Giugno 29th, 2025 Riccardo Fucile
LA GIUDICE LIBERALE SONIA SOTOMAYOR PARLA DI “PARODIA DELLO STATO DI DIRITTO” … “TERRIFICANTE PASSO VERSO L’AUTORITARISMO”
L’America come nazione dal punto di vista della giustizia federale non esiste più. Con
una votazione sullo ius soli di 6 a 3 la Corte suprema, guidata dai conservatori, ha riconosciuto il diritto del presidente degli Stati Uniti Donald Trump a non
vedere la sua agenda politica bloccata dai giudici federali. Anche quando cancella un principio sacro per gli americani come il diritto di cittadinanza per nascita.
Alla luce della sentenza le corti statali potranno contestare la legittimità degli atti solo a livello locale, non nazionale. Nel caso specifico dello ius soli, ad esempio, poiché ventidue procuratori generali democratici hanno contestato la legittimità dell’abolizione della norma decisa da Trump con un ordine esecutivo, il provvedimento resterà congelato per trenta giorni, mentre negli altri ventotto stati entrerà subito in vigore. La giustizia federale, insomma, diventa locale: un giudice dell’Arizona non potrà sospendere l’efficacia di una norma in tutti gli Stati Uniti. Lo stesso provvedimento potrà essere considerato valido in Texas ma incostituzionale in California, finché la Corte suprema non si pronuncerà sul principio generale.
Viene invece riconosciuto lo strumento alternativo della class action, ma appare una foglia di fico davanti a una decisione storica che accentra nelle mani di Trump ancora più poteri, limitando quello di coloro che, per una parte del Paese, erano considerati “gli ultimi guardiani della legalità”. La svolta riguarda tutti i provvedimenti, non solo lo ius soli, a cominciare dal divieto di ingresso a cittadini di decine di Paesi, le deportazioni e l’abolizione dello status di rifugiati per mezzo milione di persone.
La sentenza firmata dalla conservatrice Amy Coney Barrett, giudice minacciata dalla base Maga per le sue posizioni moderate, riguardava la costituzionalità del decreto esecutivo di
Trump sullo ius soli, il diritto di cittadinanza sancito dal 14° emendamento. La questione di merito è stata aggirata dai legali di Trump, che avevano chiesto solo di valutare il potere delle corti minori.
La decisione nel merito sullo ius soli arriverà più avanti, ma quella di ieri blocca le corti davanti al presidente. Tanto che la giudice liberale Sonia Sotomayor, che con le altre due rappresentanti progressiste si è espressa contro, ha parlato di «parodia dello Stato di diritto». Il leader dem al Senato, Chuck Schumer, di «terrificante passo verso l’autoritarismo». Un euforico Trump ha commentato: «È una vittoria gigantesca che mette fine a un colossale abuso e sancisce la divisione dei poteri. Applicheremo da subito l’abolizione dello ius soli».
La ministra della Giustizia Pam Bondi ha rincarato la dose: «Non avremo più giudici ribelli. I tribunali distrettuali erano diventati una magistratura imperiale».
Non è chiaro neanche come funzionerà nei reparti maternità: all’atto della registrazione, medici e infermieri dovranno trasformarsi in detective per capire se i genitori dei neonati sono in regola? Dovranno farlo solo con quelli con un certo colore della pelle? Quando un giornalista ha chiesto delucidazioni, la ministra Bondi, irritata, ha dribblato la domanda. «I cartelli della droga – ha detto Trump, come un fiume in piena – hanno usato lo ius soli per fare entrare gente molto cattiva negli Stati Uniti». Nessuno gli ha chiesto in che modo. Quando una giovane reporter ha definito la conferenza «rinfrescante per tutti noi», per un attimo anche Trump è rimasto sorpreso da quanto l’America sembra ai suoi piedi
(da Repubblica)
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Giugno 29th, 2025 Riccardo Fucile
“ATTIVISTI DEL MOVIMENTO CHE DIFENDE GLI IMMIGRATI COME LUCA CASARINI O PERSINO UN PRETE COME DON MATTIA FERRARI, DIRETTORI DI TESTATA COME ROBERTO D’AGOSTINO O FRANCESCO CANCELLATO E ALTRI SONO STATI SPIATI, INTERCETTATI. CHI LO HA DECISO E PERCHÉ? SERIETÀ VORREBBE CHE QUALCUNO INDAGASSE. PERCHÉ SERIETÀ E DEMOCRAZIA SONO SORELLE
È difficile capire se la guerra tra Israele e Iran sia finita davvero con la bomba «fine di mondo» scagliata dagli Usa sui depositi nucleari del regime di Teheran.
Ma ciò che invece è certo, una volta di più, è cosa è morto, anzi rimorto, in questi pochi giorni: la serietà. Una parola desueta, ammantata da polvere novecentesca, che sta bene, per molti, nei salotti pieni di centrini e ninnoli.
La serietà, nulla di più facile da deridere. La serietà che
comporta il nitore delle parole, la coerenza dei gesti, la profondità del pensiero. Persino il rispetto delle opinioni altrui, spinto fino all’abisso, per lo spirito del tempo contemporaneo, della curiosità intellettuale.
Non si sa da chi cominciare. Partiamo da Rutte, segretario generale della Nato, un altro dei mestieri che sarebbe da aggiungere a chirurgo etc… Dopo aver inviato un messaggio di adulazione di cristallino stile fantozziano a Trump in cui gli si riconosce ogni merito passato, presente e futuro, il capo del sistema di difesa atlantico interrompe, in un incontro con la stampa, il presidente americano che sta descrivendo — normale no? — Iran e Israele come due ragazzini litigiosi e gli dice, con la salivazione azzerata: «Poi interviene il paparino e fa la voce grossa come ogni tanto serve».
Per tutta risposta colui che occupa la sedia di Washington e di Roosevelt risponde sorridendo: «Che volete che vi dica, si vede che Mark mi è davvero affezionato. Sono il suo paparino».Lo stesso Trump che, poche ore prima, si era mostrato nella Situation Room con in testa il cappellino Maga, oggetto di merchandising come telefoni cellulari o altro, aveva poi insultato Israele e Iran con termini coloriti «Fondamentalmente abbiamo due Paesi che combattono da così tanto e così duramente che non sanno più che cazzo stanno facendo». Poi Trump ha usato il suo social personale per insultare una sua oppositrice, Alexandra Ocasio Cortez «Stupida, una delle persone più cretine del congresso», i giornalisti di New York Times e Cnn invece «Andrebbero licenziati subito: cattive persone con intenzioni malvagie
Ma in questo terremoto di follia va inscritta anche la paradossale guerra per gioco, roba da Gianni Rodari, che gli iraniani hanno fatto lanciando missili contro basi americane per far vedere alla loro gente, isolata dal mondo, che, caspita! se avevano reagito, e così convocare tutti in piazza a festeggiare una paradossale vittoria. Telefonare a chi è bombardato per avvertirlo che verrà bombardato è roba da Mel Brooks.
Potrei continuare questo epitaffio della serietà. Ma voglio solo aggiungere che ciò che latita, in questo tripudio di veloce guasconeria, è anche la profondità del pensiero. Sarò figlio di un altro tempo, ma non ricordo recentemente un saggio di un personaggio politico che interpreti questa inedita stagione di caos, le sue cause strutturali, non ricordo un discorso che definisca non una polemica rissosa contro l’avversario, ma un disegno d’insieme, una visione. Tutto è il concitato succedersi di una politica ridotta a coriandolo, a invettiva, costretta in un mondo a parte, come l’astensionismo dimostra. Tweet, non pensieri.
E, nell’epitaffio della serietà, ci metto anche la disinvoltura con la quale tutti sembrano non vedere che forse c’è un Watergate italiano. Che attivisti del movimento che difende gli immigrati come Luca Casarini o persino un prete come don Mattia Ferrari, direttori di testata come Roberto D’Agostino o Francesco Cancellato e altri sono stati spiati, intercettati. Chi lo ha deciso e perché? Non credo fosse un buontempone. Serietà vorrebbe che qualcuno indagasse. Perché serietà e democrazia sono sorelle, come lo sono dittatura e buffoneria. Di cose serie, tragiche, ne esistono e meriterebbero, specie da chi ha il potere, altrettanta
serietà.
Walter Veltroni
per il “Corriere della Sera”
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Giugno 29th, 2025 Riccardo Fucile
LO PSICANALISTA FRANCO DE MASI: “IL CELLULARE SOMMINISTRA LA DOPAMINA DIGITALE. A CAUSA DELL’USO INCONTROLLATO DELLO SMARTPHONE. È IN CRESCITA IL NUMERO DI GIOVANI AFFLITTI DA DEFICIT DEL LINGUAGGIO, DA LIMITATA VELOCITÀ DI ELABORAZIONE CONCETTUALE E DAL CALO DELL’ATTENZIONE”
Sei o non sei un nomofobico? Fai parte della schiera di coloro che usano
compulsivamente lo smartphone, di quelli che sono sempre e continuamente connessi? Sei uno di quelli che non sopravvive se si scarica la batteria? L’attaccamento esasperato al
cellulare e la dipendenza dal web ora sono classificati come una patologia: “nomofobia” da “No Mobile Phobia”. È di qualche giorno fa il caso di un ragazzo finito al pronto soccorso di Torino con convulsioni e crisi da astinenza.
Il cellulare, soprattutto per i giovanissimi, è oggi come un “ago epidermico” che somministra la “dopamina digitale”: così ci chiarisce il professor Franco De Masi, già presidente del Centro Milanese di Psicoanalisi, nell’approfondita ricerca Non smarthphone. Come proteggere la mente dei bambini e degli adolescenti(Piemme).
È un grido di allarme quello che De Masi lancia con questo saggio in cui verifica la crescita del numero di giovanissimi in difficoltà, afflitti da deficit del linguaggio, da limitata velocità di elaborazione concettuale e dal calo dell’attenzione. All’origine c’è l’uso incontrollato dello smartphone il quale genera un’assuefazione, spiega lo psicoanalista, «più potente di quella provocata da altri media, come la tv».
Anche i casi gravi sono in aumento: in Italia si stima che circa 120 mila adolescenti trascorrano su internet dodici ore al giorno, i cosiddetti, alla maniera giapponese, hikikomori. Vivono in un ritiro psicotico per cui evitano ogni forma di contatto diretto con il mondo esterno, persino con familiari e amici. «Sono fragilissimi, si rifugiano nell’universo irreale del web», osserva il professore, «se non corriamo ai ripari, i ragazzi di oggi saranno adulti dalla personalità debole, conformista. I genitori e gli educatori dovrebbero proporre molti altri stimoli oltre al cellulare, dallo sport alla lettura».
Ma come nasce la subalternità al telefonino? La dopamina è il
neurotrasmettitore del piacere che viene prodotto e rilasciato nel sangue quando abbiamo sensazioni molto gradevoli, per esempio quando ascoltiamo la musica. Nel rapporto intenso con i social media si sviluppa la dopamina digitale, ovvero il nostro stupefacente digitale quotidiano.
L’iperstimolazione nasce non solo dalla connessione ininterrotta ma anche dalla possibilità di accedere a universi altrimenti preclusi, come il cyber sex: «Nell’adolescenza si comincia a conoscere l’altro, il proprio corpo. L’accesso precoce a materiale pornografico online – osserva De Masi, – vuol dire non avere una relazione con gli altri e privarsi di emozioni reali».
Secondo gli ultimissimi dati, il 21 per cento dei ragazzini che consuma il sesso online, matura una visione distorta della sessualità e la fasulla convinzione che a dominare nei rapporti erotici sia la violenza, l’aggressività e soprattutto il disprezzo per le donne. Di recente anche la scuola, con le circolari del ministro Valditara, ha cercato di limitare la schiavitù dal cellulare, vietandolo in classe. Ma la proibizione, però, senza opportuni corsi per docenti e allievi sull’importanza e sull’uso della tecnologia, rischia di apparire una condanna del mezzo tecnologico che tanto piace a grandi e piccini.
A partire da quale età, allora, va concesso il cellulare? Dai 14 anni, consiglia lo psicoanalista, mentre l’accesso ai social dovrebbe essere permesso dai 16 anni in poi. […] Il 12 per cento dei minori tra i 4 e i 10 anni adopera un dispositivo elettronico portatile e il 46 per cento dei bambini e ragazzi tra i 4 e i 17 anni lo utilizza senza alcun controllo. L’Italia registra un dato più alto della media europea quanto all’accesso allo smartphone senza la
supervisione di un adulto. I bambini iperconnessi sono un milione e duecentomila e sono in continuo aumento.
(da agenzie)
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Giugno 29th, 2025 Riccardo Fucile
“CON ME NON PORTO CHI VUOLE FARSI SELFIE”
Pietro Santucci, fotografo naturalista e guida di montagna, da 15 anni passa le giornate al Parco Nazionale d’Abruzzo. Camuffato da cespuglio. E riesce a catturare così combattimenti tra cervi in amore, giochi di cuccioli di lupo e l’orso marsicano. Tutto è cominciato nel giugno di anni fa: «Rientravo da una giornata di appostamenti. Tornando a valle mi sono quasi scontrato con un orso. È spuntato senza preavviso, dietro una curva del sentiero. Mi ha guardato, sono stati attimi infiniti. Poi è sparito nel bosco».§L’incontro quotidiano
Per lui l’incontro con l’orso adesso è diventato quotidiano: «Ma bisogna conoscere i luoghi e munirsi di pazienza. Per fotografare gli orsi, ma anche i lupi, servono lunghi appostamenti. Capita di dover stare molte ore immobili e in silenzio, anche con il caldo o con il gelo».
In montagna passa «circa 230 l’anno. Accompagno anche escursionisti e altri fotografi naturalisti che vogliono osservare l’orso, al massimo quattro persone in tutto. Seguo delle regole molto rigide». Ovvero: «Per prima cosa non bisogna seguire l’orso. Avvicinarsi troppo può diventare pericoloso. E poi non ci si deve addentrare in posti vietati, come le riserve integrali. Serve rispetto. Per gli animali e per il territorio».
Gli orsi pericolosiAnche secondo il fotografo «l’orso non è un animale aggressivo. E non ci considera una preda. Ma se vede le vie di fuga bloccate, può diventare pericoloso, perché si sente minacciato». La prima regola quindi è stare a distanza: «E non alterare l’ambiente. Sono animali stanziali, sanno riconoscere quando il territorio è cambiato. Quindi, durante gli appostamenti, non bisogna mai alzarsi in piedi. Per loro la nostra sagoma è qualcosa che non dovrebbe esserci, è come vedere un cespuglio in più. Potrebbero allontanarsi e lasciare quella zona. Dunque bisogna rimanere a terra e confondersi con il bosco. Per questo si usano abiti con fogliame e reti per coprirsi».
Animali abitudinari
Per capire dove appostarsi fa riferimento al fatto che gli orsi sono «animali abitudinari, e ormai, dopo 15 anni che faccio questo lavoro, so quali sono i luoghi che preferiscono. Ma ovviamente non posso svelarli. Inoltre sono nato e cresciuto tra questi monti, potrei percorrere i sentieri a occhi chiusi. Abito in un borgo di 300 anime, Civitella Alfedena, in provincia dell’Aquila». A fotografare gli orsi con lui non porta chiunque: «In realtà faccio una selezione. Non tutti sono adatti a questa esperienza. C’è chi, se vede un orso, si avvicina o gli corre dietro, magari per farsi un selfie».
L’incontro sul sentiero
In caso di incontro su un sentiero, dice Santucci, «bisogna fermarsi, tenersi a distanza. E indietreggiare lentamente. In caso di aggressione — ma qui non ne abbiamo mai viste — bisogna rimanere immobili, fingersi morti. Certo, ci vuole sangue freddo». Qualche giorno fa ha fotografato un orso che predava un cerbiatto: «Sì, è stata una scena incredibile, mai vista. È rarissimo che un orso catturi un animale vivo per mangiarlo. Stavolta ha trovato per caso un cucciolo di pochi giorni nascosto tra l’erba. E l’ha preso al volo. Ma di solito sono opportunisti, gli orsi. Si nutrono di carne animale solo se trovano qualche carcassa. E poi amano gli insetti. Ma la loro dieta è prevalentemente vegetale: frutta, bacche, erbe».
(da Open)
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