“DAL MONTE VIENE GIU’ UN OCEANO: PRESTO, SALITE SUGLI ALBERI E SUI TETTI”
L’URLO DELLA CASE TRAVOLTE DAL CICLONE
Dicono una piena millenaria. E poi, per spiegarti, le mani nei capelli, dicono anche: «Era un oceano d’acqua». Lo dicono tutti.
Quell’oceano è venuto giù dal Monte Pinu ed è entrato nelle case, a pianterreno, è salito al primo, è precipitato negli scantinati.
Ha invaso bar e caffè, il Panedda market, tutti i grandi magazzini. Ventiquattr’ore di pioggia abbondanti come sei mesi – 459 millimetri in un solo giorno – hanno trasformato rigagnoli lenti in fiumi violenti caricandoli di fango via via smottato, di rami, di alberi.
I fiumi violenti, improvvisamente, si sono abbattuti sulla periferia di Olbia, hanno gonfiato i canali che lambiscono lo stadio Bruno Nespoli, l’ospedale Giovanni Paolo II.
Nove morti dei sedici di questa nuova tragedia italiana erano nei due grandi quartieri sui canali, lo stadio e l’ospedale, e su a Monte Pinu. Altre quattro persone sono morte in provincia.
Ha smesso di piovere a Olbia, neppure sessantamila abitanti, lo scalo traghetti per gli italiani che d’estate vanno in Costa Smeralda.
L’hanno costruita come molte città italiane, all’impronta, adattando i piani regolatori alle ruspe. Non piove più, ma il meteo annuncia nuove perturbazioni sulla Sardegna. Venti milioni di euro fuori dalla legge di stabilità , più cinque aggiunti dalla Regione, promettono un risanamento rapido, annunciano le nuove fogne che quelle vecchie e malsane sono comunque distrutte.
In città , però, ci si sposta ancora con i gommoni. Enrico Letta dice: «Sono venuto qui perchè qui c’è lo Stato, non siete soli».
Ma Giovanna Spano in una notte ha perso tutte e tre le auto di famiglia. «Visto quel che è accaduto ai miei concittadini considero quelle auto un lusso», dice, «il premier deve sapere che qui stiamo facendo tutto da soli».
Il marito di Giovanna ne ha portati fuori da uno scantinato di via Lazio quattro, quattro vite salve. In questa strada si conta un morto. Più avanti, alla fermata, due donne aspettano il bus con le valigie in mano, devono portare dai cugini quel che è stato risparmiato dall’oceano.
Il bus non passerà mai: un buco enorme nella strada, il numero mille, ha interrotto il passaggio.
Sedici morti (di cui quattro bambini), un disperso, 2.737 evacuati per un nubifragio che ha colpito terribilmente Olbia e la Gallura, ma ha fatto vittime in tutta la Sardegna settentrionale. Una bolla d’aria fredda uscita da una perturbazione artica – evento rarissimo – in ventiquattr’ore ha gonfiato il fiume Cedrino ad Arzachena e il fiume ha gonfiato il Riu Mannu che ha travolto la casa di una famiglia brasiliana: padre, madre, due ragazzi di 16 e 20 anni. Tutti morti.
Lo stesso fiume, il Cedrino, nella Sardegna centrale ha colpito la sorgente di Su Gologone, vicino a Oliena: il prefetto di Nuoro ha dovuto fermare l’approvvigionamento di acqua.
Poi ha messo sotto controllo le vicine dighe di Preda e Ottoni. Le ripetute bombe d’acqua hanno fatto esondare il Flumendosa, scuotendo il ponte che collega Muravera con Villaputzu. Hanno fatto uscire il fiume Temo, a Bosa.
Hanno fatto crollare viadotti, ponti in pietra spezzando al centro il ponte di Norgheri: via la campata. Tra Bitti e Onani, ancora provincia di Nuoro, un allevatore è stato travolto da un torrente in piena: è stato portato via di fronte al figlio.
Tra Orgali e Oliena il capopattuglia Tanzi è morto finendo in una buca con la pantera: stava scortando un’ambulanza. Giù a Torpè, al confine con la provincia di Nuoro, dove hanno ceduto gli argini del Rio Posada e c’è chi per salvarsi dal vento si è legato al tavolo della cucina, un agricoltore sopravvissuto racconta: «L’acqua ci è entrata in casa che era già buio, la corrente era fortissima, ci buttava contro i muri. Ho spinto mia moglie e i mie figli in avanti, siamo usciti dalla porta nuotando e nuotando abbiamo raggiunto la strada».
Ecco, ci si avvicina da Ovest, da Alghero, si risale da Sud, da Nuoro, e si leggono le tracce – sempre più chiare – del ciclone Cleopatra.
A Putzolu la strada per Olbia non c’è più per trenta metri: una voragine ti rimanda indietro. C’è finito dentro un pick up con una famiglia, l’hanno tirata fuori però.
A Maltana, e siamo ancora nella corona di campagne che porta a Olbia, una donna alla guida di un’utilitaria è stata portata via da un torrente. La Protezione civile, qui, ha evitato il lutto. Ad Olbia città il fiume Padrongianus è montato fino a tre metri d’altezza, ha strappato i filari e i bidoni degli allevamenti di cozze, ora un pericolo per il transito delle navi. «Con questi quantitativi d’acqua non ci sono territori al riparo», dirà il prefetto Gabrielli, il capo della Protezione civile.
I suoi uomini hanno tirato fuori dai finestrini automobilisti semisommersi, paralizzati dalla paura.
L’acqua li aveva sorpresi sulle direttrici per Tempio e Telti. Veronica Gelsomino, commessa di 24 anni, ora all’ortopedia di Tempio con il volto pieno di lividi, dice di sè: «Sono una miracolata».
Lunedì, alle sei di sera, era a bordo della sua Alfa 147, e da Olbia saliva verso Priatu, una delle tante salite del Monte Pinu crocevia della vita di questa città . «Pioveva forte, ma conosco la strada. D’improvviso l’asfalto è scomparso davanti a me: mi sono sentita tirare giù. Ho colpito il fondo e un fiume nero mi ha portata via. Non mi fermavo più, e ho perso conoscenza».
L’Alfa 147, invece, si è fermata, a duecento metri da valle. L’auto accartocciata si è incastrata e due ragazzi, Massimo e Sebastiano, l’hanno avvistata in fondo alla scarpata. Sono scesi ruzzolando, si sono avvicinati. E hanno tirato fuori la commessa svenuta.
«Quella strada è stata costruita su un terrapieno, ha sempre bloccato il passaggio del fiume: ora si è ripreso il suo spazio»
Quelli del nuovo quartiere residenziale a fianco dell’ospedale raccontano invece che si sono salvati dall’oceano che veniva giù dal monte «salendo sul tetto».
Nel rione Sant’Antonio, una giovane tedesca, Martina, parrucchiera a Olbia da sette anni, ha guadato la strada tra due palazzi affacciati e ha salvato un’anziana, la signora Biddau, e pure il suo cane. La vanno a ringraziare tutti, adesso.
In via Campidano c’è Antonella Mele, ancora trema. «Ero in salotto. Le luci si sono spente tutte insieme e intorno a me sentivo solo urla, le voci di alcuni bambini. Poi l’acqua, dentro casa. Sono saltata fuori dalla finestra e mi sono messa a nuotare. Ho sentito l’asfalto e mi sono rimessa in piedi».
Angela Salaris abitava in via Roma, ora è sfollata. «L’acqua qui è arrivata direttamente dal mare e si è mischiata a quella del Rio Gaddhuresu. Il muro che divideva il giardino non c’era più: alto due metri e mezzo, si è sbriciolato. Abbiamo fatto uscire mia madre dalla finestra, poi mio fratello si è allontanato a bracciate». Pochi minuti e l’appartamento è diventato un acquario, colmo fino alla soffitta.
A Olbia sono già arrivati gli sciacalli: entrano dentro case dove galleggiano materassi e tavolini. Tanti hanno aperto le loro case per ospitare gli sfollati.
Betta Fancello ha messo a disposizione il suo bed and breakfast con vista mare per accogliere le famiglie rimaste senza un tetto. Anche Flavio Briatore ha offerto 14 stanze ad Arzachena, dependà nce del Billionaire.
Racconta Betta Fancello: «Mia madre, 80 anni, cardiopatica, è rimasta bloccata con un metro e mezzo d’acqua in casa. Per quattro ore. Acqua di fiume, di mare, di fogna. Nessuno è intervenuto, i vigili non rispondevano »
Corrado Zunino
(da “La Repubblica“)
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