FONDI PUBBLICI PER ATENEO PRIVATO: LA PROVINCIA BAT (BARLETTA, ANDRIA, TRANI) STANZIA 700.000 EURO IN BORSE DI STUDIO PER GLI STUDENTI CHE SI ISCRIVONO ALLA LUM DI CASAMASSIMA
RIVOLTA DEI RETTORI: “INTERVENGA IL MINISTERO, NON SI PUO’ SOSTENERE IL MERCATO DI UN’AZIENDA PRIVATA CON SOLDI PUBBLICI”
La pubblicità non è chiara. Le parole mettono sulla strada sbagliata.
E soprattutto le borse di studio sono selettive: lo Stato paga soltanto se ci si iscrive all’università privata Lum e non agli altri atenei statali.
“Così non va bene, si prendono in giro gli studenti”. Nel calderone campanilistico della sesta provincia pugliese (“vogliamo un’università per la Bat!” gridano da mesi politici e comitati vari), è finita ora anche l’istruzione accademica.
L’operazione non ha lasciato però indifferente il resto della Regione: da giorni si è alzata la protesta delle istituzioni e dei sindacati che, chiamando in causa anche il ministero stanno cercando di bloccare o di riportare nei giusti binari l’operazione. “Perchè aprire un’università non può essere come aprire un negozio”, spiega l’assessore regionale all’Istruzione Alba Sasso.
I fatti: la Lum, la Libera università mediterranea che ha sede a Casamassima, ha deciso di aprire una succursale nella Bat.
Dopo mesi di lavori, è pronta all’inaugurazione anche la sede individuata tra Andria e Trani.
Palazzo ristrutturato, grande campagna di comunicazione, il magnifico rettore Lello Degennaro (che ben conosce la qualità dell’università creata dal padre, essendosi lui stesso laureato nell’ateneo di famiglia) che si presenta sorridente davanti ai microfoni delle televisioni locali per assicurare: “Saremo l’università della provincia Bat”.
Ecco, questo è il primo punto della vicenda. “Non c’è e non ci può essere nessuna università nella Bat perchè è vietato” spiega l’assessore Sasso.
Che si rifà al documento licenziato dal Comitato universitario regionale di coordinamento, un’assise composta dai rappresentanti di tutte le università pugliesi. “L’iniziativa – si legge – non riguarda, nè può riguardare, l’attivazione di corsi di laurea nè tantomeno di facoltà , e che l’attività da svolgere a Trani non potrà comportare erogazione di lezioni, ma solo azioni di tutorato, e che la stessa potrà essere espletata esclusivamente in favore degli studenti iscritti alla Lum e non di iscritti presso altri atenei”.
La Lum ha lanciato i corsi di Giurisprudenza ed Economia. Ma, come spiega il Comitato, i docenti non potranno nè fare lezioni nè tantomeno gli esami.
Solo tutoraggio, perchè la sede dell’università rimane a Casamassima.
Nel centro commerciale. “In sostanza – sintetizza la Sasso – la Lum può fare solo il Cepu nella Bat, niente di più”.
Le cose però non sembrano così chiare. Visto che la provincia Bat e i comuni del Patto territoriale nord barese ofantino hanno deciso di stanziare complessivamente 700mila euro da destinare a studenti che si iscriveranno alla Lum. E solo alla Lum. Cioè se uno studente (meritevole o bisognoso) di Trani vuole andare a Bari o a Foggia non prende un euro.
Se si iscrive alla Lum ha a disposizione borse da 2.500 euro ciascuno.
“Non ci sembra legittimo – dicono dal Comitato regionale – l’erogazione da parte di un ente pubblico di somme così rilevanti a favore solo degli studenti che operino la scelta di iscriversi a un determinato ateneo, escludendo, in tal modo, tutti gli altri studenti, in aperta violazione del principio di par condicio”.
“Una scelta di dubbia legittimità oltre che politicamente inopportuna” attacca il segretario regionale della Uil, Domenico Raimondo. “Non si possono utilizzare fondi pubblici per sostenere il mercato di una azienda privata”.
Sulla questione era intervenuto anche il segretario della Cgil Bat Luigi Antonucci secondo il quale “è paradossale che la Provincia, non più tardi di un anno fa, non potendo far fronte alle spese per l’arredo scolastico, sia andata a caccia di sponsor per comprare banchi e lavagne e oggi, al contrario, decida di spendere questi soldi per far frequentare un’università privata, di conseguenza finanziandola, a giovani che potrebbero tranquillamente studiare negli atenei e nei politecnici pubblici”.
(da “La Repubblica“)
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