Settembre 23rd, 2011 Riccardo Fucile
SUL FORUM NON UFFICIALE DEI RAGAZZI DEL CARROCCIO PESANTI ACCUSE CONTRO BOSSI, MARONI E IL PORNOCLOWN BERLUSCONI… ”ANDASSERO ALTROVE A FONDARE UN’ALTRA REPUBBLICA DELLE BANANE”
Una bocciatura senza appello e argomentazioni simili a quelle del Popolo Viola che stamani protestava fuori da Montecitorio.
Sul forum dei giovani della Lega Nord non tira un’ottima aria nei confronti dei maggiorenti del partito, Bossi in primis, dopo il voto alla Camera che ha salvato il Pdl Marco Milanese dall’arresto.
E’ la famosa e costantemente evocata “base leghista”, che però stavolta ha potuto solo subire la decisione del Senatur, che ieri in serata aveva annunciato il voto salva-Milanese in aula.
E infatti sempre ieri era comparso un post dal cui titolo si capiva già tutto: “Domani Lega supina a Roma”. “Difenderemo l’ennesimo ladrone. Il prezzo da pagare sta diventando davvero troppo alto. Inizio ad avere un po’ vergogna”, scriveva un utente.
Subito dopo il voto, la reazione è stata ancor più veemente.
Con commenti conditi qua e là da insulti che non hanno risparmiato nessuno. Bossi il più colpito dalle invettive telematiche: “Il voto è un altro segnale che Umberto non ci rappresenta più. Ha a cuore solo i suoi interessi (soldi e favori) e come se fossimo dei pirla piazza lì pure un figlio ignorante. Pensa che siamo tutti come suo figlio? Pensa che noi lombardi siamo coglioni. da seguirlo fino alla sua morte? Io seguo un ideale, non un uomo… In questo momento lui non mi rappresenta, anzi, rappresenta la parte marcia della Lombardia, fatta di favori a imprenditori amici a discapito di imprenditori che si tirano su le maniche dalle 5 del mattino”, dice Stesoo.
I giovani si domandano poi come sia possibile che ancora Berlusconi resti al suo posto. L’analisi di Virgilio è che il premier “controlla le televisioni, quindi può manipolare una parte della popolazione, che segue i suoi programmi, non ha accesso ad Internet e quindi non riesce a cogliere la realtà delle cose. Quando anche i pensionati, suoi fedeli sostenitori, si accorgeranno della polpetta il castello verrà giù”.
Poi ironia sulla gallery pubblicata da Repubblica.it , dove Berlusconi accarrezza Bossi: “Ora gli arriva anche la polpetta….”, scrivono sempre riferendosi al Senatur.
Anche il gruppo vicino a Maroni, cioè l’anima più insofferente rispetto al patto di ferro della Lega con Berlusconi, viene preso di mira.
Come se avessero tradito le attese proprio nel momento decisivo. “Bossi ha ricevuto l’assegno dal suo padrone. Buono ora torna a cuccia con i suoi fedeli del cerchio magico. I maroniani hanno seguito compatti lo storpio”.
“Reguzzoni parla di popolo sovrano, quando lui e i suoi compagni di merende sono schiavi del volere del Berlusca, si vergogni e se ha un po’ di dignità se ne vada a….”.
Poi c’è chi invoca le monetine e chi posta foto di una ghigliottina.
Nei commenti dei giovani della Lega non c’è una dissociazione rispetto alle idee leghiste di fondo, cioè federalismo, lotta all’immigrazione, valorizzazione del territorio.
Anzi, viene costantemente rivendicata l’adesione a quei principi.
Ma l’allenza col Pdl e l’atteggiamento ultra-berlusconiano di Bossi e co., specie in un tema sensibile come quello della giustizia, è ormai fumo negli occhi.
Ancora di più alla luce della crisi economica incombente anche al nord.
Perchè come scrive un utente dal nickname evocativo (Tierra y Libertad) “mandare a casa un premier che assomiglia più ad un narcotrafficante sudamericano che ad un capo di stato europeo provocherebbe solo fiducia dai mercati”.
argomento: Bossi, Costume, denuncia, la casta, LegaNord | Commenta »
Settembre 22nd, 2011 Riccardo Fucile
IL PREMIER CHIEDE SE E’ MEGLIO LASCIARE SUBITO, IL SENATUR “ASPETTIAMO INIZIO 2012″… SPERANO DI RISALIRE NEI SONDAGGI E POI ANDARE A VOTARE L’ANNO PROSSIMO E SALVARSI LA PELLE… NAPOLITANO CONTESTA L’OTTIMISMO DEL GOVERNO SULLA CRISI ECONOMICA
“Umberto, cosa devo fare? Pensi anche tu che mi debba dimettere? Se me lo dici tu io lo faccio
subito”. A
l termine di un incontro drammatico a Palazzo Grazioli con lo Stato Maggiore del Carroccio, il Cavaliere tenta il tutto per tutto.
Getta sul tavolo in anticipo la carta delle dimissioni per poterla subito rimettere nel mazzo.
È un bluff, visto che a passare la mano a un nuovo governo non ci pensa affatto.
E dall’altra parte trova Bossi disposto a concedergli un altro giro di tavolo.
Ma senza entusiasmo. “Io voglio solo la Padania”, gli risponde laconico il Senatùr senza offrire ulteriori garanzie sul futuro. “Poi ne riparliamo a gennaio…”.
Ma tanto basta a Berlusconi per salire in serata al Quirinale e scacciare, in un colloquio teso e preoccupato con il capo dello Stato, il fantasma della crisi di governo.
E tuttavia la mano più difficile, quella che si gioca oggi alla Camera sull’arresto di Marco Milanese, il premier sembra essersela aggiudicata.
Roberto Maroni non ha la forza necessaria per sostenere uno strappo così violento, visto che l’arresto dell’ex collaboratore di Tremonti provocherebbe lo squagliamento della maggioranza.
Il ministro dell’Interno ha valutato con preoccupazione le conseguenze di una crisi di governo provocata dai suoi: “Non ce lo possiamo permettere – racconta un suo fedelissimo – perchè ce la imputerebbero totalmente e noi saremmo finiti”.
E dunque Maroni garantirà oggi il voto dei suoi a favore di Milanese.
La resa dei conti è spostata in avanti.
A gennaio.
Oppure molto prima, quando a fine settembre si voterà la sfiducia al ministro Saverio Romano.
Così, forte della sponda offerta dalla Lega, il Cavaliere alla sette della sera può salire baldanzoso al Quirinale per conferire con il capo dello Stato.
Un colloquio richiesto da palazzo Chigi il giorno prima, per capire dalla viva voce di Napolitano il significato di quella sorta di “consultazioni” che hanno fatto irritare e preoccupare il Cavaliere.
Nell’ora e un quarto di incontro, il capo del governo ripete il suo mantra e spande ottimismo sulla situazione finanziaria: “Il peggio è passato. Abbiamo presentato una manovra che ha ricevuto consensi da tutta Europa e adesso tocca al piano per la crescita. Stavolta lo seguirò personalmente. Ho messo al lavoro un nucleo di esperti per elaborare delle proposte da presentare al Consiglio dei ministri al più presto”. Napolitano resta in ascolto.
Scettico e preoccupato svolge un’analisi che non coincide con quella rosa e fiori del premier.
“Il paese resta in grave difficoltà , lo spread è tornato a salire e oggi anche le nostre principali banche sono state declassate. Non possiamo permetterci alcun ritardo”. Berlusconi elenca una serie di titoli senza riempirli di contenuti, ma dal presidente della Repubblica arriva l’invito pressante a trasformare quel libro dei sogni in realtà . Per Napolitano è questa “la vera sfida dopo la manovra”, quella su cui “ci stiamo giocando tutto”.
Chiede misure per la crescita “il più possibile condivise”, anche attraverso “ampie consultazioni in Parlamento e con le parti sociali”.
E tuttavia per Berlusconi “l’unica garanzia perchè il paese sia al riparo da ulteriori tempeste è proprio la stabilità dell’esecutivo”. Il suo, ovviamente.
“Presidente, non c’è alcun problema per la tenuta della mia maggioranza. Ne ho parlato anche con Bossi, il nostro rapporto è solido”.
Quanto alle ripetute sconfitte della maggioranza in aula, “non hanno valore politico, sono solo incidenti parlamentari”.
Eppure Napolitano insiste nel chiedere certezze sulla tenuta della coalizione. “Siete sicuri sui vostri numeri?”. E Berlusconi: “Lo vedremo su Milanese”.
La giustizia è sempre il tormentone che accompagna ogni incontro di Berlusconi al Quirinale.
“Sono un perseguitato, per fortuna ho trovato un Gip a Napoli che ha acclarato quello che vado dicendo da tempo. La competenza sull’inchiesta Tarantini è di Roma”.
Ma Napolitano, infastidito, cambia discorso e lo riporta sulle questioni concrete. L’economia, la tenuta del centrodestra.
Alla fine si lasciano dopo aver parlato per tutto il tempo due lingue diverse.
Ma Berlusconi, per un altro giorno, è convinto di averla sfangata.
Tanto che ai suoi, tornato a palazzo Grazioli per un vertice sulla giustizia, consegna una battuta un po’ irriverente sul capo dello Stato: “Tranquilli, Napolitano non si dimette. E andiamo avanti”.
Francesco Bei e Umberto Rosso
(da “La Repubblica“)
argomento: Berlusconi, Bossi, Costume, elezioni, governo, LegaNord, PdL, Politica | Commenta »
Settembre 22nd, 2011 Riccardo Fucile
LA LEGA COSTRETTA A SALVARE MILANESE PER NON PERDERE LE POLTRONE DI ROMA LADRONA E PUNTELLARE IL GOVERNO… E IL PAVIDO MARONI SI ALLINEA
“Voteremo a favore della richiesta della Giunta per le Autorizzazioni e diremo no all’arresto senza se e senza ma”.
La dichiarazione più attesa della giornata arriva alle 20 e 45, per bocca del capogruppo della Lega alla Camera, Marco Reguzzoni, che così sintetizza la posizione del Carroccio sul voto su Marco Milanese dopo una riunione del gruppo durata solo un quarto d’ora.
Poche parole, ufficiali.
Che significano poche semplici cose: Umberto Bossi ancora una volta non ha intenzione di aggravare la posizione di Berlusconi (“Voto no per non far cadere il governo”) e Roberto Maroni a sua volta non se la sente di spaccare il partito, imponendo una linea diversa o insistendo per “la libertà di coscienza”.
E infatti il ministro dell’Interno non parla: “Ha detto tutto Bossi”.
A questo punto, il salvataggio di Milanese sembra decisamente vicino.
Anche se poi, nel segreto dell’urna, chissà .
In perfetta linea con la confusione della sua maggioranza, il capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto in mattinata aveva chiesto di andare al voto con le palline, sistema che, secondo lui, avrebbe garantito la segretezza, più di quello elettronico (quando si è votato per Alfonso Papa i deputati che volevano ostentare il loro sì hanno usato solo l’indice).
Cosa che non si può fare per regolamento a meno che non ci sia il malfunzionamento del sistema elettronico.
Che poi la segretezza giovi all’esito sperato dalla maggioranza di cui Cicchitto è esponente, è tutto da dimostrare.
Anche perchè i voti di scarto sono 10-12 e i franchi tiratori sono previsti un po’ da tutte le parti.
E molti dicono che l’ex consigliere di Tremonti ha fatto piaceri a tutti. “Oggi qua non parla nessuno. Difficile capire pure cosa pensino i colleghi”.
Alle 4 del pomeriggio a fotografare l’atmosfera di una vigilia strana, tesissima, in cui si rincorrono le voci non solo su quello che succederà oggi in Aula, ma anche su quale significato politico assumerà il voto, è Maria Teresa Armosino, deputata e presidente della Provincia di Asti, che dal 2001 al 2006 è stata Sottosegretario del ministero dell’Economia.
Dunque con Tremonti. Ma è una giornata in cui si moltiplicano le implicazioni, i testi, i sotto-testi, le chiacchiere.
C’è il Pdl che ufficialmente dirà di no, anche se molti – approfittando della segretezza – sono tentati di votare per l’arresto. E per le scarse simpatie che gode lo stesso Milanese nel partito, e per dare un segnale politico che così non si può continuare. Nessuno ha il coraggio di dirlo in chiaro.
Emblematica la reazione di Santo Versace, che smentisce a brutto muso dichiarazioni fatte il giorno prima al Fatto quotidiano, in un luogo pubblico (la buvette) e riportare in maniera assolutamente fedele (difficile inventare frasi così precise): “Querelo il Fatto Quotidiano per avermi attribuito parole e significati che non mi appartengono. Chiederò un risarcimento da devolvere interamente in beneficienza. Quanto a Milanese avevo deciso, prima della pubblicazione dell’articolo di votare contro il suo arresto”.
Di più: “Alla luce di quanto accaduto ho deciso di fare un invito personale ai deputati della maggioranza perchè votino compattamente contro la richiesta di arresto”.
Viene da chiedersi quanto debbano essere state fatte pesare le dichiarazioni in questione (tra le altre: Su Milanese? Forse neanche ci vengo a votare”).
In una giornata di nervi a fior di pelle arriva a inizio pomeriggio la notizia che Berlusconi andrà da Napolitano.
A fine giornata si chiarisce che i due hanno parlato soprattutto di economia e che Berlusconi ha ribadito di avere tutte le intenzioni di restare.
Prima dell’incontro al Colle, comunque Milanese si autosospende dal gruppo. Intanto, i deputati fanno avanti e indietro dall’Aula.
A un certo punto esce Maroni, accompagnato da Cota. Va alla buvette. I due parlano prima un po’ con Walter Veltroni. Poi, più a lungo con Pier Luigi Bersani, che dopo rimane in colloquio solitario con il ministro dell’Interno.
Vista da lontano, la scena sembra quella di uno (il segretario Pd) che cerca di convincere l’altro a far qualcosa (evidentemente a portare i suoi sul sì all’arresto), e l’altro che si giustifica.
In serata arriva pure una dichiarazione decisamente algida di Tremonti: “Ho sempre avuto e ho fiducia nella giustizia. Penso che l’accusa e la difesa, i fatti, il diritto e infine il giudizio possano e debbano essere separati dalla politica”.
Mentre lui a lasciare neanche ci pensa, intanto lo molla l’esperto americano di sicurezza Luttwak: “Berlusconi è bollito, già da tempo, e difeso solo da servitori, come Alfano.”
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano“, vignetta da diksa53a)
argomento: Berlusconi, Bossi, Costume, denuncia, economia, emergenza, governo, LegaNord, Parlamento, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »
Settembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
LA PROTESTA ERA ORGANIZZATA DAVANTI ALLA CAMERA CONTRO LA MANOVRA PER DENUNCIARE “LA MANCATA ATTENZIONE DEL GOVERNO VERSO LE FORZE DELL’ORDINE E LA SICUREZZA DEI CITTADINI”
“Vergogna, vergogna!”. “Parassiti, parassiti!”. 
A dare vita alla contestazione, davanti a Montecitorio, non ci sono i lavoratori dei Cobas, precari o studenti ma poliziotti iscritti a diverse organizzazioni sindacali.
Quando è arrivato il ministro della difesa Ignazio La Russa davanti all’ingresso principale del palazzo della Camera, dove erano assiepati un centinaio di agenti, sono partiti gli slogan contro la manovra e il governo Berlusconi.
La protesta era organizzata per “denunciare pubblicamente la mancata attenzione del governo nei confronti dei loro diritti e del diritto alla sicurezza dei cittadini”. A promuoverla vari sindacati di categoria sia confederali che autonomi, per “manifestare il dissenso dei poliziotti nei riguardi di un governo che con quest’ultima manovra finanziaria ha saputo prevedere ulteriori tagli alle risorse destinate alla sicurezza del paese piuttosto che investimenti e che ha oltremodo offeso la specificità del loro lavoro non prevedendo a tal riguardo alcun sostegno economico ma tutt’altro”.
“Sappiate che non c’è indifferenza, si fa e si farà tutto ciò che sarà possibile”, ha detto La Russa ad alcuni manifestanti.
Salvo poi non smentirsi e incautamente avanzare dubbi su chi contestava in prima fila: “Secondo me non erano veri poliziotti”.
Per La Russa ovviamente le forze dell’ordine dovrebbero essere contente di un governo che li fa andare in servizio con le pezze al culo, senza pagare gli straordinari e senza benzina e i pezzi di ricambio per le volanti.
E questo dovrebbe essere un governo di centro-destra…
argomento: Costume, criminalità, denuncia, economia, Giustizia, governo, la casta, LegaNord, PdL, Politica, Sicurezza | Commenta »
Settembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
DOPO LE PAROLE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA A COMMENTO DELLE FARNETICAZIONI DI BOSSI, STAMANE REGUZZONI, CHE GIA’ NON CONTA UNA MAZZA ALL’INTERNO DEL GRUPPO LEGHISTA ALLA CAMERA, BACCHETTA NAPOLITANO IN NOME DEL “POPOLO SOVRANO”… CHI INVOCA LA SECESSIONE E’ UN EVERSORE E COME TALE ANDREBBE ARRESTATO IN FLAGRANZA DI REATO: SOLO BERLUSCONI POTEVA PORTARE DEI RAZZISTI AL GOVERNO
Il capogruppo della Lega alla Camera Marco Reguzzoni è intervenuto stamane alla trasmissione di Maurizio Belpietro su Canale 5 e a Sky tg 24: “Le parole di Bossi (sulla secessione) erano dirette a rivendicare il diritto di potersi esprimere”.
“Il popolo è sempre sovrano e quindi è l’unica figura che è sempre sopra il Capo dello Stato”. Ospite di Maurizio Belpietro su Canale 5, Reguzzoni interviene nelle polemiche relative alla secessione dopo le parole pronunciate ieri dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Visitando una mostra all’Eur, nella Capitale, Giorgio Napolitano aveva infatti detto: “Agitare ancora la bandiera della secessione significa porsi fuori dalla storia e dalla realtà ”.
Il Presidente della Repubblica aveva poi ricordato di aver messo “molto l’accento sulla necessità di un cemento nazionale unitario per generare la massima mobilitazione delle energie e delle risorse allo scopo di superare questa fase molto critica per l’Europa e in modo speciale per l’Italia”.
Un punto che caratterizza il mandato di Napolitano è sempre stato quello che fa leva sulle “radici dello stare insieme”.
E chi non lo accetta, ha detto il presidente, “si autoesclude dalla realtà e dalla storia”.
Stamane la replica di Reguzzoni: ” Bossi a Venezia ha fatto riferimento alla necessità che si possa esprimere il popolo, il popolo è sempre sovrano e quindi è l’unica figura che è sempre sopra il Capo dello Stato. Il popolo ha sempre diritto di dire la sua”.
Sarebbe opportuno ricordare a questo soggetto che già non conta nulla nel gruppo parlamentare che dovrebbe rappresentare (volevano infatti destituirlo) e che ieri è riuscito a votare contro una proposta del governo presentata dal leghista Alessandri, che l’articolo uno della Costituzione, impropriamente richiamato dal capogruppo leghista afferma che ‘la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione’.
L’unità nazionale è fondamento delo Stato italiano e non soggetto a referendum che sarebbe pertanto “incostituzionale” fin dalle premesse.
Se poi qualcuno vuole la secessione e mina l’ordine costituzionale esiste il codice penale che basterebbe una buona volta applicare e che prevede l’arresto per eversione in flagranza di reato.
Quanto alla sovranità popolare, concordiamo: infatti il 90 % degli italiani non vuole avere nulla a che spartire con la Lega e persino la maggioranza degli elettori leghisti non vuole alcuna secessione.
Quindi non resta per gli irriducibili che la lotta armata: siamo ovviamente ansiosi di vederli scendere dalle loro Mercedes per assaltare i palazzi del governo.
argomento: Berlusconi, Bossi, governo, LegaNord, Napolitano | 1 Commento »
Settembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
IL SENATUR ALL’ANGOLO DISERTA IL DIRETTORIO POLITICO CHE LO ATTENDEVA CON LA TORTA DI COMPLEANNO…E MARONI ASPETTA IL VOTO SU MILANESE
“Sono finito”. Il sindaco di Varese, Attilio Fontana, è l’unico ad ammetterlo, ma nel Carroccio sono in molti ad avere lo stesso timore: l’esercito armato di Roberto Maroni domenica si è presentato a Venezia certo che il generale portasse avanti la battaglia interna contro Umberto Bossi e il famigerato cerchio magico.
Invece, l’esercito si è ritrovato schierato in prima linea su Riva degli Schiavoni ma il nuovo capo ha suonato la ritirata.
Meglio aspettare: “Il Capo sarà travolto dalla caduta di Berlusconi, sarebbe una battaglia inutile”, confida un deputato maroniano.
Che con occhi quasi lucidi sussurra: “C’è Milanese”.
Marco Milanese, ex consulente di Giulio Tremonti, su cui giovedì a Montecitorio si voterà sulla richiesta di arresto, già bocciata dalla giunta per le Autorizzazioni, avanzata dalla magistratura campana. Il voto sarà segreto.
Quindi al sì che sembra ormai scontato della Lega, che a Montecitorio ormai risponde solo a Maroni, potrebbe accodarsi anche una parte del Pdl.
Dando così vita a quella “scossa” che invoca (anche) Flavio Tosi.
Perchè, ha spiegato, “vivacchiare un anno e mezzo è impensabile. Da un po’ di mesi il premier, non dico che non ne azzecca una, ma poco ci manca”, aggiunge il sindaco di Verona.
E se Berlusconi non ne azzecca una, Bossi non mostra risultati migliori.
Domenica è dovuto intervenire Calderoli per interromperlo.
Il leader del Carroccio, visibilmente stanco (ha impiegato due minuti per scendere i quattro gradini del palco, sostenuto dal figlio Renzo il trota), non aveva un discorso scritto e ha seguito gli umori dei pochi militanti arrivati fino a Venezia.
E a forza di sentir invocare la secessione, Bossi ha lanciato lì un “anche con il referendum, ma serve una via democratica”.
Una frase talmente buttata lì che persino Luca Zaia, a pochi passi da Bossi, non ha capito bene. “Non ho sentito parlare di referendum, mi è sembrato che il nostro segretario volesse dire che c’è il pericolo della secessione”, ha detto il governatore del Veneto.
Il fatto che Zaia pensi che Bossi consideri la secessione un pericolo mostra con evidenza la confusione che c’è nel partito.
La base invoca Padania libera, il Capo bofonchia un incomprensibile referendum, uno degli astri nascenti del partito interpreta liberamente.
Ma ormai il Carroccio è sfilacciato.
Ieri è andato deserto il consueto direttivo politico del lunedì in via Bellerio.
Nel quartier generale milanese, infatti, alle 16 era atteso, come ogni settimana, l’arrivo del Capo.
C’era anche una torta di compleanno, una piccola festa in occasione del suo 70esimo anno. Calderoli ha atteso qualche ora, poi è volato a Roma.
Roberto Cota, Rosi Mauro, Marco Reguzzoni e Federico Bricolo, sono rimasti più a lungo. Ma di Bossi nessuna notizia.
E’ il ministro per la semplificazione a tenere a bada i giornalisti.
Gli stessi che dal palco di Venezia domenica ha accusato di scrivere “cazzate: noi siamo uniti, le divisioni sono solo invenzioni, siete degli Iago”, ha tuonato. Per poi scagliarsi contro i sindaci leghisti (Tosi in primis) cui i giornali hanno dato voce. Li definisce “fratelli coltelli”, gli ricorda che “senza Bossi non sareste niente”.
E ieri, davanti alla sede della Lega, cerca di evitare le domande e si limita a una battuta sul compleanno del Capo: “Non li compie da 30 anni”.
Ma l’ha già detto Bossi a Venezia il giorno prima.
Ci si attacca dunque a quel che rimane.
E la secessione sembra essere diventato l’ultimo appiglio per salvare una parte della base. Così la Padania oggi in edicola tenta di legittimare la sparata: “Referendum per la libertà , le vie democratiche”.
Anche l’opposizione prende sul serio il ministro delle Riforme che invoca la secessione. Antonio Di Pietro invoca l’intervento del Capo dello Stato, mentre Giorgio Stracquadanio tenta di sminuire: “Non penso che al nord molti siano disposti a fare una guerra” per ottenere la secessione.
Maroni aspetta giovedì. E assiste in silenzio a quello che sembra essere l’ultimo vagito del Capo.
Uno che ha festeggiato due volte una laurea mai presa, può serenamente gridare alla secessione sapendo che non si realizzerà mai.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Bossi, governo, LegaNord | Commenta »
Settembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
UN GRUPPO DI TUNISINI ESASPERATI DAL PROTRARSI DELLA LORO PERMANENZA SULL’ISOLA HA DATO FUOCO ALLA STRUTTURA DI CONTRADA IMBRIACOLA…IL SINDACO DE RUBEIS: “AVEVAMO AVVERTITO TUTTI SU QUELLO CHE POTEVA ACCADERE”…EPPURE POCHI GIORNI FA LA RUSSA DICEVA CHE LA SITUAZIONE ERA SOTTO CONTROLLO
Un disastro annunciato, prevedibile e quindi evitabile. 
E’ pressochè unanime il commento all’incendio doloso che ha devastato il centro per immigrati di Contrada Imbriacola a Lampedusa dove erano trattenuti circa 1200 migranti.
Le fiamme sono state appiccate in due distinti punti della struttura da un gruppo di tunisini esasperati dalla durata della loro permanenza: un alloggio vicino all’entrata e un padiglione sul fondo del centro.
Il forte vento di Maestrale ha fatto il resto e le fiamme si sono subito propagate all’intera struttura. Il fumo ha poi investito il vicino centro abitato arrivando fin sopra la pista dell’aeroporto che è stato momentaneamente chiuso.
Nessuna persona è rimasta uccisa anche se ci sono almeno una decina di migranti e agenti di polizia rimasti intossicati dalla nube che si è sprigionata dai capannoni in plastica.
Durante il rogo diversi ospiti sono riusciti a fuggire anche se sono stati subito rintracciati dalle forze dell’ordine che in un primo momento li hanno radunati nel piazzale antistante il molo commerciale del porto.
Alcune fonti locali riportano come gli stessi immigrati avessero annunciato un gesto clamoroso se le autorità italiane non li avessero fatto proseguire il loro viaggio verso il Continente.
Infatti non è la prima volta che Contrada Imbriacola viene data alle fiamme.
Era già successo nel febbraio del 2009 e anche in quell’occasione le cause dell’incidente erano da attribuire al grado di esasperazione degli immigrati per il protrarsi del loro trattenimento coatto dietro le sbarre del Cie.
In questo momento gli immigrati sono stati radunati al campo sportivo del Paese e, vista la completa inagibilità del centro, non è chiaro dove potranno trascorrere la notte.
Alcuni di loro saranno probabilmente ospitati negli spazi dell’Area marina protetta che era già servita come rifugio d’emergenza durante l’ondata di sbarchi dello scorso inverno.
Peccato però che all’interno di quegli spazi ci possano entrare al massimo 300 persone e i migranti ospitati in contrada Imbriacola sono più di 1200.
Per molti di loro si profila una notte all’addiaccio in attesa che ripartano i collegamenti con la Sicilia, interrotti per le pessime condizioni marittime.
“E’ urgente trovare una sistemazione adeguata per i migranti che sono rimasti senza un riparo”, ha dichiarato Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati e i richiedenti asilo che ha voluto anche sottolineare come la situazione esplosiva all’interno della struttura fosse più che nota: “Siamo amareggiati per l’incendio, frutto della crescente tensione dovuta al trattenimento prolungato dei migranti all’interno della struttura”.
Anche l’Oim, Organizzazione internazionale per le migrazioni parla di fatti prevedibili.
“Da giorni all’interno della struttura di accoglienza si era creata un’atmosfera molto tesa a causa dell’alto numero di migranti e della mancanza di trasferimenti sulla terraferma”, ha affermato Flavio Di Giacomo, responsabile comunicazione dell’organismo.
Se le organizzazioni umanitarie esprimono amarezza per un disastro ampiamente annunciato, il sindaco dell’Isola Bernardino De Rubeis è un fiume in piena: “Avevano avvertito tutti su quello che poteva succedere ed è accaduto. E’ ora che il governo intervenga dopo tanto immobilismo”.
Il primo cittadino soffia sul fuoco del crescente risentimento dei lampedusani che si sentono abbandonati da Roma di fronte a un’emergenza che non accenna a diminuire: “C’è una popolazione che non sopporta più, vuole scendere in piazza con i manganelli, perchè vuole difendersi da sola, in quanto chi doveva tutelarla non l’ha fatto. L’esecutivo faccia venire subito le forze dell’ordine, porti qui le navi militari affinchè sgomberino in 24 ore l’isola, perchè questo è uno scenario di guerra”.
Eppure solo pochi giorni fa, durante una visita a Lampedusa, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, noncurante degli appelli che si levavano da più parti, aveva minimizzato la situazione: “I migranti hanno detto che le condizioni di vita sono buone”.
Per poi passare a ringraziare militari e civili che quotidianamente gestiscono l’emergenza: “State svolgendo un ottimo lavoro senza dare mai luogo ad alcun inconveniente”.
Un refrain delle dichiarazioni del sottosegretario all’Interno (con delega all’Immigrazione) Sonia Viale che circa due settimane fa aveva visitato l’Isola promettendo che la situazione sarebbe presto tornata alla “completa normalità ”.
In quell’occasione l’esponente leghista aveva sottolineato come il sistema legato all’emergenza avesse sostanzialmente retto anche grazie all’impegno del governo di velocizzare le procedure di identificazione, trasferimento ed eventuale rimpatrio.
Parole che alla luce dei fatti di oggi suonano particolarmente stonate e hanno indotto Il Partito democratico a chiedere al ministro dell’Interno Roberto Maroni di riferire in Parlamento su quanto accaduto.
Livia Turco, presidente del Forum migranti del Pd ha stigmatizzato “il grado di improvvisazione e di incapacità ” di un governo “che in genere si occupa di immigrazione solo per strumentalizzarla a fini propagandistici”.
Nel frattempo l’Isola è rimasta senza una struttura d’accoglienza, “non può più ospitare un solo immigrato”, come dice il sindaco di Lampedusa.
Preoccupazioni espresse anche dall’Unhcr: “L’isola si troverà sprovvista di una struttura di accoglienza per coloro che arriveranno via mare”.
E gli sbarchi, una volta passato il mare grosso, riprenderanno come sempre.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: denuncia, emergenza, governo, Immigrazione, LegaNord, Politica, radici e valori, Sicurezza | Commenta »
Settembre 20th, 2011 Riccardo Fucile
LA PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA DICE SI’ ALLA PATRIMONIALE…”IL GOVERNO FACCIA LE RIFORME O VADA A CASA”
«L’Italia è un paese serio e siamo stufi di essere lo zimbello internazionale».
Salgono i toni di Emma Marcegaglia dopo il taglio al rating dell’Italia.
La presidente di Confindustria chiede ormai con regolarità quotidiana al governo le riforme che consentano al Paese di evitare il baratro.
« Ci siamo resi disponibili ad accettare nuove tasse sui patrimoni e altre cose purchè si abbassino le tasse su lavoratori e imprese per recuperare competitività e capacità di crescita» ha detto Marcegaglia parlando a una platea di imprenditori a Bologna.
Marcegaglia ha raccontato del malessere dell’imprenditori italiani quando vanno all’estero con i loro prodotti «di vederci considerati con il sorrisino perchè siamo gente seria che vuole essere giudicata su quello che fa e sui prodotti» che presenta.
«Non vogliamo essere derisi – ha concluso la presidente di Confindustria – per colpe che non abbiamo. Non va bene per l’orgoglio nazionale e non va bene neanche per le esportazioni e la nostra capacità di vendita».
O il governo vara «riforme serie e impopolari» nell’immediato «oppure questo governo deve andare a casa: non ho paura di dirlo, è evidente che è così» ha insistito Marcegaglia.
argomento: Berlusconi, Bossi, denuncia, economia, emergenza, governo, la casta, LegaNord, Parlamento, PdL, radici e valori | Commenta »
Settembre 19th, 2011 Riccardo Fucile
BOSSI AGITA LO SPETTRO DELLA SEPARAZIONE DEL NORD ATTRAVERSO UN REFERENDUM… L’ENNESIMA PALLA LEGHISTA: IL CARROCCIO SAREBBE SONORAMENTO SCONFITTO ANCHE IN VENETO E IN LOMBARDIA, LO DICONO I DATI
Umberto Bossi, ieri, a Venezia ha concluso la manifestazione che, da 15 anni, celebra la secessione padana.
Il mito che mobilita e fornisce identità alla Lega e ai suoi militanti. L’ha fatto invocandola, puntualmente. La secessione. Unica via di uscita per una democrazia in pericolo.
Dove, anzi, “il fascismo è tornato con altri nomi e altre facce”.
Parole sorprendenti, in bocca al ministro delle Riforme istituzionali per il Federalismo.
Al leader di un partito che governa da 10 anni, salvo una breve pausa – meno di due anni.
La “Lega di governo”, ben insediata a Roma. Soggetto forte della maggioranza e alleato affidabile di Berlusconi, anche in tempi cupi come questi.
Bossi torna ad agitare lo spettro della secessione, per via democratica. Attraverso un referendum. Ma abbiamo motivo di dubitare che alle parole seguiranno fatti concreti. Che davvero la Lega possa e voglia perseguire la secessione – seppure per via democratica.
In primo luogo, perchè rischierebbe di trovarsi da sola, con poche persone al seguito. Come avvenne nel settembre del 1996, quando la marcia per l’indipendenza padana, promossa dalla Lega, andò largamente deserta.
Poche decine di migliaia di militanti. Un po’ pochi per marcare il “confine naturale” del Nord padano.
D’altronde, basta ragionare sui dati elettorali (come ha fatto ieri Francesco Jori su Il Piccolo e su altri quotidiani del Nord).
Nel 1996, quando la Lega raggiunse il risultato più ampio fino ad oggi, nelle regioni del Nord padano si fermò, comunque, al 23%.
Nel 2008 al 19%.
Alle Regionali del 2010 nel Lombardo-Veneto, dove è più forte e radicata, si è attestata al 30% (dei voti validi. Cioè, molto meno se si considera la popolazione intera).
In ogni caso: una “larga minoranza” dei cittadini del Nord – e pure del Lombardo-Veneto.
Tuttavia, ricondurre “tutti” gli elettori leghisti al verbo secessionista è improprio e, anzi, largamente sbagliato.
Basti pensare a quel che avvenne dopo il 1996, quando la Lega, da sola, proseguì nel progetto indipendentista.
Riducendosi a poco più del 3% alle Europee del 1999. Ciò che la indusse a rientrare a casa. Meglio: nella Casa delle Libertà . Accanto a Berlusconi.
D’altronde, ancora nel 2006, la Lega raggiungeva appena il 4% in Italia, ma restava di poco sotto al 10% nel Nord.
Il fatto è che il successo della Lega dipende da ragioni che poco hanno a che fare con la secessione.
Come dimostrano numerosi sondaggi condotti sull’argomento.
In un’indagine recente 3 (Atlante Politico di Demos, giugno 2011), la quota di elettori che si dice d’accordo con l’affermazione: “Il Nord e il Sud dovrebbero dividersi e andare ciascuno per conto suo” è del 12% in Italia, sale al 14% nel Nord Ovest e al 26% nelle regioni del Nord Est (esclusa l’Emilia Romagna, altrimenti il dato medio si abbasserebbe).
Fra gli elettori leghisti risulta elevata: intorno al 40%.
Cioè, di nuovo, una “larga minoranza”. Che resta, però, minoranza.
Per contro, l’85% degli elettori del Nord padano e oltre il 70% di quelli leghisti considerano l’Unità d’Italia una conquista “molto o abbastanza positiva” (Demos per Limes, marzo 2011).
Mentre oltre l’80% degli elettori del Nord (padano) e della Lega si sentono “orgogliosi di essere italiani”.
Infine, più di otto persone su dieci, tra gli italiani ma anche fra gli elettori del Nord, ritengono che fra 10 anni l’Italia sarà ancora unita.
E fra i leghisti questa convinzione appare solo un po’ meno diffusa: 77%.
Insomma, la “via democratica alla secessione” non porterebbe lontano la Lega.
Perchè non piace al Nord ma neppure alla maggioranza degli elettori leghisti, che si sentono molto più italiani che padani.
Allora perchè Bossi continua a richiamarla, come un mantra?
Anzitutto, per contrastare il malessere dei suoi elettori.
I più fedeli e, a maggior ragione, quelli “tattici”, molto numerosi nelle aree economicamente più dinamiche. I quali la votano per manifestare contro Roma e il Sud. Contro l’inefficienza dello Stato e la pressione fiscale, troppo alta.
Contro i privilegi della casta e del sistema politico. “Romano”.
La usano, cioè, come una sorta di sindacalista del Nord. Che oggi, però, rischia di risultare inefficace.
Altri dati di sondaggi recenti (Demos, settembre 2011 4) dicono, esplicitamente, che la manovra finanziaria del governo non piace nè al Nord (circa 70% di giudizi negativi e 23% positivi) nè ai leghisti (49% di giudizi negativi e 42% positivi).
Agli elettori leghisti, in particolare, non piace Berlusconi, grande alleato della Lega e di Bossi.
Solo un terzo di essi ne valuta l’operato con un voto “sufficiente”.
Insomma, la “Lega di governo” è in difficoltà di fronte al suo elettorato, fedele e “tattico”.
Cerca, per questo, di riproporre le parole d’ordine della “Lega di protesta”. E secessionista.
Anche se fa specie che sia il Ministro delle Riforme istituzionali a presentarsi come portabandiera dell’opposizione.
Ma il leader della Lega agita la minaccia secessionista anche per sopire le divisioni che attraversano i dirigenti del suo partito. Coinvolti, com’è stato osservato, assai più che dalla “secessione”, dal tema della “successione”.
Che vede in Roberto Maroni il candidato più accreditato. Ma anche il più osteggiato. Esempio più evidente e recente di queste tensioni: il servizio appena pubblicato da Panorama, dove si accusa la moglie di Bossi di “guidare” il partito insieme a un “cerchio” ristretto di uomini fedeli al Senatur.
Raccoglie voci note da tempo. Con la differenza – e la novità – che a rilanciarle è un periodico della galassia editoriale di Berlusconi.
Il che suggerisce quanto le tensioni siano, ormai, ineludibili. Indifferibili. Nella Lega e nel Centrodestra.
Da ciò, l’ultima spiegazione.
La Secessione, come la Padania, è un mito fondativo, una sorta di orizzonte proiettato lontano nel tempo.
Mentre la manovra finanziaria, che appare a 8 italiani su 10 inaccettabile, è reale. Attuale. Come il crollo di consensi che ha travolto il governo e, anzitutto, il Presidente del Consiglio.
La Lega e Bossi, in primo luogo, potrebbero staccare la spina. Se volessero fare Lega d’opposizione. Proporre altri candidati premier. Oppure nuove elezioni (com’è avvenuto in Spagna).
In questo caso, però, dovrebbero rinunciare alla posizione dominante che il Carroccio occupa nel governo e in molte amministrazioni.
Rischiare l’emarginazione, come dopo il 1996. Ma, soprattutto, se Berlusconi uscisse di scena, Bossi potrebbe seguirne la sorte. E senza Bossi nella Lega si aprirebbe una guerra di successione. Dall’esito incerto.
Anche per la Lega, di cui Bossi costituisce tuttora l’Icona Unificante.
Per cui sempre meglio minacciare e poi rinviare. La crisi di governo, le elezioni. Meglio, tanto meglio, invocare la Secessione. La Padania.
Ma più in là . Domani è un altro giorno. Si vedrà .
Ilvo Diamante
(da “La Repubblica“)
argomento: Berlusconi, Bossi, Costume, governo, la casta, LegaNord, Parlamento, Politica, radici e valori | Commenta »