LA GRANDE RITIRATA DALL’ALBANIA: IN ASSENZA DI MIGRANTI DA “OSPITARE”, IL GOVERNO RICHIAMA TRE QUARTI DEL PERSONALE DAI CENTRI DI SHENGJIN E GJADER
RESTANO UNA MANCIATA DI ALBANESI CHE SI OCCUPANO DELLE PULIZIE E DEL SERVIZIO SANITARIO. LA NAVE LIBRA DELLA MARINA MILITARE È FERMA… LE OPPOSIZIONI DENUNCIANO LO SPRECO DI SOLDI: “LE STRUTTURA SONO DESERTE MA LE AMPLIANO ANCORA”
Non sarà l’addio, ma è un arrivederci Albania. A Shengjin e Gjader si fanno le valigie.
Tutti gli operatori sociali di Medihospes, la cooperativa che gestisce i centri per il trattenimento e il rimpatrio dei migranti, rientreranno entro domani in Italia. E al momento non sono previsti ricambi.
Al di là dell’Adriatico restano una manciata di albanesi che si occupano del servizio sanitario e delle pulizie e sette italiani: il direttore e un pugno di dipendenti con ruolo amministrativo. Nessuno, insomma, che si occupi di migranti
Che d’altronde non ci sono e dall’11 ottobre, quando i centri sono diventati operativi, non ci sono praticamente mai stati.
È l’ultima smobilitazione, anticipata dal manifesto e confermata indirettamente dal Viminale.
Dal ministero trapela che i centri restano operativi e vigilati seppur con personale ridotto e variabile in base alle esigenze. Esigenze che ora non ci sono. Per due volte i migranti sono arrivati e rimandati indietro perché nessun giudice ha firmato la convalida dei trattenimenti dopo che una sentenza della Corte di giustizia europea ha messo in discussione i criteri con i quali un Paese viene considerato sicuro ai fini del fermo.
La nave Libra della Marina militare è ferma. Ufficialmente per maltempo. L’equipaggio può essere richiamato nel giro di 24 ore. Ma a quanto risulta non ci sono viaggi all’orizzonte.
L’eurodeputata di Volt Europa, Francesca Romana D’Antuono, che ieri ha visitato il centro di Gjader conferma: «Agenti? Ce n’erano dodici. E nei prossimi giorni verranno ridotti ancora. Del personale totale il 75 per cento se n’è già andato». Resta «un centro immenso, in mezzo al nulla, del tutto vuoto. Eppure i lavori vanno avanti, ci sono escavatrici, cantieri. Una grande desolazione e un enorme esborso di denaro per una pagliacciata della quale non si capisce il senso visto che qualsiasi sia l’esito della richiesta d’asilo dei migranti, la procedura prevede che siano riportati in Italia». Via pure loro.
Anche i funzionari della commissione territoriale per la protezione internazionale incaricati di occuparsi dell’esame dei casi di ogni singolo migrante, sono stati messi a fare altro, il personale sanitario dell’hotspot di Shengjin è tornato a casa e la trattoria Meloni è semi deserta.
Il governo però tira dritto, l’Albania è congelata, ridimensionata, non certo smantellata. Nel coro di critiche ci si mette anche la Federazione degli Ordini dei Medici e degli Odontoiatri che, rispondendo alle segnalazioni di Emergency e Medici senza Frontiere sulle modalità per la selezione delle persone non vulnerabili da trasferire nei centri, sottolinea: «Il medico ha un’unica finalità: curare le persone senza alcuna discriminazione. La selezione dei migranti a fini amministrativi non costituisce un processo di cura».
Le speranze dell’esecutivo sono appese alla sostituzione per legge delle sezioni immigrazione dei tribunali con le Corti d’appello, immaginando che altre toghe si esprimano in maniera contraria alla pronuncia europea, e alla Cassazione che il 4 dicembre dovrà esprimersi sui ricorsi del Viminale contro le prime non convalide dei trattenimenti in Albania e del tribunale di Roma rispetto ai poteri di controllo della magistratura sulla lista dei Paesi sicuri.
I giudici però potrebbero scegliere un nuovo rinvio alla Corte di giustizia europea davanti alla quale pendono già i quesiti di tre tribunali. Se si procedesse d’urgenza ci vorrebbero un altro paio di mesi.
Senza altre prove di forza, arrivederci Albania.
(da la Repubblica)
Leave a Reply