CARNE DA MACELLO IN ABBONDANZA, IN NOVECENTO GIORNI DI GUERRA SONO MORTI ALMENO 120MILA SOLDATI RUSSI
“COMPRARE” IL SILENZIO COSTA: SE IL GOVERNO DICHIARASSE MORTI TUTTI I DISPERSI DOVREBBE VERSARE COMPENSAZIONI PER ALTRI DIECI MILIARDI DI EURO… IL PARADOSSALE MINI BOOM IMMOBILIARE LEGATO AI PARENTI DEI MORTI: RICEVONO OTTANTAMILA EURO, CHE REINVESTONO NELLE CASE
Andrei Tugutov, 61 anni, è un imprenditore di Ulan-Ude, la capitale della repubblica russa della Buriazia ai confini della Mongolia. Da giovane, era stato un ufficiale e uscì dal disfacimento dell’Unione sovietica amareggiato e pieno di recriminazioni. Da allora si è dato agli affari, costruendo grattacieli abusivi a Ulan-Ude. Ma un anno fa, Tugutov ha firmato un contratto con lo Stato. Ora combatte in Ucraina.
La sua vicenda è emblematica della condizioni in cui i soldati russi si trovano ora che la guerra, nella regione di Kursk, arriva dentro i loro confini. Lo stipendio di Tugutov equivale a circa duemila euro al mese. Il bonus d’ingresso nell’esercito, raddoppiato questo mese dal governo per attrarre nuove reclute, può permettergli di comprare una casa nelle campagne della Buriazia.
Tugutov sostiene di non essere andato in guerra per i soldi, ma per riprendersi la dignità. «In Occidente la Russia non viene riconosciuta come eguale», dice l’imprenditore in un’intervista al quotidiano locale Nomer Odin . «Tutto questo prima o poi doveva succedere».
Nell’intervista Tugutov non cita mai Vladimir Putin, parla solo della missione della Russia. S’intuisce che è quest’ultima ora a dare un senso alla sua vita. «Molti uomini nell’esercito sentono che lì c’è bisogno di loro», dice.
Tugutov aveva una nipote prediletta, Maria Vyushkova, con cui non parla da decenni.
Vyushkova, 42 anni, è una dissidente e ora vive a New York. Contribuisce a una rete che ricostruisce il numero di caduti dell’esercito di Mosca dalle statistiche sulla mortalità, dai funerali, dal registro delle successioni. Si profila così il quadro di circa 120 mila morti in novecento giorni di guerra. Fino alla fine dell’anno scorso la media dei caduti era di centoventi al giorno, nel 2024 sono raddoppiati.
All’inizio persino in Buriazia, dove la religione più diffusa è il buddhismo tibetano, la guerra all’Ucraina era popolare. Ora l’entusiasmo è svanito, dice una dissidente che vive a Ulan-Ude. « La gente ha smesso di parlarne. Tutti conoscono qualcuno al fronte, moltissimi conoscono morti, feriti, dispersi».
In Buriazia e in tutta la Russia questi soldati fantasma stanno diventando un problema sociale, anche perché i loro percorsi sono all’opposto di quelli dei caduti ufficiali. Le famiglie dei primi ricevono una visita di agenti locali dell’Fsb, il servizio segreto russo, i quali propongono uno scambio: la famiglia riceverà una «compensazione» da ottantamila euro, ma deve firmare un foglio in cui si impegna al silenzio. Non deve parlare della sorte del congiunto, non può lamentarsi, altrimenti il governo chiederà indietro i soldi.
Nel caso dei dispersi invece le famiglie restano al buio
L’esercito si limita a dire che del soldato si sono perse le tracce; a volte lo si dichiara «cargo-500», nome in codice dei disertori. In questo caso la paga cessa e non sono previsti indennizzi. Il problema è così diffuso in Russia che alcune famiglie stanno iniziando a uscire allo scoperto. Un gruppo di madri e mogli di 35 soldati buriati hanno messo su YouTube un appello a Putin. «Caro Vladimir Vladimirovich, siamo le famiglie degli uomini della brigata motorizzata di fucilieri 37 — dicono —. Ti chiediamo spiegazioni sui nostri uomini».
Non arriveranno. Il governo non ha fretta di dichiarare morti i dispersi: potrebbe dover versare compensazioni per altri dieci miliardi di euro e ammettere che il costo sociale della guerra è esorbitante. [Accade invece che le famiglie di chi viene riconosciuto come morto investono le compensazioni nel mattone e ora contribuiscono a un boom immobiliare.
Anche Tugutov, il volontario di 61 anni, potrebbe aver avuto ragioni economiche per arruolarsi. Gli affari gli andavano male. Ma aggiunge una riflessione che aiuta a capire perché Putin non ha fretta di arrivare a una tregua: «Quando tutto questo finisce e una gran massa di uomini tornerà a casa […] la società avrà un problema. Questi uomini hanno vinto la paura della morte, non hanno niente da perdere. Sono una forza così potente che nessuno sa in quale direzione andrà».
(da agenzie)
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