ALGERIA IN FESTA PER LA VITTORIA DI IMANE KHELIF ALLE OLIMPIADI
L’ALGERINA REGALA IL PRIMO TRIONFO NELLA BOXE AL SUO PAESE DAVANTI A 20.000 TIFOSI IN DELIRIO… FINE DELLE POLEMICHE: ORA I SOVRANISTI POTRANNO TORNARE AD ANDARE A TRANS NEI VIALI ALL’INSAPUTA DELLE MOGLI
E chi l’aveva mai visto così il Philippe Chatrier, chi avrebbe immaginato il paludato tempio del tennis, il mitico centrale del Roland Garros prestato alla boxe e invaso dai ventimila tifosi impazziti che ieri sera alle 23 e 14 hanno accolto con un urlo selvaggio l’oro olimpico d’Algeria di Imane Khelif, la ragazzina dell’Atlante che è arrivata al titolo sconfiggendo cinque avversarie e sopravvivendo a tonnellate di veleni e bugie riversate dal fronte russo: se una trans, sei una bara, sei una picchiatrice che contro ogni regola massacra delle vere donne.
Aggressiva, sgusciante, nel primo round (5-0 per lei) Imane ha piazzato tre dritti precisi al volto della cinese, nel secondo ha vacillato un attimo per la reazione rabbiosa di Liu Yan ma poi ha preso le misure e guadagnato di nuovo l’unanimità dei giudici.
Nella terza ha gigioneggiato incassando un altro giudizio unanime. Liu Yan, soldatino predestinato alla sconfitta, l’ha portata a centro ring e le ha alzato il braccio: nessuna polemica, zero recriminazioni, sei tu la più forte.
Khelif è scesa sul ring per ultima, sola atleta africana in finali che parlavano cinese, uzbeko, turco, messicano, kirghiso, polacco, ucraino. L’oro olimpico è un risarcimento arrivato 505 giorni esatti dopo misfatto: Liu e Imane si sarebbero dovute incontrare il 23 marzo 2023 sul ring della Indira Gandhi Arena di Nuova Delhi dove entrambe si erano guadagnate l’accesso alla finale mondiale dei Welter. Imane non ci arrivò mai. Poche ore prima dell’incontro che le avrebbe cambiato la carriera, l’International Boxing Association gestita con pugno di ferro e i soldi di Putin da Umar Kremlev le consegnò un foglio di via di sette righe, senza ragioni o motivazioni.
Il motivo, sussurrato nei corridori federali e noto al mondo solo da poche settimane, è che un test genetico effettuato contro ogni regola di cui non sono mai stati resi noti i referti, aveva giudicato Khelif un uomo.
«Lei dice di essere donna, io posso dire di essere un albero o una lucertola», ha spiegato sprezzante l’ex medico federale Ioannis Filippatos ora dominus della boxe europea, fedelissimo di Kremlev. Dopo la squalifica di Imane, a combattere contro Liu Yang venne promossa la tailandese Suwannapheng, battuta dall’algerina in semifinale ma pupilla del presidente del board suo connazionale, che la cinese sconfisse con un secco 5 a 0.
Khelif provò a ricorrere al Tas di Losanna ma quando capì che per fronteggiare la federazione avrebbe dovuto farsi rappresentare da avvocati svizzeri che le sarebbero costati un occhio della testa, gettò la spugna e tornò ad Algeri ad allenarsi.
La sua fortuna (se così si può dire) fu l’espulsione dell’Iba per ruberie assortite dal consesso di quel Cio che le garantì le visite e gli esami che l’avrebbero riabilitata come donna e come atleta.
Adesso l’oro olimpico è suo e nessuno potrà portarglielo via: seguiranno polemiche, altri veleni, altro fango. Ma Imane ormai è immune e felice.
(da Il Corriere della Sera)
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