GLI INDIGNATI CON LA TESSERA
LA NUOVA PROTESTA DEI MILITANTI CHE ASSEDIA I DIRIGENTI DEL PD
Indignandos, contestatori, incazzati, insomma.
C’è di nuovo il rischio della bufera per i dirigenti del centrosinistra italiano?
La domanda sorge spontanea dopo quello che è successo a Fermo a Nicola Latorre, chiamato a rispondere per sè (e per il Pd) da una platea in cui faceva bella mostra un signore con un cartello: “Sono un elettore di centrosinistra, ma mi vergogno di essere rappresentato da questo Pd”.
Un episodio, si potrebbe dire. Eppure ci sono molti segnali che dovrebbero far riflettere i dirigenti dell’opposizione.
Il primo è quello che è successo il 14 luglio alla Festa democratica di Roma, dove Massimo D’Alema era intervistato dal giornalista di Repubblica Massimo Giannini: un gruppo di ragazzi ha raccontato su Facebook di essere andato alla festa con l’obiettivo di fare una domanda al làder maximo e di essere stati placcati dalla vigilanza del partito.
Loro sotto il palco provavamo a prendere la parola, e l’ex ministro degli Esteri che indicava Giannini con un sorriso vagamente teso: “Le domande le fa lui!”.
E che dire di quello che è successo a Bersani?
Il 5 luglio alla Festa democratica de L’Aquila, il segretario del Pd è stato contestato dai No Tav.
Un enorme striscione bianco diceva: “Noi con i territori, voi con gli speculatori”. Bersani aveva provato a interloquire: “Guardate che quella proposta è stata discussa e votata in tutte le sedi… Guardate che si tratta di un tunnel che corre per 50 km sotto la montagna…”.
Macchè: grida, strepiti e tante domande incalzanti.
Terzo episodio, questa volta al Nord.
Alla Festa democratica di Seriate, di nuovo durante un comizio di Massimo D’Alema, di nuovo i No Tav.
Un gruppo di giovani, il 28 giugno interviene distribuendo volantini, e dopo aver aperto uno striscione contesta la linea tenuta dal Pd, che ha sempre ribadito che la Tav è una priorità del centrosinistra.
Si sfiora la rissa, un gruppo di sostenitori del Pd che si scaglia contro i contestatori, tentando di strappare lo striscione.
Qualcuno tenta di oscurare con le mani la telecamera di chi riprendeva la scena, consapevole che le contestazioni hanno un doppio effetto: uno immediato, sui presenti e uno postumo, sugli utenti della rete.
Un altro episodio stupefacente si è verificato a Siena dove Rosy Bindi aveva esordito così: “Vi porto il saluto del Partito democratico…”.
Non aveva ancora finito che dalla platea si era levata una selva di fischi: “Parla tu, ma lascia perdere il Pd”.
E lei, con la consueta grinta: “Dovreste essere contenti che il Pd sia qui con un suo rappresentante”.
Macchè.
Cosa unisce e cosa divide questi episodi?
Nella storia della sinistra, fino a ieri, la contestazione era guerra di egemonia per il controllo della piazza.
Ed era, come nell’ultimo caso, lotta con le ali estreme, di destra o di sinistra, contro formazioni organizzate e antagoniste.
Il caso simbolo è la guerriglia a La Sapienza per il comizio del segretario Cgil Luciano Lama in pieno ’77 (il cartello che è passato alla storia: “Non L’ama proprio nessuno”) dove il servizio d’ordine del Pci e della Cgil dovettero lottare fisicamente contro la falange di autonomia.
Oppure resta nella storia la contestazione ghandiana di Marco Pannella davanti a Botteghe oscure, interrotta da questo dialogo con un uomo della vigilanza del Bottegone: “Je dissi: ‘Te ne vai?’ Pannella ha risposto no, e io gli ho dato una pizza…”.
Già molto diverse, e molto più vandeane, nella forma e nella violenza della loro coreografia, furono le monetine tirate contro i sindacalisti nelle piazza incandescenti del 1993.
Sergio D’Antoni finà un comizio in piazza San Giovanni con un labbro spaccato, Sergio Cofferati non volle interrompere il suo discorso e chiese solo di essere riparato da un compagno con un ombrello: “Sono abituato alla pioggia”, ironizzò.
Adesso tutto cambia e a contestarti non è più un esterno, non è più un nemico.
Adesso — esattamente come è successo a Zapatero in Spagna — c’è il rischio che a contestarti sia un pezzo del tuo popolo, una parte del mondo che ti gira intorno.
A mordere il freno sono giovanissimi, forme di protesta nascono e si organizzano come gruppi di pressione sulla rete.
Adesso, a contestarti non è qualcuno che ha idee diverse dalle tue, non è un uomo simbolo, come quello splendido provocatore che è stato Marco Pannella ai tempi in cui girava con il girocollo nero e con il medaglione zen al collo, adesso quello che grida è uno che dice di avere le tue stesse idee e spesso la tua stessa tessera.
E pensa che tu stia tradendo la tua parte.
Ecco perchè i dirigenti del Pd farebbero meglio a non sottovalutare.
E a cominciare a rispondere, ad esempio, sulle grandi scelte e sulla questione morale, prima di essere costretti a farlo in piazza.
Luca Telese ( dal suo blog)
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