Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile
FDI 28,4%, PD 23,5%, M5S 10,5%, FORZA ITALIA 9,7%. LEGA 8,2%, VERDI-SINISTRA 6.8%, AZIONE 3,7%. ITALIA VIVA 3,1%, + EUROPA 2,4%
Settembre è stato un mese di alti e bassi per il centrodestra, finora: se Forza Italia e Legacrescono – ma sono ormai a un punto e mezzo di distanza l’uno dall’altro, con il Carroccio rimasto indietro – per Fratelli d’Italia c’è un lieve calo. Questo permette al Pd, con una crescita leggera, di ridurre il distacco. Chi invece ha avuto un risultato decisamente negativo è il Movimento 5 stelle, in forte perdita. Vanno bene invece i partiti di centro, soprattutto Italia viva. Sono alcuni dei risultati del nuovo sondaggio politico realizzato da Youtrend per Sky Tg24.
Fratelli d’Italia è al 28,4% e cala dello 0,2%. Considerando che il confronto è con il 2 settembre, si tratta comunque di una discesa molto contenuta. FdI resta ampiamente la prima forza politica in Italia per consensi, e al momento non sembra che Giorgia Meloni debba preoccuparsi più di tanto per la concorrenza del suo partito.
Tuttavia, il Partito democratico sale al 23,5% guadagnando a sua volta uno 0,2%. La distanza si riduce così a poco meno di cinque punti: è ancora una distanza molto ampia, che certamente i dem di Elly Schlein non possono sperare di colmare a breve. Ma è comunque tra i distacchi più ridotti registrati negli ultimi mesi.
Va male il Movimento 5 stelle: è al 10,5%, con un calo dello 0,6% registrato nelle ultime tre settimane. Perdendo oltre mezzo punto il M5s torna vicino alla soglia del 10%, ovvero il deludente risultato ottenuto alle ultime elezioni europee. È possibile che ad allontanare l’elettorato sia stato anche lo scontro tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, che nonostante le rassicurazioni dei componenti del Movimento ha segnato il periodo di avvicinamento all’Assemblea costituente che dovrebbe dare nuova energia al M5s.
Come detto, invece, vanno bene gli altri partiti del centrodestra. Soprattutto Forza Italia, che cresce fino al 9,7% guadagnando mezzo punto. In questo modo, gli azzurri di Antonio Tajani consolidano la loro posizione come secondo partito della coalizione di maggioranza, e si portano a meno di un punto di distanza dal Movimento 5 stelle: stando ai risultati dei sondaggi, ora immaginare un sorpasso nei prossimi mesi non è impossibile.
Va bene anche la Lega, che però con l’8,2% (+0,3%) è ormai decisamente relegata al terzo posto nel centrodestra. Il Carroccio di Salvini (impegnato con il processo Open Arms) aumenta i consensi, ma non tanto quanto FI, e così ora si trova a un punto e mezzo di distanza. Ben più di quanto registrato alle europee di giugno, quando la candidatura di Roberto Vannacci aveva portato parecchie preferenze e ridotto il distacco.
Alleanza Verdi-Sinistra è al 6,8%, con un lieve calo dello 0,2%. Un risultato che comunque resta soddisfacente per Avs, fino a pochi mesi fa data tra il 3 e il 4% nei sondaggi politici. Periodo positivo invece per i partiti centristi: Azione di Carlo Calenda sale al 3,7% (+0,2%), Italia viva di Matteo Renzi va addirittura al 3,1% guadagnando oltre un punto in un mese (+1,1%) e +Europa è al 2,4% con un leggero aumento (+0,1%).
Infine, il partito di Cateno de Luca Sud chiama Nord è allo 0,6% (-0,4%). Il sondaggio rileva anche la lista presentata da Michele Santoro alle elezioni europee, Pace terra dignità, che scende allo 0,7% (-0,3%).
(da Fanpage)
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Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile
PER LA CATASTROFICA GESTIONE TERRITORIALE DELLA SICILIA DOVREBBE ESSERE INTERDETTO A VITA
La nomina di Irene Priolo, presidente ad interim della Regione Emilia-Romagna, a commissario per l’alluvione, è quasi un’ovvietà: tecnica, amministrativa, operativa. Ma rende ancora più grave, con il senno di poi, la scelta governativa opposta, nel maggio del 2023, quando il governo Meloni approfittò dell’alluvione (espressione orrenda, “approfittò dell’alluvione”, ma difficile da smentire) per “punire” l’allora presidente della Regione, Stefano Bonaccini, scavalcandolo nella gestione dei soccorsi, e commissariando di fatto un territorio politicamente “nemico”.
Si parlò di sciacallaggio. Con un eufemismo si potrebbe definirlo basso, anzi bassissimo spirito istituzionale, uso fazioso della catastrofe, speculazione politica sul fango.
Se uguale metro dovesse essere usato per la ben più catastrofica gestione territoriale della Sicilia, l’attuale ministro della Protezione Civile, Musumeci, in quanto ex presidente di quella Regione (dal 2017 al 2022), dovrebbe essere interdetto a vita, lui e l’intera classe dirigente siciliana, alla luce della pessima condizione del territorio, della fallimentare gestione delle acque, della scadente tutela del paesaggio.
E invece Musumeci ha inteso approfittare del suo ruolo per chiedere conto agli amministratori emiliani di come hanno speso i (non tanti) quattrini fin qui erogati dal governo. Pessimo gusto e soprattutto: da che pulpito.
A differenza dell’Emilia, la Regione Sicilia gode di uno statuto di autonomia che rende impossibile attribuire ad altri, se non ai governanti siciliani in prima persona, la responsabilità del dissesto. E dello sperpero di miliardi. Basterebbe questo per suggerire a Musumeci, siciliano di potere, estrema prudenza nell’esercizio del suo nuovo ruolo.
(da La Repubblica)
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Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile
“POLITICAMENTE LA COPPIA, MOLTO BENE ASSORTITA VISTO CHE GENNARO ERA L’ESATTA METÀ DI MARIA ROSARIA, RIPROPONE LA COMMEDIA EROTICA DEL BERLUSCONISMO, MA NELLA FORMA DELLA COMMEDIOLA SCOLLACCIATA DEL MELONISMO”
È ossessiva la tendenza italiana di risolvere tutto con il codice penale. Solo in procura igraffi felini sul capoccione potevano diventare “lesioni aggravate”. E non riesco a immaginare con quali strumenti la Boccia abbia consumato la “violenza a corpo politico”.
Più che Totò, qui il peccato trattato come reato ricorda Vittorio De Sica che, avvocato dell’adultera Gina Lollobrigida, inventò la fattispecie della ‘maggiorata’: “Signor giudice, se la legge ritiene innocenti i minorati psichici, perché non si dovrebbe fare altrettanto con una maggiorata fisica”? Gina fu assolta grazie alle sue forme e sono sicuro che sarà assolta anche la Boccia.
Politicamente la coppia, che era molto bene assortita visto che Gennaro era l’esatta metà di Maria Rosaria, ripropone la commedia erotica del berlusconismo, ma nella forma della commediola scollacciata del melonismo (“dilettanti” li ha chiamati Francesca Pascale).
Svelata infatti dal benedetto gossip, che della politica è astuzia e capriccio, torna la gran questione italiana su quanto ci sia di autocratico nelle cariche istituzionali; quanto dello Stato, dei posti di Stato, dei ministeri di Stato, venga appaltato a famigli, favoriti, cognati, amanti.
(da La Repubblica)
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Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile
LA REGINA DELLA GARBATELLA, CON IL SOLITO TRIPUDIO DI FACCETTE, FA UNO SHOW NAZIONAL-SOVRANISTA E CITA MICHAEL JACKSON… “E’ PIU’ BELLA DENTRO CHE FUORI”: MA IL CONTROLLO SULLA PERCENTUALE DI COCAINA NON ERA PREVISTO
Non guarda mai i fogli, non le serve. «Sto iniziando con l’uomo nello specchio. Gli sto chiedendo di cambiare la sua strada». La donna che si guarda allo specchio è la ragazza della Garbatella che sale su un palco della serata di gala dell’Atlantic Council di New York per ricevere il Global Citizenship Award, e canta l’elogio del nazionalismo occidentale. «Non dovremmo vergognarci di usare e difendere parole e concetti come Nazione e Patriottismo. Perché significano più di un luogo. Significano uno stato d’animo a cui si appartiene condividendo cultura, tradizioni e valori».
Elon Musk annuisce orgoglioso seduto al suo posto, allo stesso tavolo di Meloni. Poco prima era stato lui, l’inventore di Tesla e padrone di X, a chiamarla sul palco dello Ziegfeld Theatre e a consegnarle il premio, come da espresso desiderio della premier.
L’introduzione è breve, e il miliardario accolto da pochi e freddi applausi sembra più emozionato che spavaldo come al solito: «È un onore essere qui per consegnare questo premio a una persona che è addirittura più bella dentro che fuori».
La premier italiana e l’uomo più ricco del mondo, il visionario che vuole portare l’umanità nello spazio. La paladina dei sovranisti e l’imprenditore che è diventato il miglior alleato e finanziatore di Donald Trump, una sorta di superlobbista della destra americana ed europea, difensore delle ricette anti-migranti del governo italiano.
La serata è l’occasione per un show di rivendicazioni. Radici e appartenenza. «Come popoli occidentali, abbiamo il dovere cercare la risposta ai problemi del futuro avendo fede nei nostri valori: una sintesi nata dall’incontro tra la filosofia greca, il diritto romano e l’umanesimo cristiano».
La democrazia, la vita che è sacra, lo stato laico e basato sullo stato di diritto sono le grandi conquiste su cui non si può retrocedere. «Sono valori di cui dovremmo vergognarci?» si chiede Meloni, convinta che «il patriottismo sia la migliore risposta al declinismo».
C’è da dire che secondo inchieste della procura americana e della magistratura di diversi Paesi, quei troll di matrice russa sono stati spesso usati a favore di Trump e degli altri soci nazionalisti europei di Meloni. Come hanno anche trovato una patria nella nuova realtà social di Musk, dove il controllo sulle fake news è fortemente allentato
«Ricordare chi siamo», non perdere mai questa consapevolezza, è la vera arma con cui – sostiene la leader – l’Occidente si può difendere dai suoi nemici. Meloni cita Giuseppe Prezzolini – amatissimo dall’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano Roger Scruton, e l’ex presidente repubblicano Ronald Reagan. Riferimenti immancabili per la destra italiana, sicuramente più coerenti con l’ideologia di casa rispetto al genio di Michael Jackson che danzando come fosse sulla Luna cantava “We are the World” e insegnava che «tutti noi dovremmo dare una mano soccorritrice» e «salvare vite».
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile
A LOS ANGELES NON PERDONANO LA SVOLTA DESTRORSA DELL’IMPRENDITORE: LE VENDITE DELL’AUTO ELETTRICA AMERICANA SONO CALATE DEL 25% NELL’ULTIMO TRIMESTRE
Sostenere Donald Trump non è buono per gli affari se vendi auto elettriche che sono lo status symbol della California ambientalista, impegnata e democratica. Dati ed esperti di marketing avvertono che è finita la luna di miele tra la Tesla di Elon Musk e il suo bacino di acquirenti più naturale: Hollywood.
Il cuore ricco e democratico di Los Angeles sta spendendo milioni per sostenere la corsa alla Casa Bianca della conterranea Kamala Harris e non ha perdonato a Musk la sua svolta a destra.
Un’occhiata ai parcheggi degli Studios basta per notare che i posti riservati a VIP e dipendenti sono una carrellata di Tesla: diversi colori, finiture, modelli e annate, ma sempre e comunque Tesla. Le cose sono cambiate da quando Musk, un tempo stimato enfant prodige della Silicon Valley, è entrato fieramente nell’universo di Trump e, con la risonanza possibile grazie all’altra sua proprietà, X, ha avallato teorie cospirazioniste di destra, dato spazio a messaggi razzisti e antisemiti, denigrato persone trans (inclusa sua figlia), e sostenuto il ticket repubblicano.
Tutte prese di posizione che hanno creato sdegno nel tempio del politicamente corretto. “Le vendite di Tesla in California sono calate del 25% nell’ultimo trimestre”, dice Ed Kim, presidente e analista capo di Auto Pacific, una società di ricerca sulla mobilità, che nota un aumento nelle vendite di macchine elettriche di altre marche di lusso come Audi, Bmw e Mercedes o di altre start-up. “Tesla è uno dei pochi produttori di veicoli elettrici che sta perdendo mercato in California del Sud”. Vista l’influenza che le star esercitano sui consumatori, l’effetto del divorzio tra Hollywood e Musk potrebbe diventare pervasivo anche a livello nazionale e mondiale.
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile
L’APERTURA DI UN NUOVO FRONTE ROVINA L’ULTIMO DISCORSO ALL’ONU DI BIDEN, DA PRESIDENTE… ORMAI ISRAELE E’ LA VERGOGNA DEL MONDO
Questa mattina Biden salirà per l’ultima volta da presidente sul palco dell’Assemblea generale dell’Onu. Quello che doveva essere un discorso a metà fra il bilancio, toni personali e la consegna a una nuova generazione di leader della difesa del diritto internazionale e della necessità del multilateralismo, rischia di venire calpestato e messo ai margini dalla cruda realtà di un Medio Oriente nella spirale di morti e distruzione.
Il clima stesso potrebbe essere ben diverso dal passato.
Due funzionari statunitensi hanno riferito alla Cnn che c’è il timore che questa settimana onusiana possa dare fiato e forza alle rivendicazioni palestinesi e a una retorica antisraeliana magari spingendo altre Nazioni a muoversi per riconoscere ufficialmente – come alleati storici degli Usa, come Spagna, Irlanda e Norvegia qualche mese fa – lo Stato palestinese.
È probabile che giovedì Mahmud Abbas, presidente dell’Anp, trovi terreno fertile per le sue rivendicazioni. Giovedì è in agenda anche l’intervento di Netanyahu, che ha già posticipato l’arrivo a New York di un giorno e che comunque non ha confermato se sarà alle Nazioni Unite visti gli scenari bellici in casa.
Biden arriva a New York con l’incubo dell’escalation in Medio Oriente diventato realtà e con la condanna e la preoccupazione del Dipartimento di Stato di Israele per la chiusura dell’ufficio di Al-Jazeera a Ramallah.
«Siamo in una situazione in cui il rischio escalation è più acuto», ha ammesso anche Jake Sullivan consigliere per la Sicurezza nazionale riferendosi alle dinamiche innescate dall’attacco di Hamas del 7 ottobre che di volta in volta hanno visto la situazione regionale avvicinarsi a scenari di conflitto espanso prima di ritirarsi.
Ieri il presidente ha avuto un bilaterale con lo sceicco degli Emirati arabi uniti Mohamed bin Zayed Al Nahyan e i due hanno parlato anche della situazione a Gaza e del Libano.
«Il mio team è in costante contatto con le controparti (libanesi e israeliane, ndr) – ha detto Biden prima del vertice – e stiamo lavorando per una de-escalation al fine di consentire alle persone di rientrare nelle loro case in sicurezza».
Sino a pochi giorni fa ogni ragionamento del Consiglio per la Sicurezza nazionale era imperniato su un concetto: il cessate il fuoco a Gaza è la garanzia migliore per fermare le tensioni nel Nord. Ma nei giorni scorsi anche all’interno dell’Amministrazione si sono udite voci pessimistiche su qualsiasi intesa, almeno entro l’insediamento di un nuovo governo Usa, ovvero gennaio 2025.
Il senatore Chris Coons, il più vicino a Biden, ha ammesso che «la dinamica fra Israele e Hezbollah è diventata sempre più tesa, e sono preoccupato. Un ex funzionario assai vicino all’Amministrazione, in un colloquio con La Stampa, però ha ammesso che «l’influenza americana su Israele è assai minore di quel che la gente pensi».
Tanto che, ha proseguito, «non credo ci sarà, vinca Trump o Harris, un grande cambiamento nella politica Usa, la realtà è che abbiamo sempre meno peso su alcuni alleati».
Che Washington sia preoccupata lo si intuisce anche dalla decisione del Pentagono di inviare “rinforzi” in Medio Oriente. Si parla di «piccole unità» che andranno ad affiancare il gruppo guidato dalla portaerei Lincoln.
L’America ora vede più concreta non solo l’escalation, ma anche il rischio per la sicurezza delle sue truppe nella regione. Ryan ha detto che «abbiamo più capacità oggi nella regione di quante ne avevamo il 14 aprile quando l’Iran condusse l’attacco con droni e missili su Israele».
(da La Stampa)
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Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile
L’INTERROGAZIONE DEL SENATORE FAZZONE SULLA DISASTROSA GESTIONE DELLA DISTRIBUZIONE DEI FONDI PAC AGLI AGRICOLTORI E’ UN PESANTE ATTO DI SFIDUCIA VERSO IL MINISTRO
Forza Italia contro Francesco Lollobrigida, è scontro in maggioranza sulla gestione del ministero dell’Agricoltura e al centro del mirino c’è il fratello d’Italia, Francesco Lollobrigida. Il cuore di questa storia è un’interrogazione parlamentare che mette in luce la scarsa trasparenza nella gestione e distribuzione dei fondi della Pac, cioè il fiume di miliardi europei destinati agli agricoltori.
A fare le pulci al ministro, però, non è l’opposizione, bensì i suoi compagni di governo, ovvero Forza Italia che descrivono una situazione fuori controllo e tanti errori commessi dalla squadra scelta (e guidata) dal ministro Lollobrigida.
Così, dopo il caso Ius Scholae, sollevato dallo stesso leader di Forza Italia, Antonio Tajani, che è sintomatico delle fratture all’interno della maggioranza, e dopo i numerosi interventi di Marina Berlusconi, che si è detta favorevole a una linea progressista sul fronte dei diritti – in netto disaccordo rispetto alla narrazione di Dio, Patria, Famiglia voluta da Giorgia Meloni – ora al centro del mirino di Forza Italia finisce uno degli uomini più fidati della premier, cioè l’ex cognato di Meloni, Francesco Lollobrigida, reduce dal lutto per la perdita di 50mila api che stavano in un alveare sul tetto del ministro dell’Agricoltura, attaccate da calabroni e vespe, (ma pare che nuove api stiano sostituendo quelle precedenti), poi toccato di striscio (per ora) dalla vicenda di Maria Rosaria Boccia, e infine colpito in pieno dalla separazione con Arianna Meloni. Ma il colpo fatale potrebbe venire da Forza Italia: perché stavolta il gossip non centra nulla, il tema è molto serio e riguarda migliaia di agricoltori che, per una gestione burocratica cieca alle richieste dei contadini, rischia di metterli in difficoltà.
Il 18 settembre scorso il senatore di Forza Italia, Claudio Fazzone, funzionario dell’ex SISDe in aspettativa e presidente della Commissione Ambente del Senato, ha presentato un’interrogazione parlamentare diretta proprio al ministro Lollobrigida mettendo in evidenza tutti i problemi che l’Espresso aveva evidenziato nell’inchiesta esclusiva del 9 Agosto a proposito della difficoltà, per molti agricoltori, di ultimare le pratiche per ottenere i rimborsi della Pac, cioè il contributo europeo per l’agricoltura a causa di malfunzionamenti del sistema informatico.
Al centro dell’interrogazione c’è la gestione di Agea, l’organismo pagatore che gestisce direttamente a livello nazionale la maggior parte dei fondi destinati all’agricoltura. Come raccontavamo nell’inchiesta, dati alla mano, i sindacati degli agricoltori lamentavano che il nuovo sistema informatico non funzionava e questo impediva agli agricoltori di avere in mano la ricevuta per ottenere gli anticipi dalle banche: denaro utile ad acquistare sementi e beni per avviare i lavori agricoli autunnali.
Agea, che è diretta da Fabio Vitale, ex macchinista delle Ferrovie, ex dirigente Inps in quota Uil, candidato alle politiche del 2008 con l’Udc e poi entrato in Fratelli d’Italia, ha sempre risposto che il sistema funziona alla perfezione e non c’è alcun ritardo nei pagamenti. Scrive Fazzone nell’interrogazione: «Agea, per tramite del suo direttore, ha più volte vantato l’efficacia della sua azione e la performance dei suoi nuovi sistemi informatico con numerosi comunicati stampa, nonché in audizione alla Camera dei deputati il 3 aprile 2024, spiegando il miglioramento informatico ottenuto rispetto ai sistemi obsoleti precedenti». Dopo l’inchiesta dell’Espresso, ripresa anche da Italia Oggi, Fazzone ha verificato «direttamente l’esistenza di numerose lamentele, anche fatte da centri autorizzati di assistenza agricola appartenenti a confederazioni storiche, come Confagricoltura, della cui struttura tecnica e capacità operativa non è lecito dubitare. Le numerose segnalazioni fatte e provenienti da tutto il territorio nazionale «contrastano, dunque, con i comunicati rilasciati dal direttore di Agea, che smentisce i disservizi e scarica sempre la responsabilità sull’operato dei centri di assistenza, ritenuti inadeguati all’utilizzo del nuovo sistema».
Infatti, se normalmente la campagna per la raccolta delle richieste Pac si conclude il 15 di giugno, quest’anno si dovrebbe chiudere il 24 settembre. Fazzone nell’interrogazione alza il tiro e dice: «Quest’anno, molto più degli altri anni, l’anticipo Pac era atteso come la pioggia sui campi per far fronte con un po’ di liquidità alla crisi dei prezzi di mercato, ai costi crescenti e alla siccità, ma non è stato possibile accedervi perché il sistema non ha consentito di ottenere la domanda stampata».
Il problema nasce da un’innovazione portata al sistema informatico che, tuttavia non è stato adeguatamente testato prima della messa in servizio, tanto che è stato fornito ai Caa, i centri di assistenza : «Il sistema non funziona da mesi. Ad aprile c’era la versione 5.1, oggi siamo a 8.6 e nonostante questo continuo aggiornamento si blocca costantemente», scrive Fazzone nell’interrogazione. E poi l’affondo: «Al netto dei proclami di Agea, un simile rallentamento rischia di mettere a repentaglio non tanto gli anticipi quanto i saldi». Detto altrimenti, Fazzone sta dicendo che di questo passo i soldi – svariati miliardi – destinati agli agricoltori rischiano di non arrivare mai.
Infine prende di mira Lollobrigida e gli chiede se sia al corrente della situazione e dell’impatto che potrebbe avere sui pagamenti alle aziende agricole: «cruciali per la loro sopravvivenza, e delle recentissime scelte procedurali assunte da Agea», e infine chiede a Lollobrigida «se ritenga necessario e urgente, a tutela delle aziende agricole, valutare l’opportunità di procedere ad una gestione straordinaria dell’Agenzia al fine di rimuovere gli ostacoli esistenti causati dall’attuale dirigenza». Tradotto, gli sta suggerendo un commissariamento della struttura.
Lollobrigida si è subito risentito con Antonio Tajani, il quale però ha alzato le braccia, come a dire che lui non può farci niente, che Fazzone ha fatto di testa propria. E poi, ormai, l’interrogazione è stata depositata. Si prevedono tempi duri per il ministro Lollobrigida. Chissà se Arianna e Giorgia Meloni andranno in suo soccorso. Oppure no.
(da lespresso.it)
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Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile
INTERVISTA ALLA POLITOLOGA MARIE KRPATA: “UNA ELEZIONE RUBATA”
Trentanove tra ministri e sottosegretari, una chiara impronta di centrodestra segnalata nel modo più evidente dall’insediamento del gollista Bruno Retailleau agli Interni.
Dopo due mesi e mezzo di impasse politica si è chiusa (forse) la saga della ricerca di un governo per la Francia di Emmanuel Macron: sabato sera l’Eliseo ha svelato la lista dei ministri, e oggi il premier Michel Barnier ha riunito la sua nuova squadra un primo Consiglio dei ministri lampo.
Avrà ora una settimana di tempo per disegnare un programma di governo in grado di attrarre una maggioranza di voti il 1° ottobre in quel Parlamento uscito “balcanizzato” dalle elezioni anticipate di fine giugno/inizio luglio. Un’Assemblea nazionale dominata dalle sinistre del Nouveau Front Populaire (Nfp), che restano però clamorosamente escluse dal nuovo esecutivo, ma anche dal Rassemblement National, il cui appoggio esterno sarà ora decisivo per consentire la nascita del governo Barnier, formato in gran parte da esponenti del blocco centrista fedele a Macron, dei Républicains (gollisti) e da indipendenti di orientamento conservatore.
Come e quanto potrà navigare il nuovo governo? E che voce avrà ora la Francia nella nuova Ue che vede nelle stesse settimane comporsi il suo nuovo organigramma di potere? Lo abbiamo chiesto a Marie Krpata, ricercatrice all’Istituto francese di relazioni internazionali (Ifri) e specialista di relazioni franco-tedesche.
Macron ha dipinto nelle scorse settimane la scelta della svolta a centrodestra, con l’esclusione da ogni ruolo del Fronte Popolare, come l’unica strada possibile per consentire la nascita di un governo capace di ottenere la fiducia. È così?
«Se è vero che Macron aveva deciso di indire elezioni anticipate per chiarire il paesaggio politico in Francia, dobbiamo considerare oggi che non c’è davvero riuscito perché in effetti il governo appena nato non riflette la scelta degli elettori: dalle urne erano emersi vincitori al primo turno il Rassemblement national, al secondo il Nfp e perdenti i Républicains. E i partiti di centro hanno beneficiato solamente del fronte repubblicano al secondo turno. Quindi sicuramente molti elettori non si ritrovano nel nuovo governo. C’è chi parla di elezione rubata, chi di dimissioni del capo di Stato. Jean-Luc Mélenchon ha già promesso di avviare la procedura di destituzione, e penso che ci saranno molte contestazioni».
Anche a rischio di vedersi nuovamente infiammare le piazze, come già è stato dopo l’approvazione della contestatissima riforma della pensioni?
«Certamente c’è grande disaffezione tra gli elettori, che si diranno in queste ore – penso soprattutto agli elettori dell’Nfp – “Ma allora a che serve andare a votare?”, se la sinistra esce forte dalle urne e poi questo non ha alcun riflesso sul governo. Al contempo Mélenchon è stato molto criticato per aver portato implicitamente a questo risultato. Già la sera delle elezioni ha detto che si sarebbe dovuto applicare “nient’altro che il programma e tutto il programma del Nouveau Front Populaire”. E invece nel nuovo contesto di frammentazione è indispensabile trovare delle coalizioni e parlare con partiti politici diversi per trovare dei compromessi: ma è qualcosa che non rientra nella tradizione politica francese e con cui tutti devono ancora venire a patti. Resta il fatto che sotto Macron, anche per via del suo stile di governo giudicato estremamente “verticale”, si è arrivati a un livello di polarizzazione politica straordinaria».
Che farà il Rassemblement National?
«Penso possa essere piuttosto soddisfatto della situazione. Sosterrà il governo dall’esterno con un chiaro intento di sorveglianza, sapendo perfettamente di poterlo rovesciare se e quando lo dovesse ritenere utile. E nel frattempo potrà approfittarne per preparare le prossime scadenze elettorali, in particolare le presidenziali del 2027. Ne ha bisogno anche per formare i quadri di quello che spera potrà essere un futuro ciclo al potere, così come per chiarire un certo numero di punti politici che nella sua ultima campagna non erano molto chiari. Resta comunque la sensazione di una certa instabilità nel quadro politico nazionale, e non si può escludere che ci saranno nuove elezioni anticipate di qui a un anno».
Macron ha tenuto comunque per sé, come dimostra la lista dei ministri, le competenze chiave dell’Eliseo in politica estera ed europea. Ma qual è ora il suo peso reale ora in Ue, considerato anche il “licenziamento” di Thierry Breton da parte di Ursula von der Leyen proprio alla vigilia della presentazione della nuova squadra di Commissari?
«Come detto, è una Francia evidentemente indebolita dalla turbolenza politica interna. Un’instabilità evidente sul piano politico, ma anche su quello economico. Non scordiamo che la Francia ha sul collo una procedura Ue per indebitamento eccessivo, un debito pubblico al 112% del Pil e un deficit al 5,5%: parametri ben lontani dalle esigenze del Patto di stabilità che ora rientra in vigore. Tutto ciò ridurrà il margine di manovra della Francia a livello europeo rispetto ai suoi obiettivi chiave. Quanto a Breton, era un peso massimo della Commissione, con un maxi-portafoglio che comprendeva politica industriale, difesa, ricerca, digitale. Ora tutto ciò è stato spezzettato tra diversi Commissari e Stéphane Séjounré si ritrova con un portafoglio più limitato, essenzialmente dedicato al mercato interno e alla politica industriale. Resta da vedere che tipo di dinamiche s’instaureranno».
Instabilità politica, indebitamento pubblico con interlocuzioni difficili con la Commissione europea, un governo con chiaro profilo di destra specie sul tema dell’immigrazione: la Francia si “italianizza”. Sarà l’occasione per un riavvicinamento tra i governi dei due Paesi, i cui due leader pure notoriamente si detestano?
«Di partenariati con altri Paesi europei la Francia ne ha molti, ma quello chiave è e resta quello con la Germania, radicato e istituzionalizzato e visto come la forza motrice d’Europa. Con l’Italia quel che più ci avvicina sono le questioni dell’immigrazione, la stabilità del Mediterraneo, ma anche dell’Africa e del Medio Oriente. Lì ci possono essere punti di convergenza e di cooperazione più incisiva. Certo la relazione personale tra i due leader è complicata, ma tutti ora capiscono che Meloni è una leader forte e stabile, che gioca un ruolo importante a livello europeo e che dunque ha un peso importante in seno all’Ue e al G7. Dunque non possiamo escludere che Macron consenta benevolmente che ora si allaccino relazioni più forti su temi concreti tra il governo Barnier e quello di Giorgia Meloni».
(da Open)
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Settembre 24th, 2024 Riccardo Fucile
“AGGREDITO VERBALMENTE PER AVER CRITICATO LA LEGA”
Arrivano i primi guai per l’associazione “Il mondo al contrario”, legato al generale Roberto Vannacci. Il giornalista ed editore della rivista Il Corsaro della Sera Marco Belviso ha querelato i vertici del comitato per «violenza privata e minacce».
Il presidente dell’organizzazione e tenente colonnello in congedo Fabio Filomeni, il segretario Bruno Spatara e il tesoriere Gianluca Priolo, avrebbero raggiunto ieri 22 settembre Belviso nella sua casa a Udine: sarebbe stato aggredito verbalmente per le sue critiche alla Lega e lo avrebbero informato della sua espulsione dal comitato. Una decisione senza appello. Ma il giornalista chiarisce a Repubblica: «Voglio specificare che, per quanto io ne sappia, Vannacci non è coinvolto in questa storia».
L’incontro a casa
«Ho ricevuto un messaggio da Filomeni che mi diceva “tra venti minuti sono lì”», racconta. Un incontro che si aspettava Belviso dopo alcune sue dichiarazioni critiche nei confronti del Carroccio. «Pensavo che Filomeni, che vive in Toscana, avesse fatto tanta strada per chiarirsi, ero anche uscito a comprare qualche birra», spiega. Ma il giornalista che ha creato anche la sigla “Amici del nord-est per Vannacci”, si è confrontato con una realtà ben diversa. Appena entrano nella sua casa i tre assumono toni e atteggiamenti minacciosi: «Mi hanno detto che dovevo stare zitto, fermo e seduto sul divano».
La lettera di espulsione
Poi esibiscono un foglio con carta intestata del movimento “il Mondo al contrario” dove si parla di una riunione avvenuta a Mestre la mattina di ieri durante la quale il Consiglio di gestione formato proprio da Filomeni, Spatara e Priolo aveva deciso la sua espulsione dal comitato.
Belviso è stato messo davanti a un aut aut: «Volevano che lo firmassi, oppure che rinunciassi alla mia attività giornalistica, cosa che non posso fare perché è il mio lavoro, così mi sono rifiutato».
Nella lettera si contesta a Belviso di «aver espresso giudizi politici sulla Lega che si ricorda essere il partito nel quale è stato eletto Vannacci». La situazione si sblocca al suono del citofono, i tre quindi se ne vanno mentre ad attenderli in strada c’è un altro uomo in macchina secondo la persona amica che ha raggiunto Belviso a casa.
La replica di Filomeni
Il presidente del comitato Filomeni ha quindi replicato alle contestazioni di Belviso: «La questione sollevata dal dottor Belviso riguardo la sua espulsione dal comitato è contenuta, senz’altro aggiungere, nella lettera a lui diretta e consegnata personalmente», spiega.
(da agenzie)
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