COME L’ESTREMA DESTRA SI E’ PRESA I GIOVANI DI FRATELLI D’ITALIA, MENTRE MELONI FACEVA FINTA DI NULLA
COME HA EGEMONIZZATO LE STRUTTURE STUDENTESCHE E GIOVANILI
Cosa pensano, cosa leggono, a quali ideali si ispirano i giovani di Fratelli d’Italia e della destra italiana? E perché è così importante capirlo? Perché da qui uscirà la futura classe dirigente: consiglieri comunali, regionali e poi parlamentari, dirigenti di partito e di aziende pubbliche, e un domani magari ministri, sottosegretari.
Lo hanno capito i settori più radicali della destra, che hanno puntato a egemonizzare le organizzazioni giovanili come Azione Studentesca e Gioventù Nazionale, muovendosi tra dentro e fuori il partito, stringendo rapporti con i gruppi neofascisti.
È l’area della destra identitaria, che sta velocemente costruendo un network nazionale. L’obiettivo esplicito è quello di influenzare la militanza giovanile, occupandosi della formazione politica e di trasmettere un corpus di testi, riferimenti e idee che provengono direttamente dal fascismo e dal neofascismo. Con questa inchiesta, che si aggiunge al lavoro su Gioventù Nazionale del team Backstair, portiamo all’attenzione e allo scoperto quello che i vertici del partito nelle stanze del governo fanno finta di non vedere.
Tutto parte da Firenze: Casaggì
È il 18 febbraio del 2023 quando, di fronte al Liceo Michelangiolo di Firenze, un gruppo di ragazzi di sinistra viene aggredito a calci, pugni e cintate da un gruppo di militanti di Azione Studentesca, organizzazione giovanile che fa riferimento a Fratelli d’Italia. Sono anche appartenenti a Casaggì – destra identitaria, un’esperienza nata nel 2005 da alcuni appartenenti all’allora Azione Giovani. Il gruppo apre un “centro sociale di destra”, puntando sull’aggregazione e il lavoro culturale. È chiara la fascinazione per quella che in quegli anni era la più significativa novità nel panorama della destra radicale, ovvero CasaPound. Ma quelli di Casaggì, invece di spostarsi nell’area dei gruppi neofascisti, scelgono di collocarsi nell’area di Fratelli d’Italia.
I militanti di Casaggì rifondano Azione Studentesca, egemonizzando da subito il gruppo. Nel 2014 nasce Gioventù Nazionale, organizzazione ufficiale di Fratelli d’Italia. Ci vogliono altri due anni per il rilancio di AS, con lo stesso nome e lo stesso simbolo (la croce bretone, così simile a una croce celtica) che era stato del gruppo studentesco di Alleanza Nazionale di cui la stessa Meloni era stata portavoce nazionale.
“L’impulso alla rinascita del mondo studentesco, allora, giunge dalla Comunità di Casaggì Firenze, che si assume la responsabilità di ricostruire il tessuto militante nazionale e di traghettarlo nel nuovo progetto. – si legge nel sito ufficiale dell’organizzazione – Dopo mesi di duro lavoro sotterraneo e costante, coordinato da Anthony La Mantia, una nuova generazione di attivisti sceglie di ripartire dalle origini: il 5 settembre 2016, in una partecipatissima assise del campo Fenix, viene rifondata Azione Studentesca. A guidarla è proprio Anthony La Mantia, dirigente fiorentino e riferimento nazionale delle tante Comunità militanti che vanno a costituire lo zoccolo duro del Movimento”. La sede nazionale di Azione Studentesca è domiciliata proprio a Casaggì.
Il gruppo fiorentino però non è attivo solo nelle attività sociali e culturali, oltre che nella militanza giovanile, ma è anche in grado di candidare ed eleggere i propri militanti nelle liste del partito, come per esempio Alessandro Draghi nel consiglio comunale di Firenze, e Francesco Torselli alla Regione Toscana, oggi candidato all’Europarlamento alle prossime elezioni di giugno. Gli identitari organizzano gli studenti e le conferenze, ma anche voti e preferenze.
La rete nazionale della destra identitaria
A partire dal controllo di Azione Studentesca gli identitari iniziano, con una certa dose di pazienza e senza bruciare la tappe, a costruire una rete nazionale. Nella città della torre pendente c’è una struttura gemella di quella fiorentina, Casaggì Pisa. A Modena è nata “Aretè – Spazio Identitario”, che si definisce una “comunità giovanile di destra sociale e identitaria”. A Sassari meno di un anno fa ha aperto i battenti “Domus Turritana – Spazio Identitario”, mentre in Veneto c’è una parte importante della rete con “La Contea” a Padova, “Casarhéa – Spazio Identitario” a Belluno e “Riconquista” a Vicenza. Spostandosi verso ovest Casaggì ha aperto una filiale a Brescia, e poi a Torino con “La Barriera”, una realtà nata anche questa da pochi mesi che anima “Edoras Spazio Militante”, e che ha intensi rapporti con le rete dell’estrema destra d’Oltralpe e di altri paesi europei.
Un discorso a parte merita Roma. Qui nella rete identitaria compare “S29 Laboratorio militante”, che altro non è che la storica sede del Fronte del Gioventù di via Sommacampagna, a due passi dalla Stazione Termini. Questa storica sede della militanza più dura del neofascismo romano, è oggi patrimonio dei cosiddetti Gabbiani, ovvero l’area politica che fa riferimento al vicepresidente della Camera Fabio Rampelli. Qui i ragazzi e le ragazze di Azione Studentesca sono allo stesso tempo rampelliani e identitari.
A ufficializzare l’esistenza di una rete a livello nazionale è un’azione simbolica condivisa dalle diverse “comunità militanti”, come si definiscono, in occasione dell’anniversario della battaglia di Lepanto. Striscioni per ricordare la “vittoria” contro l’invasore, coordinati con altri gruppi identitari in giro per l’Europa.
Ecco chi sono i nemici degli identitari: Immigrazione incontrollata e oicofobia, “guerra dei sessi” e calo delle nascite, pensiero unico dominante e affossamento delle sovranità, decostruzione degli spazi e sovversione dei riti, subalternità politica e burocrazie elefantiache, perdita del sacro e omologazione globalista, sciovinismo divisivo e complessi di inferiorità, colpevolizzazione indotta e sradicamento dei legami, cultura della cancellazione e derive tecno-finanziarie: la nostra Europa, dimentica delle proprie radici e schiacciata tra Bruxelles e Lampedusa, attraversa una crisi senza precedenti
Un testo oggettivamente indistinguibile da un qualsiasi volantino di un gruppo neofascista. Negli “spazi identitari” si organizzano anche i ragazzi e le ragazze di Azione Studentesca e di Gioventù Nazionale, e i gruppi giovanili forniscono i militanti agli spazi identitari, in un gioco di vasi comunicanti che rende indistinguibile quello che è nel partito e quello che è fuori.
Passaggio al Bosco e l’Identitario
Dicevamo il lavoro culturale. Casaggì si è ben attrezzata in questo senso. Nel 2017 alcuni militanti del gruppo fondano Passaggio al Bosco, la casa editrice in questo momento più vitale dell’area. In catalogo troviamo libri sul fascismo e discorsi di Benito Mussolini, ma anche un libro di un soldato nazista come “Camerata. Il mio onore si chiama fedeltà”, stampato nel 1943 dall’Alto Comando della Wehrmacht. Passaggio al Bosco ha anche deciso di pubblicare un libro di Sir Oswald Mosley, il capo del fascismo britannico, e “La Guerra Rivoluzionaria” di Rodolfo Graziani, fortunato manuale di contro insurrezione anticomunista scritto dall’ex gerarca fascista come appendice della rivista “Ordine Nuovo”, e base teorica dello stragismo di estrema destra.
Oltre ai memorabilia e i grandi classici del neofascismo, non mancano poi libri sui temi d’attualità contro l’ideologia gender, l’autorazzismo dei bianchi, il femminismo e l’ideologia antifascista. C’è poi una collana che traduce in italiano i lavori dell‘Institut Iliade, nato in Francia nel 2014 per continuare il lavoro di Dominique Venner, a lungo protagonista dell’estrema destra francese e della cosiddetta nouvelle droite con Alain de Benoist. Venner si tolse la vita sparandosi il 21 maggio 2013 nella cattedrale di Notre Dame a Parigi in segno di estrema protesta: “Io mi do la morte al fine di risvegliare le coscienze assopite. Mi ribello contro la fatalità del destino. Insorgo contro i veleni dell’anima e contro gli invasivi desideri individuali che stanno distruggendo i nostri ancoraggi identitari, prima su tutti la famiglia, intimo fondamento della nostra civiltà millenaria. Mentre difendo l’identità di tutti i popoli a casa propria, mi ribello nel contempo contro il crimine che mira alla sostituzione dei nostri”.
Al lavoro della casa editrice, che organizza presentazioni e eventi anche nelle sedi dei partiti e dei movimenti dell’estrema destra extraparlamentare, è stato da poco affiancata una rivista online, l’Identitario, che ha invece il compito di rappresentare un punto di riferimento e autonarrazione per l’area politica che qui stiamo raccontando, diffondendone iniziative comuni, riflessioni, auto interviste, oltre che contributi più d’occasione legati alla stretta attualità.
“Il nostro onore si chiama fedeltà”: le SS di Hitler l’esempio proposto ai giovani di Meloni
Sia il coordinamento di Passaggio al basco che dell’Identitario è affidato proprio Marco Scatarzi, anche lui proveniente dalla fucina fiorentina di Casaggì. Scatarzi è anche l’autore di un libricino indirizzato proprio alla formazione del militante identitario. “Essere Comunità. Orientamenti per il militante identitario” è il titolo del volume, un catechismo infarcito di neofascismo. Il testo non a caso vuole dare degli “orientamenti”, citando il titolo del testo con il quale Julius Evola nel 1950 dava delle indicazioni dopo la sconfitta del fascismo e del nazismo.
Il testo cita come modelli di comunità militanti ai quali aspirare la Legione del collaborazionista e antisemita Corneliu Zelea Codreanu, e la Militia dell’irriducibile sostenitore del Terzo Reich Leon Degrelle, che scrisse “Hitler per 1000 anni”. Il testo, decisamente didattico nel tono, risponde anche al ruolo che deve avere la donna all’interno della comunità. E la risposta in breve è: deve stare al suo posto rispettando le naturali gerachie. Scatarzi invita “le militanti più giovani” a superare “le dinamiche di attrito che spesso caratterizzano le donne di una comitiva: piccole invidie, antipatie più o meno taciute, frecciatine, incomprensioni banali che si trasformano in cataclismi sconfinati”.
La comunità militante proposta dagli identitari è una comunità sotto assedio, partendo dall’assunto che i popoli europei stanno subendo una sostituzione etnica: Un popolo che subisce una sostituzione etnica è un popolo comunque destinato all’estinzione: il soft power e l’hard power del mondialismo possono innescare un meccanismo, ma nessuno è obbligato a patirne le conseguenze in silenzio e docilmente; non è scritto da nessuna parte che ci si debba far condurre al mattatoio docili e con il sorriso sulle labbra. (…) Quello che ha contraddistinto le Civiltà millenarie è oggi sotto attacco, l’equilibrio che le ha tenute in piedi per secoli è sovvertito in ogni livello e necessita di un risveglio che ne ripristini i canoni e le idee-forza. Le comunità militanti hanno il compito specifico di contribuire a produrre questo risveglio
L’assonanza in questo caso con i terribili manuali e manifesti dei terroristi suprematisti è impressionante. Quello che voleva fare con la strage di Utoya Andres Breivick era proprio risvegliare i banchi e gli europei invitandoli a resistere contro l’invasione, e ribellandosi al “marxismo culturale”.
Al termine della lettura, noiosa quanto significativa dal punto di vista politica, ecco l’esempio che l’autore propone ai militanti di Azione Studentesca e della destra identitaria: le SS di Adolf Hitler. L’esempio da seguire è quello raccontato da Rutilio Sermonti in Vita Est Militia, che riporta le lettore di un sedicenne arruolato nelle Waffen. Il ragazzo prima di morire dice a Semonti: “Noi vinceremo signor tenente, è vero? Perché noi abbiamo ragione”. E quello risponde: “Ti giuro che non ci fermeremo mai, niemals, finché non avremo vinto”. Poco prima Scatarzi aveva preso aggiornandolo il motto delle SS: ““Il nostro onore si chiama fedeltà” letteralmente significa questo: la coerenza rispetto ai principi propugnati, l’essere fedeli alla propria natura e al proprio cammino di ascesi. Disonorarsi, quindi, significa aver tradito i presupposti che tengono insieme il tessuto comunitario, ovvero il “terzo elemento” cui è vincolato il soldato politico”.
Fuori e dentro Fratelli d’Italia: identitari e gruppi neofascisti
Marco Scatarzi partecipa anche al Centro studi KulturEuropa, vera e propria struttura teorica che con un blog, convegni e una radio web, fa da cerniera tra la rete degli identitari e la destra extraparlamentare. C’è Adriano Scianca, già responsabile culturale di CasaPound e collaboratore del La Verità, e Carlomanno Adinolfi, anche lui vicino al La Verità. Gli identitari sembrano così la cerniera tra la destra di governo e i gruppi più radicali, socializzando libri, idee e programmi tra i gruppi giovanili delle rispettive organizzazioni. Tra i link proposti dall’Identitario troviamo anche “Fuoco” che invece è un progetto editoriale legato agli “evoliani” della Comunità Militante Raido di Roma, anche questi tra i soggetti della destra extraparlamentare molto vicini al circuito degli identitari.
Gabriele Adinolfi, ex esponente di punta di Terza Posizione, che dagli anni Novanta si propone come ideologo della destra neofascista, nel 2008 scriveva un documento intitolato Sorpasso Neuronico. In questo saggio di una trentina di pagine, ancora reperibile in rete liberamente, Adinolfi descrive il ruolo che a suo modo di vedere dovrebbe avere l’estrema destra con la sua azione culturale e militante. In particolare Adinolfi propone alle forze dell’estrema destra di superare definitivamente le vecchie identità nostalgiche, puntando a influenzare le classi dirigenti dei partiti del centrodestra.
Un ruolo particolare viene riconosciuto alle organizzazioni giovanili:
Al secondo livello vanno curate e potenziate le espressioni giovanili e studentesche che hanno la funzione essenziale di far crescere, nella responsabilizzazione e nel confronto con i loro coetanei, i giovani quadri. Inoltre il particolare ruolo di giovani che sono radicati in un’identità e allo stesso tempo parte integrante di una nuova generazione consente loro di assolvere alla funzione di trasformazione e innovazione nell’ancoraggio. A questo livello, peraltro, le forze autonome e quelle istituzionali, tutte fornite di componti giovanili di qualità, s’incrociano, convivono e superano gli steccati preconcetti operando così le prime, significative, rivoluzioni. Non è un caso se le avanguardie del dopoguerra sono state quasi tutte studentesche o universitarie.
Sembra proprio il lavoro che sta perseguendo il network degli identitari con Azione Studentesca, Passaggio al Bosco e KulturEuropa, anche con l’aiuto dello stesso Gabriele Adindolfi, autore di diversi volumi per Passaggio al Bosco, e prolifico conferenziere e autore di articoli e interventi.
Ecco cosa ha scritto lo scorso 2 maggio Adinolfi sul suo blog per ricordare la resa della Germania nazista: “La famosa tesi secondo la quale l’Europa moriva quel 2 maggio a Berlino non mi ha mai convinto: “ho sempre pensato, al contrario, che quel 2 maggio essa nacque nella mistica del sacrificio. Ho sempre pensato che il sangue di tanti giovani europei, fusi tra loro nell’epica tragica, fosse la linfa dell’Europa che verrà”.
Così invece ricorda il suicidio di Adolf Hitler e Eva Brown: I giovani di Fratelli d’Italia che vogliono essere “soldati politici”
Quella che abbiamo descritto finora è una vera e propria area politica, per ora piuttosto mimetizzata, in grado di influenzare le idee, le letture e l’ideologia dei futuri quadri dirigenti del partito di Giorgia Meloni. Lo attesta anche il fatto che, quando devono cercare qualcuno cui discutere del compito di un militante politico di destra oggi, l’organo ufficiale della giovanile di Fdi intervisti proprio Scatarzi.
In un’intervista uscita su Magnete, la rivista online di Gioventù Nazionale, il coordinatore del lavoro culturale dell’area risponde così a una domanda su come reagire al “declino” del Vecchio Continente. “L’Europa, nostro malgrado, si trova sull’orlo dell’abisso. Se dovessimo identificare una data simbolica, senza dubbio, la troveremmo nel 1945: lo spirito di Yalta, dapprima imposto con la forza e successivamente adottato da buona parte delle élite europee, è la quintessenza di questo declino doloroso”, la fine del nazismo e l’egemonia americana sul blocco occidentale coincide con l’inizio del declino. E ancora “il declino spirituale, dettato dalla perdita del sacro e dalla subalternità psicologica indotta, la cui massima espressione è quel latente senso di colpa che il pensiero woke ha innescato con successo, producendo la furia iconoclasta della cancel culture e la ridicola autocensura delle nostre genti; il declino antropologico, immortalato dal calo demografico, dalla sostituzione etnica, dalla subalternità culturale nei confronti del nulla d’oltreoceano”.
La strada da percorrere? Quella indicata dall’intellettuale del neofascismo francese sparandosi un colpo di pistola in bocca: “Come ci ha suggerito Dominique Venner prima di mettere in atto il suo rito sacrificale, occorre insorgere contro il fatalismo: questo letargo, profondo e prolungato, non è un fatto perpetuo o un destino immutabile. Noi, come identitari e come europei, abbiamo il dovere di produrre un risveglio delle coscienze che possa generare un nuovo rinascimento”. Di Venner Passaggio al Bosco propone anche un poster da mettere nelle camerette dei militanti identitari.
In ultimo il dirigente della giovanile di Fratelli d’Italia che lo intervista per la rivista dell’organizzazione domanda: “Sei d’accordo sul fatto che una nostra missione dev’essere quella di mantenere e ripristinare la Paideia?”. Con Paideia si intende “cultura, tradizione, perfezionamento, pensiero, espressione, maturazione”, e per prima cosa il ripristino della scuola depurata dall’anti autoritarismo e dall’egualitarismo figli del Sessantotto, e della famiglia tradizionale. Poi la proposta per i militanti meloniani: “Il militante non è un piccolo amministratore in erba, ma un soldato politico che ha scelto di fare propria una visione del mondo, adottadola come metro di misura di ogni azione. Ecco perchè, da anni, sottolineiamo l’importanza di un percorso di Formazione che non sia soltanto la scuola dei comunicati stampa o delle mozioni istitituzionali, ma un più radicato percorso di vita che permetta al giovane militante di assumere su se stesso, attraverso la condotta e lo Stile, un preciso modo di stare al mondo”.
La fiamma che non si è spenta
“Le radici profonde non gelano”, è una frase da cui la destra postfascista italiana è ossessionata. Talmente presente da essere spesso attribuita a Benito Mussolini. In realtà arriva dai libri di J. R. R. Tolkien, è un componimento che Bilbo Baggins dedica a Aragorn: “Non tutto quel ch’è oro brilla, Né gli erranti sono perduti; Il vecchio ch’è forte non s’aggrinza E le radici profonde non gelano. Dalle ceneri rinascerà un fuoco, L’ombra sprigionerà una scintilla, Nuova la lama ora rotta, E re quei ch’è senza corona”.
Le radici profonde sono quelle che affondano nella storia del fascismo e della militanza missina nel dopoguerra, e sono le radici nella tradizione e nell’identità nazionale, in un continuum immaginario che va dal Risorgimento alle trincee della Prima Guerra Mondiale, dagli “eroi” della X Mas ai “martiri” come Sergio Ramelli o i morti di Acca Larentia, e prima ancora ai fasti dell’Antica Roma
Un mondo e un insieme di riferimenti che sono rappresentanti nella fiamma che è ancora accesa nel simbolo di Fratelli d’Italia, la fiamma che nel logo dell’Msi nasceva dalla bara del Duce. Una fiamma che la galassia della destra identitaria vuole fare in modo che non venga mai spenta, passando la fiaccola che era il simbolo del Fronte della Gioventù alle nuove generazioni.
Fratelli d’Italia e la selezione della classe dirigente
Il successo elettorale di Fratelli d’Italia e della leadership di Giorgia Meloni ha poco o nulla a che fare con l’identità politica postfascista. L’elettorato del centrodestra è un elettorato estremamente mobile, pronto a premiare e a dirottare il proprio consenso sul leader che meglio sa interpretare la fase politica. Il tramonto di Silvio Berlusconi e la lunga stagione dei governi tecnici e di unità nazionale hanno portato all’ascesa della Lega nazionale di Matteo Salvini. Lo stesso elettorato che ha punito l’esperienza di governo del Capitano, premiando alla tornata elettorale successiva Fratelli d’Italia e la sua leader.
Alle elezioni del 2013, le prime a cui il partito fondato da Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto, si presenta con il suo simbolo dopo aver abbandonato il Popolo delle Libertà, raccoglie l’1,92% dei consensi al Senato, non elegge nessun senatore (il gruppo nascerà solo successivamente). Alla Camera raccoglie l’1,96% dei voti eleggendo 9 deputati. Alle elezioni del 2022 raccoglierà il 25,98% al Senato e il 26% alla Camera eleggendo 65 senatori e 119 deputati.
La tabella sopra, con riferimento ai risultati alla Camera, mostra la mobilità del voto di centrodestra. Evidentemente la fiamma nel simbolo vale poco meno del 2% e il voto a Fratelli d’Italia non è un voto ideologico identitario con riferimento alla storia del Movimento Sociale Italiano, ma è il successo di una leadership premiata per essere stata all’opposizione del governo giallo-verde e del governo di Mario Draghi, sapendo interpretare al meglio i bisogni di un elettorato e di una società che si è spostata a destra (non solo Italia ma a livello globale, possiamo dire).
La cosa interessante è che gli eletti del 2022 nel 2012 erano già quasi tutti dentro Fratelli d’Italia. Si tratta dunque, questa sì, di una classe dirigente piuttosto omogenea, che viene dallo stesso sostrato ideologico e culturale, che ha in comune una storia comune di militanza che viene da lontano. La selezione della classe dirigente nel partito di maggioranza relativa non avviene dunque per cooptazione o imbarcando possibili portatori di voti da altri partiti, ma per adesione a un progetto politico e con un cursus honurum che passa quasi sempre per la militanza già negli anni della scuola e dell’università, per passare poi per municipi e comuni e salire successivamente.
Per questo sapere, capire, interpretare cosa si muove in basso nel partito che oggi detiene il potere in Italia è così importante.
(da Fanpage)
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