BENEDETTA PILATO E SARA CURTIS: I VOLTI DELLA NUOVA GENERAZIONE
LE DUE NUOTATRICI RIFIUTANO LA CULTURA DEL SUCCESSO, CONSIDERANO IL TEMA DEL RAZZISMO SUPERATO COME MENTALITA’ DA PALEOLITICO E VOGLIONO ESSERE VOCE DI UNA GENERAZIONE
Impegno, unghie colorate, treccine, voglia di farsi ascoltare: una generazione che nuota molto più veloce di chi giudica.
Non è leggera, ma rivendica la leggerezza come modo di vivere; vede un mondo stressato dove chi non vince non conta niente e lo rifiuta, Simone Biles con il suo passo indietro è l’atleta di riferimento; affronta temi come il razzismo con la faccia di chi pensa ad abitudini del paleolitico sopravvissute chissà come tra noi.
Cosa ci dicono dei giovani Pilato e Curtis
Benedetta Pilato a 19 anni è già una veterana di questa Nazionale: Mondiali a 14 anni, record del mondo (poi battuto) a 16, le Olimpiadi di Tokyo andate male, e queste? Dipende da che parte le si guarda.
Sara Curtis, 17 anni, è al suo debutto olimpico: mamma Helen è di origini nigeriane, papà Vincenzo è italiano, lei vive e si allena a Savigliano (Cuneo): non si è mai percepita come la prima italiana di colore che nuota, ma come una che andava veloce: ieri ha mancato la finale dei 50 stile (24’’77), ma certo non si fermerà. «Mi hanno buttato in acqua a due anni, a sei facevo agonismo: è stato amore a prima vista».
Benedetta dopo tutte le polemiche per il suo 4° posto per un centesimo nei 100 rana accolto con gioia esce dalle Olimpiadi con la staffetta 4×100 mista squalificata in batterie, ma con una convinzione: «Ho capito che sono innamorata di quello che faccio, ho gli occhi a cuoricino».
Ora: la ricerca del risultato resta il faro di chi fa sport, Benedetta lo sa. «Chiariamo, io non sono una che si accontenta, a nessuno piace perdere, ma se arrivo quarta non posso che fare i complimenti alle prime tre, non è che posso chiedere di rifare la gara o l’intervista».
Si è trovata un microfono e ha parlato per conto di una generazione. «Penso che a noi giovani servisse una svegliata: l’episodio che è successo a me, sgradevole, succede in tanti altri ambiti, nel lavoro, a scuola, all’Università. Ci dicono che siamo svogliati, che non vai bene se non finisci la laurea triennale in tre anni, ma ognuno ha i suoi tempi. Ho sentito tanti giovani in questi giorni che si sono sentiti colpiti personalmente, spero di aver smosso un po’ questa generazione, questa è la mia vittoria più bella». Ancora: «Io non mi permetterei mai di parlare di qualcuno di cui non conosco il percorso».
Benny sa che il suo è partito con un record di precocità. È una ragazza intelligente, conosce il rischio: «Spero di non stufarmi presto visto che ho iniziato presto. Dal punto di vista tecnico sono contenta della serenità con cui ho affrontato questa Olimpiade. Di solito sono una che non crede tanto in sé stessa ma qui ho capito quanto valgo».
Sara ha ancora molta strada davanti a sé. Dopo una settimana di raffreddore, gioia per Simone Biles («Concordo con lei, la salute mentale degli atleti è la priorità»), e attesa, la finale è sfuggita: «L’adrenalina era altissima. La leggerezza si costruisce: io sono una tipa solitaria, devo stare nella mia bolla, ascolto la musica, rapper americani, Sza, Billie Eilish, Kendrick Lamar, la trap italiana proprio non mi piace».
In Nigeria non è mai stata, forse ci andrà a dicembre con la madre, se gli impegni scolastici (frequenta l’istituto turistico), glielo consentiranno. Ha detto più volte che è felice di rappresentare questa Italia mista.
Il razzismo? «Domanda particolare…», dai ragazzi, ancora parlate di queste cose? Il viaggio verso Los Angeles non ha tempo da perdere.
(da Il Corriere della Sera)
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