Novembre 14th, 2024 Riccardo Fucile
SE CONDANNATA NON POTRA’ PRESENTARSI ALLE ELEZIONI… IL REATO DI APPROPRIAZIONE INDEBITA DI FONDI DEL PARLAMETO EUROPEO PER FINANZIARE IN REALTA’ IL PARTITO
Il rischio della pena d’ineleggibilità diventa sempre più concreto per Marine Le Pen. Nel processo sui fondi europei, la pm ha infatti chiesto per la leader del Rassemblement National la pena massima: cinque anni di ineleggibilità accompagnata da una “esecuzione provvisoria”. Significa che in caso di condanna, un eventuale ricorso di Le Pen non avrebbe la sospensiva. E che quindi di fatto Le Pen non potrebbe correre per la presidenziale prevista nel 2027.
Una pena del genere, ha sottolineato la pm nella sua requisitoria chiedendo anche una pena di cinque anni di reclusione, “significherebbe proibire agli imputati di presentarsi alle future elezioni locali o nazionali”
E’ un duro colpo per Le Pen che ha assistito a quasi tutto il processo ed era seduta in prima fila con altri esponenti del partito quando è stata pronunciata la requisitoria dell’accusa. Il processo è ancora in corso, e la sentenza è prevista entro primavera, ma la leader di estrema destra ha reagito con forza alla pena richiesta. «Vogliono escludermi dalla vita politica» ha dichiarato con i giornalisti uscendo dal palazzo di Giustizia, denunciando la «violenza» della requisitoria. Le Pen è accusata di presunta appropriazione indebita di fondi del parlamento europeo per finanziare il suo partito.
L’indagine è partita dieci anni fa da una denuncia dell’allora presidente dell’europarlamento Martin Schulz e si è concentrata su quello che la Procura definisce “un complotto per attribuire al parlamento europeo buona parte delle spese del Front National, poi ribattezzato Rassemblement National”.
I fatti risalgono a un periodo compreso tra il 2004 e il 2016 quando l’allora Front National avrebbe usato i fondi versati ad assistenti parlamentari degli eurodeputati per finanziare invece il funzionamento a Parigi. In pratica, questi fondi dell’Ue non sarebbero stati usati per finanziare il lavoro di persone presso l’emiciclo di Strasburgo.
La requisitoria dell’accusa arriva nei giorni in cui il patriarca Jean-Marie Le Pen, 96 anni, è ricoverato in ospedale. La famiglia che ha guidato l’estrema destra nell’ultimo mezzo secolo è a un bivio. E l’andamento del processo s’intreccia ora con la situazione politica francese. Il rischio di ineleggibilità potrebbe convincere Le Pen, che si pone come vittima di un “accanimento” giudiziario, ad accelerare la caduta del governo di Michel Barnier, di fatto appeso alla non sfiducia dei deputati del Rassemblement National.
La leader del Rn può essere tentata di spingere verso nuove elezioni o addirittura una presidenziale anticipata, anche se Emmanuel Macron ha sempre smentito possibili dimissioni. D’altro canto, il delfino della leader, Jordan Bardella, sembra già prepararsi a un’eventuale successione. Bardella ha appena pubblicato un libro-biografia stampato in 150mila copie dal gruppo editoriale di Vincent Bolloré. E il titolo, “Ce que je cherche” (Quello che cerco), sembra un manifesto per una futura candidatura all’Eliseo.
(da agenzie)
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Novembre 14th, 2024 Riccardo Fucile
I PRIMI SONO SPECIALIZZATI (E QUINDI DANNO TORTO ALLA DESTRA DELL’ILLEGALITA’)… TRA POCO A DECIDERE DARANNO I BEONI DI UN BAR, COSI’ DARANNO RAGIONE AI SOVRANISTI
Altro che “se ne devono andare”, come dice Elon Musk. Il governo ha già trovato un altro modo per
togliersi di torno i giudici delle sezioni immigrazione dei tribunali che tanti dispiaceri gli hanno dato, Albania compresa, da quando, col decreto “Cutro” ha introdotto le procedure di esame accelerato delle domande d’asilo di chi proviene dai famosi Paesi d’origine che l’Italia designa come sicuri.
Si tratta di un emendamento al dl flussi 145/2024 presentato in commissione affari costituzionali alla Camera, che toglie la competenza per le convalide dei trattenimenti alle sezioni specializzate dei tribunali, al centro degli attacchi della maggioranza contro le toghe dell’ultimo mese. E la affida alle corti d’Appello, che sezioni specializzate in immigrazione non ne hanno e sono già in allarme per la scelta governativa di aggiungere ai ricorsi dei richiedenti anche il secondo grado, con un effetto valanga sul lavoro delle Corti.
Ecco il testo che introduce la modifica: “Per i procedimenti aventi ad oggetto la convalida del provvedimento con il quale il questore dispone il trattenimento o la proroga del trattenimento del richiedente protezione internazionale a norma degli articoli 6, 6-bis (quello che riguarda i richiedenti trasferiti in Albania, ndr) e 6-ter, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, e dell’articolo 10-ter, comma 3, quarto periodo, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché per la convalida delle misure adottate ai sensi dell’articolo 14, comma 6, del decreto legislativo n.142 del 2015 è competente la Corte d’appello di cui all’articolo 5, comma 2, della legge 22 aprile 2005, n. 69, nel cui distretto ha sede il questore che ha adottato il provvedimento oggetto di convalida”. E al secondo comma aggiunge: “Nei procedimenti di cui al comma 1, la Corte d’appello giudica in composizione monocratica”.“Governo e maggioranza continuano a intervenire compulsivamente e in modo isterico sulla normativa che disciplina il trattenimento delle persone che fanno richiesta di asilo. Così con un blitz serale attraverso emendamenti fuori sacco depositati ieri sera in commissione Affari Costituzionali vogliono togliere alle sezioni specializzate in materia di immigrazione la competenza a giudicare sui provvedimenti di trattenimento disposti dal questore”, commenta il segretario di +Europa, Riccardo Magi, che aggiunge: “Le sezioni specializzate sono state create proprio con la finalità di occuparsi di questi giudizi evitando anche che il carico di lavoro di essi ricadesse sugli altri uffici. La scelta del governo quindi è dettata unicamente dal tentativo isterico di cambiare giudici sui provvedimenti relativi alla detenzione in Albania avrà anche pesanti ricadute sull’organizzazione del lavoro delle Corti d’appello”, conclude.
(da agenzie)
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Novembre 14th, 2024 Riccardo Fucile
LO STILISTA HA SCELTO DI VOTARE PROIETTI… “DAL TRONO DEL TIRANNO NESSUNO SCENDE MAI VIVO”
Lo stilista Brunello Cucinelli ha invitato i suoi collaboratori ad andare a votare alle elezioni regionali in Umbria. Perché «il voto è una cosa seria», dice oggi in un’intervista a La Stampa. Anche nella sua regione, dove si sfidano Donatella Tesei e Stefania Proietti. Prima è stato a New York durante le elezioni. E dice che «Trump ha modi diversi da quelli che desidero». Perché era un fan di Barack Obama: «Conservo tutti i suoi discorsi. Appena eletto disse che avrebbe visto subito i suoi nemici». Ma nel colloquio con Maria Corbi l’imprenditore parla anche del suo endorsement per la sindaca di Assisi e per il centrosinistra. Perché lui è nato da una famiglia di socialisti: «Ho votato anche socialdemocratico prima che il partito sparisse». E non cambierà mai idea: «Non voto l’uomo ma la mia concezione politica».
Cucinelli e Proietti
«I carabinieri di Passignano mi hanno consegnato il documento con cui mio nonno si presentò al Comune per fare il consigliere. Di sé scriveva: “Ferdinando Cucinelli è socialista ma è una brava persona”: quel foglio ora è appeso a casa mia. Con il rettore di Perugia, Maurizio Olivieri, abbiamo parlato molto di bella politica a prescindere dall’appartenenza e di come restaurarne una versione rispettosa di chi la pensa diversamente. Per questo a dicembre aprirò a Solomeo la scuola di “Buona Politica”», dice. Mentre sulle donne in politica «mi fa piacere che ci siano ma mi interessa soprattutto che siano persone perbene. Vivo circondato da donne, non mi fa effetto vederle al potere. L’Umbria poi è sempre stata l’avanguardia. Le donne, da madri, sono meno propense a distruggere».
Meloni e Schlein
Su Giorgia Meloni ed Elly Schlein: «Le ho incontrate entrambe e sono stati colloqui interessanti e garbati. Nella prima telefonata di Meloni mi chiese un consiglio e le dissi di essere gentili e rispettosi. Mi rispose che non era facile e replicai che quella era la sfida. L’alternanza è fondamentale per una democrazia. Come ci ricorda Solone, dal trono del tiranno nessuno scende mai vivo. È una metafora della politica e della vita».
(da agenzie)
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Novembre 14th, 2024 Riccardo Fucile
SECONDO UNO STUDIO, NON AVERE RAPPORTI SOCIALI AUMENTA LA POSSIBILITÀ DI SVILUPPARE ALZHEIMER E DEMENZA VASCOLARE, OLTRE A DIABETE E OBESITÀ
La solitudine nella mezza età e nella vecchiaia aumenta il rischio di demenza senile del 31 per
cento, secondo una nuova importante analisi condotta su quasi 609mila persone in tutto il mondo
Non esiste una cura per la demenza senile, che colpisce circa 7,9 milioni di persone nell’Unione Europea. Ma i rischi includono una combinazione di fattori genetici e di stile di vita, come l’attività fisica, il fumo, il consumo di alcolici e persino la qualità dei nostri legami sociali.
Il nuovo studio, pubblicato sulla rivista Nature Mental Health, ha rilevato che la solitudine aumenta il rischio di demenza per tutte le cause, di Alzheimer e di demenza vascolare, un rischio maggiore per gli anziani con diabete o obesità.
Inoltre, aumenta del 15 per cento il rischio di deterioramento cognitivo, un problema più generale che comprende la perdita di memoria e la difficoltà a prendere decisioni, concentrarsi o portare a termine le attività.
I risultati sono stati confermati anche quando i ricercatori hanno preso in considerazione la depressione, l’isolamento sociale e altri potenziali fattori di rischio.
Indicano che “la solitudine è un fattore di rischio di importanza critica per lo sviluppo futuro della demenza”, ha dichiarato in un comunicato Páraic Ó Súilleabháin, uno degli autori dello studio e docente di psicologia presso l’Università di Limerick in Irlanda.
La solitudine è un problema stratificato
I ricercatori irlandesi, svizzeri, francesi, statunitensi e cinesi hanno combinato i dati di 21 studi sull’invecchiamento in tutto il mondo, in quella che, secondo loro, è la più grande meta-analisi finora condotta sul legame tra solitudine, demenza e declino cognitivo.
La maggior parte degli studi ha chiesto alle persone se si sentissero sole almeno qualche volta, mentre alcuni hanno valutato anche l’intensità della solitudine.
In tutta l’UE, il 35 per cento delle persone dichiara di sentirsi solo almeno qualche volta, con i tassi più alti in Irlanda, Lussemburgo, Bulgaria e Grecia.
“Esistono diversi tipi e fonti di solitudine che possono influenzare i sintomi cognitivi lungo il continuum della demenza”, ha dichiarato in un comunicato Martina Luchetti, autrice principale dello studio e professoressa assistente presso la Florida State University negli Stati Uniti.
(da agenzie)
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