“IN UN MINUTO HO PERSO TUTTI I RICORDI, ECCO PERCHE’ HO URLATO LA MIA RABBIA”
CROLLO PONTE MORANDI: PARLA GIUSY, LA DONNA-SIMBOLO DELLA PROTESTA DI CHI A GENOVA E’ RIMASTO SENZA CASA
«Quando ho visto mio marito piangere, durante la protesta in Regione, mi sono resa conto di quanto anche la mia famiglia sia stata ferita dalla tragedia: allora la rabbia ha preso il sopravvento e io, coordinatrice del comitato, abituata a occuparmi di tutti prima che di me stessa, mi sono vista nei panni della sfollata che sono. Nei panni di una donna che, in pochi minuti, ha perso tutto: la casa, i ricordi di una vita, la mia quotidianità ».
A volte è semplicemente il destino a trasformare un volto nel simbolo di una protesta: l’obiettivo di un fotografo pronto a scattare, il momento giusto. Non è questo il caso di Giusy Moretti, 64 anni, origini toscane, madre di due figlie gemelle, Martina e Manuela, che hanno compiuto 36 anni il 19 agosto scorso: cinque giorni dopo il crollo di ponte Morandi. Giusy è sfollata insieme al marito, Sabino Marinelli, dalla casa dove era andata ad abitare appena sposata, nel 1979.
La figlia Manuela, psicologa (la gemella, insegnante precaria, ospita tutta la famiglia in via Mansueto), ha invece dovuto lasciare l’appartamento al piano di sotto dove la mamma aveva vissuto dal 1960.
Due giorni fa, durante un drammatico Consiglio comunale e regionale congiunto indetto proprio per affrontare l’emergenza del ponte, la rabbia di Giusy è esplosa: anche lei, come le 255 famiglie sfollate di Genova, vuole tornare a casa sua a riprendersi qualche pezzo della sua vita «quello che non ti puoi ricomprare, i ricordi». La potenza del suo sfogo ha sorpreso tutti e lei per prima.
«È vero che non mi hanno mai fatto fare la portavoce perchè non sono esattamente un tipo diplomatico – spiega – eppure, finchè non ho visto mio marito cedere, mi ero sempre mantenuta calma, lucida».
Oltre all’efficienza è la disponibilità la parola chiave per descrivere questa donna che, dal momento del crollo del Morandi, si è data da fare per tutti: è entrata per ultima e per pochi minuti in casa sua, quando ancora era possibile farlo, per recuperare qualche effetto personale tra cui l’urna con le ceneri del padre. Ha confortato gli sfollati come lei, organizzato riunioni, tenuto i contatti con le istituzioni, risposto alle domande dei giornalisti quando il portavoce e il presidente erano impegnati.
«Mamma, pensa anche a te», la frase che le figlie non si sono stancate di ripeterle dal momento della tragedia. «Sì avete ragione», la risposta di Giusy. Ma poi c’era sempre qualcos’altro da fare: una sala da trovare per gli psicologi che assistono le persone dopo il trauma, una persona da richiamare.
L’educazione
«Le psicologhe dicono che occuparmi degli altri, in qualche modo, mi salva dallo star male per me stessa – dice lei con grande lucidità – ma è anche che sono stata educata così: mio padre Edgardo, ferroviere, era un uomo religiosissimo, osservante al punto da essere morto in chiesa durante una messa, pochi giorni prima del Natale di dieci anni fa. Credo che sia stato il suo esempio ad abituarmi a fare senza dire e senza pensare di avere qualche cosa in cambio».
Proprio Edgardo Moretti, originario di Terontola come la figlia, aveva comprato la prima casa di via Porro, nel cosiddetto rione dei ferrovieri.
Nel giro di pochi anni sono cominciati i lavori per costruire il ponte Morandi. Prima che il crollo del ponte trasformasse il comitato No Gronda di via Porro nel comitato degli sfollati, Giusy – che dopo aver studiato al liceo artistico ha lavorato per anni come disegnatrice di gioielli – era già coordinatrice del gruppo. «Anche se il ponte è caduto non rinnego la nostra contrarietà alla Gronda – racconta – la prima versione prevedeva un raddoppio del Morandi: ma come, abitavamo già sotto un ponte, ne volevano costruire un altro?».
Ieri, in un ritaglio di tempo prima dell’assemblea degli sfollati della sera, Giusy è finalmente andata a vedere una casa per sè e per il marito.
«Anche per la mia vicina Liviana con cui, prima del 14 agosto, ogni sera guardavamo i quiz in tv. O guardavamo il Festival di Sanremo mangiando pasticcini. Ho perso tutto, i bicchieri di mia madre, le fotografie, ma rivoglio la mia quotidianità : perciò, vado con Liviana a vedere due appartamenti vicini. È l’unica cosa che ho chiesto: trovare due case vicine per me e per la mia amica».
(da “La Stampa”)
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