ILARIA CUCCHI: “ABBIAMO VINTO PERCHE’ TUTTI HANNO CAPITO QUAL’E’ LA VERITA'”
“QUANTE UMILIAZIONI, MENZOGNE E INSULTI HO DOVUTO SUBIRE IN QUESTI 5 ANNI DI LOTTA PER LA GIUSTIZIA, DI FRONTE AL FALLIMENTO DELLO STATO DI DIRITTO”
Venerdì sera continuavo a ripetere a Fabio: “Abbiamo vinto”.
Lui (Fabio Anselmo, il legale della famiglia, ndr.) mi guardava, sorrideva triste e non credeva alle mie parole ma io continuavo a dire: “Fabio abbiamo vinto noi. Hanno perso loro. Tutti sanno e tutti hanno capito. In quell’aula di tribunale le tue foto hanno creato sconcerto e imbarazzo. Ma tu hai solo rappresentato ciò che è successo”.
Poi sono scoppiata in lacrime.
Il senso di colpa per non avere aiutato mio fratello in quei giorni mi ha travolta. Non volevo essere nessuno, volevo solo tornare indietro, volevo solo avere la possibilità di fare qualcosa per lui.
Continuavo a ripetere a me stessa quanto tutti mi considerino una gran rompiscatole. In quei giorni io dovevo rompere le scatole, avrei dovuto urlare, avrei dovuto farmi arrestare, avrei dovuto far sentire la mia voce attraverso i muri, attraverso le porte chiuse a Stefano, mio fratello.
Quando ho smesso di piangere mi sono resa conto di quanta strada avevamo fatto in questi cinque anni, attraverso le umiliazioni, attraverso le menzogne, attraverso gli insulti e attraverso la nebbia alzata da consulenze e perizie che sembravano fatte a regola d’arte per portare a quel drammatico risultato.
Fabio ce lo aveva sempre detto ma non gli avevamo creduto. Glielo avevamo sentito dire con forza all’udienza preliminare, lo avevamo visto litigare con i giudici di primo grado fino a far sospendere l’udienza.
Ma non volevamo credere che fosse possibile che lo Stato potesse dichiarare il proprio fallimento quando tutto era così chiaro: avevamo negli occhi l’immagine di Stefano nelle ultime ore che lo avevamo visto libero e avevamo negli occhi l’immagine di Stefano quando ci è stato restituito dall’ospedale Sandro Pertini con la patente di morte naturale.
Di fronte a professori luminari o pseudo tali che, con la più grande sfacciataggine possibile, avevano il coraggio di affermare verità medico scientifiche assolutamente incompatibili con tutte le osservazioni e le diagnosi compiute dai numerosi medici che hanno potuto visitare Stefano in vita prima del suo ricovero al Pertini, ci sentivamo impotenti e avevamo solo il conforto del nostro avvocato e del prof. Fineschi, che mai si sono stancati di ripetere a tutti, sia pur inascoltati, la più semplice delle verità .
E cioè che se mio fratello non fosse stato pestato non sarebbe mai stato ricoverato al Pertini e non avrebbe mai potuto soffrire così tanto fino a morirne.
Abbiamo partecipato a tutte le udienze, siamo andati a tutte le riunioni dei periti.
Se in quei sei giorni non siamo riusciti a stargli vicini non abbiamo mai abbandonato i poveri resti di Stefano in tutti questi anni.
Siamo stati costretti a vedere le foto del suo corpo sezionato da autopsia, siamo stati costretti a vedere fisicamente i pezzi nelle mani dei periti della sua colonna vertebrale, siamo stati attenti ad ogni loro espressione, ad ogni loro sguardo e ad ogni loro parola. Il dolore che abbiamo provato ci ha dato e ci da la determinazione per andare avanti. Non accettiamo ipocrisie. Non accettiamo contentini. Non accettiamo false verità . Stiamo osservando quanto sta accadendo in questi giorni.
Posso dire che la solidarietà dei quasi tre milioni di persone che mi hanno seguita su Facebook, ma soprattutto di tutti coloro che si sono civilmente ribellati ad una ingiustizia inaccettabile ci ha scaldato il cuore, perchè non ci sentiamo soli.
Il nostro piccolo Stefano non era certamente un eroe, ma era un ragazzo qualunque con i suoi problemi, con i suoi difetti ma anche con le sue virtù.
Ed era un essere umano. Un ragazzo qualunque.
Ora è diventato, grazie a tutti coloro che ci sono stati vicini, il simbolo dei cosiddetti ultimi, privi di privilegi, alla base della scala sociale i cui diritti da vivo non hanno avuto alcun significato e nulla hanno contato per lo Stato.
Nella vicenda processuale di Stefano Cucchi io capisco che tanta gente riveda un po’ una sorta di possibilità di riscatto per una giustizia troppo spesso prona ai potenti e arrogante e spietata con i deboli.
L’ho già detto. Noi abbiamo un profondo rispetto per la magistratura, ma non una venerazione.
E in nome di questo rispetto rimaniamo in attesa come abbiamo sempre fatto in questi lunghi cinque anni che giustizia venga fatta.
Visto che la verità grazie al nostro avvocato e al prof. Fineschi l’hanno già capita tutti.
Ilaria Cucchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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