DELITTO YARA, FINISCE L’ODISSEA DI FIKRI, “SCAGIONATO” DOPO TRE ANNI DA INCUBO
IL PIASTRELLISTA MAROCCHINO FU ARRESTATO E POI RILASCIATO…IL SUO NOME TRA GLI INDAGATI FINO AD AGOSTO
C’erano voluti quasi tre anni prima che Mohamed Fikri, piastrellista marocchino, riuscisse ad uscire definitivamente dalla terribile posizione di indagato nell’inchiesta per la morte di Yara Gambirasio.
Succedeva lo scorso agosto ed oggi, come ha spiegato il legale del nordafricano, la notizia del fermo del presunto assassino della 13enne di Brembate di Sopra (Bergamo) «è un’ulteriore riabilitazione, perchè ancora qualcuno nutriva dubbi nei suoi confronti».
I guai giudiziari per lui iniziarono la sera del 4 dicembre 2010, una settimana dopo la scomparsa di Yara.
Con una rocambolesca operazione disposta dalla Procura, infatti, i carabinieri raggiunsero un traghetto salpato da Genova e sul quale Fikri stava raggiungendo Tangeri.
La sua appariva, in quel momento, come una fuga: poche ore prima i carabinieri avevano intercettato una telefonata, nella quale, secondo una prima traduzione, Fikri avrebbe dichiarato: «Che Allah mi perdoni, non l’ho uccisa io».
All’epoca non si sapeva ancora che la ragazza era stata uccisa (il corpo verrà ritrovato, per caso, soltanto il 26 febbraio 2011, a tre mesi esatti dalla scomparsa), e dunque quella frase, pronunciata da un immigrato che, la notte del 26 novembre 2010, data del rapimento della tredicenne, lavorava nel cantiere di Mapello, dove i cani molecolari avevano indugiato a lungo era sembrata agli inquirenti una svolta nell’inchiesta.
Invece, ascoltate da altri interpreti, quella parole vennero tradotte in modo del tutto diverso: «Mio Dio, facilitami nella partenza».
E ciò spinse il pm di Bergamo Letizia Ruggeri a chiedere l’archiviazione per Fikri, il quale dopo due giorni di carcere venne fatto uscire con tanto di scuse.
Venne, infatti, nel frattempo appurato che l’immigrato non stava scappando in Marocco, ma che era partito per un viaggio già programmato.
In una seconda chiamata, tra l’altro, la fidanzata gli chiedeva: «L’hanno uccisa davanti al cancello?». Ma fu chiarito che il dialogo era avvenuto quando i tg avevano già mostrato le immagini del cantiere di Mapello, dove c’era appunto un cancello.
«Non so, può essere», rispose Fikri, dimostrando di non essere a conoscenza della vicenda.
L’accusa di omicidio e di occultamento di cadavere, però, per lui cadde definitivamente solo il 22 febbraio dello scorso anno su decisione del gip, il quale dispose, tuttavia, di iscriverlo nel registro degli indagati con l’accusa di favoreggiamento personale.
Fikri, dunque, restò indagato nel fascicolo per la morte della 13enne per altri sei mesi, fino al 12 agosto 2013 quando venne cancellata dal gip anche l’ultima imputazione.
Il suo legale, l’avvocato Roberta Barbieri, ha raccontato che, dopo un periodo passato in Marocco, Fikri di recente è tornato in Italia ma «ha problemi con il permesso di soggiorno, anche perchè non ha un’occupazione».
Ovviamente, ha chiarito il difensore, «l’arresto e il suo lungo coinvolgimento nell’inchiesta lo hanno segnato e gli hanno creato numerose difficoltà ».
(da “La Stampa“)
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