Dicembre 29th, 2024 Riccardo Fucile
LE SPESE ALLA SANITÀ SCENDONO ALLA SOGLIA MINIMA DI SOPRAVVIVENZA. E GLI INCENTIVI A CHI NON PAGA LE TASSE, TRA CONCORDATO E CONDONI, ALLARGANO L’INGIUSTIZIA SOCIALE RISPETTO AI LAVORATORI DIPENDENTI, GLI UNICI CHE PAGANO LE TASSE
L’economia italiana è in stagnazione, in un quadro internazionale difficilissimo: l’andamento del Pil si rivela (molto) peggiore del previsto e la produzione industriale è ferma da quasi due anni; con ogni probabilità, il 2025 sarà ancora più critico, per i nuovi dazi dell’amministrazione Trump.
In questo contesto, il governo ha preso la strada opposta a quella di cui avremmo bisogno. Invece di investire, decide di tagliare il welfare e i servizi pubblici, gli aiuti alle imprese e i fondi per la transizione energetica: lasciando i cittadini ancora più in difficoltà e il sistema produttivo senza una direzione e una prospettiva di rilancio. Invece di tutelare il lavoro, lo precarizza ulteriormente, facendo aumentare la povertà lavorativa. Invece di spingere gli imprenditori a crescere e a innovare, ne favorisce gli antichi mali con condoni fiscali e persistenti favori alla piccola dimensione.
C’erano alternative? Si dirà, le regole europee sono queste: il ritorno dell’austerità. Si deve però ribadire che queste regole così penalizzanti sono il frutto (anche) degli errori del governo Meloni quando ha negoziato il nuovo patto di stabilità. […] In realtà, anche con queste regole europee si poteva fare ben altro.
Intanto sul fronte delle spese: mentre il fondo per la sanità scenderà nei prossimi anni sotto il 6 per cento del Pil, soglia considerata minima per la sopravvivenza di un sistema universale, e mentre già 4,5 milioni di italiani non ce la fanno più a curarsi e vedono quindi negato un diritto universale, risaltano gli 1,5 miliardi aggiuntivi destinati in manovra al Ponte sullo Stretto, un’opera mastodontica, incerta e al momento inutile, così come le centinaia di milioni destinati ai centri di detenzione dei migranti in Albania (e lo spreco è il problema minore, in questo caso, rispetto ai diritti umani)
E poi sul fronte delle entrate. L’Italia è uno dei paesi con le più alte disuguaglianze dell’Unione: e per il 5 per cento più ricco della popolazione l’aliquota media diminuisce, addirittura, in virtù delle detrazioni e delle numerose flat tax (sugli affitti, sui redditi da capitale) di cui gode. Occorre ristabilire la progressività per questo 5 per cento privilegiato.
Occorre poi eliminare il regime forfettario per gli autonomi, che la destra ha ulteriormente esteso e che, oltre a fornire gli incentivi sbagliati (all’evasione e alla piccola dimensione), crea un’insopportabile ingiustizia rispetto ai lavoratori dipendenti […]. Quanto alla lotta all’evasione (in calo, ma pur sempre stimata a circa 80 miliardi), anche qui il governo ha scelto la strada opposta, con i condoni e anche con segnali inequivocabili come gli attacchi contro l’Agenzia delle Entrate. Le decine di miliardi che servono alla sanità, alla scuola, ai servizi pubblici, alle politiche industriale e alla transizione energetica sono qui. Altro che tagli!
Lo svilimento e la precarizzazione del lavoro sono parte del quadro.
Con il collegato Lavoro di dicembre, ad esempio, il governo ha introdotto la possibilità di utilizzare senza limiti e vincoli i contratti in somministrazione e i contratti stagionali; in aggiunta, nel 2023 aveva già liberalizzato i contratti a termine, le occupazioni intermittenti e i voucher. Ecco perché la povertà aumenta, nonostante l’espansione dell’occupazione di cui il governo si vanta tanto (ma attenzione: le ore di lavoro per occupato diminuiscono).
Nell’insieme, le scelte del governodelineano una «strategia» precisa: fatta da un lato di piccolo cabotaggio e misure spot, di favori ai gruppi amici; dall’altro, di rinuncia alle politiche industriali e per l’ambiente e di abbandono del pubblico.
(da Domani)
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Dicembre 29th, 2024 Riccardo Fucile
L’ACCORDO CON CHIARA FERRAGNI PER EVITARE IL PROCESSO… E IL LAVORO DELLE PROCURE LO PAGANO I CITTADINI
Come il Fatto aveva anticipato pochi giorni fa, il Codacons e Chiara Ferragni hanno
raggiunto un accordo che consente alla influencer cremonese di evitare il probabile processo per truffa aggravata. L’associazione in difesa dei consumatori riceverà un risarcimento da destinare a chi, tra gli acquirenti del Pandoro, aveva denunciato Ferragni.
Ferragni devolverà poi ulteriori 200 mila euro a favore di un ente scelto d’intesa con Codacons. Quest’ultimo ritirerà le querele che con ogni probabilità, a gennaio, sarebbero costate il rinvio a giudizio per Ferragni. Insomma, il paradosso è che si tratta di un accordo di indubbio vantaggio per Codacons e Ferragni, ma è da vedere quanto lo sia per le vere vittime di questa vicenda: i consumatori. L’associazione di Carlo Rienzi infatti, come accaduto con Fedez per altre questioni, aveva scomodato la legge. Nel caso del Pandoro era stato depositato un esposto in 104 procure e presso i comandi regionali della Guardia di Finanza. Dopo la donazione di 1 milione da parte di Ferragni all’Ospedale Regina Margherita, ormai un anno fa, Codacons aveva rilasciato il seguente comunicato: “Da Chiara Ferragni arrivano oggi vergognose lacrime di coccodrillo per ripulire la sua immagine pubblica dopo la multa dell’Antitrust sul caso Balocco. Non scuse e mai più beneficenza da chi finge di pentirsi e tenta di ricattare i giudici con promesse di donazioni finalizzate a ottenere una riduzione della sanzione Antitrust”. Neanche un anno dopo, con estrema coerenza, Codacons accetta i risarcimenti, una donazione e ritira le querele. Querele costate quasi un anno di indagini alla procura di Milano, impegnando uffici e dipendenti pubblici che, a quanto pare, hanno lavorato inutilmente.
Rienzi e Ferragni si occuperanno insieme di temi sociali e l’impegno del Codacons sul tema violenza contro le donne “si concluderà con un importante evento nazionale cui parteciperà anche la stessa Chiara Ferragni”.
Insomma, come era accaduto con Fedez, Rienzi dà il via a una raffica di denunce e di comunicati stampa roboanti, per poi trovare accordi extragiudiziali e utilizzare la visibilità dei Ferragnez per eventi pubblici (indimenticabile quello a Taranto per l’Ilva con Fedez e Rienzi in posa, indossando t-shirt spiritose).
Morale: la Ferragni di turno risolve (legittimamente) le sue beghe legali pagando, Rienzi ottiene soldi per l’associazione e un sacco di pubblicità (facendosi anche risarcire le spese legali) e i famosi cittadini, quelli che il Codacons dovrebbe tutelare, pagano il lavoro delle procure.
Trovandole spesso intasate, quando ne hanno bisogno, grazie a chi le scomoda per nulla. Bisognerà fondare un’associazione che ci difenda dal Codacons, prima o poi.
Selvaggia Lucarelli
(da ilfattoquotidiano.it)
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Dicembre 29th, 2024 Riccardo Fucile
L’USO DEI MELONIANI DI QUERELARE I GIORNALISTI IN SEDE CIVILE PER FARE UN PO’ DI SOLDINI
L’arroganza, di solito, nei potenti si accompagna alla debolezza. O meglio: alla consapevolezza dell’impotenza. Chiaro esempio di ciò, l’uso di Meloni e dei suoi sottoposti di querelare (in sede civile, per fare un po’ di soldini) giornalisti e scrittori critici (non certo una caratteristica dei – si fa per dire – post-fascisti: questo giornale si sta ancora difendendo da decine di querele intentate dal Renzi senatore o presidente del Consiglio).
Ma c’è una speciale suscettibilità del potente quando viene colto in fallo nella sua cattiva coscienza: l’altro giorno il ministro della Guerra Crosetto, dopo aver postato su X una foto delle sue vacanze in montagna (“Finalmente a casa”), s’è visto rispondere da un signore: “Sarebbe opportuno che pensasse anche a chi, grazie alle vostre armi, una casa non l’ha più, una famiglia non l’ha più. Quando chiedete più tasse, usatele per fare del bene e non distruggere il SSN”. Impeccabile.
Praticamente un editoriale, senza un insulto, oggettivo, informato. Crosetto, con grande senso delle istituzioni, risponde così all’utente, che non è un troll e si firma con nome e cognome: “Non so se lei sia più infame o ignorante. Ciò detto anche una persona squallida come lei merita di passare un Buon Natale: auguri”.
A un altro, ugualmente civilissimo, dà dello “sfigato” e del rosicone, sottintendendo che lui, il riccone, è in vacanza sui monti mentre il poveretto sbava davanti alle foto delle vacanze di lorsignori; a un altro dice di stare “a cuccia”.
È infame il dissenso, in questa cosiddetta democrazia. Non è infame, invece, che almeno 130 giornalisti (secondo Reporters Sans Frontières) siano stati uccisi dall’esercito israeliano perché raccontavano la verità; che 4 neonati a Gaza siano morti di freddo a Natale; che i complici occidentali di Netanyahu presenti alla riapertura di Notre-Dame trasformata in un centro commerciale continuino a foraggiare materialmente e a sostenere moralmente il genocidio dei palestinesi (piano con le parole: i sionisti messianici potrebbero offendersi, mentre sparano in testa ai bambini), buffonata ipocrita che di cristiano non aveva nulla se non la scocca kitsch e alla quale infatti Papa Francesco ha rifiutato di presenziare.
I complici degli aguzzini si adontano e danno di matto, esibendosi in insulti da bulli da bar, se persino un comune e civile cittadino li mette a nudo nella loro miseria.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Dicembre 29th, 2024 Riccardo Fucile
STANZIATI 6 MILIONI PER NAPOLI, OLTRE 4 PER LA VAL D’AOSTA E 1 A BRESCIA
Dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, dalla provincia di Trento alla Calabria, nella manovra
non esistono limiti geografici. Una mancetta è ovunque. Il testo definitivo della Legge di Bilancio, approvato ieri al Senato con l’ennesimo voto di fiducia, è una carrellata di pensierini natalizi rivolti a enti vicini al governo o a territori molto cari ai parlamentari della maggioranza.
Certo, ci sono le misure più note, come il bonus bebè (mille euro per ogni nato nel 2025) e quello per gli elettrodomestici, il taglio al cuneo fiscale reso strutturale, l’introduzione (con vari paletti) dell’Ires premiale e il bonus ristrutturazioni al 50 per cento per le prime case. Ma dietro si scorge il resto.
Per Giorgia Meloni la manovra è comunque «un passo in avanti», mentre per la leader del Pd, Elly Schlein, «è senza respiro» perché «scarica tutti i sacrifici sulle spalle di chi fa più fatica».
Agli atti resta un provvedimento Frankenstein, che ha creato un ulteriore effetto collaterale: la crescita dei malumori nella stessa maggioranza. Peraltro, appena chiuso un capitolo se n’è aperto un altro.
Il leader della Lega, Matteo Salvini, continua ad accarezzare il sogno-Viminale. «Il ministro dell’Interno l’ho fatto e, penso, discretamente. L’assoluzione toglie le scuse, soprattutto alla sinistra che diceva “Salvini non può occuparsi di immigrazione perché sotto processo”. Adesso c’è Piantedosi e ha tutta la mia stima. Ne parleremo con Meloni», ha rilanciato, nonostante poche ore prima il sottosegretario, Giovanbattista Fazzolari, avesse chiuso all’eventualità: «Il rimpasto non è e non sarà sul tavolo». Né ora né mai.
Più mance per tutti
Ma se queste sono voci e ambizioni, la manovra consegna mancette reali per tutti i gusti. Cozzando con gli auspici di austerità del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che aveva parlato di una legge di Bilancio a favore di operai e pescatori.
A Napoli arrivano 6 milioni di euro, attraverso il ministero degli Esteri, per celebrare i 2.500 anni dalla fondazione della città, mentre a Brescia viene destinato un milione di euro per il 2025 e un altro milione totale per il biennio successivo per non meglio specificati «interventi infrastrutturali» (su richiesta del deputato di Azione, Fabrizio Benzoni, con l’avallo della destra).
Non sono gli unici soldi ricavati tra le pieghe delle casse statali. C’è infatti la norma che fa felici i parlamentari valdostani con lo stanziamento di 4 milioni e mezzo di euro, spalmati sul prossimo triennio, per la «valorizzazione degli ambiti montani» in Valle d’Aosta. Un apposito fondo da 750mila euro (tra il 2025 e il 2026) è stato, poi, previsto per garantire un po’ di risorse alla provincia autonoma di Trento. Potranno essere spese su vari capitoli, dalla sicurezza al patrimonio artistico.
Calabria e Sicilia brindano a ripetizione. A Reggio Calabria arrivano 4 milioni di euro in totale per il progetto Campus universitario del Mediterraneo, altri 3,8 milioni sono a disposizioni per alcuni lavori da svolgere nella Vallata del Gallico, nella provincia reggina, più un paio di milioni da distribuire per interventi minori tra Calabria e Sicilia. Alla regione isolana, guidata da Renato Schifani, è garantita poi una facoltà di assunzione semplificata negli enti.
Ma non ci sono solo gli enti locali a ricevere leggi e denari. L’Agenzia della Dogane ha beneficiato di una norma ad hoc, predisposta da Fratelli d’Italia, per l’assunzione di altre 105 unità con procedure concorsuali anche in deroga. L’obiettivo è nobile: il «rafforzamento dell’azione di contrasto alle frodi in settori di rilevante interesse strategico nazionale». Può gioire il direttore dell’Agenzia, Roberto Alesse, che a palazzo Chigi può vantare buoni uffici, da ex socio di Gaetano Caputi, capo di gabinetto di Meloni.
Altri 6 milioni di euro, invece, sono stati elargiti per il Crea, ente di ricerca agroalimentare, presieduto da Andrea Rocchi, considerato molto vicino al ministro della Salute, Orazio Schillaci. Un pensiero è andato anche ad alcuni commissari straordinari, figura che sarà istituita per il rilancio dei territori di Brindisi e Civitavecchia, prima interessati dalla presenza di una centrale nucleare.
Il commissario riceverà 80mila euro all’anno. Altri 70mila euro sono messi a disposizione per la remunerazione del commissario nazionale brucellosi, Nicola D’Alterio, mentre il commissario per la realizzazione dell’intervento Livorno- Caserma Tuscania, Massimo Sessa, avrà un plafond da 250mila euro per ricorrere a esperti e consulenti.
Per non farsi mancare niente ci sono altre risorse che fioccano, un po’ la diga di Campolattaro (Benevento), altri per il Gran tour della Magna Grecia, corsa ciclista nuova di zecca ideata per il Mezzogiorno, altri ancora (10 milioni di euro) sono già messi in conto per i Giochi giovanili invernali Dolomiti Valtellina del 2028.
Parlamento senza voce
Il bazar della manovra, quindi, ha ufficialmente chiuso i battenti con l’ultima coda polemica regalata dal leader di Italia viva, Matteo Renzi, durante il suo intervento in aula: «La norma ad personam contro di me è illiberale», ha detto rivolgendosi – tra gli altri – a Giorgetti.
Ed è diventato un must da social lo scontro con il presidente del Senato, Ignazio La Russa, reo di non aver tenuto il silenzio in aula: «Camerata La Russa, rispetti le opposizioni». Insomma, un po’ di show teatrale nel piatto insipido della manovra, archiviata con l’ennesimo schiaffo al parlamento: palazzo Madama non ha toccato palla sul provvedimento che per definizione è il più importante dell’anno. «Se alla democrazia parlamentare si toglie la legge di Bilancio, la democrazia parlamentare non c’è più», ha sottolineato il capogruppo del Pd al Senato. Francesco Boccia.
Addirittura, il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari ha ammesso che qualcosa non è andata per il verso giusto: «È vero che gli emendamenti del governo sono arrivati il 13 dicembre», salvo poi rivendicare: «Abbiamo fatto un po’ meglio degli altri governi». Resta da immaginare cosa possa intendere per fare peggio.
(da editorialedomani.it)
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Dicembre 29th, 2024 Riccardo Fucile
“MI HA CHIESTO DI DIVENTARE PADRINO DELLA SUA BIMBA, UN MOMENTO EMOZIONANTE”
Ha ritrovato dopo 20 anni il bimbo che aveva salvato da una casa-famiglia lager a Enna. L’ispettore Mario Giannotta, attualmente dirigente della Polizia Stradale e all’epoca responsabile della Prima sezione della Squadra mobile di Enna specializzata nei reati contro i minori, ha aiutato i bambini uscire dalla comunità nella quale venivano alimentati con prodotti scaduti, maltrattati ed umiliati.
Dopo anni è stato ricontattato da uno di loro che gli ha raccontato la sua nuova vita e di come, grazie al suo intervento, è riuscito insieme ai fratelli ad uscire da quella realtà.
Il giovane, oggi uomo, ha chiesto a Giannotta di battezzare la bimba nata da poco. L’ispettore ha accettato con molto piacere l’offerta, recandosi in un paese nella provincia di Enna per battezzare la neonata. “Ho provato un’emozione unica, ma anche tanto orgoglio per quello che la polizia ha fatto – ha raccontato -. Ho battezzato la bimba con piacere e auguro alla famiglia e a questo papà, che oggi ce l’ha fatta, tutto il bene del mondo”.
Il battesimo è stato celebrato alla presenza di amici e parenti dei genitori nel paesino in provincia di Enna. “Esserci è stata una grande emozione – ha sottolineato ancora Giannotta -. Il nostro lavoro spesso è sotto ombra, ma ricordo benissimo quest’operazione. Ricordo quei bambini che erano pronti per andare a scuola e ricordo quando noi siamo arrivati. Se non ricordo male, era l’ultimo giorno di scuola. Alcuni bimbi avevano anche la festa di fine anno. Ricordo i loro occhi quando ci hanno visto. Voglio dire grazie a questo ragazzo, oggi uomo, che mi ha restituito il mio impegno”.
Il giovane papà era uno di quei minori salvati dalla comunità nell’Ennese. Con lui vivevano anche i suoi fratelli e grazie all’intervento delle Forze dell’ordine, ha potuto rifarsi una vita insieme a loro lontano dalla comunità lager nella quale si trovava. Non ha mai dimenticato l’ispettore e il suo impegno così, appena ha avuto l’occasione, lo ha ricontattato per chiedergli di battezzare la figlioletta.
(da Fanpage)
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Dicembre 29th, 2024 Riccardo Fucile
LA PRESIDENTE USCENTE, LEADER DELLE OPPOSIZIONI PRO UE, LASCIA IL PALAZZO MA ASSICURA: “CONTINUERO’ A LOTTARE”
Mikheil Kavelashvili è il nuovo presidente della Georgia. L’ex calciatore 53enne, noto
per le sue posizioni anti-occidentali e ultraconservatrici, ha prestato giuramento domenica 29 dicembre al parlamento di Tbilisi.
La sua elezione arriva nel bel mezzo di una crisi politica che dura da oltre due mesi, innescata dal contestato esito delle elezioni dello scorso ottobre.
La consultazione ha premiato il partito di governo, Sogno Georgiano, ma le opposizioni hanno denunciato brogli e attività intimidatorie. Una posizione condivisa anche dall’Unione europea e da diversi osservatori internazionali, che hanno sollevato più di qualche perplessità sull’effettiva legittimità del risultato delle elezioni.
Esce di scena la presidente filo-europea
Il giuramento di Kavelashvili come nuovo presidente della Georgia è arrivato pochi minuti dopo che Salome Zurabishvili, capo di Stato uscente e leader delle opposizioni, ha annunciato che avrebbe lasciato il palazzo presidenziale. La politica filo-europea ha precisato che continua a considerarsi «l’unica leader legittima» del Paese e ha promesso che continuerà a lottare contro Sogno Georgiano.
La protesta a Tbilisi contro Sogno Georgiano
Mentre a Tbilisi si svolgeva la breve cerimonia di giuramento del nuovo presidente Mikheil Kavelashvili, fuori dal parlamento si sono riuniti ancora una volta migliaia di manifestanti pro Unione europea. I sostenitori delle opposizioni denunciano il nuovo capo di Stato come «illegittimo» e lo hanno contestato esibendo centinaia di cartellini rossi, un riferimento al passato calcistico di Kavelashvili.
Presenti, come già accaduto in molte altre manifestazioni delle scorse settimane, molte bandiere dell’Unione europea e dell’Ucraina. Alcuni filmati condivisi sui social documentano cariche della polizia e scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine.
(da agenzie)
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Dicembre 29th, 2024 Riccardo Fucile
COSÌ È STATO DUE GIORNI DOPO : “L’ITALIA HA DAVVERO ‘ALZATO LA GUARDIA’? SALA NON HA RICEVUTO MESSAGGI DI ALLARME, ‘ERA TRANQUILLISSIMA’, EPPURE UNA GIORNALISTA MOLTO NOTA COME LEI ERA UN ECCELLENTE BERSAGLIO” – “IL GOVERNO ITALIANO HA CAPITO SUBITO CHE L’ARRESTO DI ABEDINI ERA UN SERIO PROBLEMA POLITICO? O HA ATTESO CHE TEHERAN PROTESTASSE UFFICIALMENTE?”
La posizione di Washington è chiara: un portavoce del Dipartimento di Stato ha ribadito che il governo Usa “è a conoscenza” della detenzione di Sala e ha attaccato l’Iran che “sfortunatamente – ha detto – continua a detenere ingiustamente i cittadini di molti Paesi, spesso per utilizzarli come leva politica”. Ma certo non saranno loro a fare un passo indietro.
Della “diplomazia degli ostaggi” iraniana scriveva, subito dopo l’arresto di Abedini, il sito Formiche.net, molto informato sul mondo dell’intelligence, ricordando i casi di decine di cittadini europei e occidentali arrestati nella Repubblica islamica e utilizzati come strumento negoziale per denaro, scambi di prigionieri e attenuazione delle sanzioni. Era il 17 dicembre. Da poche ore la polizia aveva dato notizia dell’arresto a Malpensa.
E Gabriele Carrer di Formiche osservava: “L’arresto in Italia e la richiesta di estradizione delle autorità americane hanno fatto alzare la guardia sulla situazione degli italiani e degli italo-iraniani in Iran e di quelli intenzionati a viaggiare nel Paese. Si teme che Teheran possa reagire prendendoli in ostaggio per mettere pressione all’Italia”.
Due giorni dopo, giovedì 19 dicembre, i guardiani della rivoluzione hanno arrestato Sala, che da allora è nel carcere di Evin, la prigione dei dissidenti.
Ma l’Italia ha davvero “alzato la guardia”? Per quanto ne sanno a Chora Media Sala non ha ricevuto messaggi di allarme, “era tranquillissima”, eppure una giornalista molto nota come lei era un eccellente bersaglio per i pasdaran, l’ala religiosa più conservatrice del regime.
Il governo italiano ha capito subito che l’arresto di Abedini era un serio problema politico? O ha atteso che Teheran protestasse ufficialmente, convocando il numero due della nostra ambasciata? Della protesta ha dato notizia l’agenzia di stampa iraniana il 22 dicembre, quando Sala era già stata arrestata, ma risaliva a qualche giorno prima.
Un altro indizio fa pensare a una certa sottovalutazione: Abedini, arrestato a Milano Malpensa, è stato inizialmente portato nel carcere di Rossano Calabro e trasferito a Opera solo il 26, su richiesta iraniana. Così, il giorno dopo, ha potuto ricevere la visita del console. E nelle stesse ore l’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei, ha potuto vedere Sala a Evin.
(da il Fatto quotidiano)
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Dicembre 29th, 2024 Riccardo Fucile
IL MANDATO DI ESTRADIZIONE USA E L’INTRECCIO CON L’ARRESTO DI CECILIA SALA
Ci sono nuovi sviluppi sul caso del cittadino iraniano arrestato il 16 dicembre
all’aeroporto di Malpensa su cui pende una richiesta di estradizione degli Usa, evento secondo alcune interpretazioni collegato all’arresto da parte delle autorità iraniane di Cecilia Sala, avvenuto pochi giorni dopo.
La procura di Milano ha aperto nelle scorse ore un’indagine conoscitiva sulle modalità con cui è avvenuto l’arresto di Mohammad Abedini Najafabadi nello scalo milanese. Si tratta, come specifica l’Ansa, di un fascicolo a modello 45, ossia senza indagati e senza titolo di reato, volto ad accertare semplicemente le circostanze dell’arresto.
Abedini, 38 anni, che oltre alla nazionalità iraniana ha anche quella svizzera, è stato arrestato a Malpensa lunedì 16 dicembre nonappena atterrato da Istanbul. Era stato segnalato dall’intelligence Usa per «associazione a delinquere» e per «la fornitura di supporto materiale a un’organizzazione terroristica straniera».
Per questo il 13 dicembre gli Stati Uniti hanno notificato all’Italia un mandato d’arresto ai fini di estradizione. Eseguito dunque tre giorni dopo. Secondo l’Ansa, l’indagine dei magistrati milanesi «potrebbe riguardare anche i tempi stretti tra l’emissione del mandato di arresto ai fini di estradizione e il fermo dell’uomo».
La società con sede legale una cassetta delle lettere
Prima dell’arresto, di Mohammad Abedini Najafabadi si sapeva solo che era un ingegnere meccanico di 38 anni. Ma dagli Stati Uniti le accuse che arrivano nei suoi confronti sono molto gravi. Secondo gli investigatori l’uomo aveva creato una società, la Illumove Sa, che faceva da schermo a un mercato illegale di componentistica per i droni utilizzati dai pasdaran. La sede svizzera della società non sarebbe altro in realtà che una cassetta delle lettere. Il sito della azienda riporta infatti come indirizzo quello del parco dell’innovazione del Politecnico di Losanna, dove il 38enne su Linkedin scrive di essere ricercatore post dottorato. Studi che sono stati confermati dall’ateneo. Il Politecnico ha però specificato che Abedini ha avuto un contratto con un laboratorio fino al 2019 e non oltre. E ha aggiunto che la società Illumove non svolge alcuna attività nel parco, dove hanno sede 120 startup. La Illumove sarebbe quindi solo un nome di facciata, utile ad aggirare gli embarghi, dietro il quale si nasconderebbe la “vera” azienda iraniana di Abedini che monta la componentistica americana necessaria per la costruzione di droni. Tra i quali ci sarebbero anche quelli usati il 28 gennaio 2024 per colpire una base Usa in Giordania, attacco che che costò la vita a tre soldati americani
Il legale: «Il mio assistito non riesce a capire i motivi dell’arresto»
Abedini è ora detenuto nel carcere di Opera, fuori Milano, da dove si professa innocente. «Dall’analisi dei documenti in mio possesso, pur essendo formalmente gravi le accuse mosse, in realtà la posizione del mio assistito risulta molto meno grave di quanto può sembrare. Lui respinge le accuse e non riesce a capire i motivi dell’arresto», ha detto oggi il suo avvocato Alfredo De Francesco. Aggiungendo che il suo assistito «non capisce perché è stato arrestato ed è molto preoccupato».
I tempi dell’estradizione: 40 giorni o scatta il rilascio
Intanto dalla convalida dell’arresto è scattato il conto alla rovescia per l’invio degli atti di accusa da parte degli Stati Uniti alla Corte d’Appello di Milano a corredo della richiesta di estradizione di Mohammad Abedini Najafabadi. Se non arriveranno entro 40 giorni, ovvero per fine gennaio, l’uomo dovrà essere rilasciato in quanto la misura perde di efficacia. Abedini nei giorni scorsi è stato trasferito dal carcere di Rossano Calabro a quello milanese di Opera. La convalida dell’arresto è avvenuta il 18 dicembre scorso.
L’ombra della ritorsione dietro l’arresto di Cecilia Sala
Il giorno dopo la formalizzazione dell’arresto di Abedini (18 dicembre) la giornalista italiana Cecilia Sala è stata fermata a Teheran, dove era da una settimana per svolgere il suo lavoro con regolare visto giornalistico. Doveva ripartire per l’Italia il giorno dopo. I due casi sono stati da subito accostati da alcuni osservatori che hanno interpretato il fermo come una ritorsione da parte del regime degli ayatollah. Per ora non vi è alcuna conferma né smentita al riguardo da fonti ufficiali.
(da agenzie)
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Dicembre 29th, 2024 Riccardo Fucile
LA GOCCIA CHE HA FATTO TRABOCCARE IL VASO È LA NOMINA A CONSIGLIERE PER L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE DELL’INDIANO SRIRAM KRISHNAN… ANCHE ELON MUSK NON È AMERICANO, MA SUDAFRICANO. E GLI “IMMIGRATI” CHIAMATI NELL’AMMINISTRAZIONE INIZIANO A ESSERE TROPPI PER LA BASE, CHE HA VOTATO TRUMP PERCHÉ AVEVA PROMESSO DI DARE SPAZIO “PRIMA AGLI AMERICANI”
Quando alla vigilia di Natale Donald Trump ha nominato consigliere per l’intelligenza artificiale Sriram Krishnan, nessuno a Mar-a-Lago pensava che la scelta avrebbe scatenato la prima guerra civile nel movimento Maga e uno scontro etnico tra Elon Musk e i suoi follower.
La scelta di portare alla Casa Bianca un imprenditore tech ed ex ingegnere a Microsoft, Twitter, Yahoo e Facebook, avrebbe galvanizzato la base se non fosse per un dettaglio non trascurabile nella galassia trumpiana del Make America Great Again: Krishnan, 40 anni, è cresciuto in Usa ma è nato a Chennai, India. In più, ha chiesto di non mettere un tetto alle “green card”, che danno diritto alla residenza permanente in Usa, per gli immigrati di talento.
Sul social X i follower trumpiani hanno fatto notare che cominciano a essere troppi quelli, nominati del futuro governo, che arrivano dall’India. Vivek Ramaswamy, a cui Trump ha affidato con Musk il compito di tagliare la spesa pubblica, è di origine indiana, così come la moglie del vicepresidente J. D. Vance, l’avvocata Usha Chilukuri, nata a San Diego da genitori immigrati dall’India, e Kash Patel, nominato direttore dell’Fbi. Nel paradosso americano, la base bianca, rurale, povera e poco acculturata aveva votato il tycoon perché mettesse loro al centro, ma si vede guidata da miliardari, colti e di origine straniera.
Stavolta si è innestato il primo vero cortocircuito. Assieme ad altri membri dell’elite della Silicon Valley, Musk ha difeso Krishnan. «Tutto si riduce a questo – ha scritto su X il giorno di Natale -: vuoi che l’America vinca o vuoi che l’America perda. Se costringi i migliori talenti del mondo a lavorare per gli altri, l’America perderà. Fine della storia».
I suoi legionari, che in passato hanno cavalcato le campagne di bullismo sugli immigrati, stavolta lo hanno contestato. «Elon – ha scritto uno -, Trump aveva promesso di pensare prima agli americani».
«Sono un ingegnere spaziale che ha fatto venticinque colloqui – ha commentato un altro -: non manca il talento in Usa, è che preferiscono gli stranieri». Ramaswamy ha risposto con toni irritati alle critiche lanciate sulla rete: se vengono scelti ingegneri nati all’estero, ha scritto sul social, «non è per un innato deficit di intelligenza degli americani», ma «perché tutto deriva dalla parola che comincia per “c”: cultura». Quella americana, ha aggiunto, ha «venerato per troppo tempo la mediocrità sull’eccellenza», mentre film e reality «celebrano reginette della scuola anziché campioni alle olimpiadi della matematica. Questo – ha aggiunto – non produrrà i migliori ingegneri».
La base trumpiana non ci sta. «Musk – ha scritto Laura Loomer, blogger cospirazionista e islamofoba – ha rimosso la spunta blu dal mio account perché ho osato contestare il suo sostegno ai visti H1B (concessi a immigrati di particolare talento, ndr), e la sostituzione dei lavoratori tech americani con immigrati indiani». Altre decine di influencer di estrema destra e attivisti pro-Trump hanno accusato Musk di aver tolto loro la spunta blu. Tra questi, il conduttore di Infowars Owen Shroyer, il presidente dei giovani repubblicani di New York Gavin Wax e la direttrice del gruppo Women for America First Kylie Jane Kramer.
(da agenzie)
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