. 674, viene punita con una sanzione fino a 206 euro.
Ed ecco la ridicola condanna a 150 euro di ammenda. La quale, fra l’altro, non verrà nemmeno pagata: il reato, infatti, è prescritto a causa del decorso del tempo.
Le condotte contestate alle due persone finite sotto la lente della magistratura, il responsabile tecnico del depuratore e il responsabile dei lavori pubblici del Comune di Termoli, si sono specificamente verificate tra il 2015 e il 2018, quando il depuratore delle acque del Comune di Termoli ebbe importanti problematiche di funzionamento, per cui vennero più volte scaricati direttamente in mare reflui fognari, non depurati e maleodoranti.
Per esempio, riporta la sentenza, “il 12 settembre 2015, veniva riscontrata la presenza di una chiazza di colore marrone scuro emergente dal fondale marino, in prossimità della scogliera e nella parte posteriore del muro frangi flutti del porto; tale evenienza era dipesa dalla rottura della condotta del depuratore, in quanto i reflui dovevano essere rilasciati depurati alla distanza di circa due chilometri dalla costa, mentre nel caso di specie veniva rilevata una macchia fungiforme maleodorante a poca distanza anche dalla battigia frequentata dai bagnanti”.
Inizialmente i pm li avevano accusati del delitto di inquinamento ambientale, ma il gip lo aveva escluso, in quanto non era stato provato con certezza un “deterioramento significativo e misurabile” del mare.
I due furono comunque rinviati a giudizio per avere rispettivamente provocato e non impedito lo “sversamento in mare di reflui fognari e liquami maleodoranti atti a offendere e a molestare le persone”. Nel 2021, sono stati condannati dal Tribunale collegiale di Larino. Fino ad arrivare, dopo il ricorso, alla recente decisione della Cassazione.
Nonostante l’esiguità della pena irrogata ai soggetti alla sbarra, la Cassazione ha sfruttato l’occasione per ribadire un principio importante, ovvero che dell’inquinamento non risponde soltanto chi lo ha direttamente provocato – nel caso specifico, la società che gestiva l’impianto di depurazione – ma anche il funzionario comunale che aveva in capo l’obbligo di “assicurare il corretto funzionamento e la necessaria manutenzione dell’impianto di depurazione, nonché di realizzare i lavori e le opere necessarie per consentire il corretto trattamento depurativo di tutti i reflui ivi convogliati prima dell’immissione nel Mar Adriatico”.
Un concetto che assume piena validità “ogniqualvolta il pericolo concreto per la pubblica incolumità derivi anche dalla omissione, dolosa o colposa, del soggetto che aveva l’obbligo giuridico di evitarlo”.
(da lindipendente.online)

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QUESTI SAREBBERO I “CIVILI”: COLONI E SOLDATI ISRAELIANI HANNO TORTURATO, PICCHIATO E URINATO SU TRE PALESTINESI INERMI

Ottobre 25th, 2023 Riccardo Fucile

IL QUOTIDIANO EBRAICO HAARETZ DENUNCIA L’INCURSIONE DI SOLDATI E COLONI EBREI IN UN VILLAGGIO PALESTINESE: TRE UOMINI TORTURATI PER ORE

La rappresaglia di Israele dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre non si è “limitata” alla Striscia di Gaza, pesantemente bombardata da oltre due settimane.
Soldati e coloni israeliani hanno infatti preso di mira anche i palestinesi residenti in Cisgiordania, commettendo omicidi, torture e umiliazioni a persone inermi.
A renderlo noto Haaretz, uno dei più autorevoli quotidiani dello stato ebraico, che ha raccontato un episodio avvenuto lo scorso 12 ottobre, quando alcuni palestinesi sono stati picchiati, spogliati, sodomizzati e torturati. L’IDF ha dichiarato che la polizia militare ha aperto un’indagine sulla vicenda
I fatti sono avvenuti nel piccolo villaggio palestinese di Wadi al-Seeq, non distante da Ramallah e già nei mesi scorsi preso di mira da numerose incursioni violente dei coloni israeliani armati.
Giovedì 12 ottobre i pochi residenti rimasti, quasi tutti pastori, si stavano preparando ad andarsene aiutati dall’Ong israeliana B’Tselem.
Due palestinesi hanno raccontato ad Haaretz che mentre salivano in auto per tornare a Ramallah, sono arrivati ​​un paio di pick-up con a bordo decine di persone, tutti israeliani in uniforme dell’IDF, alcuni con il volto coperto.
I due palestinesi, insieme ad un altro, sono quindi stati fermati, scaraventati a terra e minacciati con le armi da coloni provenienti da un vicino insediamento illegale israeliano. Sono quindi stati condotti in un edificio abbandonato e bendati.
Uno degli aggressori ha strappato loro i vestiti con un coltello e ordinato di sdraiarsi a pancia in giù indossando solo la biancheria intima. Poi i prigionieri sono stati picchiati con un tubo di ferro e sul corpo di uno di loro sono state spente diverse sigarette.
Come se non bastasse i coloni israeliani hanno urinato loro addosso, cercando anche di sodomizzarli prima di desistere.
Gli abusi sono stati accompagnate da esplicite minacce di morte e avvertimenti di abbandonare quanto prima il loro villaggio e i loro capi di bestiame.
I tre prigionieri sono stati rilasciati solo otto ore più tardi. Sul caso è stata aperta un’inchiesta, ma al momento la polizia israeliana si è rifiutata di commentare quanto accaduto.
(da Fanpage)

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MANOVRA, ADDIO ALLE GRANDI PROMESSE: CI SONO SOLO TASSE E AUMENTI

Ottobre 25th, 2023 Riccardo Fucile

RINCARI PER SIGARETTE, PANNOLINI E ASSORBENTI, AUMENTANO LE IMPOSTE PER I TURISTI NELL’ANNO DEL GIUBILEO

Più tasse per tutti. Lo slogan berlusconiano, vessillo del centrodestra per decenni, viene capovolto alla prova di governo. Dalle sigarette ai prodotti per l’infanzia, la prima vera manovra economica, firmata da Giorgia Meloni, aumenterà la tassazione, colpendo in primis donne e clima. Metterà «le mani in tasca agli italiani», come ha spesso ripetuto il centrodestra, usando questa formula come una clava contro gli avversari.
DONNA CONTRO DONNE
I tempi sono cambiati, il populismo delle promesse ha ceduto il passo alla presa d’atto di una realtà complicata: il taglio alle tasse non c’è, ci sono i rincari a raffica. La bozza della legge di Bilancio è un tentativo disperato di reperire risorse un po’ dappertutto. Il ricorso al deficit non era sufficiente a coprire i 24 miliardi della finanziaria.
Così per fare un po’ di cassa scatterà il solito aumento dei prezzi delle sigarette. Secondo le stime i rincari dei pacchetti sono compresi tra 10 e 12 centesimi, mentre il tabacco trinciato andrà verso un incremento di 30 centesimi a busta. L’ondata di aumenti non risparmia nemmeno le e-cig, le sigarette elettroniche, a lungo difese dal leader della Lega, Matteo Salvini, per la vicinanza al settore.
Questa volta ha dovuto accettare gli aumenti, seppur diluiti nel tempo, subendo un rialzo dei costi effettivi a partire dal 2025. Resta da vedere se i parlamentari leghisti accetteranno davvero il diktat di non presentare emendamenti di fronte a una misura che colpisce una loro bandiera elettorale. Tra i bersagli del governo finiscono anche i prodotti per l’infanzia, su tutti il latte in polvere e a cascata gli alimenti per neonati, i pannolini, oltre agli assorbenti.
L’Iva raddoppierà, tornando al 10 per cento, dopo l’abbassamento al 5 per cento stabilito appena un anno fa. Un cortocircuito per un governo che sostiene di voler favorire la natalità e sostenere le famiglie, peraltro guidato da una premier donna che penalizza altre donne. Ma il «partito delle tasse» – come lo ha definito il leader di Italia viva, Matteo Renzi – ha previsto altri interventi, indebolendo i bilanci delle famiglie. Nella sequenza di aumenti c’è pure quello sugli affitti brevi (quelli non superiori a 30 giorni) con la cedolare secca che salirà dal 21 al 26 per cento. Rai, la Lega ottiene il taglio del canone ma il governo dovrà trovare i soldi altrove.
CONTRO L’AMBIENTE
Tra i movimenti della manovra spicca poi il finanziamento del Fondo italiano per la cooperazione orizzontale per l’Africa, titolo che è sostanzialmente la base del tanto agognato piano Mattei, di cui ancora non si conosce il contenuto.
Il budget stanziato è in totale di 600 milioni di euro, 200 milioni di euro all’anno dal 2024 al 2026. A pagare il conto è però il fondo per il clima, istituito dalla legge di bilancio del governo Draghi per favorire gli investimenti sulle politiche ambientali. Una misura lungimirante, azzerata per piazzare qualche spicciolo sulle politiche per la cooperazione, in ottica tutta meloniana.
Mini-stangata poi è in arrivo per chi alloggerà nei comuni capoluogo nell’anno del Giubileo, in programma nel 2025. Le amministrazioni possono decidere di portare a 2 euro a notte la tassa di soggiorno per chi alloggerà nelle strutture ricettive. Anche laddove il governo sostiene di aver fatto detto taglio alle imposte, c’è un effetto-boomerang per i cittadini: la riduzione del canone Rai da 90 a 70 euro è stato confermato. Ma le casse pubbliche gireranno al servizio pubblico «un contributo pari a 430 milioni di euro per l’anno 2024». Una partita di giro.
MANOVRA SICILIANA
La segretaria del Pd, Elly Schlein, ha voluto rilanciare la battaglia su un intervento contenuto nel decreto fiscale collegato alla manovra, sul rientro dei cervelli: «Il governo si fermi sulla misura sui rientri agevolati, perché ha aiutato molti lavoratori che si sono trasferiti all’estero a poter rientrare». «In alcuni territori – ha sottolineato la leader dem – c’è un 40 per cento in meno», rispetto a quanto previsto finora.
Non mancano situazioni al limite del grottesco: mentre i cittadini fanno i conti con una giungla di balzelli, la regione Sicilia di Renato Schifani, dirigente di spicco di Forza Italia, beneficia di un maxi contributo per appianare il debito accumulato in sanità. Rispetto a quanto già anticipato da Domani, ai 350 milioni di euro messi sul piatto per il 2024, si aggiungono le dotazioni per gli anni successivi per un totale di oltre 3 miliardi di euro.
Altro cortocircuito è quello sul finanziamento della Zes unica del Mezzogiorno, che però contenuta nel decreto Sud in esame in commissione bilancio alla Camera. Nel provvedimento viene cancellato il comma che regola il meccanismo della stessa zes. «Ci state prendendo in giro e state svilendo il ruolo della commissione e di noi parlamentari? Stiamo infatti per votare un articolo che verrà abrogato e quindi superato dalla legge di bilancio», ha protestato il deputato del Pd, Marco Sarracino.
Nella legge di Bilancio per il prossimo anno sono stati confermati, comunque, i punti principali annunciati già in conferenza stampa da Meloni. Quindi è stato rifinanziato il taglio al cuneo fiscale, seppure per un solo anno, e confermata quota 104 per le pensioni. C’è il rinnovo del contratto agli statali e l’investimento di 3 miliardi di euro sulla sanità.
Il testo ufficiale è atteso entro la settimana in parlamento, al Senato dove ci sarà la prima lettura, un po’ più in là rispetto alla scadenza fissata inizialmente il 20 ottobre. L’obiettivo, confermano dal governo, è di arrivare all’approvazione entro la metà di dicembre. Di mezzo, però, c’è il passaggio parlamentare: bisogna capire se davvero sarà accettato l’ordine dato dal centrodestra di non toccare il provvedimento. Da prendere così, pieno di aumenti delle tasse.
(da Il Fatto Quotidiano)

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STRISCIA CON REPORT, IN RAI TEMONO ASSE RICCI-RANUCCI: IL GIALLO LOLLOBRIGIDA

Ottobre 25th, 2023 Riccardo Fucile

CI SAREBBE UN PONTE TRA I DUE

Striscia con Ranucci. La notizia viene dalla Rai. “Sigfrido Ranucci si sente con Antonio Ricci di Mediaset”. Paranoie. “Ve lo assicuriamo. Si telefonano, non è escluso che si scambiano documenti. Sigfrido potrebbe avere delle fotografie del ministro Lollobrigida”.
Ranucci garantisce di “no”. “E ci credete? Ranucci è capace di dimostrare che il Papa ruba dalla cassetta delle offerte”.
L’ufficio stragi di FdI, l’ala “maniere forti” del partito, chiede di “chiudere Report”. Giorgia Meloni ce l’ha con la Rai. Se lo virgolettiamo ci spedisce a Orio al Serio, con Giambruno (ha lasciato ieri la conduzione) ma il senso è questo: capisco che non si possa sospendere ma togliete almeno le merendine a Sigfrido! Ranucci e Ricci: il Mes, rispetto a questi due, è borotalco.
Questo è il Ponte di Ranucci, come quello delle Spie di Spielberg. Telefonata. Ore 9,33. Chi parla? “E’ saltata la copertura della vostra talpa Rai”. E lei chi sarebbe? “Er mutanda”. E noi dovremmo credere a “Er mutanda”? “Il mio nome in codice è agente Paolo Corsino, detto Er mutanda”. Ma Paolo Corsini è il direttore dell’Approfondimento Rai, l’uomo che dovrebbe supervisionare i nastri di Ranucci! “Appunto. Uno famoso per la sua mutanda da rugby. Un patriota di Meloni. Il nome non è scelto a caso. Er mutanda ci sta smutandando. Ne va dell’onore della destra. Sigfrido gli vieta pure di utilizzare il gabinetto di Report”.
Er mutanda Rai racconta che ci sarebbe una pressione fortissima per “sospendere il programma di Ranucci”, ma che l’ad Rai, Roberto Sergio, il generale Patton, come Sergio Mattarella, padre del pluralismo, è verticale. Non rinuncia a Sigfrido. Il generale non smutanda ma raccomanda: “Fai quel che devi, accada quel che può”. Sergio è Premio Kant 2023.
Ricapitoliamo. Come anticipato dal Foglio, il Ranucci, da settimane, scatena l’inviato Mottola, il suo Peppe, Bepin D’Avanzo, l’inviatone di Report che raccoglie, raccoglie, gira, gira, sempre sudato come un manovale che impasta la calcina. Ma, caro Er mutanda, in pratica Report cosa sta cercando? “Allora, da quanto ci risulta, Sigfrido dice che si stanno occupando di finanziamenti ai partiti. Ma l’intelligence ci garantisce che il Ranucci dissimula”. Ma le foto di Lollobrigida ci sono o no? “E chi può dirlo. I maschi di casa Meloni stanno organizzando un viaggio a Fatima”. Giambruno è rimasto senza casa tanto che il direttore dell’informazione Mediaset, Mauro Crippa, si sta muovendo a pietà. Gli ha promesso che lo farà dormire nel garage di Nicola Porro. E’ una suite. La premier, e siamo seri, avrebbe confidato ai soldati di FdI che se ci fosse stato Silvio in vita, tutto questo non sarebbe accaduto.
Ovvero: Pier Silvio Berlusconi, ma che padrone sei? L’altro grande dispiacere della premier sarebbe Fidel Confalonieri che non l’avrebbe protetta a sufficienza. A Roma, sapete dove Fidel ha lo studio? A Largo del Nazareno, nello stesso Palazzo di Gianni Letta, che è pure amico di Luigi Bisignani. Giorgia Meloni quando legge i loro nomi in fila butta il sale da cucina. Manco finisce di gettarlo legge che Ranucci lavora in Rai contro il governo. Meloni che giustamente, almeno in casa, in Rai, vorrebbe stare in pantofole, e guardarsi il Tg1 di Chiocci, messaggia a raffica con Giampaolo Rossi, il Profeta, il dg Rai, che maledice il giorno in cui ha accettato l’incarico. Il Profeta è avvilito. Il Mef di Giancarlo Giorgetti prima ha scollegato il canone Rai dalla bolletta, poi ha tagliato venti milioni di euro. In Rai, ogni mattina c’è uno sciopero delle firme come l’Atac. Ultimo quello di Rai News. Solo per dire: sempre ieri, un giornalista di Rai News ha tagliuzzato un video della rassegna stampa e lo ha spedito ai quotidiani del gruppo Jedi. Lavorano in Rai ma collaborano con Repubblica. Lo scopo? Dimostrare che la Rassegna stampa di Rai News la guarda solo Mollicone di FdI. Poche settimane fa, quel campione di Paolo Petrecca, direttore Rai News, aveva lasciato intervistare Bisignani. Credeva di stare a La7. L’intervista, ovviamente, non è mai andata in onda.
La Rai è ormai una comunità di hippie. Er mutanda: “La domanda è un’altra. La Rai vuole intervenire su Ranucci? Report è la sola trasmissione che ha la manleva. Se perde le cause legali paga sempre la Rai”. Ma la Rai, come detto, non ha tanta voglia di maltrattare Sigfrido. Prima ragione: “Sigfrido salta come un canguro da quando lo hanno spostato alla domenica. Deve dimostrare che fa più ascolti di Fabio Fazio”. Seconda ragione: “Non ci sembra che il governo ci abbia tanto rispettato ultimamente. C’è un’operazione contro la Rai”. Er mutanda dice che basta guardare i giornali di destra, a partire da Libero, per capire che Ranucci è il vendicator. “Un giorno sì e l’altro no, ci attaccano. Il direttore Mario Sechi, che scrive contro la Rai, non ricorda che il fondo dell’editoria viene pagato con il denaro della Rai”. Al momento sapete in Rai cosa hanno detto a Ranucci? “Responsabilità, Sigfrido. Responsabilità”. E qui si torna al denaro. La Rai ha paura che il governo continui a tagliare risorse e non esclude di praticare super sconti per attrarre pubblicità. E’ il vero spauracchio di Mediaset che adesso comincia a prenderci gusto: “Siamo davvero così potenti?”. La Rai, per rispondere al governo, che non tratta bene la Rai, ha Ranucci a cui “non si può certo spiegare come fare le inchieste”. Mediaset ha dunque Ricci, la Rai ha Ranucci. Di nascosto si parlano. Fabrizio Corona triangola con Rai e Mediaset. Meloni fa post che vanno decifrati come a Delfi. Se le agenzie di rating ci valutassero dal grado dei nostri (presunti) complotti saremmo già junk, spazzatura. Oggi a Umberto Eco non resterebbe che scrivere “In nome di Giambruno”.
(da il Foglio)

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LAZIO. LA MANOVRA DI ROCCA AZZERA GLI AUMENTI IN BUSTA PAGA DECISI DAL GOVERNO

Ottobre 25th, 2023 Riccardo Fucile

LA GIUNTA REGIONALE NON E’ RIUSCITA A RIFINANZIARE IL TAGLIO DELL’ADDIZIONALE IRPEF

C’è una regione italiana dove gli sforzi del governo Meloni per rimpinguare le buste paga attraverso un leggero taglio dell’Irpef potrebbero non sentirsi affatto. Si tratta del Lazio, dove la giunta di centrodestra a guida Francesco Rocca ha appena approvato una manovra regionale dall’effetto esattamente opposto a quello annunciato dall’esecutivo.
Lo scorso anno, l’amministrazione di Nicola Zingaretti aveva approvato uno sconto sull’addizionale Irpef dal 3,33% all’1,73% per i redditi tra 15mila e 35mila euro. Ora Rocca non ha trovato i 300 milioni necessari per rifinanziare la misura. E il risultato è che gli effetti degli sconti sulle tasse approvati dal governo Meloni rischiano di essere quasi completamente annullati. Anzi, chi dichiara più di 32mila euro vedrà il proprio stipendio diminuire anziché aumentare.
Due milioni
Complessivamente, scrive oggi il Fatto Quotidiano, il mancato rinnovo del taglio Irpef riguarderà circa 2 milioni di cittadini laziali. Chi guadagna 35mila euro all’anno avrà un aumento di imposta regionale di 320 euro annui. E considerando che la manovra del governo garantisce uno sconto Irpef di 260 euro, il risultato è che lo stipendio si abbasserà di circa 5 euro al mese. Ma una situazione simile si verifica anche per i redditi più bassi. Chi dichiara 18mila euro annui, per esempio, avrebbe guadagnato circa 4,25 euro in più al mese grazie alle misure del governo. Con l’aumento dell’addizionale Irpef regionale, però, questo guadagno si riduce ad appena 25 centesimi al mese. Ed è anche per questo che la Cgil regionale si è rifiutata di firmare l’accordo preparato in Regione. «Non avalliamo scelte socialmente ingiuste e non progressive, che renderanno i cittadini del Lazio i più tassati d’Italia», ha commentato il segretario regionale Natale Di Cola.
(da agenzie)

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