ACCUSATI DI CAMORRA, MA PAGATI DALLA REGIONE CAMPANIA
IN TRE PERCEPISCONO IL VITALIZIO, IN CALABRIA UN ARRESTATO ANCORA PRENDE L’INDENNITA’
Si sono presentati agli elettori parlando di trasparenza e di onestà .
Si sono fatti votare pronunciando parole di fuoco contro mafia e camorra.
Si sono fatti eleggere nei parlamentini regionali e hanno giurato fedeltà alla Repubblica e alle sue leggi.
Si sono fregiati del titolo di onorevole e poi hanno fatto come gli pareva.
Hanno preso mazzette e trafficato con boss importanti per avere voti e potere.
Li hanno arrestati, qualcuno è in attesa di un giudizio, altri sono stati già giudicati e condannati a passare un periodo della loro vita in galera.
Eppure vengono ancora pagati, formalmente dalle Regioni, nella sostanza dai contribuenti.
Accade in Campania, dove il quotidiano Il Mattino ha scoperto che ben tre consiglieri regionali finiti nel mirino della magistratura per rapporti opachi con boss e famiglie di camorra, percepiscono ancora uno stipendio.
Centomila euro di indennità , tanto costano gli onorevoli pregiudicati agli sfortunati contribuenti campani.
Si tratta di Roberto Conte, che fu condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa quando era un esponente del centrosinistra, ricandidato dal centrodestra e rieletto alle regionali del 2010.
Dopo una estenuante battaglia legale è rimasto fuori dal Consiglio.
Enrico Fabozzi, invece, è stato eletto con il Pd.
Era sindaco di Villa Literno e i magistrati lo accusano di legami con la terribile camorra dei “Casalesi”, ora è in carcere.
Alberico Gambino, ex sindaco di Pagani, in una zona del Salernitano ad alta densità mafiosa, è agli arresti domiciliari per voto di scambio politico-mafioso e concussione.
Tutti e tre non frequentano le aule del Consiglio regionale, non legiferano, non vanno nelle Commissioni, insomma, non lavorano, ma vengono pagati.
Uno stipendio di 4.500 euro mensili, di cui la metà in busta paga (2.250, più dello stipendio di un professore di liceo o di un poliziotto), il resto per coprire le spese del vitalizio di fine legislatura.
Una pacchia come in Calabria, dove i consiglieri arrestati per rapporti con la mafia sono due: Santi Zappalà e Franco Morelli, entrambi eletti nella lista del Pdl a sostegno del governatore Giuseppe Scopelliti.
Zappalà non percepisce emolumenti essendosi dimesso, Morelli, ancora in carcere a Milano, incassa la metà dell’indennità , qualcosa come 2.800-3 mila euro mensili.
Regione garantista, in Calabria è stabilito per legge che “in caso di provvedimento definitivo di proscioglimento” al consigliere sospeso viene restituito tutto, anche gli arretrati.
Stipendi a go-gò, uno scandalo reso possibile dal fatto che Campania e Calabria non hanno mai deciso di cambiare la legge, così come è avvenuto in Lombardia (dove al consigliere sospeso va solo il 90% della indennità ), e di renderla più severa.
In Campania, il Pd nell’autunno scorso presentò una radicale proposta di modifica. Il Consiglio votò in seduta segreta e la respinse.
Morale amara della favola, sotto il Vesuvio ci sono tre consiglieri regionali nei guai per i loro rapporti con la camorra che non danno alcun contributo alla vita della Regione, eppure sono ancora stipendiati, con il risultato — scrive Il Mattino — che si pagano non gli stipendi di 61 consiglieri (presidente compreso), ma di 62 e mezzo…”.
Miracoli napoletani.
Scandali italiani.
Enrico Fierro
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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