Novembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
RESTANO UNA MANCIATA DI ALBANESI CHE SI OCCUPANO DELLE PULIZIE E DEL SERVIZIO SANITARIO. LA NAVE LIBRA DELLA MARINA MILITARE È FERMA… LE OPPOSIZIONI DENUNCIANO LO SPRECO DI SOLDI: “LE STRUTTURA SONO DESERTE MA LE AMPLIANO ANCORA”
Non sarà l’addio, ma è un arrivederci Albania. A Shengjin e Gjader si fanno le valigie.
Tutti gli operatori sociali di Medihospes, la cooperativa che gestisce i centri per il trattenimento e il rimpatrio dei migranti, rientreranno entro domani in Italia. E al momento non sono previsti ricambi.
Al di là dell’Adriatico restano una manciata di albanesi che si occupano del servizio sanitario e delle pulizie e sette italiani: il direttore e un pugno di dipendenti con ruolo amministrativo. Nessuno, insomma, che si occupi di migranti
Che d’altronde non ci sono e dall’11 ottobre, quando i centri sono diventati operativi, non ci sono praticamente mai stati.
È l’ultima smobilitazione, anticipata dal manifesto e confermata indirettamente dal Viminale.
Dal ministero trapela che i centri restano operativi e vigilati seppur con personale ridotto e variabile in base alle esigenze. Esigenze che ora non ci sono. Per due volte i migranti sono arrivati e rimandati indietro perché nessun giudice ha firmato la convalida dei trattenimenti dopo che una sentenza della Corte di giustizia europea ha messo in discussione i criteri con i quali un Paese viene considerato sicuro ai fini del fermo.
La nave Libra della Marina militare è ferma. Ufficialmente per maltempo. L’equipaggio può essere richiamato nel giro di 24 ore. Ma a quanto risulta non ci sono viaggi all’orizzonte.
L’eurodeputata di Volt Europa, Francesca Romana D’Antuono, che ieri ha visitato il centro di Gjader conferma: «Agenti? Ce n’erano dodici. E nei prossimi giorni verranno ridotti ancora. Del personale totale il 75 per cento se n’è già andato». Resta «un centro immenso, in mezzo al nulla, del tutto vuoto. Eppure i lavori vanno avanti, ci sono escavatrici, cantieri. Una grande desolazione e un enorme esborso di denaro per una pagliacciata della quale non si capisce il senso visto che qualsiasi sia l’esito della richiesta d’asilo dei migranti, la procedura prevede che siano riportati in Italia». Via pure loro.
Anche i funzionari della commissione territoriale per la protezione internazionale incaricati di occuparsi dell’esame dei casi di ogni singolo migrante, sono stati messi a fare altro, il personale sanitario dell’hotspot di Shengjin è tornato a casa e la trattoria Meloni è semi deserta.
Il governo però tira dritto, l’Albania è congelata, ridimensionata, non certo smantellata. Nel coro di critiche ci si mette anche la Federazione degli Ordini dei Medici e degli Odontoiatri che, rispondendo alle segnalazioni di Emergency e Medici senza Frontiere sulle modalità per la selezione delle persone non vulnerabili da trasferire nei centri, sottolinea: «Il medico ha un’unica finalità: curare le persone senza alcuna discriminazione. La selezione dei migranti a fini amministrativi non costituisce un processo di cura».
Le speranze dell’esecutivo sono appese alla sostituzione per legge delle sezioni immigrazione dei tribunali con le Corti d’appello, immaginando che altre toghe si esprimano in maniera contraria alla pronuncia europea, e alla Cassazione che il 4 dicembre dovrà esprimersi sui ricorsi del Viminale contro le prime non convalide dei trattenimenti in Albania e del tribunale di Roma rispetto ai poteri di controllo della magistratura sulla lista dei Paesi sicuri.
I giudici però potrebbero scegliere un nuovo rinvio alla Corte di giustizia europea davanti alla quale pendono già i quesiti di tre tribunali. Se si procedesse d’urgenza ci vorrebbero un altro paio di mesi.
Senza altre prove di forza, arrivederci Albania.
(da la Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
OGNI FAMIGLIA MENSILMENTE HA SPESE OBBLIGATE PER 1.191 EURO
Che si tratti di regali o sfizi personali, difficilmente gli acquisti delle famiglie italiane torneranno ai livelli pre pandemia. In termini percentuali, le spese “obbligate” costituiscono ancora la gran parte delle uscite.
Ovvero, per bollette, carburante e cibo, ogni nucleo famigliare italiano consuma in media, mensilmente, 1.191 euro, il 56% della spesa totale, che in valore assoluto si attesa a 2.128 euro. Sono i dati della Cgia di Mestre relativi al 2023, che rivelano sì una flessione delle spese “obbligate” rispetto al 2022 – erano il 57,1% del totale – ma comunque più alte rispetto a quando il Coronavirus si è diffuso nel mondo. Sul tavolo degli imputati c’è l’inflazione. La crisi energetica, poi, ha stabilizzato le spese relative al settore energetico su soglie maggiori.
«A causa dell’aumento dell’inflazione e della conseguente erosione degli stipendi osservata in questi anni, molte famiglie – spiega la Cgia – sono state costrette a concentrare gli acquisti in particolare per “vivere”, e per recarsi e tornare dai luoghi di lavoro o di studio. Alimentari e bevande la voce che drena di più la spesa familiare. Scomponendo i 1.191 euro di spesa mensile obbligata, si osserva che 526 euro sono riconducibili all’acquisto di beni alimentari e bevande analcoliche, 374 per la manutenzione della casa, bollette e spese condominiali, e 291 per i trasporti, ovvero per il pieno dell’auto e per gli abbonamenti a bus, tram, metro e treni. A questi 1.191 euro vanno sommati 937 euro che, invece, sono ascrivibili alla cosiddetta spesa complementare, che fa salire la spesa complessiva media nazionale a 2.128 euro».
Guardando alle diverse aree geografiche, la spesa risulta fortemente diversa tra Nord e Sud del Paese. Al Nord-Ovest, ad esempio, la spesa complessiva media mensile registrata è di 2.337 euro, al Mezzogiorno di 1.758 euro: una differenza del 24,7%. Il Sud, invece, è in testa per quelle cosiddette spese “obbligate”: se nel Nord-Ovest e nel Nord-Est la quota sul totale è del 55% circa, al Sud sale fino al 59,4%. Il trend rilevato dal centro studi mestrino preoccupa artigiani e piccoli commercianti, che vivono prevalentemente dei consumi delle famiglie: se la maggior parte degli acquisti è destinata a coprire le spese “obbligate”, i fatturati delle piccole realtà artigianali e commerciali ne risentono negativamente.
Il Black Friday “anticipa” le spese di Natale
Guardando all’anno in corso, le elaborazioni della Cgia di Mestre hanno osservato un probabile calo della spesa che gli italiani dedicheranno ai regali da mettere sotto l’albero di Natale. Nel 2023, complessivamente, sono stati spesi 11 miliardi di euro in questo ambito, mentre quest’anno la spesa dovrebbe scendere a 10 miliardi, con una contrazione del -9% circa. Il motivo sarebbe da individuare nella minore disponibilità delle famiglie, che affrontano sempre più difficoltà economiche. Un’altra ragione sta nel fatto che una quota sempre maggiore di cittadini anticipano l’acquisto dei regali di Natale a fine novembre, approfittando degli sconti offerti dal Black Friday.
(da Open)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
LA CONTESTAZIONE DI UNA VENTINA DI PRESUNTI MILITANTI NON TURBA CONTE: “APERTI A CHI LA PENSA DIVERSAMENTE”
Entra nel vivo ‘Nova’, la kermesse che chiude l’assemblea costituente del Movimento 5 Stelle al Palazzo dei Congressi di Roma. “Lo spirito non può essere migliore di questo, con la grande partecipazione e l’entusiasmo che ci sono per questo processo”, è il benvenuto dato dal presidente 5S ai militanti. Che a fine evento fa sapere: “Abbiamo raggiunto il quorum, è una soddisfazione per tutti. È la vittoria di chi ha deciso di decidere, di impegnarsi per definire il futuro del M5S, a prescindere dagli orientamenti di voto. Continuiamo a votare per decidere sulle nostre battaglie”.
La prima giornata della costituente si chiude con “Ask me anything”, un dialogo con la platea. Gli iscritti possono votare anche al Palazzo dei Congressi dell’Eur, dove è stata allestita una sala. ‘Skyvote’, la piattaforma scelta dal Movimento dopo ‘Rousseau’, dunque, è operativa anche ‘dal vivo’.
Niente gadget, o quasi, per gli oltre tremila partecipanti. Solo sul banco dello stand dedicato ai territori si distribuiscono stelle color argento firmate da Conte. E qualche caramella con la scritta ‘love’ e i colori dell’arcobaleno.
La contestazione
In apertura è scattata una contestazione. Un gruppo di una ventina di persone ha interrotto l’intervento iniziale di Giuseppe Conte con cori e urla. “Onestà e trasparenza-trasparenza – urlano lo slogan delle origini gli attivisti sotto la sigla ‘i figli delle Stelle’, dissenso interno che contesta la politica di Conte e le procedure di voto – Dimissioni, siete come il Pd, due mandati e a casa”. Alcuni militanti indossano una maglia bianca con i volti di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. “Avete dimenticato tutto, siamo nati tra i banchetti, non in un teatro. Siamo nati per strada e oggi ci portano in teatro”.
L’ex premier dal palco invita a non fischiarli, a lasciarli esprimere. Gli iscritti in platea si schierano con lui e intonano “c’è solo un presidente”. Poi i contestatori vengono accompagnati fuori dalla sala.
La replica di Conte
“Lo avevamo previsto. È fisiologico e siamo aperti anche al dissenso. Mi permetto solo di osservare che per un Movimento nato sulla partecipazione democratica, invitare a non votare e mettersi contro un processo di confronto è la contraddizione più forte che ci possa essere. E noi la accettiamo perché siamo aperti, ma è la contraddizione del principio fondamentale del Movimento. È inspiegabile invitare al non voto”, risponde Conte. Che, senza scomporsi, osserva che “questo processo costituente è assolutamente partecipato, aperto a persone che, nell’ambito di una comunità di 90mila componenti, hanno tentato di contestare e delegittimare sin dall’inizio”.
Nell’aprire i lavori, spiega ancora il presidente 5S: “Noi abbiamo pensato di dare l’esempio. Quando migliaia di cittadini non vanno a votare, il Movimento 5 Stelle non può rimanere indifferente. Lo spirito non può essere migliore di questo, con la grande partecipazione e l’entusiasmo che ci sono per questo processo. Noi siamo avvantaggiati, perché nella nostra storia partiamo dall’intuizione e dalle competenze di Gianroberto Casaleggio, che per primo ha individuato le potenzialità della democrazia diretta sulla piattaforma digitale. Ma oggi stiamo andando oltre. Ciascuno di noi può decidere sul futuro di M5S, abbiamo rovesciato la piramide, è la base che è in alto e che sta decidendo. Definiamo gli obiettivi strategici ascoltando i nostri iscritti, i cittadini”.
In platea, parlamentari, ex e big
Tra i partecipanti anche tanti parlamentari, tra i quali i capigruppo al Senato e alla Camera Stefano Patuanelli e Francesco Silvestri, alcuni big come l’ex presidente della Camera Roberto Fico, attuale presidente del Comitato di Garanzia del Movimento, l’ex capo politico Vito Crimi, e tanti ex come Gianluca Castaldi o Laura Bottici. C’è anche Chiara Appendino: “Oggi è una bellissima giornata di partecipazione, sono felice che abbiamo raggiunto il quorum. Siamo qui come comunità per ascoltarci e ascoltare tanti esperti che si confrontano sui temi che riguardano il futuro del Movimento e del paese. Penso alla sanità, ai trasporti, a tutte le battaglie che riguardano il nostro futuro – dichiara la vicepresidente 5S – Oggi la giornata è loro, della comunità che vuole far sentire la propria voce e rimettere al centro i temi. Da lunedì si ripartirà con ancora più entusiasmo. Grillo? ha fondato il movimento e se vuole venire può parlare come tanti altri”.
Spiccano, invece, le assenze dell’ex ministro dei Trasporti Danilo Toninelli e dell’ex sindaca di Roma Virginia Raggi, della quale peraltro non si esclude la presenza nella giornata di domani.
“L’assemblea di oggi, è un momento molto importante, dimostra voglia di partecipazione”, che sulla contestazione di alcuni attivisti al momento dell’apertura della kermesse, aggiunge: “Non c’è nessun problema ad avere opinioni diverse e contestare ciò che non si ritiene giusto. Un movimento plurale, importante come il nostro, che ha determinato per anni l’agenda politica nazionale, penso che non abbia nessun problema ad avere opinioni interne diverse. Anche io molte volte, anche se da dirigente del M5S, mi sono trovato in minoranza – sottolinea Fico – Non ero d’accordo su alcune questioni con la Lega, poi ho lavorato all’accordo con il Partito democratico sul Conte 2. Il Movimento politico si muove, cresce, ha delle contraddizioni, delle opportunità, funziona così. Per me ci deve essere la massima apertura. Grillo è fondatore e garante questa è casa sua”.
Il capogruppo al Senato del M5S Stefano Patuanelli risponde alle parole di Davide Casaleggio (“Grillo pilastro escluso. Questa gestione dall’alto non funziona, è in declino”): “Dal 2013 al 2021 c’è stata una fase, oggi il M5S ha uno statuto deciso con gli iscritti. Quella volta c’era Rousseau, che aveva un elenco di iscritti assolutamente non trasparente, e di cui nessuno sapeva nulla. Sentire Casaleggio che dice le cose che ha detto mi sembra un pò vergognoso. Ci sono due possibilità, – continua – o una memoria molto corta da parte di Davide o una faccia di bronzo. Si dimentica le mail con cui arrivavano le risposte con firmato ‘lo staff’ e nessuno sapeva chi fosse lo staff. Oppure le espulsioni con un ‘p.s.’ dei post fatti da Beppe Grillo. Quella non era trasparenza e partecipazione e io non rinnego quel periodo: in quella fase il Movimento non poteva che essere gestito in quel modo perché non c’era ancora una struttura di partito”.
La vicepresidente del M5S Paola Taverna osserva: “Non mi puoi chiedere di interpretare Grillo. Io sono sicura che c’è un M5S che rappresenta il Movimento delle nostre origini e che ha avuto una naturale evoluzione perché è cambiato il mondo ed è cambiato lo scenario. Sono felice di una comunità che sta rispondendo a tutti quelli che sono i nostri valori”.
Votazione in corso
Intanto, si attende l’esito delle votazioni in corso, e del dato sul quorum che, per i quesiti riguardanti le modifiche dello Statuto, richiede la maggioranza qualificata, cioè il 50% più uno degli aventi diritto (sono 88.943 gli iscritti chiamati al voto). Tema sul quale al Palazzo dei Congressi si nutre ottimismo: secondo i bene informati, anzi, considerato l’andamento della partecipazione, il traguardo sarebbe ormai prossimo.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
IL COLORITO CORTEO DI “NON UNA DI MENO”… BRUCIATA SIMBOLICAMENTE LA FOTO DI VALDITARA
L’anno scorso era stato il corteo della commozione, l’onda emotiva creata dal femminicidio di Giulia Cecchettin e dall’uscita del film C’è ancora domani aveva portato nelle strade di Roma mezzo milione di persone.
Quest’anno la manifestazione contro la violenza sulle donne è stata di nuovo imponente ma alla commozione è subentrata la rabbia contro il governo e innanzitutto contro il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara che lunedì 18 novembre alla presentazione della fondazione creata da Gino Cecchettin ha affermato che il patriarcato è estinto da un punto di vista giuridico e ha sottolineato che la violenza sulle donne è anche causa dell’immigrazione irregolare.
Un’immagine del ministro è stata bruciata dalle militanti del collettivo Aracne durante una manifestazione alternativa organizzata davanti al dicastero di viale Trastevere.
Nel corso del corteo principale, invece, numerosi sono stati i cartelli contro il ministro. «Valditara scegliti un insulto». Oppure le cifre sui femminicidi e la scritta: «Valditara vergognati».
Dal carro che che apre il corteo chi prende la parola ricorda che ‘il patriarcato esiste’ oppure invita il ministro a guardarsi allo specchio se vuole trovare il patriarcato. Ci sono le foto di Giorgia Meloni e di Eugenia Roccella imbrattate di sangue e cori contro la presidente del Consiglio mentre su uno dei carri che sfilano in corteo si legge: «transfemministe ingovernabili contro la violenza patriarcale». Un’attivista scrive: «104 morti di Stato. Non è l’immigrazione ma la vostra educazione», mentre un’altra manifestante espone un cartello dove si legge che «siamo le nipoti delle streghe che non siete riusciti a bruciare». E ancora: «Gli stupratori sono stati inventati prima delle minigonne», «Non siamo macchine per la riproduzione, ma donne pronte alla rivoluzione», «il corpo è mio, decido io». Un’altra ‘azione’ delle manifestanti è stata invece ispirata al gesto di Ahoo Daryaei, la studentessa iraniana che si era spogliata all’Università a Teheran.
La richiesta che arriva dalla piazza è di corsi di educazione affettiva e sessuale nelle scuole in orario curricolare, una richiesta che è presente in un emendamento alla legge di Bilancio presentato da Riccardo Magi, segretario di +Europa.
«Visto che del progetto annunciato da Valditara non si è saputo più nulla, chiediamo l’inserimento nella programmazione didattica curricolare ed extracurricolare delle scuole secondarie di primo e secondo grado (medie e superiori) di corsi di informazione e prevenzione sulla salute sessuale e sull’educazione sessuale e affettiva. Per sostenere questa misura chiediamo che sia approvato l’emendamento alla legge di Bilancio proposto da +Europa che chiede di incrementare il fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità», afferma Magi.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
L’AVVOCATA ALESSIA SORGATO, SPECIALIZZATA IN VIOLENZE CONTRO I SOGGETTI DEBOLI: “LA LEGGE ITALIANA LASCIA TROPPO SPESSO DA PARTE LE VITTIME”
Giulia Cecchettin non è stata l’ultima. E probabilmente non lo saranno neppure le 84 donne uccise in ambito familiare/affettivo, di cui 51 per mano del compagno o dell’ex compagno, dal 1° gennaio al 17 novembre 2024.
Il bilancio viene aggiornato settimanalmente dal ministero dell’Interno, ma riguarda più in generale gli omicidi volontari. L’Osservatorio nazionale di Non una di meno ne ha contati 104 tra «femminicidi, lesbicidi e transcidi». In Italia non esiste una banca dati pubblica in cui vengono registrati i casi. La disponibilità e l’accessibilità dei numeri è però fondamentale per definire il fenomeno e intraprendere azioni a livello politico-istituzionale anche per prevenire atti di violenza estrema. Sebbene l’esecutivo non abbia una reale consapevolezza del problema endemico della violenza di genere.
Le parole del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, ribadite dalla premier Giorgia Meloni, sulla «fine del patriarcato» e il riferimento all’immigrazione illegale lo confermano. Eppure, oltre alle leggi e all’applicazione delle stesse serve anche un cambiamento nel paradigma sociale e culturale in cui è radicata la stessa violenza. Senza programmi mirati di educazione sessuo-affettiva e alle relazioni sociali nelle scuole e nelle aziende, corsi di formazione che coinvolgano magistratura, forze dell’ordine, servizi sociali e investimenti di fondi regionali e statali, il lavoro di prevenzione rischia di essere vanificato.
Il femminicidio non si configura come un fatto isolato: è il tragico epilogo di una violenza che non si è riusciti a intercettare. Un gesto (estremo) che sottende una realtà complessa di oppressione, prevaricazione, persecuzioni, abusi, violazione sistematica dei diritti delle donne. Si tratta molto spesso di atti sommersi che, per tanti e diversi motivi tra cui lo stigma sociale, la vergogna, la paura di non essere credute, non vengono denunciati o resi noti. Persino sottostimati e minimizzati da chi dovrebbe essere in prima linea nel contrasto alle violenze maschili, siano esse di carattere fisico, sessuale, psicologico, economico e digitale. «Oggi esiste un new trend della violenza di genere: gli uomini vanno prima delle donne a denunciare», dice a Open Alessia Sorgato, avvocata penalista che si occupa prevalentemente di reati endofamigliari e di violenza contro i soggetti deboli e autrice del libro Ancora violenza? Istruzioni contro l’uso (Giuffrè Francis Lefebvre). «Negli ultimi dieci giorni mi sono arrivate cinque donne, cinque braccialetti elettronici, filmate dai mariti o compagni mentre fanno scenate, portate alla nevrosi, e puntualmente denunciate». Ma riconoscere i primi campanelli d’allarme della violenza maschile, le condotte misogine e discriminatorie fondate sulla disuguaglianza di genere e gli strumenti per contrastarle può fare la differenza. Non possiamo però delegare l’immenso lavoro e lasciare sole associazioni, fondazioni, centri anti-violenza e case rifugio. E non possiamo neppure chiedere alle donne di essere coraggiose. Perché la risposta è ovvia: «Non vogliamo essere coraggiose, vogliamo essere libere», come urlano le piazze.
Le leggi
Da una prospettiva giuridica, in Italia le norme in materia di prevenzione e contrasto al fenomeno della violenza, atti persecutori (stalking) e maltrattamenti contro le donne ci sono, ma devono essere integrate. E vanno, pure, rese efficaci. «La Convenzione di Istanbul (un trattato internazionale che l’Italia ha ratificato nel 2013, ndr) ha posto le basi per tutta una serie di normative, che per quanto riguarda l’Italia sono dieci in dieci anni. Dal 2013 al 2023 abbiamo tra ratifiche, esecuzioni di Convenzioni internazionali e leggi nazionali, innovato la materia in maniera tale per cui oggi si può dire – soprattutto con uno sguardo al resto d’Europa – che quella italiana sia una delle migliori. Perché abbiamo la normativa penalistica, civilistica e tutta una serie di prerogative di tipo amministrativo», sottolinea la legale.
Ma allora com’è possibile che abbiamo strumenti, che in molti giudicano all’avanguardia rispetto anche al resto d’Europa, ma continuiamo a contare i femminicidi? Camelia Ion, Celeste Palmieri e Roua Nabi sono state uccise dai loro ex mariti, tutti e tre denunciati alle forze dell’ordine, nonostante indossassero i braccialetti elettronici. Misure esplose con l’entrata in vigore del disegno di legge Roccella (il Codice rosso rafforzato) del 2023. Chiara Balistreri ha denunciato sui social la fuga dell’ex, che l’ha quasi uccisa, dagli arresti domiciliari. Poi fermato e arrestato lunedì scorso in Romania. Persino i divieti di avvicinamento molto spesso non vengono rispettati. Dai dati Istat emerge un trend in costante crescita per la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (+18%). La violazione di tali misure cautelari, che sono appannaggio dei giudici, ha riaperto il dibattito su ciò che funziona e non funziona anche nell’impianto normativo messo in campo per contrastare la violenza di genere.
Un anno fa circa erano tanti i politici a credere che «nessuna legge avrebbe potuto salvare Giulia Cecchettin». Anche se tutti avevano votato, mercoledì 22 novembre 2023 in Senato, la norma di Eugenia Roccella che ha rafforzato il codice rosso. Una sorta di deresponsabilizzazione della politica nei confronti di un fenomeno tutt’altro che in calo. La norma, che dovrebbe tutelare le donne e i soggetti che subiscono violenze, atti persecutori e maltrattamenti, ha introdotto nuovi reati, inasprito le pene per quelli già esistenti ed elaborato una procedura accelerata per chi vive situazioni di rischio. Ma spesso non funziona come dovrebbe. «Il codice rosso ha bisogno di fare ancora un po’ di strada – dice l’avvocata -. In primo luogo continua a mancare un ingrediente importante: ovvero il difensore d’ufficio della vittima. All’indagato, nell’attimo stesso in cui gli si notifica il fatto di essere sottoposto a un’indagine, viene fornito il nominativo e il numero di telefono di un legale che la stessa autorità giudiziaria ha individuato negli elenchi», spiega Sorgato. La donna vittima di violenza che ha sporto denuncia, querela o che ha fatto una segnalazione – un percorso di consapevolezza che già in partenza e per vari motivi è complesso, e che molto spesso viene ritrattato – deve, invece, cercare da sola un avvocato.
Ma è bene ricordare che «ha diritto al gratuito patrocinio entro un certo limite di legge (circa 12mila euro). Mentre per i reati quali maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e mutilazioni genitali femminili le donne hanno diritto alla difesa legale gratuita qualunque sia il reddito». Ma non solo: possono beneficiare di permessi retribuiti; con una denuncia per reati endofamiliari (violenza fisica o psicologica, maltrattamenti, mancato mantenimento ecc.) il sostegno psicologico è inoltre a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Moltissime associazioni prevedono, inoltre, la possibilità di colloqui psicologici a prezzi calmierati o gratuiti.
L’estromissione del difensore della vittima
Nella difesa della vittima ci sono, però, ulteriori problematiche. Il difensore della donna viene, infatti, estromesso da alcune fasi della procedura penale. «Poniamo che l’uomo sia stato identificato, indagato, processato e condannato. “E adesso?”, mi chiedono sempre le vittime – dice la legale -. Si aprono vari scenari: c’è tutta una parte recente sui trattamenti criminologici che sono percorsi che vengono impartiti a lui, ma che non coinvolgono la donna. Perché la mediazione penale per i reati da Convenzione di Istanbul è vietata», precisa. Ciò significa che dopo la condanna il difensore della vittima è fuori da tutte le aule, prima fra tutte quella del tribunale di sorveglianza, dove il soggetto può chiedere di uscire dal carcere, dal percorso penitenziario, e rientrare nella società. «Vi pare possibile che non abbiamo interlocuzione? L’opinione della vittima non vale nulla? Ci sono donne che mi chiamano e mi dicono: “Ha suonato al campanello di casa e mi ha fatto vedere che non ha alcuna restrizione e io non lo sapevo. Cosa devo fare?” Queste sono le cose da attuare: non soltanto l’obbligo di sentire la donna entro tre giorni (previsto dal Codice, ndr) dalla denuncia».
Anche perché l’accelerazione della procedura fine a se stessa molto spesso non porta a una maggiore tutela della vittima. Da una parte non è scontato che la donna sia pronta a raccontare nel dettaglio ciò che le accaduto dopo pochi giorni, al di là del singolo fatto denunciato, e dall’altra potrebbe essere invece già sufficiente il contenuto della denuncia. In altri casi, invece, i tre giorni non vengono rispettati. «Solitamente dopo pochi giorni dalla denuncia o dalla querela sono ben poche le novità – sottolinea Sorgato -. Tant’è vero che in molte procure è stato adottato un ciclo-stile: la denuncia è completa, non risentiamo la donna. Ma se invece si mettesse anche l’obbligo di riconvocarla prima di una decisione del pubblico ministero, come ad esempio la richiesta di archiviazione, sarebbe molto utile. Anche perché purtroppo nella pratica forense di tutti i giorni capita spesso di trovare fascicoli poco istruiti. Dentro ci sono pochi fogli e quindi il pm ritiene di non avere sufficienti prove per chiedere un rinvio a giudizio e processare il soggetto denunciato – afferma la legale -. Ma se in questo caso ci fosse l’obbligo di risentire la persona, si potrebbe intanto aggiornare la situazione. Chiedendole: “Com’è andata? Il tribunale dei minori è intervenuto? Siete sotto assistenti sociali?” Purtroppo alcune procure sono piuttosto facili alla richiesta di archiviazione», precisa.
«È il legislatore che deve innovare le norme, non la giurisprudenza»
In sostanza il Codice Rosso «potrebbe essere ulteriormente ossigenato», dice la legale. «Ma chi lo deve fare è il legislatore: ultimamente la Corte d’Assise, proprio nel caso Cecchettin, l’ha scritto nero su bianco: non è la giurisprudenza che deve innovare le norme, ma è il legislatore, che è un politico – continua -. E quando riforma, quando scrive i codici rossi, i codici rossi rafforzati, ha una piattaforma di interlocutori e interlocutrici con cui si confronta, ma forse non parla con la bassa manovalanza, ovvero con chi ha a che fare tutti i giorni, anche dentro le aule di tribunale, con queste donne». Le competenze di chi lavora per prevenire la violenza di genere non sono infatti solo giuridiche. Devono essere coinvolte altre figure, che siano in grado di comprendere le caratteristiche specifiche della vittima e quale sia la reale situazione di pericolo. «Il fatto che certi comportamenti insistenti e non graditi da chi li riceve possano trasformarsi in reato non è proprio appannaggio di tutti – dice Sorgato -. Neppure nelle stazioni di polizia o nelle caserme dei carabinieri: prima della legge che ha introdotto il 612 bis (atti persecutori, ndr), alle donne che andavano a dire: “Io ho paura” o “Me lo trovo sotto casa o sotto l’ufficio”, gli investigatori dicevano: “Altre pagherebbero per avere un uomo così galante” e loro tornavano a casa con gli stessi timori di prima. Poesie, fiori, cioccolatini sono persecuzioni se chi li riceve non li gradisce».
Perciò è fondamentale la presenza di professionisti specializzati e soprattutto formati che collaborino tra di loro. «Nel momento in cui si chiede aiuto non si viene ascoltati soltanto da una persona, bensì da un team composto da avvocati, volontari dei centri anti-violenza, psicologi forensi e mediatrici culturali. Ad esempio nelle associazioni con cui lavoro creiamo delle chat dedicate con varie figure – racconta -. Se ho a disposizione uno strumento di questo tipo e la donna vittima di violenza ci racconta che l’uomo allontanato è sotto casa oppure davanti alla scuola del figlio e lei non sa cosa fare, allora noi magari le spieghiamo che esiste la possibilità di storicizzare la fotografia tramite un app che garantisce come quella foto sia stata scattata in quel determinato momento. Oppure – continua – l’uomo mi continua a telefonare o mandare messaggi? C’è un’altra app che immagazzina tutta questa messaggistica e crea la copia conforme all’originale». Tutto ciò che viene raccolta verrà poi utilizzato con un’eventuale prova in fase di processo.
Dalla diffida alla denuncia: quali sono gli strumenti previsti dai Codici?
Oltre al necessario e sempre più urgente cambiamento socio-culturale e a un’integrazione a livello normativo, vi sono alcuni strumenti che i Codici mettono a disposizione delle donne per tutelarsi. Come ad esempio la diffida stragiudiziale, ovvero una lettera raccomandata che scrive il difensore della vittima per chiedere che il destinatario, come ad esempio lo stalker, cessi un comportamento ritenuto molesto o comunque dannoso. Mentre per quanto concerne le normative civiliste, il Tribunale può applicare i cosiddetti ordini di protezione. Ovvero un provvedimento con cui il giudice civile impone al coniuge o al convivente violento di non far ritorno alla propria abitazione. «La riforma del 2023 ha previsto un canale diretto tra le carte del giudice civile e quelle del magistrato penale», spiega la legale. Si arriva poi al secondo livello: l’ammonimento del questore (non è un’autorità giudiziaria, ma di polizia), cioè una formula amministrativa di diffida, una sorta di avvertimento. Ed essere già stati ammoniti diventa un’aggravante per tutti i reati che hanno a che fare con la violenza.
E, infine, si arriva alla querela con cui si esprime la volontà che si proceda per punire il colpevole. In questo caso lo Stato non si mette in mezzo, ma aspetta che sia la vittima a chiedere aiuto. A differenza della denuncia, che può essere presentata da chiunque, e che riguarda i reati perseguibili d’ufficio. Una volta che la notizia di reato (querela-denuncia) arriva al pubblico ministero è possibile ottenere, anche su istanza del difensore della vittima, l’emissione di provvedimenti specifici a tutela della stessa e dei figli. Si tratta delle cosiddette misure cautelari (tra cui l’allontanamento dalla casa familiare dell’autore delle violenze, il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, il braccialetto elettronico, gli arresti domiciliari ecc.), che però devono essere valutate caso per caso e presuppongono una attenta valutazione del rischio. Tali misure che sono appannaggio dei giudici: non possono essere richieste dal privato come nel caso dell’ammonimento. «Due settimane fa circa la Corte costituzionale si è espressa sui divieti di avvicinamento, domandandosi se quel limite dei 500 metri potesse essere derogato. Il giudice – precisa la legale – si è reso conto che in un centro piccolo la violazione di tale distanze era all’ordine del giorno. Ma la Corte ha confermato che i metri stabiliti rappresentano lo spazio minimo che dà alla vittima una certa tranquillità. L’indagato munito di braccialetto elettronico deve andare in farmacia? – si chiede – Si sposta in un paese vicino. Non possiamo mettere a repentaglio la tranquillità e la sicurezza della parte lesa».
La legge non basta
Eppure gli strumenti messi in campo in questi anni a livello legislativo non bastano per sradicare un fenomeno strutturale tutt’altro che in calo. Bisogna educare alla non-violenza. Serve, anche, forse soprattutto, una Rivoluzione culturale, che passa dall’impegno di tutti. Non è sufficiente l’inasprimento delle pene, non basta neanche dare supporto alle donne vittime di violenza. E, certamente, non aiuta negare l’esistenza del sistema patriarcale. «Uscire dalla violenza si può e si deve», conclude Sorgato. Ma è fondamentale riconoscere la violenza di genere come un fenomeno endemico che riguarda tutti per poter implementare misure, strumenti, normative che possano contrastarlo. A partire dalle scuole.
(da Open)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI TREVISO RISPONDE ALLE MIRE DI FRATELLLI D’ITALIA SUL CANDIDATO GOVERNATORE
«Noi siamo pronti a correre anche da soli. Quindi non c’è proprio margine». Lo dice il sindaco di Treviso (e delfino di Luca Zaia) Mario Conte, rispetto all’ipotesi che il segretario della Lega Matteo Salvini sia costretto a cedere a logiche nazionali di spartizione nel centrodestra. Lasciando così il Veneto – anche per l’incandidabilità di Luca Zaia ad un terzo mandato – alle ambizioni di Fratelli d’Italia.
«Non possiamo accettare logiche paracadutate da un tavolo nazionale che non tengano conto delle sensibilità territoriali. Noi siamo la Liga Veneta e presenteremo le nostre proposte. Vinca il migliore», dice Conte.
E ancora: «Il Veneto non è della Lega e resterà della Lega. Luca Zaia è il nostro candidato».
Ma se non cambierà la legge sul terzo mandato l’attuale governatore non potrà ricandidarsi: «ma lui ci sarà lo stesso. E’ la punta di diamante di una squadra con un grande consenso». Quanto a lui, non esclude di far parte della partita: «Questo partito ha fatto crescere una squadra di amministratori pronti a scendere in campo. Mi ci metto dentro anch’io. Poi il ‘bomber’ lo decideremo solo quando avremo la certezza che Zaia non potrà più correre».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
TRA GLI ALTRI PARTITI CRESCE SOLO FORZA ITALIA
Settimana negativa per Fratelli d’Italia che perde quasi mezzo punto e scende al 29,4%.
Può tirare un sospiro di sollievo il Partito democratico, che recupera terreno e sale nuovamente sopra il 23%. Tra gli altri partiti, cresce solo Forza Italia che si piazza al 9%, superando la Lega. È quanto emerge dall’ultimo sondaggio realizzato da Emg per Rai.
Quali partiti hanno guadagnato voti e quali ne hanno perso
Dopo le regionali in Umbria ed Emilia-Romagna, che hanno consegnato la vittoria al centrosinistra, anche i sondaggi non premiano Fratelli d’Italia, che perde lo 0,4%. Il partito di Giorgia Meloni è al 29,4% e resta comunque primo, distante dagli avversari di cui può ancora non temere la concorrenza.
Il Partito democratico invece, guadagna voti e con un +0,5% passa dal 22,8% al 23,3%. I dem si lasciano alle spalle una settimana positiva, forti del successo raggiunto alle ultime Regionali dove il Pd è arrivato primo con un ampio margine di stacco dagli altri partiti.
Il Movimento 5 Stelle invece, resta pressoché stabile all’11%, con un lieve calo (-0,1%). Il partito di Giuseppe Conte, che proprio oggi affronterà con l’Assemblea costituente l’ultima fase del suo percorso di riorganizzazione interna, si ritrova in una fase di crisi di identità. Alle ultime tornate elettorali i pentastellati hanno registrato un importante crollo nei consensi, con cui dovranno fare i conti anche in vista delle prossime Regionali del 2025.
Oltre ai dem, l’unica altra forza politica a crescere questa settimana è Forza Italia. Gli azzurri crescono dello 0,4% e salgono al 9%, posizionandosi davanti alla Lega. Guardando anche ai risultati in Emilia-Romagna e Umbria, FI sembra reggere bene nei consensi e conferma il suo ruolo di secondo partner della coalizione di centrodestra.
Il Carroccio invece, resta indietro e con un calo dello 0,1%, si attesta all’8,7%. In generale, il partito di Matteo Salvini non è andato bene alle regionali, ma a livello nazionale non si riscontrano, per il momento, grandi spostamenti a livello di consensi, anche se ormai è lontano dalle percentuali del 2019 (quando alle europee raggiunse il 34%).
Tra gli altri partiti, Alleanza Verdi-Sinistra perde lo 0,3% e scende al 6,6%, mantenendosi grossomodo attorno alle posizioni di questi ultimi mesi.
Per quanto riguarda Italia Viva, si registra un calo dello 0,2%, che porta il partito di Matteo Renzi al 2,4%. Sulle stesse percentuali si colloca Azione, in leggero aumento (0,1%). Segue Noi Moderati che raccoglie un +0,3% e passa dall’1,3% all’1,6%. E infine, +Europa, che con una flessione dello 0,3%, scende all’1,5%.
(da Fanpage)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
TAJANI LO STOPPA: “TOCCA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E AL MINISTRO DEGLI ESTERI DARE LA LINEA DELLA POLITICA INTERNAZIONALE”… MELONI, INCAZZISSIMA PER LO SCONTRO TRA MINISTRI, DEVE INTERVENIRE CON UNA NOTA UFFICIALE IN CUI PERO’ NON PRENDE UNA POSIZIONE CHIARA
Cosa succederebbe se Benjamin Netanyahu atterrasse stamattina all’aeroporto di Fiumicino? A leggere le posizioni dei ministri italiani lo stesso premier israeliano potrebbe avere dei dubbi: qualcuno crede che andrebbe arrestato immediatamente, altri sono pronti ad abbracciarlo sulla pista e altri ancora preferiscono non esporsi, rimandando ogni decisione a un approfondimento e a un accordo con gli alleati.
La sentenza della Corte penale internazionale, che ha emesso dei mandati di cattura per il capo del governo di Tel Aviv e per il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant con l’accusa di crimini di guerra a Gaza, mette in oggettivo imbarazzo il governo di Giorgia Meloni.
I ministeri degli Esteri e quello della Giustizia stanno studiando un protocollo da applicare nel caso in cui la sentenza andasse applicata, ma alla Farnesina e a Palazzo Chigi sono convinti che il problema sia solo teorico, perché Netanyahu non ha nessuna intenzione di tentare l’avventura con un viaggio in Europa.
Le posizioni dei membri dell’esecutivo sono distanti, tanto da costringere la premier a intervenire direttamente ieri con una nota ufficiale. Il primo a dichiarare sul tema era stato, giovedì pomeriggio, il ministro della Difesa Guido Crosetto: «L’Italia, pur ritenendola sbagliata applicherà la sentenza di arresto».
Poco dopo, il ministro degli Esteri Antonio Tajani correggeva il tiro: «Decideremo insieme agli alleati».
La Lega, invece, proseguendo la sua crociata, definiva la sentenza “filo islamica”. Mentre scoppia il caso Meloni è in volo di ritorno dall’Argentina.
Ma appena le comunicazioni lo consentono, la presidente del Consiglio lascia trapelare che la linea è quella di Tajani. Un messaggio non raccolto da Matteo Salvini che seguendo le orme dell’alleato ungherese Viktor Orban afferma: «Se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto».
Tajani non gradisce: «La linea è quella indicata anche oggi pomeriggio dal presidente del Consiglio. Tocca al presidente del Consiglio e al ministro degli Esteri dare la linea della nostra politica internazionale. È quello che abbiamo fatto, le altre sono opinioni».
L’opposizione ha gioco facile nel denunciare le contraddizioni: «Non è accettabile che in una fase così delicata il governo si esprima in modo così confuso», dicono i capigruppo del Pd
In molti descrivono Meloni assai contrariata per le posizioni dei suoi ministri. Ma la vera difficoltà della premier in queste ore sta nel doversi districare tra il dovere di applicare le sentenze di un tribunale riconosciuto giuridicamente e gli obblighi imposti dalla diplomazia. Una situazione complessa, che accomuna quasi tutti i governi dell’Unione europea.
Non è un caso che la premier ieri sia voluta intervenire direttamente, pur senza prendere una posizione chiara: «Approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte penale internazionale – si legge in una nota diffusa ieri pomeriggio – motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica».
Per Meloni «un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere un’equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas». I diplomatici di Farnesina e Palazzo Chigi concordano sul fatto che chiedere l’arresto Netanyahu è una mossa che non avvicina la pace in Medio Oriente, al contrario.
Meloni richiama direttamente un appuntamento: il vertice dei ministri degli Esteri del G7 che si terrà a Fiuggi, in provincia di Frosinone, lunedì e martedì prossimi. Il padrone di casa sarà Antonio Tajani (originario proprio della cittadina nel sud del Lazio). I sette grandi non potranno definire una linea comune sulla sentenza, anche perché gli Usa non riconoscono la legittimità della Corte penale internazionale. Per l’Italia, però, è un modo per uscire dal dilemma giuridico sull’arresto dei leader israeliani e buttarla in politica.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 23rd, 2024 Riccardo Fucile
QUANTO PIÙ IL GOVERNO SI AVVICINA ALL’EUROPA, TANTO PIÙ SALVINI SI COLLOCA IN UN ALTRO SCENARIO: QUELLO DI ORBAN, CHE NON A CASO HA INVITATO NETANYAHU IN UNGHERIA; E DELLA NUOVA AMMINISTRAZIONE AMERICANA PER LA QUALE SALVINI RITIENE DI POTER ESSERE UN INTERLOCUTORE PRIVILEGIATO
Le strade di Meloni e Salvini si stanno divaricando ogni giorno di più. Non è solo la decisione della premier, appoggiata anche dal Pd, di sostenere la Commissione europea di Ursula Von der Leyen al cui interno è entrato, come vicepresidente e commissario per la Coesione il ministro Fitto.
Ma anche, a conferma, l’iniziativa della Corte penale internazionale di emettere un mandato di cattura per Netanyahu e il suo ex– ministro Gallant, sulla quale Meloni ha preso tempo, affidando a Tajani il compito di effettuare un sondaggio lunedì al G7 dei ministri degli Esteri che si terrà a Fiuggi, ma mettendo in chiaro che non si possono mettere sullo stesso piano Israele e Hamas
La divergenza tra Meloni e il suo vice insomma non è più occasionale, né legata all’abituale desiderio del leader leghista di distinguersi e cercare visibilità. Quanto più il governo si avvicina all’Europa, tanto più Salvini si colloca in un altro scenario: quello di Orban, che non a caso (pur sapendo che non andrà, men che mai in questo momento) ha invitato Netanyahu in Ungheria; e della nuova amministrazione americana per la quale Salvini ritiene di poter essere un interlocutore privilegiato.
Che poi Meloni lo lasci fare – malgrado l’evidente danno di immagine per un governo che su un punto così delicato si presenta con tre posizioni diverse – perché ritiene che il suo canale istituzionale delle relazioni con l’alleato Usa sia più forte di qualsiasi corteggiamento politico del Capitano leghista, è possibile
Anche se l’importanza data al recente incontro con il presidente argentino Milei sta a significare che anche lei non trascura di costruire e approfondire i rapporti con il nuovo universo sovranista, mentre aspetta di verificare di persona la disponibilità di Trump.
Meloni in sostanza ritiene di poter svolgere un ruolo di collegamento e di mediazione tra l’Unione europea minacciata dalla vocazione euroscettica e bilaterale trumpiana e il nuovo presidente americano. Specie in un momento in cui Germania e Francia sono alle prese con le loro crisi interne e (la Germania) con le prossime scadenze elettorali. Vasto programma
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »