HO PROVATO IL FRECCIAROSSA GENOVA-VENEZIA E ORA SPERO CHE I CINESI COMPRINO LE FERROVIE ITALIANE
IL TRENO INAUGURATO IN POMPA MAGNA DA TOTI ACCUMULA 30 MINUTI DI RITARDO… E DALL’INTERCITY CHE CI SUPERA QUALCUNO CI FA PURE IL GESTO DELL’OMBRELLO
Ci sarà un motivo per cui gli italiani stanno al quarantottesimo posto nella classifica della felicità ? Un’idea io ce l’ho e anche per verificarla ho voluto provare il nuovo Frecciarossa Genova-Venezia: una delle ragioni, dicono, per essere ottimisti sul futuro.
Genova, si sa, è lontana da tutto, specie da Milano: ci vogliono quasi due ore ad andare e altrettante a tornare, con l’Intercity.
Così, per tacitare i pendolari, da sempre sul piede di guerra, il centrodestra ligure ha ottenuto da Trenitalia la Freccia 9796, che poi prosegue sino a Venezia, per una botta di vita.
Io lavoro ancora più in là , a Trieste, e già arrivare a Venezia senza cambio a Milano è un bel colpo; per rendere la Freccia concorrenziale con l’Intercity, inoltre, per me il prezzo è minore, sinchè dura.
Insomma: alla 6 e 58 del 20 marzo mi sono presentato al binario, carico di bagagli e speranze.
La mia carrozza, la nove, era deserta: come sempre. Ma non perchè i pendolari sono refrattari alle novità bensì perchè la Freccia arriva a Milano solo nove minuti prima dell’Intercity e costa di più.
Inoltre, metà dei cessi erano rotti, come al solito. I
n più i miei unici compagni di viaggio — due tipici manager genovesi diretti nel capoluogo meneghino — si scambiavano le solite frescacce, come: per lucidare i cerchioni della BMW bisogna procurarsi un marocchino; mai sposare donne straniere, chiedono il pacchetto completo, suocera compresa; il problema della Sardegna sono i sardi.
Su quest’ultima vorrei anzi aggiungere — per amicizia con i sardi — che, primo, anche la Liguria sarebbe bellissima se non ci fossero i liguri, secondo, nel caso dei sardi il problema è l’inverso.
È la Sardegna il problema dei sardi: ormai ci si arriva solo in aereo da Roma e neppure con Alitalia ma con la compagnia rumena Blue Air.
Nel frattempo, ogni tanto la Freccia si fermava in aperta campagna, e pure lì i manager scherzavano: andavamo così veloci, per loro, che ci sembrava d’essere fermi. Macchè, eravamo proprio fermi.
L’altoparlante, a intervalli regolari, scandiva che un (misterioso) «guasto tecnico all’infrastruttura» ci aveva fatto accumulare prima cinque, poi 14, infine 22 minuti di ritardo.
A un certo punto siamo stati sorpassati dall’Intercity, e qualcuno, là sopra, deve averci anche fatto il gesto dell’ombrello.
Che poi per me il ritardo è stato salutare, altrimenti a Mestre, la mia stazione di cambio, avrei dovuto aspettare due ore il treno per Trieste: dalle 10 e 58 alle 12 e 53, per la precisione.
Invece ho aspettato solo un’ora e mezza, ma che sarà mai, sono andato a mangiare alle Botti, pure quelle comprate dai cinesi.
Alla fine ho persino chiesto alla padrona: ehi, v’interesserebbe comprare anche le Ferrovie dello Stato?
(da “Il Fatto Quotidiano”)
Leave a Reply