FALLISCE LO “SCIPPO DEL MICHIGAN” DA PARTE DELL’EVERSORE TRUMP, GLI STESSI REPUBBLICANI RESISTONO ALLE SUE PRESSIONI DA GOLPISTA CRIMINALE
I DUE RAPPRESENTANTI REPUBBLICANI: “L’AMERICA RISPETTA LA VOLONTA’ POPOLARE, NON CEDIAMO A MINACCE E INTIMIDAZIONI, HA VINTO BIDEN”…. IL REPUBBLICANO ROMNEY: “TRUMP E’ UN EVERSORE”
Una visita alla Casa Bianca con tanto di schiaffo al presidente uscente. Al termine dell’incontro tenutosi a Washington tra i legislatori repubblicani dello Stato del Michigan e Donald Trump, i conservatori hanno chiarito che non intendono mettere in discussione il risultato elettorale nello Stato del Midwest.
Nella nota ufficiale diffusa al termine della visita, i due legislatori locali chiamati da Trump hanno fatto sapere di non avere alcuna intenzione di provare a rovesciare il verdetto delle elezioni del 3 novembre scorso in Michigan, che hanno visto Joe Biden conquistare la maggioranza degli elettori.
Uno smacco per Trump, che da settimane grida — senza prove — alla frode elettorale.
«Non siamo stati messi a conoscenza di nessuna informazione in grado di cambiare il risultato elettorale. Seguiremo la legge e il normale processo: il processo di certificazione deve essere libero da qualsiasi minaccia e intimidazione. Le accuse di presunte frodi vanno prese seriamente, esaminate e, se ci sono prove» portate in tribunale, si legge nella nota dei repubblicani del Michigan.
«Il candidato che conquista il maggior numero di voti vince le elezioni e i 16 grandi elettori del Michigan. Queste sono verità semplici».
Fallisce lo “scippo del Michigan” tentato da Donald Trump. Due legislatori locali, repubblicani, hanno detto no all’estremo tentativo del presidente di stravolgere le regole e ribaltare il verdetto delle urne in quello Stato industriale del Midwest conquistato da Joe Biden.
I due repubblicani, convocati alla Casa Bianca, hanno risposto con fermezza: secondo loro non c’è alcuna ragione per rovesciare il risultato elettorale. E’ uno smacco per il presidente, che sta esaurendo gli ultimi tentativi di non riconoscere la vittoria del democratico.
L’ultima carta che Trump tenta per ribaltare il verdetto delle urne, viene definita dagli storici un gesto senza precedenti. Alcuni costituzionalisti la considerano quanto di più vicino a un colpo di Stato, rispetto alla tradizione americana di rispetto della volontà degli elettori.
Trump nella serata di venerdì aveva convocato alla Casa Bianca i rappresentanti repubblicani eletti nell’assemblea legislativa del Michigan, con un obiettivo: convincerli a designare dei “grandi elettori” che voterebbero per lui come presidente. Il problema è che i cittadini del Michigan hanno scelto Biden.
Il piano di Trump è legato a una peculiarità del sistema elettorale americano: sostanzialmente, la scelta del presidente avviene a suffragio universale, formalmente invece si tratta di una sorta di voto indiretto.
I passaggi sono due: prima ogni Stato deve certificare il verdetto delle urne; poi è l’assemblea legislativa dello Stato a designare i membri del collegio elettorale che travasano i voti dei cittadini a Washington e contribuiscono a designare il nuovo capo dell’esecutivo.
In teoria quindi le assemblee legislative locali possono anche disconoscere la volontà dei veri elettori e designare dei “grandi elettori” di segno politico opposto. Sarebbe una tale violazione della volontà popolare, da giustificare i paragoni con un golpe.
Trump ha sperato in questo scippo, perchè diversi Stati-chiave che hanno votato per Biden hanno dei Parlamenti locali con maggioranze repubblicane: oltre al Michigan è il caso di Wisconsin, Pennsylvania, Georgia.
Quella di Trump è una corsa contro il tempo perchè il suo piano è impossibile in quegli Stati che hanno già ufficialmente certificato il verdetto delle urne.
Michigan, Wisconsin, Pennsylvania e Georgia sono molto vicini a compiere quel passo irreversibile. La pressione di Trump sugli eletti locali del suo partito è stata formidabile, il che rende ancora più significativo il fatto che i due eletti del Michigan non si siano piegati. Il calendario ormai si fa stretto per lui: entro l’8 dicembre gli Stati devono aver certificato i risultati, in modo che il 14 dicembre avvenga la conta a livello nazionale.
Perchè i Parlamenti dei singoli Stati ribaltino la volontà degli elettori, devono avere delle solide giustificazioni: brogli massicci, contese giudiziarie che impediscano di arrivare alla certezza del risultato. Ma la squadra legale di Trump continua a perdere nei tribunali le cause avviate per presunte frodi.
E’ riuscita a ottenere dei ri-conteggi di schede contestate, ma nessuno di questi finora ha ribaltato il risultato.
Il sospetto in certi casi è che abbia voluto guadagnare tempo per avvicinarsi alla data dell’8 dicembre senza che gli Stati abbiano potuto certificare l’esito finale del voto, aprendo così allo scenario dello “scippo” in sede legislativa locale.
Le macchinazioni di Trump suscitano condanne anche nel suo partito. Come sempre il capofila dei dissidenti è Mitt Romney, ex candidato alla Casa Bianca nel 2012 contro Barack Obama. Senatore dello Utah, il repubblicano Romney ha avuto parole durissime contro il suo presidente: “Essendo fallito ogni tentativo di dimostrare brogli, il presidente ora fa pressione sugli eletti locali per sovvertire la volontà popolare e ribaltare il responso del voto. E’ difficile immaginare un comportamento più antidemocratico da parte di un presidente in carica”.
La ferma reazione dei due repubblicani del Michigan sembra indicare che Romney non è più una voce isolata nel Grand Old Party, e la solidarietà verso il presidente uscente si sta indebolendo.
(da agenzie)
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