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LA CORTE DEI CONTI RIFILA UNA SERIE DI CEFFONI A MELONI E AI SUOI MINISTRI, PAROLE DURISSIME SULLE LISTE D’ATTESA NELLA SANITÀ: “È UN FENOMENO VERGOGNOSO PER UN PAESE CIVILE”

Giugno 26th, 2025 Riccardo Fucile

DENUNCIA IL SOVRAFFOLLAMENTO DELLE CARCERI: “NON POSSONO ESSERE UN SEPOLCRO DEI VIVI. SERVONO INTERVENTI NEL SETTORE DELL’EDILIZIA PENITENZIARIA” … BOCCIA “LA COMPLESSITÀ DEI CONTROLLI ANTIFRODE DEI FONDI EUROPEI E DEL PNRR” E CHIEDE DI ALZARE I SALARI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

“È necessario rimettere al centro del “villaggio salute” il professionista sanitario (il medico e l’infermiere) in modo che, adeguatamente remunerato, possa essere determinante nei processi decisionali e di gestione delle strutture deputate alla cura. La rivalutazione del capitale umano risulterebbe anche funzionale all’abbattimento del vergognoso, per un Paese civile, fenomeno delle liste di attesa, garantendo al contempo la migliore uniformità delle prestazioni su tutto il territorio nazionale”.
Lo ha detto il procuratore generale della Corte dei Conti Pio Silvestri nella sua requisitoria al Giudizio di parificazione. “Proprio sul tema delle ‘liste d’attesa’ si deve positivamente salutare l’accordo, che sembra finalmente raggiunto nella Conferenza Stato-Regioni, finalizzato al superamento, si auspica definitivo, del problema”, ha aggiunto.
“Il migliore utilizzo delle risorse pubbliche può quindi incidere
profondamente sui ‘livelli essenziali delle prestazioni’ nel settore carcerario, consentendo di avvicinare ed attuare quel progetto contenuto in Costituzione che fa specifico riferimento alla finalità rieducativa della pena e, ancor necessariamente prima, alla sua ‘umanità'”.
“È di tutta evidenza che il miglioramento di vita all’interno delle carceri passa attraverso interventi significativi nel settore dell’edilizia penitenziaria”, ha aggiunto, ricordando che una “recentissima deliberazione della Corte dei conti ha effettuato un’importante ricostruzione del programma di azioni finalizzate a contrastare il sovraffollamento delle carceri e a garantire condizioni detentive in linea con il dettato costituzionale e con le convenzioni internazionali avendo sullo sfondo i principi sanciti dalla Corte costituzionale”.
“Non c’è alcun dubbio sul fatto che il carcere debba servire a proteggere i diritti fondamentali delle persone e a tutelare le vittime di reati; d’altro canto, in un Paese democratico e civile, le stesse carceri non possono essere un ‘sepolcro dei vivi’ dovendo consentire almeno la speranza di un futuro migliore e ciò appare possibile se si ha la consapevolezza che soltanto una pena davvero ‘umana’ può assolvere un’efficace funzione rieducativa”, ha aggiunto.
Si “auspica che l’ulteriore congruo periodo di proroga” delle concessioni balneari “sia effettivamente l’ultimo e che si ponga in essere, nella fase delle gare, una scrupolosa vigilanza per evitare, o almeno contenere, l’infiltrazione della criminalità organizzata nelle procedure. Occorrerà un lavoro di costante sinergia tra magistratura, autorità amministrative e forze di
polizia”.
“In attesa di una valutazione delle autorità europee si deve notare la assai scarsa valorizzazione del principio della remuneratività della concessione per l’Ente concedente, principio che – sottolinea – non sarebbe certo distonico rispetto alla legislazione di contabilità pubblica, che per i contratti attivi richiede il ricorso al pubblico incanto allo scopo di massimizzare l’introito erariale”.
“La complessità e diversificazione che caratterizzano attualmente il sistema dei controlli antifrode dei fondi europei e del Pnrr rendono utile una riflessione strutturale e sistemica a livello nazionale”. Lo ha detto il procuratore generale della Corte dei Conti Pio Silvestri nella sua requisitoria al Giudizio di parificazione.
“È auspicabile rendere più semplici e standardizzate le procedure di controllo, sia nazionali che europee, tramite minori sovrapposizioni di competenze, che consentirebbero anche di accrescere la capacità ammnistrativa delle strutture deputate ai controlli. Sotto altro aspetto – ha aggiunto – , una maggiore organicità nel monitoraggio e regole più definite sull’ammissibilità delle spese potrebbero creare presupposti di maggiore certezza per un impiego più esteso e programmato delle risorse”.
“Emergono margini di affinamento in termini di individuazione delle risorse riconducibili alla spesa ambientale: attesa la valenza strategica del settore, si auspica che quanto destinato alla tutela ambientale assuma un valore strutturale e meno condizionato da esigenze emergenziali ovvero da misure a
carattere non continuativo”.
Anche quest’anno, ha spiegato, “è stata esaminata la dimensione e la dinamica della spesa ambientale dello Stato, guardando sia alle grandezze evidenziate nell’Ecobilancio, che nell’Ecorendiconto. Sono analizzate, in particolare, le principali variazioni rispetto all’esercizio precedente e gli aspetti salienti della gestione finanziaria, evidenziando la sensibile incidenza della cessazione nel 2024 dei finanziamenti previsti dalle misure temporanee di contrasto all’aumento dei costi dell’energia e del gas naturale”.
“Le dinamiche salariali, dopo la lunga battuta d’arresto segnata dal blocco della contrattazione collettiva, hanno ripreso a crescere a un ritmo prossimo al tasso d’inflazione, peraltro in un quadro generale caratterizzato da repentini mutamenti legati a fattori esogeni; in tale non facile contesto il tema dei livelli salariali dovrà essere opportunamente valutato anche in una ottica di attrattività del settore pubblico rispetto al privato”.
Lo ha detto il presidente di coordinamento delle Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte dei conti Carlo Chiappinelli nella relazione al Giudizio di parificazione. “Anche il tema del lavoro a distanza, che dopo il periodo pandemico si è ben radicato con regole e modalità consolidate, dovrà essere attentamente valutato affinché le esigenze di conciliazione tra vita privata e lavoro dei dipendenti siano bilanciate da altrettante opportunità per le amministrazioni, finalizzate a perseguire una concreta flessibilità organizzativa, efficienza dei mezzi ed implementazione della digitalizzazione in un’ottica di tangibili miglioramenti nei servizi offerti alla collettività”, ha aggiunto
“In uno scenario globale connotato da grande incertezza e da rilevanti rischi geopolitici – con le connesse ulteriori potenziali ripercussioni sulle decisioni di spesa e di investimento degli operatori economici e dunque sulle prospettive di sviluppo – resta decisivo il mantenimento dei conti pubblici nel rigoroso sentiero già intrapreso negli ultimi anni e prospettato in ambito europeo per il prossimo futuro”. Così il Presidente di coordinamento delle Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte dei conti Enrico Flaccadoro nella relazione al Giudizio di parificazione per l’esercizio finanziario 2024.
“Il mantenimento della spesa nell’alveo di crescita concordato nel Piano strutturale di bilancio di medio termine sarà decisivo, anche per lo sforzo che sarà richiesto nei prossimi anni per garantire i sostegni appropriati ai lavoratori che subiranno maggiormente gli effetti delle crisi indotte dai profondi mutamenti tecnologici in atto”, ha aggiunto.
“Importanti sono anche i versamenti riconducibili nell’esercizio alla rottamazione quater (5,4 miliardi di cui 3,2 erariali). Un risultato che, da un lato, evidenzia una adesione superiore al previsto al momento del varo della legge 197/2022 e, dall’altro, conferma la dimensione, certamente preoccupante, degli omessi versamenti delle somme dichiarate pari, in questo caso, al 49% di quelle già scadute a fine 2024”.
Le previsioni sul Pil contenute nel Documento di finanza pubblica “appaiono condivisibili nella prospettiva di una fase di moderazione del ciclo economico e nella quantificazione dei diversi rischi connessi all’evoluzione avversa delle ipotesi formulate per il tasso di cambio, i tassi di interesse e le
quotazioni del petrolio. Rischi al ribasso che sembrano, tuttavia, accentuarsi alla luce degli ulteriori scenari di guerra che si sono aperti in quest’ultimo mese e che non potranno non ripercuotersi sulle variabili esogene suddette, sul commercio mondiale e in definitiva sulle possibilità di crescita”.
(da agenzie)

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A MILLE CHILOMETRI DALLA SICILIA CI SONO SOLDATI E MISSILI RUSSI: PUTIN STA MUOVENDO ARMI, UOMINI E BLINDATI DALLA SIRIA ALLA LIBIA, NELL’AREA CONTROLLATA DAL GENERALE HAFTAR

Giugno 26th, 2025 Riccardo Fucile

A TOBRUK ATTRACCANO LE NAVI DI MOSCA, CHE PUÒ CONTARE SU DIVERSE BASI AEREE IN ALLARGAMENTO. A SUD, GLI “AFRICAN CORPS” DEL CREMLINO SONO DISLOCATI IN MALI, CIAD, NIGER, BURKINA FASO E SUDAN…DA LÌ “MAD VLAD” PUÒ AGGIRARE LE SANZIONI E METTERE SOTTO PRESSIONE L’EUROPA (E L’ITALIA) CON I MIGRANTI

Si dice che che ultimamente Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron abbiano trovato un “terreno comune” inaspettato. Qualcuno si è spinto a parlare di un sorprendente nuovo “asse tra Roma e Parigi” in funzione anti russa in Libia.
Aspettative eccessive: “Forse ai francesi sono arrivati memo sbagliati – ironizza al Foglio un funzionario di Bruxelles – Basta guardare gli sviluppi più recenti: al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di due giorni fa e alla Conferenza di Berlino sulla
Libia della settimana scorsa, italiani e francesi hanno detto cose contrarie gli uni rispetto agli altri.
L’Eliseo vuole sciogliere il governo di unità nazionale di Tripoli, il che significherebbe guerra, gli italiani no. Magari in privato Macron e Meloni hanno usato dei toni concilianti tra loro, questo non possiamo saperlo, ma sul campo non risultano convergenze di alcun tipo”.
Asse o meno, di recente una notizia ha destato l’interesse di molte cancellerie europee. Alla fine di maggio, un lancio di Agenzia Nova ha riferito che “la Russia vuole installare sistemi missilistici nella base militare di Sebha, capoluogo del Fezzan libico controllato dal generale Khalifa Haftar, per puntarli contro l’Europa”.
Di questi missili “a medio e lungo raggio” non c’è traccia ancora. “Non esistono immagini satellitari che possano confermarlo”, confessa al Foglio un esperto di Osint, che lavora sull’analisi dei dati open source. Eppure, i russi in Libia ci sono eccome, e non da ieri.
Dalla caduta del regime di Bashar el Assad in Siria, lo scorso dicembre, il Cremlino si è messo alla ricerca di un’alternativa che gli permettesse di mantenere un accesso al Mediterraneo e all’Africa.
L’ha trovata in Libia, dove negli ultimi sei mesi si sono dirette decine di aerei cargo Antonov carichi di armi, uomini e blindati spostati dalla Siria, dove in teoria vige un embargo delle Nazioni Unite che, di fatto, è violato quasi quotidianamente da molti, non solo dai russi. Tobruk è lo scalo prediletto per le navi russe nel paese.
Poi ci sono le basi aeree, interessate da intensi lavori di allargamento e adeguamento negli ultimi mesi, come dimostrano molte foto satellitari. Si tratta di al Khadim (vicino a Bengasi), Ghardabiya (a Sirte), Jufra, Brak el Shati, Maatan as Sarra, Tamanhint, nel deserto che circonda Sebha.
A sud, nel Sahel, gli African Corps del Cremlino usano queste teste di ponte per proiettarsi verso la cintura di paesi che, attorno alla Libia, accolgono i soldati russi – Mali, Ciad, Niger, Burkina Faso, Sudan, Repubblica centrafricana e non solo. Non si sa quanti siano i soldati russi in Libia, ma diverse stime arrivano a poco più di mille uomini dislocati ad appena un migliaio di chilometri dalle coste siciliane.
“Avere uno stato proxy a qualche centinaio di chilometri dall’Italia e affacciato sul Mediterraneo centrale è perfetto per mettere pressione all’Europa”, spiega Tarek Megrisi dell’European Council of Foreign Relations. “In questo modo, Mosca può aggirare le sanzioni, può agire sul dossier dei migranti, può isolare l’Europa dal continente africano. Putin sta usando la Libia come una risorsa strategica, in modo estremamente proficuo. Probabilmente si tratta dell’attività più vincente in politica estera da parte del Cremlino fino a oggi”.
(da agenzie)

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LO SPORT ITALIANO BATTE LA POLITICA: LUCIANO BUONFIGLIO E’ IL NUOVO PRESIDENTE DEL CONI

Giugno 26th, 2025 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE DELLA FEDERCANOA, APPOGGIATO DA MALAGO’, HA BATTUTO LUCA PANCALLI, SOSTENUTO DALLA TRIMURTI ABODI-BINAGHI-BARELLI (E DAL GOVERNO) PER 47 VOTI A 34

Alla fine l’ha spuntata Luciano Buonfiglio: è lui il nuovo presidente del Coni, il successore di Giovanni Malagò. È bastata una sola votazione: 47 voti per l’attuale n.1 della Federcanoa e
kayak, 34 per Luca Pancalli, ex n.1 del Comitato Paralimpico italiano. Zero voti per Franco Carraro e tutti gli altri candidati (ne erano rimasti sei in corsa). Un testa a testa fino a metà dello spoglio, poi è arrivato l’allungo di Buonfiglio, salutato da un applauso dell’assemblea riunita nella palestra del Centro di preparazione olimpica dell’Acqua Acetosa nel momento in cui ha superato la fatidica quota 41, la maggioranza assoluta degli 81 votanti. Tutti presenti i grandi elettori.
Durante le dichiarazioni di voto, Carraro aveva già invitato a votare “per Buonfiglio o Pancalli”. È finita con un successo più netto del previsto per il 74enne Buonfiglio, napoletano (di Posillipo): è il più anziano neo-eletto presidente del Coni di sempre.
Le prime dichiarazioni
“Un ringraziamento a Giovanni Malagò. Grazie a tutti coloro che sono stati accanto a me in questi sei mesi. Sottolineo la correttezza di Luca Pancalli. Dobbiamo essere consapevoli delle competenze che abbiamo intorno a questo tavolo. Dobbiamo impegnarci ad arrivare nei board internazionali ed essere presenti dove si decide. Non è il tempo delle parole, adesso ci aspettano i fatti. Ora procediamo all’elezione della Giunta”.
Il successo di Buonfiglio
Il successo di Buonfiglio è, anche, un successo di Malagò e dello sport sulla politica. Tutta la campagna elettorale era vissuta sulla contrapposizione tra i due mondi e incentrata sui rapporti tra Coni e Sport e Salute. Pancalli, più vicino ad Abodi e al governo, Buonfiglio invece uomo delle istituzioni sportive (dal 2005 era a capo della Federazione per la quale aveva anche
gareggiato, a Montreal 1976, nel K4 1000 metri), di continuità con il lungo regno di Malagò, del quale era stato anche vicepresidente. È lo sport che difende sé stesso, le sue prerogative, la sua autonomia. Apertissima è ora la partita con Sport e Salute, la cassaforte governativa dello sport italiano.
(da agenzie)

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TRUMP AFFOSSA IL DOLLARO E L’EURO VOLA: LA MONETA UNICA DEL VECCHIO CONTINENTE CONTINUA LA SUA ASCESA E SUPERA QUOTA 1,17 NEL CAMBIO CON IL BIGLIETTONE VERDE: È IL MASSIMO DAL 2021

Giugno 26th, 2025 Riccardo Fucile

IL DOLLARO È PENALIZZATO DALLA POLITICA “DAZISTA” DI TRUMP, E DALLA GUERRA INGAGGIATA CONTRO IL PRESIDENTE DELLA FEDERAL RESERVE, JEROME POWELL: LE PREOCCUPAZIONI PER L’INDIPENDENZA DELLA BANCA CENTRALE HANNO MESSO SOTTO NUOVA PRESSIONE LA VALUTA

L’euro continua a guadagnare terreno nei confronti del dollaro superando quota 1,17 e raggiungendo un nuovo massimo dal 2021, sostenuto da una generale debolezza del dollaro.
Il cessate il fuoco tra Iran e Israele sta tenendo, e favorisce il sentimento di rischio, mentre le preoccupazioni sull’indipendenza della Federal Reserve sono emerse dopo le notizie secondo cui il presidente Trump starebbe valutando una nomina anticipata del prossimo presidente della Fed, mettendo sotto pressione il biglietto verde.
Parallelamente, la decisione della Nato di aumentare la spesa per la difesa dal 2% al 5% del Pil entro il 2035 ha suscitato l’aspettativa che i Paesi, in particolare la Germania, aumentino i prestiti per raggiungere questi obiettivi. La moneta unica passa di mano a 1,1729 dollari (+0,60%) ma arretra a 168,67 yen (-0,39%). Il biglietto verde perde terreno anche nei confronti della divisa giapponese a 143,82 (-0,98%).
(da agenzie)

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INGERENZA, SENZA DECENZA: TRUMP ENTRA A GAMBA TESA SUGLI AFFARI INTERNI DI ISRAELE PER DIFENDERE NETANYAHU, SOTTO INCHIESTA PER CORRUZIONE

Giugno 26th, 2025 Riccardo Fucile

SOLIDARIETA’ TRA CRIMINALI: “SONO SCIOCCATO NELL’APPRENDERE CHE LO STATO DI ISRAELE STA CONTINUANDO LA SUA ASSURDA CACCIA ALLE STREGHE CONTRO IL SUO PRIMO MINISTRO, DOVREBBE ESSERGLI CONCESSA LA GRAZIA”

“Sono rimasto scioccato nell’apprendere che lo Stato di Israele, che ha appena vissuto uno dei suoi momenti più grandi della storia ed è guidato con forza da Bibi Netanyahu, sta continuando la sua assurda caccia alle streghe contro il suo primo ministro!”. Lo scrive Donald Trump su Truth, difendendo l’amico che è sotto processo per corruzione. “Bibi ed io abbiamo appena attraversato l’inferno insieme, combattendo un nemico di Israele tenace e di lunga data: l’Iran. Bibi non avrebbe potuto essere migliore, più acuto o più forte nel suo amore per l’incredibile Terra Santa”, ha aggiunto il presidente Usa.
“Bibi Netanyahu è stato un guerriero come forse nessun altro guerriero nella storia di Israele, e il risultato è stato qualcosa che nessuno avrebbe mai pensato possibile: la completa eliminazione di una delle armi nucleari potenzialmente più grandi e potenti al mondo”, prosegue Trump.
“Stavamo lottando, letteralmente, per la sopravvivenza di Israele, e non c’è nessuno nella storia di Israele che abbia combattuto più duramente o con più competenza di Bibi Netanyahu. Nonostante tutto questo, ho appena saputo che è stato convocato in tribunale lunedì per la continuazione di questo lungo processo – uno spettacolo dell’orrore da maggio 2020”, ha attaccato il presidente Usa. “Una tale caccia alle streghe, per un uomo che ha dato così tanto, è impensabile per me”, ha sottolineato Trump usando un’espressione con la quale
era solito riferirsi ai processi a suo carico.
“Il processo a Bibi Netanyahu dovrebbe essere annullato immediatamente, o dovrebbe essere concessa la grazia a un grande eroe, che ha fatto così tanto per il suo Stato”. Lo scrive Donald Trump su Truth a proposito del processo per corruzione a carico del premier israeliano. “Forse non conosco nessuno che avrebbe potuto lavorare in migliore armonia con il presidente degli Stati Uniti di Bibi Netanyahu. Sono stati gli Usa a salvare Israele, e ora saranno gli Usa a salvare Bibi Netanyahu. Non possiamo permettere questo paradosso della giustizia”, ha incalzato il tycoon.
(da agenzie)

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“IN MEDIO ORIENTE OGNI SPERANZA DI PACE SARÀ FRAGILE FINO A QUANDO NON SI AFFRONTERÀ LA QUESTIONE PALESTINESE” : PARLA IL PATRIARCA LATINO DI GERUSALEMME, PIERBATTISTA PIZZABALLA, UNO DEI PAPABILI NELL’ULTIMO CONCLAVE

Giugno 26th, 2025 Riccardo Fucile

“IL CESSATE IL FUOCO TRA IRAN E ISRAELE È IMPORTANTE MA NON BASTA, SERVE UNA NUOVA LEADERSHIP POLITICA. NON CE NE È UNA CAPACE DI FARE QUESTO ADESSO, DA NESSUNO DEI LATI”

Il Patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, 60 anni, ci riceve nel giorno in cui per la prima volta da due settimane in questa regione si intravede uno spiraglio di speranza, con l’annuncio del cessate il fuoco fra Israele e l’Iran.
Ma anche nel giorno in cui a Gaza decine di persone sono state uccise nell’ennesima strage del cibo. Naturale che la conversazione con lui parta da qui: dal dramma della Striscia, dalla speranza, dal futuro e dal sogno della pace.
Cardinale Pizzaballa, lei conosce molto bene questa zona di mondo: vive a Gerusalemme dal 1990, è stato Custode di Terra Santa, oggi è la guida spirituale dei cattolici della regione e si confronta spesso con i leader politici israeliani, palestinesi e non solo. Crede che questo cessate il fuoco possa essere un primo passo per la pace?
«Pace è una parola impegnativa. Il cessate il fuoco è importante perché evita che le tensioni si espandano a tutta la regione, ma la pace richiederà tempi lunghi e sarà molto difficile. E comunque ogni speranza di pace sarà fragile e instabile finché non si affronterà la questione palestinese».
Il grande tema al centro della regione. Che però, in questi giorni di scontro diretto fra Israele e Iran, è stato di nuovo dimenticato: nonostante ciò che accade a Gaza, e anche in Cisgiordania….
«Esatto. Ma fino a quando non si affronterà in maniera seria e radicale la questione palestinese, qualsiasi futuro assetto regionale — e chissà se sarà necessario avere un nuovo assetto — resterà incompleto. Il mondo arabo è collegato: ci sono i confini fra i vari Stati, ma ci sono anche legami molto forti che vanno al di là dei confini. La questione palestinese è uno di questi legami. Non è la prima volta che viene messa da parte: succede, ci sono alti e bassi. Purtroppo manca una visione
politica».
E cosa serve, per rilanciare questa visione?
«Abbiamo bisogno di una nuova leadership politica. Non ce ne è una capace di fare questo adesso, da nessuno dei due lati».
I cristiani in questa situazione che posizione hanno?
«Noi siamo pochi. Inutile dire che la nostra preoccupazione principale ora è per la piccola comunità di Gaza: 541 persone che sono diventate un simbolo di resilienza in tutto il mondo. Sono grato della testimonianza che danno, perché sono in condizioni estremamente difficili ma continuano a vivere nella fede.
Ma la situazione è molto complicata anche in Cisgiordania: c’è un continuo deterioramento delle condizioni di vita, posti di blocco, permessi di lavoro cancellati, villaggi continuamente sottoposti alla violenza dei coloni senza che nessuno intervenga. È difficile avere una vita normale, lavorare, andare in ospedale, spostarsi: e non si capisce fino a quando durerà, se e come se finirà.
Tutto questo crea un senso di insicurezza, di sfiducia, di disorientamento, complesso da descrivere. Si parla molto della fame di Gaza: ma anche in Cisgiordania c’è fame, perché la gente non ha soldi per comprare da mangiare. Pensi solo alle famiglie, e sono migliaia, che dipendevano dall’industria del turismo».
Papa Leone cosa pensa di tutto questo? Ha avuto occasione di confrontarsi con lui sulla situazione?
«Il Papa ha citato Gaza già nel suo discorso inaugurale e ripete la parola pace continuamente: la situazione gli sta sicuramente a
cuore. Insiste molto sulla diplomazia e sulla necessità dei cristiani e delle chiese del mondo di diventare avvocati della pace».
Non ha paura che il mondo si abitui a tanta violenza, e che di conseguenza si dimentichi delle piccole comunità che lei guida? Di Gaza, dei cristiani e dei cattolici della Cisgiordania, di quelli della regione…
«Io credo che in mezzo a questa guerra atroce, a questa situazione assolutamente drammatica, quello che dobbiamo fare è resistere: ma non in maniera passiva. Va molto di moda la parola “resilienza” oggi: non la userò direttamente, ma voglio dire che il nostro sforzo è continuare a fare di tutto per esserci. E anche per parlare: noi di fronte al male abbiamo il dovere di dire qualcosa.
Le immagini di Gaza sono immagini che toccano l’umanità: e in un contesto in cui c’è la tendenza a deumanizzare l’altro, credo che sia importante tutto questo desiderio di solidarietà che vediamo verso la gente di Gaza.
Noi, come Chiesa, a parte i pochi aiuti monetari che possiamo dare, abbiamo solo un’arma: la parola. E dunque, continueremo a parlare. Senza vergogna e senza paura. Anche se l’attenzione del mondo andrà da un’altra parte».
(da La Repubblica)

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NELL’INCONTRO CON TRUMP A L’AJA, ZELENSKY HA MESSO A SEGNO DUE PUNTI POSITIVI: 1) L’INTELLIGENCE AMERICANA HA RIPRESO A FORNIRE AGLI UCRAINI INFORMAZIONI COMPLETE SUI MOVIMENTI DELLE FORZE ARMATE RUSSE – 2) NEL 2025 IL DEFICIT DELLO STATO UCRAINO AMMONTERÀ A 38 MILIARDI DI DOLLARI E IL TESORO USA SI È IMPEGNATO A VERSARE CIRCA LA METÀ DEI FONDI MANCANTI, PIÙ O MENO 16 MILIARDI

Giugno 26th, 2025 Riccardo Fucile

NEI PRIMI SEI MESI DEL 2025 GLI EUROPEI, PIÙ IL CANADA, HANNO GIÀ TRASFERITO CIRCA 35 MILIARDI DI EURO A KIEV. LO SCORSO ANNO LE RISORSE AMMONTARONO A 50 MILIARDI – DAL 2022, GLI USA HANNO DATO A KIEV 119 MILIARDI DI AIUTI

Zelensky sapeva che cosa lo aspettasse all’Aia, ma alla fine ha deciso di venire ugualmente. Il leader ucraino ha preso atto che con Trump è iniziata una fase diversa, molto complicata. Ma, pragmaticamente, sta cercando di ottenere comunque dei risultati utili per il suo Paese. […] Zelensky ha deciso di non mollare la presa su Trump. Prima di presentarsi all’Aia, ha chiesto un incontro bilaterale. Accordato. I due si sono visti per una quarantina di minuti.
Il leader ucraino, come ha poi scritto sui social, ha iniziato lconversazione «congratulandosi per il successo dell’operazione in Medio Oriente». Non sono complimenti di maniera. Per Kiev è molto importante che l’Iran venga indebolito il più possibile. Negli ultimi anni il regime degli ayatollah ha fornito armi a Mosca con continuità. […] «Putin non sta vincendo la guerra — scrive ancora Zelensky — ho illustrato al presidente Trump i fatti e ciò che sta realmente accadendo sul campo».
Gli ucraini, dunque, sono tuttora convinti di poter difendere il loro territorio. Ma servono con urgenza mezzi militari. In particolare i missili per la contraerea. Zelensky ha chiarito che non chiede regali: «Siamo pronti a comprarli». Il presidente Usa ha risposto che il Pentagono non è per ora in condizione di inviare altri missili Patriot a Kiev: «Ne abbiamo dati molti a Israele e ci vorrà del tempo per fabbricarne altri». In ogni caso le industrie americane e ucraine collaboreranno per la costruzione di droni sempre più sofisticati.
Zelensky, comunque, ha messo a segno due punti positivi. Primo: l’intelligence americana ha ripreso a fornire agli ucraini informazioni complete sui movimenti delle forze armate russe.
Secondo: nel 2025 il deficit dello Stato ucraino ammonterà a 38 miliardi di dollari; il Tesoro Usa si è impegnato a versare circa la metà dei fondi mancanti, più o meno 16 miliardi, quindi. Per il prossimo anno si vedrà: il ministero delle Finanze di Kiev prevede un ammanco intorno ai 20 miliardi.
Nei primi sei mesi del 2025 gli europei, più il Canada, hanno già trasferito circa 35 miliardi di euro a Kiev. Lo scorso anno le risorse ammontarono a 50 miliardi. I Paesi Nato potranno conteggiare anche il valore delle armi consegnate agli ucraini per raggiungere l’obiettivo di spesa per la difesa, che dovrà essere pari al 5% sul Prodotto interno lordo.
(da agenzie)

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IL GOVERNO TEDESCO CHIAMA I PROPRI CITTADINI ALLE ARMI: IL CANCELLIERE MERZ CHIEDE ALLE AZIENDE DI PERMETTERE AI DIPENDENTI DI NON ANDARE AL LAVORO PER COMPIERE L’ADDESTRAMENTO MILITARE

Giugno 26th, 2025 Riccardo Fucile

IN GERMANIA IL PROBLEMA NON È IL BUDGET DA DESTINARE ALLA DIFESA, MA IL FATTO CHE MANCANO 50-60 MILA SOLDATI PER FRONTEGGIARE UNA EVENTUALE INVASIONE

La Germania spinge sul riarmo e viola il tabù dei debiti per aumentare drasticamente e in tempi record il budget dedicato alla difesa, ma “i soldi non bastano”: all’esercito tedesco mancano innanzitutto soldati, per fronteggiare l’eventualità del cosiddetto “Ernstfall”, il “caso serio”, e cioè una guerra nel territorio stesso della Repubblica. Un “worst case” con cui si confrontano quasi quotidianamente politica e società civile.
Ed è quindi sulla leva obbligatoria che si è spostato il dibattito a Berlino, dove il cancelliere Friedrich Merz, nei giorni scorsi, si è
spinto a chiedere aiuto perfino alle imprese, sollecitando la disponibilità dei manager a svincolare i dipendenti, per rendere possibili gli addestramenti militari. La Bundeswehr ha bisogno di riservisti, ha spiegato il leader della Cdu.
“Credo che siamo tutti dell’avviso che valga la pena difendere questa democrazia e questa libertà – ha scandito parlando alla giornata della Confidustria tedesca, la Bdi -. Ma questo ha delle conseguenze anche per le imprese. I soldi non sono il tema decisivo. La questione fondamentale è avere del personale qualificato. È necessaria una riserva”, ha continuato.
“Dovrete essere disposti a permettere ai vostri dipendenti di esercitarsi di nuovo nelle truppe”, ha aggiunto, sottolineando di riferirsi a periodi di qualche settimana di addestramenti. L’uscita del Kanzler era stata preceduta da un intervento del ministro della Difesa socialdemocratico, Boris Pistorius, che nel weekend aveva affermato di voler procurare 10 mila soldati e 1000 impiegati civili all’esercito, già entro la fine di quest’anno.
Affermazione che trova riscontro nel bilancio approvato ieri dal gabinetto, dove compaiono le risorse per altrettante assunzioni. Il fabbisogno è in realtà anche superiore: si parla di circa 50-60 mila soldati mancanti per rispondere alle necessità dell’Alleanza transatlantica. Un “buco” non semplice da riempire. La Bundeswehr conta attualmente 183 mila militari e 81 mila civili.
Per promuovere l’ingresso di nuove reclute si è riaperto da tempo il dibattito sul servizio militare obbligatorio abolito nel 2011 dai conservatori di Angela Merkel. Un errore, ha sentenziato Merz, che ha già tirato fuori la necessità di prevedere “elementi di obbligatorietà” in materia. “Se si punta
sulla volontarietà non ce la faremo.
Dovremmo riattivare la leva obbligatoria”, gli ha fatto eco il presidente dell’associazione dei riservisti Patrik Sensburg parlando alla Rnd. I tedeschi potrebbero poi pronunciarsi sull’obbligatorietà per le donne: “Se ci fosse una volontà della maggioranza su questo – è la sua proposta – non saprei chi potrebbe defilarsi nel Bundestag”.
(da agenzie)

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GETTATA LA POCHETTE (CHE SFOGGIAVA QUANDO FIRMAVA I DECRETI SICUREZZA DI SALVINI), CONTE HA INDOSSATO L’ESKIMO

Giugno 26th, 2025 Riccardo Fucile

E ORA CONTE DIVENTA UN PROBLEMA PER IL “CAMPO LARGO”: SI PUO’ GOVERNARE CON UNO CHE VA A MANIFESTARE CONTRO L’UE?

Guardavano le immagini di Giuseppe Conte tra i suoi nuovi compañeros grillini. All’Aia. In sit-in contro la Nato. Più a sinistra di tutti. Frullata via la pochette a cinque punte (che sfoggiava quando firmava i decreti sicurezza di Matteo Salvini), il prossimo inverno ce lo ritroviamo con l’eskimo? No, sul serio: pazzesco. E quelli di Avs, adesso?
Flashback, qualcosa di simile a un piano sequenza sfocato.
Provate a immaginare una mattina livida, la stazione di Pisa, era il febbraio del 2003. I carabinieri con i manganelli e la visiera del casco abbassata e un ragazzo con la giacca a vento nera e la sciarpa sul viso che salta sui binari, incitando il corteo a non indietreggiare e a bloccare un convoglio di armamenti americani diretti nel Golfo: sotto la sciarpa, Fratoianni aveva la barba lunga, era tosto e spavaldo e con lo sguardo elettrico, le compagne erano pazze di quel rivoluzionario con i fiocchi.
Ritrovarsi scavalcato a sinistra da Conte è stato, perciò, un autentico, comprensibile trauma . Che fare? Certo: la speranza di Fratoianni, e del suo compagno di partito Bonelli, è che magari domattina l’avvocato di Volturara Appula si svegli e, senza imbarazzi, cambi idea.
Le domande che ora si pongono con apprensione Fratoianni&Bonelli — chi è davvero Conte? che spazio intende prendersi a sinistra? che progetto ha in testa? Sono un po’ le stesse che, da mesi, rimbombano nel Pd. Nessuno s’è lasciato ingannare per la firma che, anche lui, ha posto sotto la mozione comune in cui si proponeva d’interrompere qualsiasi cooperazione militare con Israele. Chissà perché l’ha fatto, si sono chiesti in molti. Non si fidano.
C’è tutta l’area riformista che lo osserva come si osserva un camaleonte allo zoo. Aspetta, guarda, adesso è sparito. No, che dici, è sempre lì, ha solo cambiato colore. Elly Schlein, si sa, non è però d’accordo con questo tipo di approccio, polemico e ruvido. Lei, a Conte, dà corda (fingendo, eh), lo segue e subito precisa, pone dei distinguo, e di nuovo lo lascia fare.
Strategia probabile: spera di cucinarselo a fuoco lento.
Poi, sì: la sua delegazione, guidata dall’eroico Francesco Boccia, torna dal corteo dei 5 Stelle e tutti le riferiscono degli sguardi torvi, dei fischi, di certi sberleffi. Di un clima profondamente ostile nei confronti dei dem.
E pure lei, chiaro, s’accorge di tutte le trappolette, le frecciatine che lui le spedisce a giorni alterni (la stessa stucchevole tecnica che Salvini usa con la Meloni). Elly sa bene persino un’altra cosa: e cioè che l’avvocato s’immagina, si percepisce come
l’unico possibile candidato premier dell’eventuale coalizione di centrosinistra. È già stato due volte a Palazzo Chigi, e ambisce ad un terzo giro: come Aldo Moro (vietato sorridere).
Conte è un problema: Elly sa tutto. Matteo Renzi sapeva, da tempo, tutto. E adesso sanno tutto anche Fratoianni&Bonelli.
(da Il Corriere della Sera)

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