IL CONFLITTO DI INTERESSI DI CONTE: LA PRIMA DECISIONE DEL CDM NEL SETTORE DELLE TLC E’ LA GOLDEN POWER SU RETELIT
DA AVVOCATO AVEVA FIRMATO UNA CONSULENZA CHE CHIEDEVA AL GOVERNO DI ADOTTARE I POTERI SPECIALI SUGLI ASSET STRATEGICI
La prima decisione nel campo delle telecomunicazioni del premier Giuseppe Conte è in odore di conflitto di interessi.
Ironia della sorte: il presidente del Consiglio, finito nell’occhio del ciclone durante la fiducia a Montecitorio per aver insinuato interessi in conflitto tra i banchi delle opposizioni, da accusatore finisce accusato.
Come si legge dal comunicato del secondo Cdm, presieduto da Matteo Salvini per gli impegni di Conte al G7 in Canada, il nuovo Governo ha deciso di esercitare la golden power su Retelit, società di tlc che gestisce più di 12mila chilometri di fibra ottica tra 9 grandi città italiane.
L’azienda quotata in borsa oggi ha perso il 4% a Piazza Affari.
Il Consiglio dei ministri, si legge nel comunicato, ha deliberato “di esercitare i poteri speciali con riferimento alla modifica della governance della società Reti Telematiche Italiane s.p.a derivante dall’assemblea degli azionisti del 27 aprile 2018, mediante l’imposizione di prescrizioni e condizioni volte a salvaguardare le attività strategiche della società nel settore delle comunicazioni”.
Retelit però è azienda ben nota a Giuseppe Conte.
Come ha raccontato Repubblica, il 14 maggio ha firmato, in qualità di consulente, un parere pro veritate che si inserisce all’interno della guerra tra azionisti che si contendono la guida della società di tlc.
Una consulenza per la lista Fiber 4.0, azionista di minoranza con l’8,9% che fa capo al finanziere Raffaele Mincione e uscita sconfitta all’assemblea dei soci del 27 aprile per il rinnovo del cda, in cui si segnalava la possibilità per il Governo di avvalersi del cosiddetto golden power su Retelit nei confronti della cordata che ha poi ottenuto la meglio in assemblea, composta da tre società : la libica Bousval, la tedesca Axxion e SVM.
Secondo il parere del giurista, già allora chiacchierato come papabile premier dell’esecutivo M5S-Lega, il patto parasociale tra le tre società ha difatti integrato il controllo della società (con il 24,36%) che, per una azienda strategica come Retelit, impone l’obbligo di notifica in quanto detiene asset strategici.
La società di Mincione ha chiarito nei giorni scorsi che il parere dell’avvocato Conte “si affianca al parere espresso da un altro primario studio legale”, lo Studio Gop e che “i giudizi tecnici ricevuti non fanno riferimento all’idoneità dell’investitore libico (Bousan, ndr) di essere parte dell’azionariato”. In merito al ricorso al golden power, Retelit ha comunicato che le condizioni e prescrizioni “riguardano attività che vengono già regolarmente svolte dalla società nello svolgimento della propria attività ordinaria, la quale è altresì titolare di certificazioni nazionali ed internazionali”.
Di conseguenza, la società ritiene che “l’applicazione delle predette misure non comporterà costi e investimenti aggiuntivi nè restrizioni di carattere operativo e/o commerciale rispetto a quanto considerato nel piano industriale”.
Comunque, il golden power potrebbe configurarsi come corretto dal punto di vista formale e sostanziale.
Non sfugge, però, che una decisione (la prima nelle tlc) favorevole a un azionista di una società quotata per la quale il premier, nella sua precedente veste da avvocato, ha firmato una consulenza giuridica, pecca di opportunità .
Si tratterebbe – leggendo la definizione data nel Contratto del Governo del Cambiamento – di un conflitto di interessi a tutti gli effetti.
(da “Huffingtonpost”)
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