BENJAMIN NETANYAHU NON FA NIENTE GRATIS: HA DETTO SÌ AL PIANO DI PACE DI TRUMP MA CON DUE CONDIZIONI CAPESTRO. LA PRIMA, ANNACQUARE AL MASSIMO L’IPOTESI DI UN FUTURO STATO PALESTINESE, A CUI NON HA ACCONSENTITO. LA SECONDA: OTTENERE DAL PRESIDENTE ISAAC HERZOG LA PROMESSA DI UNA GRAZIA NEI PROCESSI PER FRODE E CORRUZIONE
NETANYAHU, TRUMP D’ACCORDO SU NO A STATO PALESTINESE
In un video pubblicato sul suo profilo X, il primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu ha elogiato il piano presentato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump per la fine della guerra a Gaza.
Quando la persona dietro la telecamera gli chiede se avesse acconsentito alla creazione di uno Stato palestinese, Netanyahu nega subito. “Assolutamente no”, risponde, “non è scritto nell’accordo”.
“Abbiamo detto che ci saremmo fermamente opposti a uno stato palestinese”, aggiunge, sostenendo che Trump è d’accordo con lui sul fatto che sarebbe una “massiccia ricompensa per il terrore”.
Benyamin Netanyahu rimane “molto chiaro nella sua opposizione a uno Stato palestinese”: lo ha detto Donald Trump nella conferenza stampa congiunta alla Casa Bianca con Benjamin Netanyahu.
Ancora una volta, Benjamin Netanyahu fa sì che il pallino sia nel campo di Hamas. Ha fatto dire a Donald Trump di aver accettato il piano che ha avuto il sostegno dei Paesi arabi. È uscito dall’angolo, a livello internazionale, anche con le scuse al Qatar e vi ha messo il gruppo palestinesi.
Ci è arrivato in extremis, dopo che la prima versione del piano, quella in ventun punti sembrava fatta apposta per metterlo in difficoltà
L’azione del Qatar, e poi del presidente turco Recep Tayyip Erdogan durante il suo incontro alla Casa Bianca del 25 settembre, aveva convinto Donald Trump che era arrivato il momento di ricucire con i Paesi del Golfo e chiedere sacrifici all’amico Bibi.
Il raid su Doha del 9 settembre aveva fatto traballare le alleanze storiche degli Stati Uniti nel Golfo. Il sacrificio principale richiesto era la rinuncia all’annessione. Non solo quella della Striscia, chiesta a gran voce dai ministri dell’ultradestra Ben Gvir e Smotrich, ma anche della Cisgiordania.
Un’inversione a U per il leader Usa [ Invece, questa volta, era un no secco all’annessione e, in prospettiva, la nascita di uno Stato palestinese, che proprio quell’espansione della sovranità israeliana voleva seppellire
Per Netanyahu annacquare quel punto era fondamentale. Non solo per evitare una rottura definitiva con gli stessi Ben Gvir e Smotrich, ma anche per evitare di rinnegare una linea fatta ormai propria dal Likud, di rifiuto degli Accordi di Oslo.
Nella conferenza stampa dei due leader, Netanyahu ha fatto in modo di sottolineare che il nuovo piano in venti punti riprende in pieno i cinque che il premier aveva annunciato dopo che a luglio Hamas aveva rifiutato l’ennesima proposta, dando un’altra vittoria a Bibi.
Incentrati sul disarmo dei militanti palestinesi. Per farlo ha in parte sacrificato sull’altare del consenso interno e internazionale, la sua alleanza con i messianici e i coloni.
Bibi è tranquillo, sa che comunque l’anno prossimo ci saranno le elezioni e, nel caso i messianici Ben Gvir e Smotrich dovessero mollare il governo per le concessioni ad Hamas e ai palestinesi, come la creazione dello Stato e la sovranità sulla Striscia da parte araba, è pronta la stampella dei centristi capeggiati dall’ex premier a rotazione e ministro della difesa Benny Gantz, per portare avanti un esecutivo che porti a termine i punti dell’accordo, in particolare il rilascio degli ostaggi e la fine della guerra.
In vista delle elezioni, Netanyahu sa di potersi liberare dall’abbraccio mortale dei messianici. Una ciambella di salvataggio che, però, non lo convinceva fino in fondo. Nei giochi bizantini dei palazzi, sa benissimo che Gantz vorrebbe tanto il suo posto. Per farla lui la pace definitiva e mettere in sicurezza lo Stato ebraico.
La promessa di un’alleanza non bastava. Ha chiesto di più. E lo
ha ottenuto. È arriva la promessa del presidente Herzog di concedergli la grazia nei tre procedimenti nei quali il premier è accusato di frode, abuso di fiducia e corruzione.
«Il caso Netanyahu grava pesantemente sulla società israeliana. Se ci sarà una richiesta o un procedimento, lo divulgherò al pubblico in piena trasparenza», ha dichiarato ieri Herzog alla Radio dell’Esercito. Questo e l’accordo sulla fine della guerra, potrebbero rimettere Bibi in pista alle prossime elezioni politiche a ottobre dell’anno prossimo. Che vinca, perda o pareggia adesso sa che la massima istituzione non lo vuole vedere in galera e lo ha detto. E alla fine, resta la garanzia dell’amico Donald.
Gli ha chiesto sacrifici, non lo lascerà affondare.
(da La Stampa)
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