ANSIA MATTA DA GOVERNO, DI MAIO PRONTO A TRATTARE ANCHE CON LA LEGA PUR DI ACCHIAPPARE LA POLTRONA
PREOCCUPATO PER LA SVOLTA NEL PD CHE DICE NO ALL’INTESA, CRESCE IL RISCHIO DI ANDARE A SBATTERE
Chiuso nel suo ufficio tutto il pomeriggio a seguire il flusso delle agenzie di stampa, ad osservare con attenzione il dibattito interno agli altri partiti, a programmare nel dettaglio i prossimi passaggi.
Luigi Di Maio studia da premier, ma la sua è una lunga attesa, a tratti anche ansiosa con una voglia sempre più forte di entrare a Palazzo Chigi. “Siamo pronti a parlare con tutti, anche con la Lega. Con chi vorrà sedersi al tavolo con noi e discutere di programma”, trapela a tarda sera da chi ha trascorso la giornata, e l’intera campagna elettorale, con il candidato premier.
In una parola sola, i pentastellati adesso sono pronti a “trattare”. A trattare per far sì che Di Maio diventi presidente del Consiglio, unico punto su cui non esistono passi indietro, nel rispetto ovviamente del programma grillino, ma aperti ad ascoltare le proposte che arriveranno dagli altri partiti.
Il candidato premier vuole essere nelle Istituzioni, vuole farne parte a tal punto che in occasione della festa della donna parteciperà alle celebrazioni al Quirinale, insieme agli altri leader dei partiti, nel luogo chiave dove sarà affidato l’incarico per formare il nuovo governo.
Quando su Facebook, Andrea Orlando scrive che “il 90% del gruppo dirigente del Pd è contrario ad un’alleanza con il M5S” tra i grillini cresce la preoccupazione di ritrovarsi davanti una strada sbarrata. “Sarà vero? Non sarà vero?”, ci si chiede nelle stanze del primo piano di questo palazzo nel cuore di Roma dove è riunito lo stato maggiore.
Si ragiona quindi su tutti i possibili scenari. A un certo punto entra Riccardo Fraccaro, braccio destro di Di Maio e candidato al dicastero per i Rapporti con il Parlamento: “Fino a lunedì non succederà nulla. Bisogna aspettare”.
Lunedì è infatti il giorno in cui si riunirà la Direzione Pd e “se Matteo Renzi si dimetterà davvero — è la convinzione degli M5s — inizierà tutta un’altra partita. Per noi l’importante è che non ci sia lui”.
Ma le parole di Andrea Orlando hanno un forte peso, ecco quindi che si torna a pensare alla Lega, che poco prima a sua volta si è detta pronta al dialogo con tutti. Il problema però, sotto gli occhi dei 5Stelle, è che sia Di Maio sia Salvini si candidato ad essere premier.
Uno stallo, dunque, ma M5s rivendica di avere più parlamentari oltrechè a più consenso nel Paese. Tra i grillini c’è chi si spinge a dire che si possono anche concedere agli alleati alcuni dicasteri o addirittura, ipotesi estrema, anche la vicepresidenza del consiglio con un accordo di programma.
Mentre, viene precisato, l’elezione dei presidenti di Camera e Senato “non è detto che venga fatta in ottica governo”.
Si ragiona su tutto e non si esclude alcuna strada. “È ovvio però che per noi la soluzione migliore resta un appoggio esterno”, viene sottolineato da più fonti grilline. Qualcuno ricorda anche il caso del governo Andreotti del ’76 chiamato della “non fiducia”. Era un governo di solidarietà nazionale, durato due anni e nato grazie all’astensione del Partito comunista italiano di Enrico Berlinguer durante la votazione in Parlamento.
E se è vero che più volte Di Maio è stato paragonato a un politico della prima Repubblica e ora si muove con passo tattico, è anche vero che quella era tutta un’altra storia.
Il comitato M5s è un via vai di persone, parlamentari riconfermati e nuovi, collaboratori, sale le scale anche il potenziale ministro all’Interno Paola Giannetakis. Si vede Nicola Morra confermato senatore in Calabria dove i 5Stelle hanno raggiunto percentuali da capogiro.
Era considerato, insieme a Roberto Fico, anima critica del Movimento ma adesso, Di Maio lo sa bene, i gruppi vanno blindati, devono essere compatti e anche su questo il capo politico si muove con cura.
Si vede Giulia Grillo, poi arriva Danilo Toninelli, da molti dato come possibile presidente del Senato. Ci sono anche la senatrice Laura Bitocci, e i neoeletti Emilio Carelli e Primo Di Nicola. La scelta dei capigruppo di Camera e Senato spetterà al capo politico e sarà ratificata dai gruppi parlamentari.
Si discute anche di questo nelle stanze del comitato, dove Di Maio ha il suo ufficio da cui osserva i movimenti degli altri stando attento a un creare scossoni interni e far digerire un’eventuale alleanza che lo porti a Palazzo Chigi.
(da “Huffingtonpost”)
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