Giugno 28th, 2025 Riccardo Fucile
ACQUE AGITATE NEL CARROCCIO CON IL GOVERNATORE LOMBARDO DELLA LEGA FONTANA CHE PUNGE SALVINI SOSPETTATO DI NON DI NON AVERE FATTO LA VOCE GROSSA PER DIFENDERE L’ANIMA “NORDISTA” DELLA LEGA, PRIVILEGIANDO L’EX GENERALE VANNACCI
Ritenere che il «tramonto», eufemismo del presidente del Senato, il meloniano
Ignazio La Russa, del terzo mandato
chiuda la questione delle candidature alle Regionali suona un po’ ottimistico. In realtà, la bocciatura del tentativo estremo della Lega di riproporlo, facendoselo respingere col no di FI e l’astensione di FdI, apre la vera partita: nella maggioranza di governo e nelle opposizioni.
A sinistra, di rendere le nomenklature omogenee alla politica della segretaria Elly Schlein.
Il partito di Matteo Salvini al Nord è irritato con gli alleati, in particolare con il vicepremier e capo di FI, Antonio Tajani. Ma sotto ristagna qualche diffidenza nei confronti dello stesso leader del Carroccio.
È sospettato di non avere fatto la voce grossa per difendere l’anima «nordista» della Lega, privilegiando personaggi come l’ex generale Roberto Vannacci. Il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, parla esplicitamente di «schiaffo in faccia a quelle comunità che con il voto vorrebbero confermare amministratori apprezzati».
La reazione, tuttavia, elude il tema di fondo emerso dalle elezioni politiche dell’autunno 2022: FdI ha ormai dovunque oltre il doppio dei voti del Carroccio, e FI sta riacquistando consensi. Le posizioni di potere della Lega in Veneto, Lombardia, Piemonte sembrano dunque fotografare rapporti di forza del passato.
E gli alleati puntano a ricalibrare a proprio vantaggio la situazione. L’esclusione di Luca Zaia dalla competizione porterà quasi certamente a una candidatura più gradita e in linea con Palazzo Chigi.
Quanto al centrosinistra, le tensioni interne alla coalizione di Giorgia Meloni mettono un po’ in ombra quelle presenti in particolare nel Pd.
Eppure ce ne sono, e vistose. Basta registrare la proposta di un «breve rinvio» delle elezioni previste in autunno, avanzata dal
presidente della Campania, Vincenzo De Luca: un predestinato all’esclusione, ma forte di un radicamento regionale in grado di creare problemi al candidato che sarà scelto da Schlein, probabilmente d’intesa col M5S.
Il controverso slittamento al 2026 sarebbe motivato dall’esigenza di non bloccare alcune opere pubbliche già avviate: un problema che appare condiviso dai leghisti.
Per Massimiliano Fedriga, la spaccatura che ieri si è prodotta nella Conferenza delle Regioni da lui guidata non nasce dai contraccolpi del «no» al terzo mandato. Eppure si indovina un asse tra Lega e De Luca per tentare di prolungare le legislature locali. Ma c’è chi teme che un rinvio venga usato per liberarsi di candidati sgraditi. Non a caso Eugenio Giani, governatore Pd della Toscana, poco in linea con la segretaria Schlein, annuncia che nella regione si voterà comunque a ottobre.
(da Corriere della Sera)
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Giugno 28th, 2025 Riccardo Fucile
RIPOSTO IN CANTINA IL PREMIERATO, BRUCIATO IL VOTO ANTICIPATO, CHE FARE? ALLE MENINGI DEI FAZZOLARI E DEI LA RUSSA È SPUNTATA LA RIFORMA ELETTORALE CHE NON SOLO PENALIZZEREBBE LA LEGA A FAVORE DI FRATELLI D’ITALIA MA TOGLIEREBBE DI MEZZO LE CHANCE DI VITTORIA DI UN’OPPOSIZIONE IN “CAMPO LARGO”
Come far fuori il nemico più intimo e governare felici? E’ la domanda che frulla da un pezzo sotto la cofana bionda di Giorgia Meloni quando si appalesa ai suoi occhioni la silhouette sovrappeso di Matteo Salvini che, per riacchiappare i voti perduti, a capo di una Lega precipitata intorno all’8%, si è
trasformato in un disturbatore seriale dell’azione della Fiamma Magica di Palazzo Chigi.
Per sistemare una volta per tutte il Patriota anti-Ue e filo trumputiniano, che si mette di traverso sul progressivo spostamento euro-meloniano verso il centro del Ppe, basterebbe buttarlo fuori dall’alleanza di governo.
Purtroppo la somma dei sondaggi Ipsos del 30 maggio scorso di Fratelli d’Italia (27,3%) e di Forza Italia (7,8%) non permette di gettare il Carroccio nel cestino come un kleenex usato.
Anche perché, sottolinea l’Ipsos di Pagnoncelli, l’indice di gradimento del governo registra una lieve flessione, in calo di un punto percentuale rispetto al mese precedente, passando dal 41 di aprile all’attuale 40.
Cosa che non ha fatto alcun piacere agli otoliti della Thatcher della Garbatella, dall’alto del suo diploma di maturità linguistica . Riposta in cantina la “madre di tutte le riforme”, quel premierato con elezione diretta del capo del governo che a Mattarella fa venire gli incubi del balcone di piazza Venezia, alla Premier Camaleonte non restava che una via per asfaltare il partito fondato da Umberto Bossi e capitalizzare il suo consenso persistente dopo tre anni di governo: chiamare gli elettori alle urne prima della scadenza naturale della legislatura, primavera 2026 anziché fine estate 2027.
Ipotesi che viene immediatamente bruciata dai peones di ogni partito del Parlamento per il semplice e finanziario motivo che in quella data, primavera 2026, non sarebbero ancora trascorsi i quattro anni e sei mesi di legislatura che garantiscono il cumulo per la pensione da deputato.
A quel punto, alle meningi dei Fazzolari e La Russa non è rimasto altro che cogitare l’idea di una riforma elettorale che prevede l’abbandono del Rosatellum, sistema escogitato dal renziano Ettore Rosato in vigore dal 2017.
Attenzione: la mossa di anticipare il voto non era agitata solo con l’obiettivo di azzerare i continui colpi di testa di Salvini ma soprattutto perché, in vista delle politiche del 2027, fatti due calcoli sul Rosatellum, si è accesa la luce rossa tra i cervelloni meloniani: un accidentale “campo largo” elettorale delle opposizioni farebbe perdere alle destre tutti i collegi uninominali a Sud di Roma consegnando Palazzo Chigi a un’opposizione magicamente unita (come è successo alle recenti comunali di Genova con la vittoria di Silvia Salis).
L’idea che frulla tra i Fratellini per spegnere la voglia di rivincita del centrosinistra, dietro il bla-bla di “garantire la governabilità”, è quella di un sistema elettorale interamente proporzionale supportato da un premio di maggioranza per le coalizioni di partiti che abbiano superato una certa soglia (si ragiona sul 40% o sul 42%).
Sempre restando nel campo delle ipotesi varie e avariate, si affacciano due domandine da cento pistole: intanto come infilare nel sederino di Salvini la supposta di una riforma che penalizzerebbe la Lega a favore di Fratelli d’Italia, come partito dominante della coalizione. A tale contrarietà padana si unisce il malcontento di Forza Italia che teme di diventare sempre più semplice “stampella” per l’Armata Branca-Meloni.
Secondo, e più importante quesito: come far ingoiare a un’opposizione attovagliata in modalità “campo largo” il rospo di una legge elettorale che li penalizza, mettendo al bando l’attuale sistema misto in base al quale i 3/8 dei seggi sono ripartiti con metodo maggioritario in collegi uninominali?
Di cambiare la legge elettorale, al Nazareno se ne parla dopo le regionali se diventerà realtà il sogno della Schein di mettere insieme il fatidico “campo largo” rifilando un sonoro 4-1 al centrodestra, che le permetterà di convocare un congresso anticipato del Pd all’inizio del 2026, ottenere una maggioranza
bulgara e segare i dissidenti del centro riformista che rappresentano oggi la maggioranza degli iscritti al Pd.
Avanza l’ipotesi di un leader dell’area larga al di fuori dei due contendenti, come è avvenuto a suo tempo per la nascita del governo Di Maio-Salvini con l’incoronazione a Palazzo Chigi di uno sconosciuto avvocato pugliese, al secolo Conte Giuseppe.
Un “papabile” sarebbe già stato intercettato nella persona irreprensibile e dotata di ottime capacità di mediazione di Gaetano Manfredi (l’intervento del sindaco di Napoli ha permesso a Pd e M5s di trovare un accordo con il boss De Luca sul nome di Sergio Costa come candidato alla Regione Campania).
(da Dagoreport)
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Giugno 28th, 2025 Riccardo Fucile
UNA DISEGUAGLIANZA ECONOMICA CHE RISCHIA DI AUMENTARE NEI PROSSIMI ANNI: NEL 2026, I PAESI DEL G7 TAGLIERANNO DEL 28% GLI AIUTI ALLO SVILUPPO
La ricchezza dell’1% degli uomini più facoltosi al mondo è aumentata, in termini reali,
di oltre 33.900 miliardi di dollari nell’ultimo decennio. Un ammontare superiore di 22 volte alle risorse necessarie per riportare sopra gli 8,30 dollari al giorno la parte della popolazione mondiale che vive oggi sotto la soglia di povertà.
A rivelarlo è una nuova analisi di Oxfam, pubblicata in vista della quarta Conferenza internazionale sul finanziamento per lo Sviluppo, che si svolgerà a Siviglia a partire dal 30 giugno e vedrà la partecipazione di oltre 190 Paesi. Secondo l’analisi di Oxfam i governi delle economie avanzate stanno apportando i tagli più cospicui agli aiuti pubblici allo sviluppo dagli anni Sessanta, periodo in cui l’aiuto pubblico allo sviluppo è divenuto oggetto di una rilevazione annuale.
I soli Paesi del G7, i cui stanziamenti rappresentano circa tre quarti degli aiuti globali, prevedono per il 2026 tagli del 28% rispetto al 2024. Nel frattempo la crisi del debito vede “il 60% dei Paesi a basso reddito sull’orlo di una bancarotta, con i Paesi più poveri costretti a spendere per il servizio del debito somme più alte di quelle che destinano a scuole e ospedali pubblici”, si
legge in una nota di Oxfam.
“I rappresentanti dei Paesi di tutto il mondo si incontreranno a Siviglia in un momento drammatico per l’umanità” fra “tagli draconiani agli aiuti pubblici allo sviluppo, l’aggravarsi della crisi del debito, l’espandersi dei conflitti con il moltiplicarsi delle crisi umanitarie, una guerra commerciale senza precedenti e il multilateralismo sotto scacco, perché profondamente avversato dall’amministrazione Trump”, dice Francesco Petrelli, portavoce e policy advisor di Oxfam Italia su finanza per lo sviluppo.
“A presagire prospettive flebili per un benessere equo e sostenibile c’è poi una subordinazione di lungo corso, da parte delle istituzioni preposte al sostegno dello sviluppo globale, delle azioni in grado di favorire una prosperità più equamente condivisa agli interessi particolari di pochi e privilegiati attori”. In occasione della Conferenza di Siviglia, Oxfam chiede ai governi di “invertire la rotta, affrontando di petto le elevate e crescenti disuguaglianze di benessere e ripensando alla radice il sistema di finanziamento per lo sviluppo”.
“É positivo che l’Italia, assieme alla maggioranza dei Paesi che parteciperanno alla Conferenza di Siviglia, sia per la riconferma dell’impegno dello 0,70% per gli aiuti. – conclude Petrelli – Ma è ora necessario che alle dichiarazioni di intenti seguano i fatti, considerando che il nostro Paese è ancora ben lontano da questo obiettivo, fermo allo 0,28% di Aps.
(da agenzie)
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Giugno 28th, 2025 Riccardo Fucile
LA SITUAZIONE È ANCORA PIÙ GRAVE TRA CHI SOFFRE DI MALATTIE CRONICHE, DOVE LA PERCENTUALE SALE AL 9,2%… I NUMERI DEL REPORT DELL’INAPP EVIDENZIANO COME LE INTERMINABILI LISTE D’ATTESA PER CURARSI NEL SETTORE PUBBLICO COSTRINGONO SEMPRE PIÙ PERSONE A RIVOLGERSI AL PRIVATO. E CHI NON HA I SOLDI SI ATTACCA O MUORE
Oltre 2 milioni di italiani tra i 18 e i 74 anni (pari al 5,3% della popolazione) nel 2024 hanno rinviato visite mediche o cure dentistiche perché non potevano permettersele. La situazione è ancora più grave tra chi soffre di malattie croniche, dove la percentuale sale al 9,2%. E’ quanto emerge dall’ultimo report dell’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche), basato sui dati dell’Indagine Plus.
Le polizze sanitarie private aiutano, ma non risolvono il problema. Tra chi non ha un’assicurazione sanitaria, il 5,3% rinvia le cure. Tra chi ce l’ha, la quota scende al 3,3%. Solo il 13,7% degli italiani possiede oggi una polizza sanitaria, mentre un altro 10,6% vorrebbe attivarla. Emergono forti differenze sociali: il 17,9% dei lavoratori ha un’assicurazione, contro appena il 4% di chi cerca lavoro.
Le polizze sono più diffuse tra gli autonomi (22%) che tra i dipendenti (17%). Nelle famiglie con figli e redditi superiori a 5.000 euro al mese, la quota sale al 32,2%. I rinvii riguardano soprattutto visite specialistiche ed esami diagnostici. Per le cure primarie, ospedaliere e farmaci, il Servizio sanitario nazionale continua invece a garantire l’assistenza nella maggior parte dei casi.
Ma chi paga le cure? Il SSN copre del tutto o in parte il 76% delle visite e il 79% degli esami diagnostici. Il restante 22-21% è pagato di tasca propria: un terzo con l’aiuto di una polizza; due terzi interamente dai pazienti.
Le assicurazioni sanitarie sono più diffuse tra i 45-49enni e tra chi ha più patologie. Tuttavia, anche in questi gruppi, il 9% delle visite e il 7% degli esami resta a carico diretto dei pazienti, mentre le polizze coprono meno del 3% delle prestazioni.
Natale Forlani, presidente Inapp, commenta: “Le polizze sanitarie possono rappresentare una alternativa ed un complemento per contribuire a ridurre i tempi di attesa e ad ampliare l’accesso a prestazioni non coperte dal Ssn, offrendo maggiori tutele ai lavoratori che ne beneficiano tramite i contratti collettivi.
E’ importante, però, garantire che l’assistenza integrativa continui a rafforzare e integrare il servizio pubblico, mantenendone la centralità e l’universalità.”
(da agenzie)
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Giugno 27th, 2025 Riccardo Fucile
PER GLI ERMELLINI, IL PROVVEDIMENTO È A RISCHIO DI INCOSTITUZIONALITÀ PERCHÉ MANCA IL REQUISITO DI “NECESSITÀ E URGENZA” PER GIUSTIFICARE UN DECRETO. IN PIÙ IL TESTO È ETEROGENEO, UNA SORTA DI “ZIBALDONE” CHE METTE INSIEME DI QUESTIONI CHE NULLA HANNO A CHE FARE L’UNA CON L’ALTRA – IL PARERE DELLA CORTE NON È VINCOLANTE, MA GIURIDICAMENTE È PESANTISSIMO PER MELONI
Sbagliato nel metodo e nel merito, per questo a rischio di incostituzionalità. In 129
pagine la Cassazione boccia senza appello il decreto sicurezza, segnalando criticità non solo nel metodo di adozione del provvedimento, ma soprattutto nei contenuti.
Il parere è contenuto nella relazione 33/2025 sulle novità normative dell’Ufficio del massimario e del ruolo e al momento non è vincolante, tuttavia giuridicamente è pesantissimo.
Per gli ermellini, il decreto è a rischio di incostituzionalità in primo luogo per il metodo. Un decreto, ricordano, è giustificabile solo in caso di “necessità e urgenza”, requisiti che mancano totalmente se è vero che il provvedimento ha di fatto inglobato un disegno di legge che da tempo camminava in Parlamento secondo le normali procedure.
Il governo Meloni ha giustificato il blitz per “evitare ulteriori dilazioni al Senato” ma la Corte Costituzionale – si ricorda nel parere – ha più volte ribadito che il ricorso al decreto-legge non può fondarsi su una “apodittica enunciazione dell’esistenza delle ragioni di necessità e di urgenza”.
In più, sottolineano, il decreto è eterogeneo. In concreto, significa che si tratta di uno zibaldone di questioni che nulla hanno a che fare l’una con l’altra dalla sicurezza urbana all’ordinamento penitenziario, dal terrorismo alla canapa
questo è ulteriore vizio di legittimità costituzionale per i decreti legge.
Ci sono almeno una trentina di profili critici o problematici. Fra questi, di certo la norma che amplia a dismisura l’operatività degli agenti segreti e ne decreta la non punibilità, consentendo loro anche di creare gruppi terroristici o eversivi da zero, così come le aggravanti di luogo e contesto per il dissenso, le cosiddette norme anticortei. Stessi dubbi di incostituzionalità suppone il nuovo reato di “terrorismo della parola”, secondo cui diventa punibile anche la sola detenzione di non meglio specificato “materiale propedeutico al terrorismo”.
Per la Cassazione, la norma rischia di anticipare eccessivamente la soglia di punibilità, criminalizzando condotte preparatorie che potrebbero essere distanti e slegate dall’effettiva commissione di un reato. Profili critici per i giudici hanno anche le norme di criminalizzazione del dissenso in carceri e cpr – i nuovissimi reati di rivolta carceraria e resistenza passiva – le aggravanti previste per manifestazioni e reati “dentro e fuori le stazioni ferroviari e dalla metro”, così come per le occupazioni di case.
Particolare allarme destano le norme per le detenute madri, giustificate in base alla dottrina sul “diritto penale d’autore”, che rischia di colpire le persone non per la condotta illecita specifica, ma per il loro status sociale o l’appartenenza a determinate categorie, violando i principi di uguaglianza e non discriminazione.
Pasticciate secondo la Cassazione sono anche gli articoli che hanno a che fare con la lotta antimafia e in materia di misure di prevenzione. Da quella che depotenzia le interdittive, dando al prefetto la facoltà di limitarne gli effetti qualora accerti che “verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento al titolare dell’impresa individuale e alla sua famiglia” a quella che prevede il licenziamento in tronco di tutti i dipendenti che
abbiano parentele con il destinatario o precedenti condanne per mafia
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Giugno 27th, 2025 Riccardo Fucile
IL PARTITO DI PETER MAYAR AVANTI DI SETTE PUNTI, SI VOTERA’ TRA UN ANNO: “IL REGIME DI ORBAN DEVE SPARIRE”
Nei giorni scorsi, 1,1 milioni cittadini hanno espresso la propria opinione tramite schede distribuite in tutto il Paese, rispondendo a 13 domande relative a imposte, pensioni, sanità, pubblica istruzione e anche questioni internazionali.
Oltre il 90% ha sostenuto il programma del Tisza, 98% l’appartenenza dell’Ungheria all’Ue e alla Nato, malgrado la propaganda massacrante del governo di Viktor Orban contro Bruxelles.
Più esigua, ma pur sempre maggioranza, pari al 58%, quella di chi sostiene l’adesione dell’Ucraina all’Ue: segno che la questione divide l’opinione pubblica ungherese.
Peter Magyar ha detto: “Visto che la questione divide la nostra società, una volta al potere, organizzeremo un referendum vincolante giuridicamente su questa questione”.
Secondo gli ultimi sondaggi, il partito Tisza avanza ormai con un vantaggio di 7 punti percentuali sul partito di destra Fidesz di Orban (46% contro 39%), tutti gli altri partiti difficilmente passeranno lo sbarramento di 5%.
Molti attivisti del Tisza che raccoglievano voti nella consultazione, sono stati aggrediti fisicamente e verbalmente, in modo organizzato da militanti del partito di Orban, secondo quanto denuncia Magyar, che interpreta questi gesti come segno del nervosismo del partito di governo. “Siamo ormai la maggioranza, il Tisza vincerà le elezioni nell’aprile del 2026, il regime di Orban deve sparire”, ha detto Magyar.
(da agenzie)
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Giugno 27th, 2025 Riccardo Fucile
“UN’ALTRA UNGHERIA E’ POSSIBILE”
Nel centro di Budapest all’alba è apparso un nuovo poster firmato dalla street artist
Laika. “Another Hungary is Possible (“Un’altra Ungheria è possibile”) il titolo: l’opera raffigura il premier ungherese Viktor Orbàn in versione queer, con gonna e tacchi, mentre sventola una bandiera arcobaleno, come se sfilasse al Pride.
Sulla fine della gonna si legge la scritta “Free Maja”, in omaggio alla militante antifascista non-binary detenuta nel Paese. Un messaggio provocatorio lanciato dall’artista alla vigilia del Budapest Pride che il governo ungherese ha cercato di ostacolare.
Non è la prima volta che Laika prende di mira l’esecutivo di
Orban: tra le sue opere più celebri, il poster che ritraeva l’eurodeputato Jozsef Szajer, suo fedelissimo, colto in fragrante all’interno di un’orgia omosessuale durante il confinamento da Covid, e Ila Resisti, a sostegno della militante antifascista Ilaria Salis, oggi eurodeputata. Le opere precedenti però erano state realizzate in Italia.
“La street art ha il potere di mostrare l’impossibile, l’utopico. Rappresentare Orban che marcia per i diritti civili è certo una provocazione, ma non atta a ridicolizzare. È più che altro un sogno: quello di un’Ungheria in cui il premier non demolisce lo Stato di diritto con leggi liberticide, non reprime le piazze, ma scende in strada accanto alla comunità LGBTQIA+. Un premier rispettoso dei diritti umani”, ha dichiara Laika.
Secondo l’artista, “l’Ungheria sta attraversando una preoccupante deriva autoritaria, con una progressiva erosione delle garanzie democratiche”. Laika ha denunciato la tolleranza, se non il sostegno, da parte del governo verso gruppi neofascisti come quello di HVIM (Sixty-Four Counties Youth Movement), a cui il premier ha concesso l’autorizzazione a sfilare nelle stesse vie del Pride.
A maggio, il Parlamento Europeo ha chiesto formalmente che il Budapest Pride si svolgesse senza ostacoli. “Tra i 20 Paesi firmatari della mozione non figura l’Italia, che invece – ha affermato l’artista – guarda con favore al ‘modello ungherese’”. “Essere qui oggi è un rischio, ma è anche necessario. È importante non solo per la comunità LGBTQIA+ ungherese, ma per quella di tutta l’Europa” ha concluso Laika.
(da agenzie)
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Giugno 27th, 2025 Riccardo Fucile
“OCCORRE UN INTERVENTO URGENTE CONTRO L’USO ILLEGALE DI SPYWARE”
La Federazione europea dei giornalisti (Efj), assieme ad altre organizzazioni tra cui Amnesty International, ha scritto una lettera aperta alle istituzioni dell’Ue, a cui ha chiesto un intervento urgente contro l’uso illegale di spyware, alla luce dello scandalo Paragon. Lo spionaggio ai danni dei giornalisti di Fanpage.it, Francesco Cancellato e Ciro Pellegrino, e di Roberto D’Agostino di Dagospia, hanno spinto lo Spyware Coordination Group, una coalizione di organizzazioni della società civile e di giornalisti che si batte per la trasparenza, la responsabilità e la tutela dei diritti fondamentali in relazione alle tecnologie spyware ad alzare la voce con l’Ue e chiedere azioni concrete.
“All’inizio di quest’anno, i media hanno rivelato che diversi giornalisti italiani e attivisti per i diritti umani erano stati presi di mira con Graphite, uno spyware sviluppato da Paragon Solutions”, si legge nella lettera. “Secondo quanto riportato, le vittime erano venute a conoscenza del bersaglio in seguito a una notifica ufficiale dell’intrusione da parte di WhatsApp. Ciò ha indotto le autorità italiane ad avviare un’indagine ufficiale. Nei rapporti di marzo e giugno, il Citizen Lab ha confermato queste affermazioni e ha fornito ulteriori prove che lo spyware Graphite potrebbe essere stato acquisito e distribuito in diversi Stati membri, tra cui Italia, Danimarca e Cipro, colpendo probabilmente un numero maggiore di vittime rispetto ai 90 obiettivi notificati ufficialmente da WhatsApp. Preoccupante è anche il fatto che i rapporti evidenziano uno schema che prende di mira i gruppi per i diritti umani, i critici del governo e i giornalisti, sottolineando la necessità di un’azione coordinata dell’Ue per affrontare queste violazioni e proteggere i diritti fondamentali in linea con standard internazionali e regionali”, denunciano. “Diversi Stati membri, tra cui Spagna, Italia e Cipro, sarebbero emersi come centri nevralgici per l’industria dello spyware, con un’alta concentrazione di venditori che operano da questi Paesi”.
Efj sottolinea l’assenza di un quadro normativo adeguato a contrastare gli abusi. Le raccomandazioni emanate a seguito dello scandalo Pegasus infatti, non sono state osservate e le ultime vicende hanno sollevato “notevoli preoccupazioni riguardo al commercio e alla proliferazione di spyware commerciali all’interno dell’Ue, nonché alle sue potenziali implicazioni sui diritti umani”. “Dato il rischio posto dagli spyware ai diritti fondamentali, tra cui il diritto alla privacy, lo stato di diritto, il dibattito pubblico, la libertà e il pluralismo dei media e l’integrità degli spazi civici, invitiamo rispettosamente le istituzioni dell’Ue a dare priorità ad azioni politiche normative
immediate per affrontare le sfide degli spyware commerciali”, prosegue la lettera.
Attualmente, le tecnologie spyware “sono semplicemente troppo invasive per essere conformi al diritto internazionale dei diritti umani (IHRL), come sottolineato dal Garante europeo per la protezione dei dati e dal Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella lotta al terrorismo”, si legge ancora. Al di là delle singole iniziative sparse qua e là, l’assenza di una risposta coordinata europea “sta creando lacune critiche in relazione al commercio di questi strumenti e alla gestione delle vulnerabilità della sicurezza informatica che incentivano la proliferazione
di spyware commerciali e il loro uso illegale da parte dei governi”.
Pertanto, Efj chiede alcune azioni immediate: “la pubblicazione della comunicazione della Commissione, attesa da tempo, per chiarire i confini tra il diritto dell’Ue e la sicurezza nazionale, l’impegno formale della Commissione nel processo Pall Mall e la partecipazione a tutti gli sforzi internazionali e regionali per affrontare la minaccia rappresentata dai software spia commerciali, la piena attuazione delle raccomandazioni del Comitato PEGA, comprese quelle relative ad aree di competenza dell’Ue come la regolamentazione del mercato interno, la gestione delle vulnerabilità della cybersecurity e la garanzia che gli Stati membri forniscano rimedi efficaci alle vittime”.
(da agenzie)
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Giugno 27th, 2025 Riccardo Fucile
OTTO MESI DI SPIONAGGIO DA PARTE DELL’ANTITERROROSMO IN UN PARTITO CHE SI CANDIDA ALLE ELEZIONI
Nel maggio scorso avevamo raccolto la denuncia di Potere al popolo, che aveva
scoperto un poliziotto infiltrato nelle fila del partito a Napoli. Su quel caso sono state presentate 3 interrogazioni parlamentari a cui il governo di Giorgia Meloni non ha ancora risposto. Ma dai documenti in possesso di Fanpage.it siamo riusciti a risalire all’intera operazione messa in campo dalla Direzione Centrale della polizia di prevenzione, l’antiterrorismo, ai danni di un partito che si candida regolarmente alle elezioni politiche. Abbiamo scoperto infatti che le infiltrazioni ci sono state in diverse città italiane: Milano, Bologna e Roma, oltre che Napoli. Nelle nostre ricerche, una volta identificati i poliziotti infiltrati in Potere al Popolo, abbiamo avvisato i responsabili e i dirigenti locali dell’organizzazione, riuscendo a trovare tutti i riscontri e le
prove di una attività di spionaggio ed infiltrazione che è durata almeno 8 mesi.
Da Napoli a Milano: così i poliziotti si sono infiltrati nel partito
Grazie all’analisi dei documenti in nostro possesso abbiamo ricostruito tutti gli spostamenti dei 5 agenti di polizia che si sono infiltrati in Potere al Popolo. Appartengono tutti al 223esimo corso allievi agenti di polizia, e dopo un periodo di prova, che hanno trascorso in diverse Questure italiane, nel dicembre del 2024 sono stati trasferiti tutti alla Direzione centrale della polizia di prevenzione, ovvero all’antiterrorismo. Non un solo infiltrato, non un caso singolo, ma una vera e propria operazione articolata. I 5 agenti hanno iniziato la loro infiltrazione in Potere al popolo, spesso attraverso l’organizzazione giovanile “Cambiare rotta”, contemporaneamente, tra ottobre e novembre del 2024, e solo a dicembre del 2024 hanno ricevuto il trasferimento ufficiale all’antiterrorismo.
A Milano i poliziotti infiltrati sono stati due. “Il primo soggetto si è avvicinato a Cambiare Rotta nell’università statale di Milano, all’inizio dell’anno accademico, nel mese di ottobre” ci racconta Samuele Ortolini, di Cambiare Rotta Milano. La loro è l’organizzazione giovanile che fa capo all’area politica di Potere al Popolo. Un’associazione che si presenta anche alle elezioni studentesche nei principali atenei italiani. “Si è presentato come uno studente fuori sede che aveva particolarmente a cuore il tema del carovita nella città di Milano. Ha partecipato alla contestazione che abbiamo fatto al teatro dal Verme di Milano a Carlo Calenda ed a molte altre manifestazioni. Il secondo soggetto invece si è avvicinato a Cambiare Rotta nell’università Bicocca, nel mese di dicembre” spiega Ortolini.
Le immagini che abbiamo ritrovato mostrano il primo poliziotto nel momento del suo giuramento in polizia, al termine del 223esimo corso allievi agenti di polizia, e poi in manifestazione a Milano in diverse occasioni. Una di queste è la contestazione a Carlo Calenda al teatro dal Verme di Milano. E poi ancora in piazza contro il carovita e per la Palestina, con la presenza anche alla manifestazione nazionale del 30 novembre scorso. Era arrivato all’antiterrorismo dopo un periodo di prova alla Questura di La Spezia, presso il commissariato di Sarzana. Il secondo soggetto invece era più schivo: “Mostrava diffidenza a mostrarsi nei video e nelle foto – sottolinea l’attivista di Cambiare Rotta – perché diceva di non voler allarmare i suoi genitori”.
Eppure di lui siamo riusciti a trovare un video di una contestazione all’onorevole Tommaso Foti di Fratelli d’Italia, all’università Bicocca di Milano. Compare per pochi secondi, dopo si copre il volto con lo striscione. “Nei momenti comuni non hanno mai esplicitamente dichiarato di conoscersi, ma erano molto affiatati, con la scusa che erano entrambi studenti fuori sede hanno socializzato fin da subito” spiega Ortolini. Ma dopo aver avvisato gli attivisti di Potere al popolo di Milano, grazie al controllo delle foto sugli smartphone degli attivisti, siamo riusciti a trovare alcune foto dei due poliziotti infiltrati insieme ad una manifestazione. Il secondo poliziotto, anche lui proveniente dal 223esimo corso, aveva svolto il periodo di prova addirittura al Viminale, al Ministero degli Interni, per poi essere trasferito a dicembre 2024 all’antiterrorismo. “Quando ci avete informato della loro reale identità, e cioè del fatto che fossero poliziotti, abbiamo ricostruito andando a ritroso la loro identità, e abbiamo notato molte somiglianze con il caso emerso a Napoli. Erano presenti nelle iniziative di lotta, ma al di fuori di queste non partecipavano a momenti di socialità” conclude Ortolini.
Sempre al 223esimo corso allievi agenti appartiene anche il poliziotto infiltrato a Bologna in Potere al Popolo. Di lui
abbiamo anche le immagini in divisa, oltre ai video che lo mostrano in piazza dietro lo striscione di Pap a urlare cori e slogan. Per lui i mesi di prova sono stati alla Questura di Modena, per poi arrivare alla Direzione centrale dell’antiterrorismo. Come tutti gli altri ha 21 anni, nato nel 2004, ed è stato molto attivo a Bologna da dicembre 2024, prima contro il carovita ed il costo dei biglietti dei trasporti e poi nell’ambito universitario. Ha partecipato alla campagna elettorale per le elezioni studentesche e più di una foto lo ritrae ad un banchetto elettorale della lista di Cambiare Rotta. “Sempre nell’autunno del 2024, come era successo anche a Napoli, un altro poliziotto si infiltra nella nostra organizzazione a Bologna” ci spiega Giuliano Granato, portavoce nazionale di Potere al popolo. “Comincia a partecipare all’organizzazione giovanile Cambiare rotta, partecipa a tutti i momenti, da quelli locali a quelli nazionali, ad esempio è stato presente al corteo per la Palestina il 30 novembre scorso a Roma. E partecipa molto attivamente alla campagna elettorale all’università per l’elezione del consiglio nazionale studentesco universitario, CNSU” spiega.
A maggio di quest’anno avviene però una cosa clamorosa, che oggi possiamo ricostruire dettagliatamente. È il 27 maggio e Potere al popolo insieme ai collettivi universitari scende in piazza a Bologna per contestare la presenza di Giorgia Meloni in città. Lo stesso giorno Fanpage.it pubblica la notizia di un poliziotto infiltrato in Potere al popolo a Napoli. Dalle immagini che abbiamo ritrovato, il poliziotto infiltrato a Bologna è in quel corteo. Si sbraccia, urla slogan. “Siamo tutti antifascisti” dice, battendo le mani. Ma soprattutto è lì mentre dal megafono parlano del caso del poliziotto infiltrato a Napoli. L’agente dell’antiterrorismo prosegue la manifestazione, non si stacca. Ma sarà il suo ultimo atto. “Nel momento in cui c’è anche una
denuncia pubblica in quella piazza di Bologna, dell’episodio di Napoli, questo soggetto dall’indomani sparisce da un momento all’altro, non abbiamo avuto più alcuna sua notizia dal giorno successivo. Quando ci avete avvisato della sua reale identità è stato semplice capire il perché fosse sparito” racconta Granato.
Sono in totale 5 gli agenti del 223esimo corso allievi agenti di polizia che sono stati trasferiti alla Direzione Centrale della polizia di prevenzione. Abbiamo ricostruito i volti e gli spostamenti di tutti e 5, ed abbiamo scoperto che tutti avevano un unico target: Potere al popolo. A Roma il tentativo di
infiltrazione è però fallito, soprattutto grazie alla scrupolosità delle attiviste di Cambiare Rotta e Potere al popolo e, evidentemente, per le condotte un po’ maldestre dell’agente in questione. Per lui dopo il giuramento c’è stato un periodo di prova alla Questura di Cremona e poi il trasferimento alla Direzione centrale a dicembre 2024. Nel mentre ha provato ad infiltrarsi alla Sapienza. “Questo soggetto si è avvicinato a noi tramite un banchetto informativo elettorale, Cambiare Rotta si era candidata alle elezioni studentesche di ateneo, alla Sapienza” ci racconta Anita Palermo di Potere al popolo di Roma. “E’ sembrato molto strano perché appunto è spuntato dal nulla, non lo aveva mai visto nessuno, diceva di essere iscritto alla Sapienza dall’anno precedente, più o meno i volti, facendo politica all’università, li riconoscevo, e quindi mi aveva proprio stranito che questa persona non fosse mai comparsa, prima di quel momento. Intorno a novembre ha gravitato una o due settimane intorno a noi, e poi quando si è accorto che il nostro è stato un atteggiamento di chiusura, ha smesso di cercarci” spiega l’attivista di Pap. L’agente fa tante domande, forse troppe. Partecipa anche ad una assemblea a Giurisprudenza, di cui abbiamo una foto che lo identifica, ed addirittura siede in prima fila ed interviene. Un comportamento che viene reputato troppo
strano per una persona che non si era mai vista in nessuna iniziativa politica all’università di Roma. “Quando ci avete avvisato del fatto che questo soggetto fosse un poliziotto, abbiamo ricostruito. Il fatto di avere l’informazione compiuta della reale identità di questo soggetto ha avvalorato la nostra tesi, che era appunto una tesi di sospetto nei confronti di una persona che aveva un atteggiamento troppo strano” ci dice Palermo.
Un’operazione su larga scala: “Vogliamo sapere chi l’ha ordinata”
Quella che abbiamo ricostruito è probabilmente una operazione su larga scala di spionaggio e infiltrazione di Potere al popolo, partito che si presenta da anni alle elezioni politiche, e dell’associazione Cambiare Rotta, che si presenta alle elezioni del consiglio nazionale degli studenti universitari, che è un organo del Ministro dell’Istruzione, e alle elezioni dei consigli di ateneo, nelle principali università italiane. Dopo il primo caso denunciato da Potere al popolo a Fanpage.it, sono state presentate 3 interrogazioni parlamentari, una del Pd, una di Avs e una del Movimento 5 Stelle, a cui il governo non ha ancora risposto. Nessun commento è stato fatto dal Ministero dell’Interno. L’unica replica fu affidata alle agenzie da “fonti qualificate di polizia” che affermavano però cose dettagliate e in parte già smentite.
La prima era che nessuna Procura aveva mai autorizzato una attività simile, quindi immaginiamo che ancora oggi, davanti ad una operazione così grande, non ci siano autorizzazioni di sorta da parte della magistratura. La seconda fu che si trattava di un caso isolato basato su iniziativa personale. In ultimo si faceva cenno al fatto che nel caso del poliziotto di Napoli, sui suoi profili social erano presenti le foto del giuramento in polizia. Circostanza falsa, visto che le foto di quel poliziotto in divisa,
così come le altre trovate da Fanpage.it, non erano affatto sui profili social degli agenti, che invece erano assolutamente blindati, chiusi e senza nessun riferimento né fotografico, né di altro tipo alla reale attività dei soggetti in questione.
“Noi chiediamo di sapere innanzitutto chi ha ordinato questa operazione, perché non regge più questo silenzio, il governo deve dare spiegazioni assolutamente” dice Giuliano Granato. Guardando le date di questa operazione non si può non pensare ad altre operazioni che si sono rivelate oscure e su cui ancora oggi il governo è incapace di fare chiarezza. Le infiltrazioni in Potere al popolo iniziano nell’autunno del 2024, di lì a pochissimo saranno infettati con lo spyware Paragon i telefoni del direttore di Fanpage.it Francesco Cancellato, del collega Ciro Pellegrino, e dei fondatori di Mediterranea Saving Humans, Luca Casarini e Beppe Caccia. “Ci indica un percorso di repressione che questo governo sta intraprendendo e lo sta intraprendendo con, cito testualmente le parole di Giorgia Meloni, “metodi da regime”. Noi facciamo un appello a quelle che sono le forze sociali, democratiche, le associazioni, ma anche i singoli cittadini e cittadine, a mobilitarsi affinché in questo paese si possa agire politicamente in modo democratico, senza dover avere paura delle infiltrazioni da parte della polizia” sottolinea Anita Palermo.
Da quanto abbiamo potuto ricostruire, mentre l’infiltrato di Roma, dopo il suo tentativo fallito, ha fatto perdere immediatamente le sue tracce, l’agente infiltrato a Bologna è scomparso dal 27 maggio scorso, quelli di Milano invece sono andati via dal capoluogo lombardo il 23 ed il 27 maggio scorso, ufficialmente per un ritorno a casa alla fine dei corsi. Solo uno era rimasto in contatto con l’organizzazione, fino alla manifestazione del 21 giugno scorso contro il riarmo europeo a Roma. In quella occasione abbiamo provato ad intercettarlo, con
l’aiuto degli attivisti di Potere al popolo, ma non si è presentato all’appuntamento che gli avevamo dato. Dal 22 giugno i telefoni di tutti gli agenti infiltrati risultano staccati. “Le nuove scoperte ci danno ancora ulteriori preoccupazioni” commenta Giuliano Granato. “Libertà di riunione, libertà di associazione e libertà di espressione, sono fondamenti della nostra democrazia, sono scritti nella carta costituzionale, e chiunque abbia autorizzato questa operazione, chiunque l’abbia ordinata, sta calpestando le basi stesse della nostra costituzione” conclude il portavoce nazionale di Potere al popolo.
(da Fanpage)
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