LA 7, PERCHE’ LA PATATA E’ DAVVERO BOLLENTE
UN PASSIVO DI 250 MILIONI, UN VALORE DEL 3% DEL MERCATO E DOVE SI SALVANO SOLO MENTANA E SANTORO, MA NON C’E’ FIDELIZZAZIONE
Manager come Paolo Grassi o industriali come Olivetti e Barilla non esistono più. Non credo al filantropo Urbano Cairo, così come non ho mai creduto che l’obiettivo dell’accoppiata Bernabè-Stella fosse, tramite la tv, di rendere la società più democratica, libera dai caimani e dagli squali, nel rispetto della Costituzione. La7 per loro è stata solo business.
Bernabè, sollecitato dai soci, dopo l’ennesimo bilancio in rosso ha deciso la vendita dell’emittente.
L’immagine de La7, rivoluzionaria e alternativa, è solo effimera, costruita grazie alla presenza di conduttori (i macachi caduti dal banano Rai), che in questi anni di censure e di epurazioni si sono impegnati per la libertà di espressione.
Gli unici che possono dormire tranquilli sono Mentana e Santoro.
La vera forza dell’emittente.
La presenza in tv di Dandini, Crozza, Formi-gli, Lerner, le sorelle Parodi, i fratelli Guzzanti, Gruber, Cucciari, non è riuscita, al di là del successo o meno delle loro trasmissioni, a fidelizzare il pubblico verso l’emittente.
L’ascolto in prima serata è più che raddoppiato, ma nella media annuale non supera il 4,5% di share, mentre in quella giornaliera è sotto il 3%.
Bernabè ha preso La7 che valeva sul mercato il 2% con un passivo di circa 100 milioni di euro, oggi il passivo è di 250 milioni (con una previsione di altri 80 nei primi sei mesi del 2013), mentre il valore dell’emittente, nonostante l’investimento nelle star tv, supera di poco il 3%.
L’errore di Stella è stato quello di non creare sul territorio una struttura produttiva, cittadelle della tv in regioni strategiche come la Toscana e l’Emilia-Romagna, le cui istituzioni, pubbliche e non, sarebbero state disponibili a investire per portare lavoro e cultura.
Stella ha preferito avvalersi esclusivamente di produttori esterni, pagando i loro programmi cifre fuori mercato, subendo anche la loro influenza sulle scelte di palinsesto, non sempre condivisibili.
La vendita era inevitabile.
Come è stata obbligata la cessione a Cairo che de La7 gestisce la pubblicità con un contratto capestro per la Telecom fino la 2019.
La “patata bollente” porta a Cairo un’azienda di 500 dipendenti.
Il rischio non è quello che La7 diventi la quarta rete del Cavaliere, ma in assenza di nuove regole sul conflitto d’interessi, l’antitrust, ecc., è che diventi una Real time generalista.
Cairo sa che se gli dovesse andar male dietro all’angolo c’è una super manager pronta a subentrare: Marinella Soldi in rappresentanza di Discovery Channel il cui proprietario, John Malone, è giù potente e ricco di Murdoch.
Loris Mazzetti
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